Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-03-2011, n. 7419 Opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società "Porto Turistico di Jesolo" chiese e ottenne decreto ingiuntivo nei confronti di M.A. per la somma di oltre L. 24 milioni, sulla premessa che – essendo stato originariamente prevista, per gli azionisti della società, il diritto d’uso di posti barca dietro rimborso delle sole spese di gestione – la modifica statutaria approvata nell’aprile del 1993 aveva riservato ai soci stessi la sola prelazione rispetto a tale uso (offerto anche a terzi) con uno sconto del 20% sul canone di ormeggio contestualmente stabilito.

La M. si oppose sostenendo, tra l’altro, che usufruttuario delle azioni della Porto Turistico (disponendo essa della sola nuda proprietà) e conseguente destinatario delle pretese dell’opposta era il marito C.C..

Con successivo atto di citazione, la società opposta -che aveva proposto, nel giudizio di opposizione, alcune domande riconvenzionali – reintrodusse in via ordinaria le domande nei confronti della M., estendendole anche al C..

Il giudice di primo grado, riuniti i due procedimenti, revocò il decreto ingiuntivo, dichiarò inammissibili le ulteriori domande di arricchimento senza causa e di risarcimento per occupazione abusiva proposte nei confronti della M. e rigettò quelle proposte nei confronti del C..

La sentenza fu impugnata dalla Porto Turistico dinanzi alla corte di appello di Venezia, la quale, nell’accoglierne il gravame, osservò, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimità:

1) che questa corte di legittimità, con la sentenza 7536 del 2005, aveva confermato la validità della delibera adottata dall’appellante del 1993 con la quale, modificando lo statuto, si imponeva ai soci il pagamento di un canone di ormeggio;

2) che l’usufruttuario C.C. – titolare di alcuni poteri quali il diritto di voto e di impugnazione delle delibere societarie – non rivestiva la qualità di socio, spettante, viceversa, alla moglie, nuda proprietaria;

3) Che, a differenza di quanto ritenuto dal tribunale, nell’ambito del procedimenti di opposizione "l’opponente ha facoltà di proporre domanda riconvenzionale";

4) Che "pur accedendo alla tesi per la quale soltanto l’opposto può svolgere domanda riconvenzionale", all’inammissibilità della domanda pronunciata nell’ambito del procedimento instauratosi a seguito dell’emanazione del decreto ingiuntivo avrebbe dovuto seguire l’esame del merito di quelle riproposte con separato giudizio ordinario;

5) Che la prova dell’effettiva utilizzazione del posto barca da parte del C. era stata raggiunta in prime cure dacchè sostanzialmente ammessa dagli stessi appellati (che la sentenza erroneamente definisce appellanti al f. 6 punto 3);

6) Che, esclusa la gratuità del diritto di utilizzazione del posto barca in forza del contratto sociale come legittimamente modificato, il rapporto instaurato con la società era analogo a quello di un qualsiasi utente resosi parte di un contratto di ormeggio, a prescindere dalla sua qualità di socio – idonea al solo fine di beneficiare della prelazione e dello sconto sul canone;

7) Che l’eccezione relativa alla titolarità del rapporto sostanziale (del marito e non anche sua propria) sollevata dalla M. in primo grado, non accolta in quella sede, doveva intendersi rinunciata poichè non espressamente riproposta in appello;

8) Che entrambi i coniugi avevano ammesso di aver materialmente usufruito del posto barca, onde agli stessi andava riconosciuta la qualità di parti del contratto di ormeggio con la società;

9) Che anche in mancanza di uno scambio di consensi, il fatto obbiettivo dell’occupazione dello spazio d’acqua doveva intendersi come accettazione della proposta di contratto di ormeggio avanzata dalla società, non avendo rilievo la volontà della parte quanto il significato sociale di un determinato comportamento a lei riconducibile, sia pur per fatti concludenti;

10) Che, pertanto, il decreto ingiuntivo opposto andava confermato, con la condanna della M., in solido con il C., al pagamento della somma in esso indicata.

M.A. e C.C. hanno impugnato la sentenza di appello con ricorso per cassazione sorretto da 4 motivi.

Resiste con controricorso, corredato da ricorso incidentale, la società jesolana.

Le parti ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione alla Delib. 17 aprile 1993, della "Porto turistico" s.p.a..

Il motivo è privo di pregio, atteso l’intangibilità del giudicato formatosi, in subiecta materia, all’esito della sentenza 7536/2005 resa da questa corte regolatrice in ordine alle pretese dei soci (tra i quali gli odierni ricorrenti) nei confronti della società.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell’art. 161 e 645 c.p.c..

Il motivo è fondato.

La corte d’appello di Venezia, nel riformare la sentenza di primo grado, ha evidenziato un preteso errore di diritto in cui sarebbe incorso il primo giudice nell’aver dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale proposta dalla società nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Il patente error iuris è, di converso, quello in cui incorre la corte territoriale che, discostandosi dall’insegnamento di questa corte regolatrice (Cass. 21245/06) mostra di considerare legittima, al punto da accoglierla, la domanda riconvenzionale proposta dall’opposto (che erroneamente viene indicato, in sentenza, per un probabile lapsus calami, come opponente) così confermando il decreto ingiuntivo, che andava invece revocato.

Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1321, 1325, 1326, 1372 c.c..

Il motivo è anch’esso fondato.

La pretesa ricostruzione della fattispecie in guisa di comportamento sociale tipico – onde inferirne la volontà di accettare una proposta contrattuale da parte dei ricorrenti – è, difatti, palesemente smentita dalle risultanze del processo, avendo in ogni sede i coniugi C. negato qualsivoglia diritto della società a pretendere un corrispettivo per il contratto di ormeggio, per ritenersi viceversa legittimati all’uso dello specchio d’acqua di loro pertinenza in forza della disposizione statutaria previgente, onde del tutto correttamente la difesa evoca, in questa sede, la totale assenza di volontà, anche presunta, di accettazione di una proposta contrattuale.

Con il quarto motivo, si denuncia violazione elle norme di cui agli artt. 100, 112 c.p.c. e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c..

La doglianza è assorbita dall’accoglimento del primo motivo, in punto di caducazione necessaria, per ragioni di rito, del decreto opposto.

All’accoglimento del ricorso principale consegue l’assorbimento di quello incidentale, essendo demandato al giudice di rinvio l’esame della legittimità delle domande subordinate spiegate dalla società oggi resistente nel giudizio ordinario di cognizione poi riunito al procedimento di opposizione.

Il ricorso principale è pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio del procedimento alla corte di appello di Venezia, in altra composizione, che provvedere anche alla disciplina delle spese di questo grado di giudizio.
P.Q.M.

La corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, in esso assorbito quello incidentale, cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Venezia in altra composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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