Tribunale di Torre Annunziata sez. di Casatellammare di Stabia del 10.11.2009 Assicurazioni, informazioni, copia del contratto, informativa, violazione, sanzione penale, sanzione amministrativa (2010-01-19)

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA

SEZIONE DISTACCATA DI CASTELLAMMARE DI STABIA

nella persona del dott. Angelo Scarpati,

nella causa iscritta al n. 939/2008 R. G. Cont.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

d’appello

ai sensi degli artt. 359 e 281 sexies c.p.c.

TRA

Appellante , in persona del rapp.te legale p.t., elett.te dom.ta in Castellammare di Stabia al Viale Europa n. 102 presso lo studio dell’avv. Federico Sicignano che, unitamente all’avv. Paolo Vincenzo Sicignano, la rappresenta e difende giusta procura in calce alla copia notificata dell’atto di citazione

APPELLANTE

E

APPELLATO in proprio e n. q. di titolare dell’attività commerciale " Blu profondo", elett.te dom.ta in Castellammare di Stabia alla via Raiola n. 52 presso lo studio degli avv.ti Gaetano Iovino e Antonio Pannullo, dai quali è rappresentato e difeso giusto mandato a margine della citazione in produttiva del primo grado

APPELLATO

OGGETTO: appello avverso sentenza del giudice di pace di Castellammare di Stabia n. 2795/2008 del 14.5-19.5.2008

L’appello è fondato, per i motivi di seguito indicati.

La ricostruzione della vicenda in oggetto impone, anzitutto, di individuare con precisione la domanda spiegata da parte attrice in primo grado, domanda accolta dal giudice di prime cure con la sentenza oggetto del presente gravame.

Orbene, parte attrice, con riferimento a due polizze di assicurazione stipulate tra l’attore e l’odierna società appellante ( polizze nn. 4318 e 6827), deduce che la società di assicurazione, carpendo la buona fede dell’assicurato, lo induceva, anche mediante la mancata consegna di copia del contratto di assicurazione e degli allegati dai quali si sarebbe potuto dedurre l’ampiezza del rischio garantito, a stipulare dei contratti non affatto rispondenti alle esigenze dell’attore medesimo. Il giudice di prime cure accoglieva la domanda attorea e dichiarava la nullità delle clausole dei menzionati contratti stipulate in violazione delle regole di correttezza e relative a rischi non rispondenti alle concrete esigenze dell’assicurato.

Detta sentenza va in questa sede censurata.

Nella ricostruzione di parte attrice assume valore dominante il comportamento dell’assicuratore, odierno appellante, il quale, a dire dell’attore, non avrebbe consegnato, all’atto della stipula dei contratti, all’assicurato copia dei contratti medesimi, con ciò inducendo esso assicurato a concludere dei contratti non affatto rispondenti alle sue esigenze e volti a garantire rischi del tutto estranei all’attività imprenditoriale dell’assicurato medesimo.

Deve in primo luogo precisarsi che, quand’anche il giudice di prime cure avesse ( il che non è, come vedremo dopo) rilevato una violazione della correttezza al momento della conclusione dei contratti di cui è causa, non avrebbe in ogni caso potuti pronunciare la nullità degli stessi, o di alcune loro clausole, come invece ha disposto.

Invero, l’obbligo di informazione e di trasparenza in capo alle imprese e agli intermediari assicurativi ( tra cui quello di consegnare all’assicurato, all’atto della stipula, copia del contratto e della nota informativa da cui rilevare l’oggetto e l’estensione del contratto medesimo) è stato espressamente introdotto, nel nostro ordinamento, soltanto dagli artt. 183 e 185 del Codice delle Assicurazioni ( d. lgs. 209/2005): dette disposizioni sono entrate in vigore il 1.1.2006 e, dunque, non sono sicuramente applicabili alla fattispecie in oggetto, relativa a contratti stipulati nel 2002.

In ogni caso, par amore di completezza, quand’anche si volessero ritenere le norme citate espressione di un principio già vigente nel nostro ordinamento prima dell’entrata in vigore del citato Codice del 2005, comunque la violazione del dovere di trasparenza ed informazione non avrebbe giammai potuto portare, in assenza di un’espressa previsione di legge, alla declaratoria di nullità del contratto o di una sua parte, come ha fatto il giudice di primo grado.

È ben vero, infatti, che il Codice del 2005 sanziona, agli artt. 319 e 320, in via amministrativa la violazione di siffatti obblighi di trasparenza; tuttavia, secondo un ormai consolidato orientamento del giudice di legittimità, a fronte di una norma che commini, per la sua violazione, una sanzione penale o amministrativa senza nulla disporre circa la validità del negozio medesimo, al fine di stabilire se il negozio debba considerasi o meno nullo, è necessario procedere caso per caso, esaminando se le norme che prevedono la sanzione siano dirette alla tutela di un interesse pubblico e generale e se, con tale proibizione, il legislatore intendeva colpire la stipulazione del negozio in vista del regolamento con il medesimo posto in essere ( v. Cass. n. 3272/2001; Cass. n. 5372/2002). Ora, venendo al caso di specie, è anzitutto certo, in primo luogo, che la norma impositiva dell’obbligo di trasparenza non è volta alla tutela di interessi di natura generale e/o pubblica ed, in secondo luogo, che con la norma imperativa di cui sopra il legislatore non vuole colpire direttamente la stipulazione del negozio, ma soltanto il comportamento, eventualmente contrario a buona fede, tenuto da una di esse nella conclusione dello stesso: in dette ipotesi, dunque, deve del tutto escludersi l’operatività della sanzione della cd. nullità virtuale del negozio, ritenendosi invece applicabile la disciplina concernente lo specifico comportamento materiale, tenuto dalla parte, sotto il profilo civilistico ( v. Cass. n. 26172/2007; Cass. n. 13566/2008).

Parte appellata deduce, invero, che la nullità delle clausole dei contratti in oggetto sarebbe stata fondata dal giudice di primo grado sul principio della nullità del contratto di assicurazione per inesistenza del rischio assicurato ai sensi dell’art. 1895 cc: detta ricostruzione operata dal primo giudice è del tutto destituita di fondamento.

Invero, nel caso che ci occupa, oggetto del contendere è costituito dal comportamento tenuto dalle parti al momento della conclusione dei contratti in oggetto, per verificare, come si vedrà, se un’eventuale condotta dell’assicuratore abbia potuto o meno incidere , secondo la prospettazione fatta dallo stesso attore, sulla libera formazione della volontà di quest’ultimo.

In questo senso, dunque, erra il primo giudice quando pone la questione dell’esistenza e del venir meno del rischio assicurato ai sensi dell’art. 1895 cc. Invero, detta ultima norma deve essere letta in relazione all’art. 1346 cc in tema di oggetto del contratto, che deve essere, tra l’altro, oggettivamente e fisicamente possibile; dunque, tornando al caso di specie, una cosa è dire che il rischio assicurato è oggettivamente inesistente ( ponendosi solo in tal caso un problema di nullità del contratto di assicurazione), il che, peraltro, non si è verificato con riguardo ai contratti in oggetto, altra cosa è affermare, come fa parte attrice, che essi contratti coprirebbero rischi, pur oggettivamente esistenti, ma estranei alla sfera di interesse dell’assicurato stesso.

Ciò detto, dunque, occorre verificare l’efficacia delle clausole negoziali in oggetto, con riguardo al comportamento materiale tenuto dai paciscenti al momento della stipula dei medesimi.

Secondo l’assunto di parte attrice, l’assicuratore, come anticipato, avrebbe indebitamente carpito la buona fede del contraente Marino Ernesto, inducendolo a stipulare due contratti non rispondenti, quanto ai rischi oggetto di copertura assicurativa, alle sue esigenze: detto comportamento, riconducibile astrattamente alla cd. truffa contrattuale penalmente rilevante ex art. 640 c.p., integrerebbe, sul piano civilistico, gli estremi del dolo, causa di annullamento del contratto ex art. 1439 cc ( v. Cass. n. 13566/2008; Cass. n. 7322/1986), in quanto il deceptus sarebbe stato indotto a concludere un contratto che senza i raggiri del deceptor non avrebbe altrimenti stipulato.

Anche la richiesta di annullamento dei contratti de quo, o di alcune loro clausole, non può, tuttavia, trovare accoglimento.

Infatti, secondo il giudice di legittimità, la prova del dolo, inteso come artifizi e raggiri idonei ad indurre un soggetto di normale prudenza a concludere un contratto che altrimenti non avrebbe stipulato o avrebbe concluso a diverse condizioni, deve essere fornita dal deceptus con particolare rigore, e non sono sufficienti semplici induzioni o presunzioni ( v. Cass. n. 1570/1969), anche se, in via generale, il dolo, inteso come fatto illecito, può essere provato con ogni mezzo.

Nel caso che ci occupa, invero, parte attrice ( odierna appellata) non ha minimamente dato prova del comportamento del deceptor integrante gli estremi degli artifizi al momento della stipula dei contratti in oggetto; il teste Del Gaudio, infatti, ( v. verbale d’udienza del 23.6.2006), si è limitato a riferire che, all’atto della stipula dei contratti, " il consulente della Cattolica pose delle domande sui motivi che inducevano Ernesto a stipulare la polizza", per poi aggiungere di non essere " in grado di precisare in maniera dettagliata il tipo di domande poste e le risposte anche perché non ero interessato"; lo stesso attore, all’udienza del 30.5.2005, si limita a ricostruire in questi termini il momento di conclusione dei contratti, precisando che allo Iurillo " spiegai quali fossero le mie esigenze e lo stesso mi sottopose alla firma, dopo averle predisposte, le due polizze che poi mi vennero consegnate".

Va soltanto precisato, infine, che a nulla vale l’assunto di parte appellata, per cui all’assicurato sarebbe sta consegnata soltanto la polizza e non anche il contratto: invero, detta circostanza, se pur vera, nulla dice circa un comportamento scorretto dell’assicuratore, considerato che, come si evince dai documenti versati in atti, le citate polizze del 28.11.2002 e del 3.12.2002 espressamente indicavano i rischi coperti dai contratti di assicurazione.

In ordine alle spese di lite, esse, per entrambi i gradi del presente giudizio, si liquidano a carico dell’appellato soccombente a favore dell’appellante.

P.Q.M.

Il Tribunale di Torre Annunziata, Sezione distaccata di Castellammare di Stabia, in composizione monocratica, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede:

3) Accoglie l’appello e, in totale riforma della sentenza del giudice di pace di Castellammare di Stabia n. 2795/2008 del 14.5-19.5/2008, dichiara efficaci le clausole dei contratti di assicurazione ( di cui alle polizze nn. 4318 e 6827) stipulati tra APPELLATO e l’Appellante , e, rispettivamente, previste al settore D) della polizza n. 4318 e contrassegnate come prestazioni speciali " alpinismo fino al terzo grado" e "guida autocarri e furgoni" di cui alla polizza n. 6827;

4) Condanna APPELLATO al pagamento, in favore dell’Appellante in persona del legale rapp.te p.t., delle spese processuali relative ad entrambi i gradi del presente giudizio,che liquida in Euro 1.828,00, di cui Euro 55,00 per spese vive, Euro 985,00 per onorari ed Euro 788,00 per diritti, oltre rimb. forf. del 12,50% su diritti ed onorari, oltre iva e cpa come per legge.

Castellammare di Stabia, 10.11.2009

Il giudice

Dott. Angelo Scarpati

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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