Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-03-2011, n. 7450 Danni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.M. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Torino il Ministero della Difesa, esponendo di essere stato assegnato ad un reparto ubicato presso la Caserma " (OMISSIS)"; che qui, a causa dell’attività fisica imposta dall’addestramento, aveva cominciato a manifestare segni di sofferenza al ginocchio sinistro ed aveva inutilmente chiesto di essere sottoposto a visita presso l’Ospedale Militare. Dopo mesi di richieste, era poi stato visitato e gli era stata diagnosticata la "distorsione del femore sinistro"; in seguito ad esame radiologico era stata accertata una contrattura muscolare. Nonostante l’aggravarsi dei sintomi, null’altro gli era stato riscontrato ma infine, in data (OMISSIS), era stato riformato.

Ricoverato al CTO di Torino in data 13.10.1994, gli era stata diagnosticata "osteolisi collo femorale sinistro"; trasferito al CTO di Firenze, era stato sottoposto ad intervento chirurgico per tumore gigantocellulare, con asportazione di parte del femore ed applicazione di protesi.

Sosteneva l’attore che dai fatti esposti risultava evidente la condotta negligente ed imperita del personale sanitario dell’Ospedale Militare di Torino e chiedeva dunque che parte convenuta fosse condannata a risarcirgli i danni arrecatigli, ex art. 2043 c.c..

Il convenuto si costituiva contestando il fondamento dell’avversa pretesa.

Con sentenza del 10-24.3.2004, il Tribunale accoglieva in parte la domanda attrice dichiarando la responsabilità del dirigente dell’Ospedale militare per 1/3 delle conseguenze subite dallo S. per la patologia riscontrata, condannando il convenuto al risarcimento, nella stessa percentuale, del danno dallo subito dallo stesso S. e dunque alla corresponsione della somma di Euro 49.036,66, oltre spese di CTU e di causa.

Avverso la sentenza proponeva appello il Ministero della Difesa.

L’appellato, chiedeva il rigetto dell’appello principale ed a propria volta proponeva appello incidentale.

La Corte distrettuale, in riforma della sentenza appellata ed in accoglimento dell’appello principale proposto dal Ministero della Difesa, rigettava la domanda formulata da S. nei confronti del medesimo Ministero e rigettava l’appello incidentale di S.M..

La Corte sosteneva la mancanza di prova dell’esistenza di un nesso causale fra il comportamento dei sanitari dell’ospedale militare di Torino e un possibile aggravamento delle conseguenze invalidanti.

Proponeva ricorso per cassazione S.M., con quattro motivi.

Resisteva il Ministero della difesa.
Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso S.M. denuncia "Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5): per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un punto controverso e decisivo per il giudizio".

Lamenta il ricorrente che la sentenza della Corte d’appello è contraddittoria ed affetta da vizio logico di motivazione nella parte in cui ha ritenuto che il ritardo della diagnosi e, per l’effetto, dell’operazione chirurgica dal mese di agosto al mese di ottobre non abbia comportato conseguenze rilevanti per la patologia tumorale.

Il motivo è infondato.

Con ragionamento corretto ed immune da vizi logici o giuridici la Corte d’Appello ha infatti dimostrato che i suddetti ritardi nella diagnosi dal mese di agosto al mese di ottobre non hanno prodotto conseguenze rilevanti, tali da implicare una responsabilità a carico dell’Amministrazione. Nè risulta provato che lo S. abbia in quel periodo chiesto il ricovero in infermeria o lamentato consistenti problemi alla gamba sinistra.

Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta "Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n 3): violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto".

Deduce in particolare S.M. che i medici dell’Ospedale militare di Genova e il personale sanitario della caserma e dell’Ospedale di Torino hanno tenuto una condotta negligente, imprudente e imperita. Ed aggiunge che la Corte d’appello ha errato nell’applicazione della norma di diritto che prevede e ripartisce l’onere della prova ( art. 2697 c.c.), nell’ambito della responsabilità medica ex art. 1176 cod. civ., comma 2, ed art. 2043 cod. civ..

Il motivo è infondato.

L’impugnata sentenza non ha infatti violato la disposizione in tema di onere della prova in quanto risulta che il ricovero presso l’Ospedale militare di Genova avvenne, nel mese di marzo, per "stato ansioso reattivo, in assenza di ulteriori elementi e non dunque per il dolore al ginocchio. In particolare l’Ospedale ha provato che prima del mese di agosto S.M. non ha mai lamentato una sintomatologia al femore. E’ pertanto evidente che manca ogni prova dell’esistenza di un nesso causale tra il comportamento dei sanitari dell’Ospedale militare di Torino e un possibile aggravamento delle conseguenze invalidanti derivanti dall’intervento chirurgico.

Con il terzo motivo S.M. denuncia "Violazione dell’art. 62 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e per quanto possa occorrere pure in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5".

Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello ha omesso di motivare le ragioni del suo dissenso dalle precedenti risultanze peritali, dando rilievo esclusivo alla C.t.u. espletata in secondo grado.

Il motivo deve essere rigettato in quanto non autosufficiente, non avendo l’impugnata sentenza riportato, almeno, i brani salienti delle relative relazioni. Peraltro si deve rilevare che i due incarichi peritali non erano coincidenti e che quindi una comparazione fra le due C.t.u. non era possibile.

Con il quarto motivo si denuncia "Violazione dell’art. 89 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3".

Lamenta lo S. che la richiesta di cancellazione dell’espressione censurata non poteva essere presa in considerazione in quanto era stata avanzata tardivamente, solo con l’atto d’appello e non in primo grado.

Il motivo è infondato perchè nel corso del giudizio di secondo grado l’appellato non ha eccepito la tardività della richiesta di cancellazione.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato con compensazione delle spese in ragione della difformità dell’esito dei giudizi di primo e secondo grado.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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