Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-03-2011, n. 7421 Periti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Ministero delle Attività Produttive, in persona del Ministro pro- tempore, e l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) proposero impugnazione dinanzi alla Corte d’Appello di Roma avverso la sentenza del Tribunale di Roma, con la quale era stata accolta la domanda avanzata da G.D. di dichiarazione di illegittimità del provvedimento con cui era stata rigettata la sua domanda di iscrizione nel ruolo nazionale dei periti assicurativi, formulata ai sensi della L. 7 febbraio 1992, n. 166, art. 16, comma 1, che prevedeva il diritto all’iscrizione al predetto albo, con esonero dalla preventiva prova di idoneità, prevista in via generale dalla stessa normativa, per coloro che avessero esercitato senza soluzione di continuità l’attività di perito assicurativo nei cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge.

La Corte d’Appello di Roma, nell’accogliere l’appello, ha ritenute fondate le censure formulate dagli appellanti ed inerenti alla carenza, nel caso di specie, dei requisiti prescritti per l’iscrizione nel ruolo dei periti assicurativi con esonero dalla prescritta prova di idoneità.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma propone ricorso per cassazione G.D., a mezzo di un unico motivo. Resistono con controricorso il Ministero delle Attività Produttive e l’ISVAP.
Motivi della decisione

1. Con l’unico articolato motivo del ricorso è stata dedotta sia violazione e falsa applicazione della L. n. 166 del 1992, art. 16 e del D.M. n. 562 del 1992, art. 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sia il vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Il motivo è infondato sotto entrambi i profili.

1.1. Quanto al vizio di violazione di legge, deduce il ricorrente che la L. n. 166 del 1992, art. 16 (che detta la disciplina transitoria per l’iscrizione al ruolo nazionale dei periti assicurativi per l’accertamento e la stima dei danni ai veicoli a motore ed ai natanti, derivati dalla circolazione, dal furto e dall’incendio degli stessi, istituito con la stessa legge) esonera dalla prova di idoneità (mediante esame scritto ed orale), il cui superamento è requisito per l’iscrizione, coloro che abbiano esercitato senza soluzione di continuità l’attività di perito assicurativo nei cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge.

Rileva il ricorrente che la legge non preciserebbe le modalità di svolgimento dell’attività nel quinquennio, nè imporrebbe il raggiungimento di un determinato importo dei compensi percepiti nè tantomeno alcun obbligo di dichiarare fiscalmente i detti compensi, essendo unico ed inderogabile presupposto per l’iscrizione l’avere esercitato continuativamente per un quinquennio l’attività di perito. Il ricorrente fa altresì menzione della L. n. 162 del 1992, art. 16, comma 3, che stabiliva che con un decreto ministeriale da emanarsi successivamente il Ministro avrebbe "adottato le norme per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2", per dedurre che tale regolamento, dettato con D.M. n. 562 del 1992, avrebbe aggiunto un requisito ulteriore, vale a dire l’obbligo di indicare il compenso percepito nel corso del quinquennio; in tal modo il regolamento di attuazione avrebbe superato i limiti imposti dalla legge e tale contrasto si sarebbe dovuto risolvere a favore della legge, come già affermato dal precedente di questa Corte n. 9984 del 24 maggio 2004. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe disatteso i principi espressi in materia da tale ultimo precedente, dando rilievo alla mancata presentazione di documentazione fiscale piuttosto che alle prove prodotte dal G. relativamente all’effettivo esercizio, senza soluzione di continuità per il quinquennio in esame, dell’attività di perito assicurativo.

La censura, pur partendo da premesse corrette in diritto, non coglie nel segno. La Corte d’Appello di Roma, infatti, non ha interpretato le norme richiamate dal ricorrente, che ha peraltro testualmente riportato nella motivazione della sentenza impugnata, nel senso presupposto dal ricorrente, bensì in termini del tutto coerenti col dato normativo e conformi ai precedenti di questa Corte (costituiti, oltre che da Cass. 24 maggio 2004 n. 9984, anche da Cass. 25 luglio 2001 n. 10117).

In particolare, il giudice di merito non ha affatto ritenuto determinante, al fine di escludere il diritto del G. all’iscrizione nel ruolo dei periti assicurativi, l’assenza di redditi nel quinquennio antecedente l’entrata in vigore della legge n. 166 del 1992, avendo assunto tale dato di fatto soltanto quale uno degli elementi valutati al fine di verificare la sussistenza dell’unico requisito ritenuto determinante. Ha ritenuto, infatti, determinante lo svolgimento di un’attività di perito assicurativo con modalità tali da realizzare l’intento perseguito dal legislatore con la normativa transitoria in oggetto; intento, individuato correttamente nella sentenza impugnata come volto ad "escludere, in sede transitoria e come eccezione rispetto alla disciplina generale, la necessità del preventivo esame per quei soggetti che potevano vantare una prolungata esperienza professionale, tale da garantire elevati livelli di preparazione e, quindi, una sostanziale idoneità allo svolgimento dell’attività, comprovata proprio dal fatto che tale attività era stata concretamente svolta per cinque anni".

Si tratta di un’interpretazione corretta della normativa di riferimento che non risulta certo male applicata soltanto perchè alle argomentazioni che precedono la Corte d’Appello di Roma ha aggiunto quella per la quale la disposizione regolamentare relativa alla prova della percezione dei redditi sarebbe coerente con le finalità perseguite dalla disciplina transitoria, in quanto è nella norma che un’attività lavorativa protratta per cinque anni debba anche produrre dei redditi.

Peraltro, in punto di diritto, non ha affatto accolto l’appello basando la propria motivazione su tale mancata dimostrazione di percezione di redditi, come sostenuto dal ricorrente, ma ha valutato gli elementi di prova forniti dalla parte istante al fine di verificare che questa avesse esercitato effettivamente nel quinquennio e senza soluzione di continuità un’attività tale da far maturare in capo al richiedente un’adeguata esperienza nel settore, tanto da rendere superflua la preventiva prova di idoneità. 1.2. Nell’esaminare detti elementi, la Corte di merito ha compiuto una valutazione dei fatti, il cui riesame è precluso a questo giudice di legittimità, salvo che per i profili attinenti al vizio di motivazione denunciati dal ricorrente.

Secondo quest’ultimo non sarebbero stati valutati tutti gli elementi prodotti a sostegno della domanda già in primo grado, vale a dire due dichiarazioni autenticate da notaio di compagnie di assicurazioni attestanti lo svolgimento da parte del G. dell’attività di perito come collaboratore del padre nel quinquennio dal 1987 al 1992.

L’assunto del ricorrente non trova riscontro nella motivazione della sentenza impugnata poichè questa argomenta proprio sulla base di tali due dichiarazioni. Nè il riferimento a queste due dichiarazioni rende contraddittoria la motivazione con riguardo alla parte in cui si sofferma ad esaminare quella resa dalla SEAR s.p.a.: infatti, dato per presupposto che entrambe riguardano l’attività svolta dal G. quale "collaboratore" del padre, il giudice d’appello ha approfondito la valutazione di una di questa dichiarazioni, per sottolineare, del tutto coerentemente con le premesse e, come si dirà, con la conclusione, che questa, oltre a non presentare requisiti formali idonei, rendeva palese che un’attività autonoma di perito assicurativo era stata svolta dal G. soltanto a far data dal 1992, quindi per un periodo di gran lunga inferiore al quinquennio imposto dalla legge. Analogamente al periodo 1991-1992, per espresso riconoscimento del ricorrente (che ne richiama la produzione), si riferivano le perizie e le consulenze redatte quando questi era divenuto titolare di partita IVA, sicchè la mancata espressa considerazione di tali elementi di prova da parte della Corte d’Appello è del tutto giustificata, trattandosi di elementi non solo non decisivi ai fini dell’accoglimento della domanda del G., ma addirittura tali da corroborare quanto dal giudice d’appello affermato con riferimento all’insufficienza del periodo di svolgimento di attività autonoma.

In detto contesto motivazionale si inserisce, del tutto coerentemente, la valutazione del giudice di merito circa l’insufficienza della documentazione fiscale: se, infatti, è vero che, come già affermato da questa Corte (Cass. n. 9984/2004 cit.), l’esercizio effettivo di attività di perito assicurativo avrebbe potuto essere dimostrata con ogni mezzo di prova, questa finalità probatoria ben si sarebbe potuta raggiungere anche mediante la produzione di documentazione fiscale. Sotto questo profilo, è logicamente coerente e non censurabile la motivazione della sentenza impugnata che ha ritenuto a contrario rilevante la mancata dimostrazione della percezione di redditi propri nel quinquennio di legge, a definitiva conferma di quanto già risultante dagli atti di causa in merito al mancato svolgimento di un’attività autonoma e professionalmente rilevante.

Avvalendosi degli elementi di prova su richiamati, la Corte d’Appello di Roma ha quindi concluso che l’attività di "collaborazione" col padre non fosse idonea ad integrare i requisiti prescritti dalla legge. Giova precisare che questa affermazione non va intesa in senso generale ed astratto -tale quindi da dover essere valutata in contrasto con il precedente citato dal ricorrente, secondo cui sarebbe stato utile per l’esonero dalla prova di idoneità anche soltanto un periodo di tirocinio- ma va considerata come riferita al caso concreto, vale a dire alle concrete modalità di svolgimento di siffatta attività di "collaborazione" da parte del G.. Orbene, in punto di valutazione dei fatti il giudizio è riservato al giudice del merito: questi ha congruamente motivato sull’inadeguatezza, nel caso specificamente portato al suo esame, dell’attività svolta dalla parte istante, sulla base degli elementi di cui sopra, a cui ha aggiunto quello della giovane età non certo perchè -come sostenuto dal ricorrente- lo intendesse quale requisito per il legittimo esercizio dell’attività, ma soltanto a conferma della ritenuta mancanza di autonomia, rilevanza professionale, continuità ed effettività che, nel caso di specie, aveva impedito il maturare di un’esperienza sufficiente all’iscrizione nel ruolo senza esami preventivi. Attesa la congruità di tale motivazione, non può che concludersi nel senso del rigetto del ricorso.

2. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna G.D. al pagamento delle spese processuali che liquida in favore dei resistenti nella somma di Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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