T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 14-02-2011, n. 261 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso ritualmente notificato alle Amministrazioni resistenti e depositato il 24.6.2009 la S. s.p.a., premesso che in data 8 aprile 2009 le era pervenuta una nota con cui la Safab la informava che il Comune di Palermo, tramite la propria concessionaria P., aveva revocato l’autorizzazione alla fornitura e posa in opera di elementi prefabbricati prodotti dalla S. in dipendenza di una comunicazione ricevuta dalla Prefettura di Catania; che con nota del 10 aveva formulato apposita richiesta di accesso agli atti, in seguito alla quale aveva ottenuto copia dell’informativa prefettizia, ove si affermava la sussistenza del pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata, e dei relativi allegati; che, al fine di eliminare qualsivoglia dubbio in ordine alla specchiatezza dell’operato della società, gli organi collegiali erano stati rinnovati, espungendo coloro che nell’informativa erano richiamati; tutto quanto sopra premesso, ha impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati lamentandone l’illegittimità per violazione e falsa applicazione degli artt. 10, comma 2 e 7 D.p.R. 252/1998 e 4, commi 4 e 6 D. Lg.vo 490/1994 – eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto dei presupposti e di motivazione (art. 2 L.241/90) – titubanza.

Con memoria depositata il 7.7.2009 si è costituito il Comune di Palermo, eccependo la legittimità del proprio operato, alla luce del carattere vincolante dell’informativa prefettizia tipica adottata dall’Amministrazione statale; ha quindi concluso per il rigetto del ricorso avversario.

All’adunanza camerale del 17.7.2009, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare della ricorrente, si è costituita l’Amministrazione statale resistente, senza depositare memoria scritta, producendo documenti ed instando per il rigetto del ricorso avversario.

All’esito di tale adunanza il T.A.R. adito, con ordinanza n. 146/09, ha disposto l’acquisizione, a cura dell’Amministrazione resistente, di documentati chiarimenti in ordine ai fatti ed alle circostanze posti a fondamento della informativa impugnata.

Alla successiva adunanza camerale del 3.10.2009 il T.A.R. adito ha accolto l’istanza di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati.

All’udienza del 13.1.2011 il ricorso, su concorde richiesta di procuratori delle parti, è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato sotto gli assorbenti profili dei dedotti vizi di illogicità e difetto di motivazione.

In punto di diritto è noto che "Nel rendere le informazioni richieste dal Comune ai sensi dell’art. 10 comma 7, lett. c), d.P.R. 3 giugno 1998 n. 252, il Prefetto non deve basarsi su specifici elementi, ma deve effettuare la propria valutazione sulla scorta di uno specifico quadro indiziario, ove assumono rilievo preponderante i fattori induttivi della non manifesta infondatezza che i comportamenti e le scelte dell’imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali negli appalti delle Pubbliche Amministrazioni. L’ampiezza dei poteri di accertamento, giustificata dalla finalità preventiva sottesa al provvedimento, giustifica che il Prefetto possa ravvisare l’emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in fatti in sé e per sé privi dell’assoluta certezza – quali una condanna non irrevocabile, collegamenti parentali con soggetti malavitosi, dichiarazioni di pentiti – ma che, nel loro coacervo, siano tali da fondare un giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata per la presenza, nei centri decisionali, di soggetti legati ad organizzazioni malavitose" (Consiglio di Stato, Sez. VI, 18/08/2010, n. 5880).

Nel caso di specie il tentativo di "condizionamento" mafioso è stato ritenuto dall’Amministrazione resistente esclusivamente sulla base della circostanza che uno dei soci della ricorrente figura nella compagine sociale di altra società di persone tra i cui soci figura un soggetto che annovera precedenti penali per associazione mafiosa.

Ritiene il Collegio che siffatto elemento, ex se considerato ed avulso da ulteriori elementi indiziari, non possa logicamente ritenersi sufficiente spia del condizionamento dell’operato della ricorrente da parte della criminalità organizzata.

Ne consegue la illegittimità dell’informativa tipica impugnata e la conseguente illegittimità derivata del vincolato provvedimento di revoca adottato dall’Amministrazione comunale resistente.

Le spese di lite seguono la soccombenza dell’Amministrazione statale resistente e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima,

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna l’Amministrazione statale resistente a rifondere alla società ricorrente le spese di lite che liquida in Euro 3.000,00 oltre iva e cpa come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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