T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 14-02-2011, n. 1396

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente, titolare di un esercizio di ristorazione, in Roma, in Viale delle Province nn. 134/136/138, ha richiesto al Comune di Roma, con l’istanza del 6.9.2007, corredata della relativa documentazione tecnica, il rilascio in proprio favore di una concessione di occupazione di suolo pubblico permanente per tavoli, sedie, fioriere, elementi di copertura ed elementi di perimetrazione, nello spazio antistante il locale, della complessiva misura di mt. 2,70 per mt 10,53.

Con la determinazione dirigenziale del Municipio III n. 1452 del 23.11.2007, è stata rilasciata la richiesta concessione; la società ricorrente, pertanto, con la nota del 4.3.2008 ha comunicato al Comune l’inizio dei lavori di installazione delle attrezzature previste.

Tuttavia la medesima società ha ricevuto, in data 2.12.2009, da parte del Comune, una comunicazione di avvio del procedimento di annullamento d’ufficio della citata determinazione dirigenziale n. 1452 del 23.11.2007 ai sensi degli articoli 7, 8, 9, 10 e 21 octies e 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Con la successiva nota di cui al prot. n. 3744 del 2.2.2010 il Comune, dopo avere premesso di non doversi tenere in considerazione la precedente comunicazione, ha reiterato la comunicazione dell’avvio procedimentale con le medesime argomentazioni; la società vi ha dato seguito con l’inoltro, in data 19.3.2010, di una memoria contenete le proprie contestazioni.

Il Comune, che non ha dato seguito al procedimento di cui sopra, ha provveduto alla notifica di una ulteriore comunicazione di avvio procedimentale in data 26.5.2010.

Quindi, in data 28.7.2010, è stata notificata alla società la determinazione dirigenziale del Comune di Roma n. 749 del 19 luglio 2010, con la quale è stata annullata la determinazione dirigenziale n. 1452 del 23.11.2007 di concessione della concessione di occupazione di suolo pubblico permanente; le motivazioni addotte – che riprendono quanto riportato nelle precedenti comunicazioni di avvio procedimentale, e, soprattutto, il contenuto dei due richiamati pareri del Dipartimento VII (di cui al prot. n. 29314 del 5.9.2008) e della Sovrintendenza ai Beni Culturali (di cui al prot. n. 23338 del 22.11.2007)- "… risiedono, sostanzialmente, nell’interesse della collettività ad un agevole transito sul marciapiede interessato dall’occupazione e nell’interesse ad una fruizione piena della adiacente fermata di trasporto pubblico…".

Con il ricorso in epigrafe, notificato e depositato nei termini, la società ricorrente ha impugnato la determinazione dirigenziale del Comune di Roma n. 749 del 19 luglio 2010 di cui sopra, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:

1- Violazione di legge per il decorso del termine fissato per la definizione del procedimento di annullamento di ufficio e, comunque, per il termine massimo di legge.

In realtà il procedimento di cui trattasi dovrebbe essere considerato un unico procedimento di annullamento, iniziato con la prima comunicazione di avvio procedimentale in data 2.12.2009 e conclusosi soltanto con l’adozione e la notificazione del provvedimento finale di annullamento di cui alla citata determinazione dirigenziale del Comune di Roma n. 749 del 19 luglio 2010, con la conseguenza che il procedimento sarebbe durato in tutto 238 giorni e che il detto provvedimento sarebbe illegittimo in quanto adottato in violazione del termine massimo di legge di conclusione del relativo procedimento amministrativo.

2- Violazione di legge ed eccesso di potere per manifesta illogicità e per contraddittorietà.

In realtà le due circostanze sulla base delle quali si fonda il provvedimento impugnato sarebbero state superate nel corso della realizzazione dei lavori di installazione di cui trattasi e, comunque, fondate su di una interpretazione normativa illegittima del Regolamento COSAP del Comune di Roma.

Il Comune di Roma si è costituito in giudizio con comparsa di forma in data 30.9.2010 ed ha depositato documentazione in data 11.10.2010.

Con l’ordinanza n. 4532/2010 del 15.10.2010 è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato ed è stata fissata l’udienza di trattazione nel merito del ricorso.

Alla pubblica udienza del 7.12.2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.
Motivi della decisione

Con il provvedimento impugnato, ossia la determinazione dirigenziale del municipio III del comune di Roma n. 749 del 19 luglio 2010, è stata annullata la determinazione dirigenziale del medesimo municipio III n. 1452 del 23 novembre 2007, con la quale era stata rilasciata, in favore della società ricorrente, la concessione di occupazione di suolo pubblico permanente (ossia per un periodo triennale, decorrente dall’1.1.2008 ed in scadenza al 31.12.2010, ai sensi dell’art. 10 del regolamento di cui alla deliberazione del Consiglio Municipale del Comune di Roma n. 119/2005, ma rinnovabile tacitamente con il pagamento del relativo canone di anno in anno), per tavoli, sedie, fioriere, elementi di copertura ed elementi di perimetrazione, nello spazio insistente sul marciapiede antistante il locale di esercizio, in Roma, in Viale delle Province nn. 134/136/138.

La motivazione del provvedimento impugnato evidenzia che le ragioni dell’annullamento d’ufficio "…risiedono, sostanzialmente, nell’interesse della collettività ad un agevole transito sul marciapiede interessato dall’occupazione e nell’interesse ad una fruizione piena della adiacente fermata di trasporto pubblico…", e richiama, a tal fine, il contenuto dei due pareri del dipartimento VII (di cui al prot. n. 29314 del 5 settembre 2008) e della sovrintendenza ai beni culturali (di cui al prot. n. 23338 del 22 novembre 2007).

Con il primo motivo di censura la ricorrente ha dedotto che il procedimento di annullamento d’ufficio di cui trattasi dovrebbe essere considerato unico, iniziato con la prima comunicazione di avvio procedimentale del 2 dicembre 2009 e concluso con l’adozione e la notificazione della citata determinazione dirigenziale n. 749 del 19 luglio 2010; conseguentemente il procedimento sarebbe durato in tutto 238 giorni, in violazione del termine massimo di legge di conclusione del relativo procedimento amministrativo.

Il motivo è infondato

Ed infatti la tesi sostenuta da parte della difesa della ricorrente non può essere condivisa, atteso che ogni comunicazione di avvio procedimentale adottata ai sensi dell’articolo 7 della L. n. 241 del 1990 individua un autonomo procedimento amministrativo che deve essere concluso nel relativo termine di legge.

Pertanto correttamente l’amministrazione comunale, dopo avere provveduto alla notificazione all’interessato di un primo avvio procedimentale, una volta scaduto il termine di legge per la conclusione dello stesso, provvede alla notificazione di una seconda comunicazione di avvio, dalla data della quale decorre nuovamente e per intero il relativo termine.

Conseguentemente, non può legittimamente sostenersi che, nel caso di specie, si sia in presenza di un unico procedimento, iniziato con la comunicazione dell’avvio del 2 dicembre 2009 e conclusosi con l’adozione del provvedimento impugnato.

E’, invece, fondato il secondo motivo di censura, con il quale è stata dedotta l’insussistenza dei presupposti sulla base dei quali l’amministrazione comunale ha proceduto all’adozione del provvedimento impugnato.

Come più volte in precedenza riportato, infatti, il comune ha richiamato, a fondamento dell’annullamento d’ufficio della concessione di occupazione di suolo pubblico rilasciata in favore della ricorrente, i due pareri negativi resi al riguardo dal dipartimento VII e dalla soprindentenza ai beni culturali che si fondano "nell’interesse della collettività ad un agevole transito sul marciapiede interessato dall’occupazione e nell’interesse ad una fruizione piena della adiacente fermata di trasporto pubblico…".

In particolare, è stato ritenuto, da un lato, che, in contrasto con quanto richiesto da parte della ricorrente (e concesso da parte dell’amministrazione comunale), la larghezza totale dell’area da occupare dovesse essere comprensiva, non solo degli aggetti della copertura, ma anche "del franco di 50 cm dal bordo del marciapiedi" ai sensi dell’articolo 4quinquies, comma 1, lett. b), del regolamento di cui alla deliberazione del Consiglio Municipale del comune di Roma n. 119/2005; e, dall’altro lato, che l’area richiesta ricadesse a meno di mt. 10,00 dalla segnaletica verticale (la cd. palina) indicante la fermata di trasporto pubblico in violazione del disposto di cui all’articolo 4- quater, comma 4, del richiamato regolamento.

Si tratta, pertanto, ed evidentemente, di due motivazioni autonome e ciascuna delle quali idonea, da sola, a sorreggere validamente il provvedimento impugnato.

Al riguardo giova, tuttavia, rilevare quanto segue.

Si premette che, nella relazione dell’ufficio contenzioso indirizzata all’avvocatura del comune di cui al prot. n. 32504 del 6 ottobre 2010, viene dato atto, tra l’altro, della segnalazione, da parte dell’ispettorato edilizio U.O.T., con la nota di cui al prot. n. 31261 del 28 settembre 2009, di alcune difformità concernenti la struttura con la quale è stata realizzata, in concreto, da parte della società ricorrente, l’occupazione di suolo pubblico rispetto a quanto indicato nella richiesta di rilascio della concessione e nei relativi allegati tecnici (in particolare è stato evidenziato l’intervenuto ancoramento della detta struttura al suolo in modo permanente con alcuni bulloni); tuttavia, la dedotta circostanza è, in questa sede, del tutto ininfluente, atteso che il provvedimento di annullamento d’ufficio impugnato si basa su autonome e distinte motivazioni.

Sempre in via preliminare, si rileva che, nella richiamata relazione, viene, altresì, dedotto come, trattandosi di concessione di occupazione di suolo pubblico con validità triennale in scadenza alla data del 31 dicembre 2010, comunque, il comune, ai sensi dell’articolo 10 del richiamato regolamento, potesse, nel termine dei 30 giorni antecedenti alla ricordata scadenza, dare disdetta esplicita, al fine di impedire il rinnovo automatico della concessione, "ad libitum"; anche la dedotta ultima circostanza è, tuttavia, in questa sede, del tutto ininfluente, per le medesime considerazioni di cui in precedenza.

Quanto alla prima motivazione addotta da parte del comune è necessario prendere le mosse dall’articolo 4quinquies, comma 1, lett. b), del regolamento di cui alla deliberazione del Consiglio Municipale del Comune di Roma n. 119/2005.

La richiamata disposizione, rubricata "Limiti oggettivi al rilascio della concessione", prevede che "1- Fermo quanto disposto all’articolo 4quater per le occupazioni ricadenti sui marciapiedi devono essere rispettate le seguenti prescrizioni:…

b) L’occupazione adiacente ai muri perimetrali dei fabbricati od al filo interno del marciapiede non deve superare la profondità di 1/2 della larghezza del marciapiede;

…".

L’articolo 4quinquies, comma 1, lett. c), del richiamato regolamento dispone, poi, per quanto interessa in questa sede, che "c) ove la larghezza del marciapiede lo consenta, l’occupazione potrà avvenire sul lato esterno del marciapiede stesso e, comunque, a non meno di centimetri 50 dal ciglio del marciapiede…; ".

Il marciapiede, nella parte prospiciente il locale di cui trattasi, ha una profondità complessiva pari a mt. 5,40 per tutta l’estensione della relativa proiezione; la società ricorrente aveva richiesto (ed ottenuto) l’occupazione dell’area prospiciente il locale al filo esterno del marciapiede, per una profondità di mt. 2,70 ed una larghezza di mt. 10,63 (con un’estensione complessiva totale dell’area occupata di mq. 28,70), riservando al passaggio pedonale lo spazio adiacente al fabbricato per una profondità di mt. 2,20 nonché lasciando libero dal filo del marciapiede uno spazio con la richiesta profondità di mt. 0,50.

Il dipartimento VII del comune – interpellato in sede di rilascio del parere preventivo ed obbligatorio ai sensi dell’articolo 4bis, comma 2, lett. c), del richiamato regolamento – ha, tuttavia, ritenuto che la profondità dell’occupazione richiesta (pari appunto a mt. 2,70) fosse superiore alla misura massima fissata in applicazione del combinato disposto delle norme regolamentari in precedenza riportate (ossia l’articolo 4quinquies, comma 1, lettere b) e c)); ed infatti, come è agevole rilevare dal tenore testuale del parere reso con la nota di cui al prot. n. 29314 del 5 settembre 2008, è stato ritenuto che "la larghezza (ossia la sua profondità) totale dell’area da occupare deve essere comprensiva degli aggetti della copertura e del franco di 50 cm dal bordo del marciapiede".

Non si ritiene, tuttavia, che la dedotta prospettazione possa essere condivisa.

Ed infatti – sebbene, in caso di occupazione al filo esterno del marciapiede, debba essere lasciato libero uno spazio con profondità di mt. 0,50, ai sensi della richiamata lett. c) -, da ciò non può conseguire che il detto spazio (cd. franco dal bordo) non debba essere, comunque, conteggiato ai fini del calcolo della profondità massima dell’occupazione consentibile ai sensi della precedente lett. b), che prevede un’occupazione del marciapiede per una profondità non superiore alla metà della sua (da ritenersi complessiva e totale in mancanza di ulteriori e puntuali specificazioni) profondità.

Non si rinvengono, infatti, elementi, nel testo delle invocate disposizioni regolamentari, che consentano di ritenere che quella prospettata da parte del comune sia l’interpretazione necessaria delle stesse; in particolare la lettera b) non contiene alcun riferimento alla fattispecie di cui alla successiva lettera c) e dunque al cd. franco dal bordo.

Pertanto, poiché nel caso di specie la profondità del marciapiede è, per tutta l’estensione interessata, di mt. 5,40, da ciò consegue che l’area occupabile da parte della società ricorrente deve avere una profondità massima di mt. 2,70, e non invece di mt. 2,20, come implicitamente ritenuto da parte del dipartimento VII, che pretenderebbe di detrarre dalla detta massima profondità assentibile di mt. 2,70 il cd. franco dal bordo del marciapiede.

Quanto, poi, alla seconda motivazione addotta da parte del comune a fondamento del provvedimento di annullamento d’ufficio impugnato, ed incentrata, appunto, sull’interesse ad una fruizione piena dell’adiacente fermata di trasporto pubblico, è sufficiente richiamare quanto dedotto in ricorso da parte della difesa dei ricorrenti ed attestato nell’allegata documentazione di causa.

Ed infatti risulta comprovato in atti che la ricorrente, con la nota del 17 maggio 2007, ha presentato all’A.T.A.C. s.p.a. una richiesta di spostamento della segnaletica verticale (la cd. palina) indicante la fermata di trasporto pubblico, contraddistinta con il n. 70575, collocata in corrispondenza del civico n. 146, con lo spostamento della stessa di circa mt. 6,00, e di sistemazione della relativa segnaletica orizzontale; quindi, a seguito del parere favorevole al richiesto spostamento, espresso dal dipartimento VII con la nota di cui al prot. n. RG/32168 del 17 luglio 2007, condizionato allo spostamento anche della relativa palina elettronica, l’A.T.A.C. s.p.a. ha comunicato alla ricorrente, con la nota di cui al prot. n. 133379 del 6 novembre 2007, l’accoglimento della sua richiesta nonché il preventivo della relativa spesa, dettagliato per singole voci.

Conseguentemente, su accordo delle parti interessate, i lavori per lo spostamento della segnaletica di cui trattasi (con l’avanzamento di circa mt. 5,00 ed il collocamento a circa mt. 40,00 dopo il piazzale delle Province) sono stati fissati per il giorno 28 novembre 2007 e risultano essere stati regolarmente effettuati.

Allo stato dei fatti, pertanto, l’area di occupazione del suolo pubblico che interessa è situata alla distanza rispettivamente di mt. 16,53 dalla prima palina e di mt. 11,39 dalla seconda; e, dunque, in ogni caso e con riferimento ad entrambe, ad una distanza superiore a quella minima fissata dal regolamento più volte richiamato in mt. 10,00.

La detta circostanza è, altresì, asseverata, da ultimo, con la perizia tecnica di parte del 20 agosto 2010, corredata della relativa documentazione fotografica, depositata in atti in allegato al ricorso introduttivo.

Il ricorso è, pertanto, fondato per le considerazioni che precedono ed il provvedimento impugnato deve, conseguentemente, essere annullato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo che segue.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. II ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla la determinazione dirigenziale del municipio III del comune di Roma n. 749 del 19 luglio 2010.

Condanna l’amministrazione resistente al pagamento in favore della società ricorrente delle spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.000,00, oltre IVA e CPA..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *