T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 14-02-2011, n. 1392 Aggiudicazione dei lavori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Questo, in sintesi, lo svolgimento della vicenda.

Con bando pubblicato il 10122002, l’A. s.p.a., indiceva una licitazione privata per l’affidamento dei lavori di manutenzione straordinaria e riqualificazione del viadotto Morello sull’autostrada PalermoCatania.

Presentava tra gli altri domanda di partecipazione anche il raggruppamento ricorrente che, peraltro, in sede di prequalifica aveva come capogruppo la G. s.p.a., mentre nella fase successiva risultava mandataria la R.S..

Con provvedimento del 1942004, l’A. aggiudicava la gara alla A. con capogruppo la R.S..

Avverso tale provvedimento veniva proposto, da altro concorrente, ricorso davanti al Tar Sicilia, ove si sosteneva tra l’altro l’illegittimità della procedura per mancata esclusione della R.S.. Il ricorso veniva accolto in primo grado, ma respinto in appello (decisione CGA n. 349 del 18.5.205).

Con provvedimento del 23122005 veniva pertanto disposta la conferma della aggiudicazione definitiva.

Successivamente, con provvedimento del 23 aprile 2007, l’A. disponeva la revoca della gara, in relazione al contenzioso che si era verificato e alla delibera della Autorità di Vigilanza del 21 marzo 2006.

Avverso tali provvedimenti veniva proposto davanti a questo Tribunale il ricorso n° 5184 del 2007, rispetto al quale veniva pronunciata la sentenza n° 3123 del 2008 che annullava il provvedimento di revoca della gara, in relazione al vizio di difetto di motivazione in ordine all’interesse pubblico concreto ed attuale all’esercizio del potere di annullamento. Avverso tale sentenza (n. 3123 del 19.3/14.4.2008) non veniva proposto gravame.

La R.S. inviava quindi all’A. spa una prima diffida il 3042008 e un’altra il 15102008 per la esecuzione della sentenza suddetta e la stipula del contratto in base al provvedimento di aggiudicazione del 2004.

In mancanza di risposta da parte dell’A. veniva quindi proposto ricorso per l’accertamento della illegittimità del silenzio della P.A., che veniva accolto, con declaratoria dell’obbligo di provvedere, giusta sentenza di questo TAR n. 4002 del 21.4.2009.

2. Peraltro, in data 5.2.2009 era stata nel frattempo comunicata all’A. ricorrente l’apertura di un nuovo procedimento per l’annullamento dell’appalto in questione.

Tale procedimento si concludeva con la determinazione n. 101 del 3.7.2009, con la quale venivano disposti l’annullamento di tutti gli atti dell’originario procedimento concorsuale di affidamento dei ripetuti lavori, e l’indicazione di avvio di una nuova procedura per il celere affidamento dell’opera sulla base di nuove specifiche tecnico economiche. La nuova gara veniva di fatto indetta con bando spedito alla GUUE il 3.2.2010.

I provvedimenti di cui sopra, di intervento in autotutela e di indizione di una nuova procedura di appalto (unitamente agli atti presupposti e all’approvazione del nuovo progetto di opera pubblica), costituiscono oggetto di contestazione nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti di cui in epigrafe, i quali peraltro, con riferimento alla parte impugnatoria, sono privi di fondamento, alla stregua delle considerazioni che seguono.

3. Vanno disattesi anzitutto gli assunti con i quali l’istante raggruppamento adombra una ricostruzione della vicenda secondo cui gli atti impugnati costituirebbero l’esito della ricerca, da parte dell’Amministrazione, di un pretesto qualsiasi per porre nel nulla la disposta aggiudicazione.

In contrario, è sufficiente osservare che l’impugnata determinazione n. 101 del 3.7.2009 è correttamente motivata, anche attraverso il riferimento al contenuto degli atti endoprocedimentali tecnicolegali in essa richiamati, con l’esigenza di una nuova progettazione, completamente diversa dalla precedente, dei lavori da realizzarsi sul viadotto Morello e per i quali si rende necessaria una nuova ed urgente procedura di affidamento, non essendo possibile procedere mediante esecuzione dei lavori stessi da parte del raggruppamento originariamente affidatario.

Sostanzialmente, tenuto conto del tempo trascorso e del maturarsi di una diversa situazione di fatto (l’Amministrazione, senza alcuna contestazione sul punto da parte delle ricorrenti, fa anche in proposito riferimento al progredire di fenomeni di deterioramento a carico del viadotto in questione), pare evidente al Collegio che i presupposti correttamente valorizzati per l’intervento in autotutela sono solo quelli della migliore cura possibile dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera stradale di cui trattasi.

4. E’ poi inconferente la deduzione per cui l’Amministrazione, al fine di sottrarsi all’obbligo di risarcimento, avrebbe fatto improprio riferimento all’autoannullamento (di cui non sussisterebbero i presupposti) della precedente aggiudicazione.

Al riguardo rileva il Collegio che il nomen iuris utilizzato è irrilevante. Nella specie l’Amministrazione, come si evince anche espressamente dalla disposizione normativa richiamata nell’atto (art. 21 quinquies della legge n. 241/1990), ha di fatto proceduto alla revoca di tutti gli atti della procedura di gara.

Stabilisce, invero, l’art. 21 quinquies sopra citato che per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo.

In sostanza, l’Amministrazione, in applicazione della citata norma di legge, ha perseguito legittime finalità di cura dell’interesse pubblico mediante la realizzazione di un progetto largamente diverso dal precedente, per estensione dei lavori (che riguardano infatti un maggior numero di campate del viadotto di cui trattasi), per diversità qualitativa e realizzativa (gli interventi sono tecnicamente differenti), per spesa prevista (di importo inferiore rispetto alla precedente). Le scelte tecnico discrezionali dell’Amministrazione, contrariamente a quanto assume l’A. ricorrente, non sono patentemente incongrue o illogiche nè quindi illegittime.

Il nuovo progetto, come si evince dalle relazioni tecnico amministrative in atti (depositate all’esito di ordinanza istruttoria), dà ampiamente conto, in analitico raffronto, delle diversità rispetto al progetto originario che riguardava, sebbene con interventi più incisivi di demolizione ricostruzione, solo una parte degli impalcati. Il nuovo intervento è invece esteso a tutte le campate, seppure con interventi, più localizzati e contenuti, di ripristino e rafforzamento.

Le scelte tecniche alla base della nuova progettazione non sembrano inadeguate e si sottraggono, in quanto espressione di una discrezionalità non irrazionalmente esercitata, alle dedotte censure.

Nella relazione al progetto si fa riferimento al miglioramento degli interventi inizialmente previsti "tanto in termini di sostanziale riduzione dei costi che di incremento dei livelli di sicurezza per le maestranze di cantiere che di tipo ambientale". Le relative valutazioni tecniche, del resto, lungi dall’essere apodittiche ed aprioristiche, sono motivate sotto l’aspetto tecnico, anche sulla base di esperienze risultanti da precedenti interventi (analoghi a quelli di nuova progettazione) già effettuati (da ultimo nel 2007 e 2008) sul medesimo viadotto. Si fa inoltre riferimento alla necessità non più procrastinabile di dover intervenire in maniera continua su tutti gli impalcati, per eliminarne gli elementi di vulnerabilità comportanti fenomeni di degrado di rapida evoluzione, con conseguenti esigenze di chiusura al transito di corsie di marcia.

La scelta risultante dagli atti progettuali si appalesa in definitiva, sul piano tecnico- discrezionale, congrua, motivata e dunque corretta.

5. E d’altra parte deve riconoscersi che l’Amministrazione ha sempre il potere, nella cura dell’interesse pubblico ad essa commesso, di rivedere le modalità realizzative di un’opera pubblica, purchè ciò faccia con adeguata motivazione. Nella specie la motivazione appare corretta e sufficiente, anche sotto l’aspetto del sacrificio della posizione dell’aggiudicatario. Quest’ultimo, invero, è stato sentito nel procedimento. L’Amministrazione ha dato conto del rigetto delle osservazioni prodotte. E’ stata tra l’altro rimarcata l’urgenza e la necessità del nuovo progetto, comportante oltre che risparmio di spesa (circostanza questa ex se rilevante in sede di sacrificio di posizioni in sede di autotutela), tipologie di lavori improcrastinabili e diversi da quelli precedentemente previsti, per tecnologie e metodi di intervento strutturali. Trattasi di circostanze evidentemente comportanti la necessità della disposta revoca. Prima di procedere a tanto l’Amministrazione si è anche fatta carico di acquisire dai competenti uffici legali A. uno specifico parere "in merito alla possibilità di riaffidare alla Società R.S. i nuovi lavori previsti". Ne è peraltro espressamente scaturito un avviso negativo, sulla base delle rilevanti modifiche di aspetti irrisolvibili con una semplice variante. E’ stata anche espressa la considerazione per cui l’esigenza emersa di "una completa revisione progettuale dei lavori" comporta l’"impossibilità di dare esecuzione al progetto così come originariamente appaltato" (cfr. parere DCLC del 17.11.2008). Nello stesso provvedimento di revoca si precisa poi, ulteriormente, sempre con riferimento alla posizione dell’aggiudicatario, che la nuova progettazione dell’opera "non può, comunque, essere posta a base di una eventuale perizia di variante ex art. 132 del D.Lgs n. 163 e s.m.i., trattandosi di un istituto – questo – attinente alla sola fase successiva alla stipula del contratto principale, come noto non perfezionatosi nel caso di specie".

Come si vede, la posizione della ricorrente A., originaria aggiudicataria, è stata sotto più profili considerata e motivatamente valutata in sede di revoca, ma essa è risultata recessiva rispetto all’interesse pubblico e sul punto specifico sono quindi da disattendere le doglianze dell’istante.

6. Deve poi rilevarsi che anche le residue censure, proposte nel ricorso e nei motivi aggiunti, sono prive di fondamento, sulla base delle considerazioni che seguono:

a)circa l’asserita inesistenza di un nuovo progetto approvato al momento dell’atto di autotutela, con conseguente dedotta disapplicazione del vecchio progetto regolarmente approvato, è sufficiente considerare che l’Amministrazione ha correttamente assunto la contestata determinazione di revoca sulla base di atti progettuali in itinere ma ampiamente esplicativi, già al momento dell’adozione dell’atto stesso di revoca, circa le caratteristiche dei nuovi lavori necessari per il Viadotto Morello e la incompatibilità con il mantenimento e la realizzazione del precedente appalto. E d’altra parte, l’atto di revoca è del 3 luglio 2009 mentre il nuovo progetto esecutivo (n. 63722) era già intervenuto il 26.11.2008 (anche se successivamente esso è stato aggiornato nel settembre 2009 e poi approvato a dicembre dello stesso anno). Non vi è stata quindi alcuna illegittima disapplicazione progettuale. L’Amministrazione, sulla base di una discrezionale e non illogica valutazione di proprie esigenze tecniche e dell’interesse pubblico ad esse sotteso, ha revocato tutti gli atti della precedente gara, alla base dei quali vi era lo stesso iniziale progetto, la cui persistente validità è quindi anch’essa venuta meno, a seguito della citata revoca;

b)la revoca dell’appalto non necessariamente necessitava poi, nel caso in esame, della preliminare approvazione di un nuovo progetto, essendo ugualmente chiare le ragioni e le prospettive del nuovo intervento progettuale in itinere (anche al fine di escludere la possibilità di un suo affidamento in variante) ed avendo evidentemente privilegiato, l’Amministrazione, anche in relazione ad esigenze di urgenza, l’immediata revoca della precedente gara e delle sue risultanze. E d’altra parte, una volta chiare le ragioni di incompatibilità dei lavori aggiudicati con le esigenze più recentemente apprezzate, non vi era alcun motivo di procrastinare ulteriormente una situazione irrisolta di incertezza che la stessa ricorrente lamenta essersi sin troppo protratta. Il fatto poi che il nuovo progetto sia stato redatto (novembre 2008) quando era ancora vigente il vecchio progetto non manifesta alcuno dei vizi dedotti di disapplicazione dei precedenti atti e di sviamento di potere, non essendo affatto precluso all’Amministrazione, per esigenze di perseguimento dell’interesse pubblico alla migliore e più efficiente realizzazione dell’opera pubblica, procedere alla predisposizione di nuovi studi progettuali anche in contrasto con altri precedenti progetti (oltretutto nella specie ancora non realizzati) e dei quali si stia pensando alla modifica, al superamento o addirittura all’abbandono.

Il perseguimento di finalità sviate, d’altra parte, è privo di ogni elemento di prova;

c)circa l’indaguatezza tecnica, poi, del nuovo intervento, i relativi assunti della ricorrente trovano, come già detto, ampia e sufficiente smentita nel contenuto motivazionale degli atti impugnati e nelle stesse relazioni progettuali;

d)quanto alla "revoca" del precedente "auto annullamento" già annullato dal TAR (sent. n. 3123/08), essa è stata tuzioristicamente disposta dall’Amministrazione e si tratta comunque di una determinazione ininfluente e non lesiva;

e)per quanto attiene poi alle asserite finalità che l’Amministrazione avrebbe inteso perseguire (come paventato dalla parte ricorrente) di evitare il risarcimento attraverso la formale qualificazione della determinazione in questione come "annullamento", pare al Collegio che si tratti di assunto che non ha ragion d’essere, non essendo certamente il formale nomen iuris a qualificare la reale sostanza di un atto e non essendo comunque incompatibile, con l’atto stesso, comunque denominato, l’esperimento della tutela risarcitoria;

f)infine, l’infondatezza delle censure proposte contro la determinazione del 3.7.2009 comporta la reiezione delle censure di illegittimità derivata sollevate contro l’indizione della nuova gara.

Le impugnative di cui al ricorso e ai motivi aggiunti vanno pertanto respinte.

7. Restano da esaminare i profili risarcitori ed indennitari.

Al riguardo la ricorrente fa riferimento, nell’atto introduttivo, evidentemente al fine di coprire ogni ambito delle possibili pretese riparatorie o reintegratorie azionabili, sia al risarcimento del danno in forma specifica (strada peraltro questa evidentemente non percorribile in ragione della legittimità dell’attuato intervento di revoca), sia al risarcimento per equivalente connesso all’illegittimità dell’intervento in autotutela (profilo anche questo non assecondabile per le stesse ragioni di cui sopra), sia, nella sostanza, a profili, che prescindono dall’annullamento giurisdizionale della revoca, di responsabilità precontrattuale per incisione del legittimo affidamento del privato (CdS n. 5245/2009), sia, da ultimo, all’indennizzo di cui all’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990.

8. Nella specie rileva il Collegio che la responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. è da ritenersi effettivamente sussistente. Al riguardo non ha evidentemente alcun rilievo preclusivo la riconosciuta legittimità dell’intervento provvedimentale in autotutela, poiché "nello svolgimento della sua attività di ricerca del contraente l’amministrazione è tenuta non soltanto a rispettare le regole dettate nell’interesse pubblico (la cui violazione implica l’annullamento o la revoca dell’attività autoritativa), ma anche le norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune (regole la cui violazione assume significato e rilevanza, ovviamente, solo dopo che gli atti della fase pubblicistica attributiva degli effetti vantaggiosi sono venuti meno e questi ultimi effetti si sono trasformati in affidamenti restati senza seguito)" (cfr. CdS, Ad. Pl., n. 6/2005). In ordine poi ai profili di giurisdizione, è ormai consolidato e pacifico l’orientamento giurisprudenziale (vedi, per tutte, la sopra citata decisione) che riconosce la giurisdizione esclusiva del G.A., ex art. 6 della legge n. 205/2000, in tema di cognizione, secondo il diritto comune, dopo la caducazione degli atti della fase pubblicistica che hanno costituito in capo all’interessato effetti vantaggiosi, degli affidamenti suscitati nel privato da tali affidamenti ormai venuti meno, e dunque in tema di responsabilità precontrattuale.

Nel caso di cui trattasi il complessivo comportamento dell’Amministrazione tenuto nella fase preordinata alla stipula del contratto appare improntato a violazione del principio di correttezza e buona fede ed evidenzia quindi profili di condotta colposa determinante danno da risarcire.

Ed invero occorre al riguardo considerare quanto segue:

la gara, aggiudicata nel 2004 è stata revocata nel 2009, dopo l’aggiudicazione definitiva e la sua conferma nel 2005. Sebbene il contratto non sia stato stipulato, l’A. ricorrente in proposito aveva maturato un affidamento che il decorso del tempo, nonostante alcune alterne vicende giudiziarie, non ha fatto completamente venire meno, in difetto di tempestive e valide determinazioni espresse della P.A. di ritiro dell’aggiudicazione e della procedura nel suo complesso. E d’altra parte, circa il convincimento maturato dalla ricorrente sulla legittimità della propria posizione, si era anche espressa la sentenza n. 3123/08;

le clausole contenute nella normativa di gara, di riserva all’insindacabile giudizio di A. della possibilità di annullamento della procedura e secondo le quali l’aggiudicazione non era impegnativa per l’A. stessa e non dava diritto alla formalizzazione del contratto, vanno interpretate come previsioni di possibilità di esercizio dell’autotutela secondo le procedure ed i limiti di legge, poiché diversamente opinando si tratterebbe di clausole nulle ex art. 1355 c.c., in quanto configuranti condizioni meramente potestative (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 30 settembre 1997, n. 1418);

l’Amministrazione, dopo l’aggiudicazione è rimasta inerte, senza procedere alla stipula del contratto, per lunghi periodi, anche in assenza di impedimenti giurisdizionali, al riguardo dovendosi considerare che la decisione del CGA di definizione del primo contenzioso è intervenuta il 18.5.2005 che il primo annullamento della procedura (emesso solo ad aprile 2007) è stato riconosciuto illegittimo ed annullato dal TAR con sentenza dell’aprile 2008; ed anche dopo tale sentenza, l’Amministrazione è rimasta inerte (tanto da indurre l’A. aggiudicataria a proporre ricorso contro il silenzio rifiuto di provvedere, poi accolto con sentenza dell’aprile 2009);

la stessa determinazione di revoca per modifica di progettazione appare, alla stregua delle risultanze delle relazioni generali, solo in parte causata da sopravvenienze fattuali (ulteriore deterioramento della struttura), dato che hanno anche avuto un ruolo causale diverse valutazioni tecniche sulla validità dei vari interventi possibili che ben potevano essere effettuate anche in sede di primo originario progetto, evitando al raggruppamento istante di riporre affidamenti in tipologie di lavori cui poi l’Amministrazione ha ritenuto di dover rinunciare;

che lo stesso progressivo immutamento peggiorativo del viadotto (cui si è anche ovviato nel 2007 e 2008 con interventi parziali) appare plausibilmente connesso, almeno in parte, ai ritardi di interventi radicali quali quello di cui all’appalto poi revocato.

9. Posto quanto sopra ai fini della sussistenza dell’elemento della colpa, va nella specie risarcito il solo danno emergente per spese sostenute (come ugualmente avverrebbe, va incidentalmente rilevato, se si facesse applicazione, nel caso in esame, dell’art. 21 quinquies della l. n. 241/1990 ai fini dell’attribuzione all’istante di un indennizzo da revoca, dovendo anche tale indennizzo, per revoca di aggiudicazione, essere limitato al danno emergente -vedi CDS n. 7334/2010- senza che ciò costituisca lesione di principi costituzionali o comunitari, trattandosi di indennizzo non risarcitorio ma connesso ad atto legittimo), da un lato, poiché non sono risarcibili, per responsabilità precontrattuale, il mancato guadagno che sarebbe stato realizzato con la stipulazione e l’esecuzione del contratto e il correlato danno curriculare (cfr. CdS, VI, 17.12.2008, n. 6264 e V, 6.12.2006, n. 7194), dall’altro, poiché non è stato chiesto, nel caso in esame, alcun ristoro di eventuali perdite, che andrebbero comunque adeguatamente provate, di ulteriori occasioni di stipulazione con altri di contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi, impedite proprio dalle trattative indebitamente interrotte (lucro cessante).

10. In ordine alle voci da risarcire vanno riconosciute, tra quelle richieste dalla ricorrente, le seguenti spese, secondo i criteri di seguito specificati:

A)Spese per acquisto elaborati (come da fattura, all. 16/1 al ricorso): euro 456,00;

B)Spese documentate per sopralluoghi A. ante aggiudicazione e relative spese di personale (all. 16/2 al ricorso): totale euro 3.611,50;

C)Spese per polizza fideiussoria ante gara e spese correlate (come da documentazione e fattura costituenti all. 16/3 al ricorso): totale euro 700, 00; sempre che tali spese siano rimaste a carico dell’A. ricorrente;

D)Spese per risorse umane per studio gara (secondo prospetto e documentazione costituente all. 16/4 al ricorso): totale euro 34.720,00;

E)Spese copie elaborati post aggiudicazione (come da fatture costituenti all. 16/5 al ricorso): euro 5309,58;

F)Spese post aggiudicazione per fideiussioni e polizze assicurative, da risarcire nei limiti della finalizzazione alla gara e ai lavori di cui trattasi e di quanto risultante dalla documentazione costituente all. 16/7 al ricorso, sempre che tali spese siano rimaste a carico dell’A. ricorrente;

G)Spese per costituzione A. (come da documentazione costituente all. 16/8 al ricorso): euro 809,76;

H)In ordine alle spese richieste per sopralluoghi post aggiudicazione (all. 16/6 al ricorso), tenuto conto delle circostanze della mancata stipula del contratto, della mancata consegna dei lavori, della pendenza, anche in taluni periodi in cui tali spese sono state sostenute, di contenziosi riguardanti la gara e considerato altresì che tali spese sono state sostenute anche durante periodi nei quali la gara o l’aggiudicazione risultavano annullati (con forte presumibile attenuazione dell’affidamento maturato nella ricorrente e quindi con emersione di profili di oggettiva non giustificazione di parte delle spese sostenute e richieste), le spese stesse vanno risarcite per la metà dell’importo indicato dalla ricorrente e quindi per un totale di euro 21.785,73;

I)quanto alle spese per personale rimasto, come asserisce la ricorrente, sempre "a disposizione dell’imminente consegna dei lavori", il Collegio reputa la richiesta di risarcimento (formulata per un totale di euro 1.248.624,00) eccessiva e quindi in parte non giustificata, tenuto conto delle medesime circostanze di cui al precedente punto H) e considerato, in aggiunta, che al Collegio non sembra plausibile e comunque rispondente a corretti criteri di gestione di risorse umane impiegate in attività imprenditoriali tutto sommato di carattere omogeneo, mantenere, da parte di un’A. costituita tra importanti imprese del settore costruttivo e delle opere stradali operanti a livello quanto meno nazionale, addirittura per oltre 5 anni personale inattivo, in assenza di stipula di contratto, a completa disposizione di un appalto per lavori non consegnati e che solo in taluni periodi ricompresi negli anni suddetti (dal 2004 al 2009) avrebbero potuto ragionevolmente e plausibilmente ritenersi di imminente consegna. Pertanto, la correlazione delle spese suddette rispetto al comportamento dell’Amministrazione può riconoscersi soltanto in misura fortemente ridotta, dovendo quindi risarcirsi le spese stesse per un importo equitativamente limitato ad un quinto di quanto richiesto e cioè per un totale di euro 249.724,80.

11. Per ciò che concerne, invece, il risarcimento delle spese "legali" e per "costi consortile", le stesse non possono essere riconosciute.

Quanto alle prime, perché la regolamentazione delle spese processuali spetta, in via esclusiva, al giudice che definisce il giudizio nel cui ambito quelle spese sono state sostenute. La condanna sulle spese è, infatti, pronuncia consequenziale ad accessoria alla definizione del giudizio, ammissibile nei soli rapporti tra soggetti titolari di un rapporto processuale basato con la proposizione di una domanda.. Non può esservi alcun dubbio, allora, sul fatto che la richiesta di rimborso delle spese legali sostenute dall’A. R.S. nei vari giudizi intrapresi o nei quali è stata coinvolta nel corso degli anni per i lavori dell’appalto in questione poteva essere avanzata solo nell’ambito di quei giudizi e non può essere invece formulata proponendo un’autonoma azione risarcitoria, in quanto, se ciò fosse possibile, si avrebbe un’evidente elusione del regime delle spese processuali dettato dagli artt. 9097 c.p.c. e, soprattutto, del principio dell’accessorietà della pronuncia sulle spese legali (cfr. CdS, VI, 9.6.2008, n. 2751).

In ordine poi all’altra domanda relativa ai "costi consortile", essa va respinta per genericità, non essendo state adeguatamente chiarite e specificate la natura, le ragioni e la finalità di dette spese e la preordinazione di esse alla gara e ai lavori di cui trattasi.

12. Sulle singole spese rimborsabili all’A. (e che quest’ultima provvederà evidentemente a ripartire, secondo spettanza, tra le singole imprese riunite), che sono debiti di valore, compete altresì la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, dalla data di effettuazione della spesa fino alla data di deposito della presente sentenza; sulla somma così rivalutata si computeranno gli interessi legali calcolati dalla data di deposito della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo (Cfr. Cons. Stato, Sez V, 6.10.2010, 7334 nonchè VI, 21 maggio 2009, n. 3144).

13. Ai fini della concreta liquidazione del danno, il Collegio ritiene di far applicazione del potere attribuito dall’art 34 comma 4 del d.lgs. n° 104 del 2010, condannando l’amministrazione a fare alle società ricorrenti, nel termine di sessanta giorni dalla notificazione della presente sentenza o dalla comunicazione se anteriore, una proposta di una somma a titolo di risarcimento commisurata agli elementi di cui sopra ed alla stregua dei criteri e delle precisazioni anch’essi sopra esposti e specificati.

Le spese e gli onorari, tenuto conto della reciproca parziale soccombenza, vanno integralmente compensati tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così decide:

1)respinge il ricorso stesso, quanto alla domanda di annullamento degli atti impugnati;

2)accoglie in parte la domanda risarcitoria, secondo quanto specificato e disposto in motivazione.

Compensa le spese e gli onorari.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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