Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-03-2011, n. 7449 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1. B.E. ricorre per cassazione avverso la sentenza n. 1571 del 28.11.07 della Corte di Appello di Venezia che ha rigettato i contrapposti appelli dispiegati da lui e dalle controparti G. ed M.E. avverso la sentenza n. 19/05 del Tribunale di Treviso – sez.dist. di Conegliano.

1.2. Con quest’ultima è stata accolta la domanda dei M., eredi della locatrice M.L., di condanna del conduttore, nei cui confronti era già stata pronunciata condanna al rilascio di un immobile locato ad uso non abitativo, al pagamento della somma di Euro 18.089,42 (con rivalutazione monetaria ed interessi legali dalle singole scadenze al saldo), per il risarcimento dei danni da ritardata restituzione, a titolo di differenza tra quanto percepito dopo la scadenza contrattuale e quanto ricavabile sulla base di una proposta di affittanza per somme maggiori; ed i locatori sono stati contestualmente condannati alla restituzione della cauzione.

1.3. Avverso la sentenza della Corte di Appello propone ricorso per cassazione il B., affidandolo a cinque motivi; resistono con controricorso i M.; e per questi ultimi, prodotte da entrambe le parti le memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c., il difensore discute oralmente la causa all’udienza pubblica del 17.2.11.
Motivi della decisione

2. Il ricorrente sviluppa cinque motivi:

2.1. un primo, di violazione od errata applicazione dell’art. 2909 c.c. o dell’art. 112 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativo alla lamentata erronea interpretazione del giudicato già intercorso tra lui e la dante causa delle controparti;

motivo concluso con un riepilogo del fatto controverso e con un quesito di diritto articolato su cinque interrogativi riferiti in gran parte al caso di specie;

2.2. un secondo, di violazione od errata applicazione dell’art. 2909 c.c. o degli artt. 414, 416 e 116 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativo alla valutazione di un documento tardivamente prodotto e malamente apprezzato ai fini della decisione; motivo concluso con un riepilogo di fatti controversi in due paragrafi e con sei quesiti di diritto;

2.3. un terzo, di violazione od errata applicazione dell’art. 2697 c.c. o dell’art. 2702 c.c. e artt. 116, 196 e 244 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativo alla validità della prova documentale consistente nella scrittura proveniente da terzi:

concluso con un riepilogo dei fatti controversi e quattro quesiti di diritto;

2.4. un quarto, di violazione od errata applicazione dell’art. 116 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativo alla valutazione del materiale probatorio, concluso con l’amplissima esposizione dei fatti controversi e con un quesito di diritto;

2.5. un quinto, di violazione od errata applicazione degli artt. 2697 e 1224 c.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, articolato sull’esposizione dei fatti controversi e su tre quesiti di diritto.

3. I controricorrenti M. si dolgono della tardività del ricorso, dell’inammissibilità dei quesiti e comunque della loro infondatezza nel merito: ma, quanto al primo profilo, sembra evidente che le operazioni di notifica siano iniziate con la spedizione della raccomandata, In virtù dell’ormai consolidato principio della scissione temporale degli effetti della notifica tra notificante e destinatario, in data 13 gennaio 2009, lunedì, ultimo giorno utile per procedervi, neppure sottraendosi, ratione materiae, la controversia alla sospensione feriale dei termini; inoltre, a prescindere da un’espressa menzione nel ricorso, la copia autentica della sentenza impugnata, che nessuno deduce essere stata notificata, risulta in atti nel fascicolo della parte ricorrente.

4. Peraltro, effettivamente non risulta rispettato il disposto dell’art. 366 bis c.p.c. quanto ai quesiti di diritto; infatti:

4.1. in linea generale, essi:

4.1.1. non devono risolversi in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Cass. sez. un. 11 marzo 2008 n. 6420);

4.1.2. non devono risolversi in un’enunciazione tautologica, priva di qualunque indicazione sulla questione di diritto oggetto della controversia (Cass. sez. un. 8 maggio 2008 n. 11210);

4.1.3. devono al contempo comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, tanto che la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. 30 settembre 2008 n. 24339);

4.1.4. devono essere formulati in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata; in altri termini il quesito deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata daL. quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (tra le molte e per limitarsi alle più recenti, v.

Cass. sez. un. ord. 5 febbraio 2008 n. 2658, Cass. ord. 17 luglio 2008 n. 19769, Cass. 25 marzo 2009 n. 7197 o Cass. ord. 8 novembre 2010 n. 22704);

4.2. al contrario, nel caso di specie il ricorrente li articola su tali e tante disposizioni tra loro coordinate e subordinate da non consentire l’enucleazione di una chiara ed univoca regula iuris suscettibile di astrazione e sono quindi inammissibili.

5. Ma il disposto dell’art. 366 bis c.p.c., non è rispettato neppure quanto ai momenti di sintesi previsti dall’art. 366 bis cpv. c.p.c., necessari anche per le doglianze di vizio di motivazione (Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002; Cass. S.U. 1 ottobre 2007 n. 20603; tra le ultime, Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680);

5.1. in generale, occorre la formulazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso che indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (tra le altre, v. le citate Cass., ord. 18 luglio 2007 n. 16002 e Cass., ord. 30 dicembre 2009 n. 27680);

5.2. invece, nel caso in esame essi sono stati formulati in modo da risolversi nella riproposizione pressochè letterale e nella rilettura unilaterale dei fatti di causa, mancando sia l’autonomo e sufficientemente conciso momento di sintesi, sia l’indicazione del vizio di motivazione, che non si risolva in un diverso apprezzamento dei fatti di causa.

6. Il ricorso va quindi rigettato, per l’inammissibilità dei motivi;

e, quanto alle spese, esse seguono, con la liquidazione di cui in dispositivo, la soccombenza del ricorrente.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna B.E. al pagamento, in favore di G. ed M.E., tra loro in solido, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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