Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-11-2010) 18-02-2011, n. 6191 Bancarotta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.V., assieme ad altro imputato, era chiamata a rispondere, innanzi al Tribunale di Campobasso, del reato di cui agli artt. 81 cpv. e 110 c.p., L. Fall., art. 216, n. 2, perchè…..con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, nella qualità di socia accomandataria della "Resinart s.a.s., dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Campobasso….allo scopo di recare pregiudizio ai creditori e di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto, tenevano le scritture contabili in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento di affari dell’impresa, in particolare: non è stato possibile al curatore avere contezza dell’ammontare dei beni aziendali e delle rimanenze, mancando qualsiasi inventario al riguardo; la contabilità aziendale e precisamente il registro IVA vendite ed il registro IVA acquisti non risultano attendibili, in quanto tenuti irregolarmente.

Con sentenza del 5 dicembre 2005, il Tribunale dichiarava l’imputata colpevole del reato ascrittole e, concesse le attenuanti generiche, la condannava alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due di reclusione, oltre consequenziali statuizioni.

Pronunciando sul gravame proposto dall’imputata, la Corte di Appello di Campobasso, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello confermando la pronuncia impugnata.

Avverso la pronuncia anzidetta il difensore ha proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Con unico articolato motivo d’impugnazione parte ricorrente lamenta che sia stato ritenuto che la ditta Resinart s.a.s., regolarmente iscritta nell’elenco delle imprese artigiane, avesse natura industriale sì da poter essere assoggettata alla procedura fallimentare. Poichè la sentenza dichiarativa di fallimento era stata gravata di ricorso per cassazione, ricorrevano i presupposti di legge per la sospensione del procedimento ai sensi dell’art. 479 c.p.p..

Deduce, poi, erronea applicazione della L. Fall., art. 216, nonchè mancanza od insufficienza di motivazione sul punto. Ritiene, al riguardo, che non sussistevano gli elementi costitutivi del reato in questione, rilevando, altresì, l’inadeguatezza della motivazione, posto che l’omessa annotazione di alcune operazioni non avrebbe potuto assimilarsi a sottrazione, distruzione o falsificazione così come affatto irrilevante era la mancata annotazione di alcune fatture nei registri IVA, posto che, come dichiarato dallo stesso curatore fallimentare, erano stati esibiti estratti conto e fatture, anche se tardivamente.

2. – La prima ragione di censura è destituita di fondamento. Ed invero, con motivazione ineccepibile la Corte di merito ha disatteso l’istanza di sospensione proposta dalla ricorrente ai sensi dell’art. 479 c.p. in ragione della pendenza del giudizio civile di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, già rigettata in primo grado con sentenza confermata in appello, non sussistendone i presupposti di legge, tenuto peraltro conto che l’oggetto del contenzioso civile non avrebbe potuto definirsi di particolare complessità, siccome richiesto dalla menzionata norma processuale.

Tale giudizio negativo può ora ribadirsi in questa sede a fronte di rinnovata istanza sul presupposto della pendenza di giudizio di cassazione avverso la sentenza di rigetto pronunciata in sede di gravame, restando inteso che, in caso di favorevole esito di quel ricorso, la sentenza definitiva di condanna potrà essere oggetto di domanda di revisione ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. b) del codice di rito (cfr. Cass. sez. U, 28.2.2008, n. 19601, rv. 239399).

La seconda doglianza è pur essa infondata, non essendo condivisibile il rilievo in ordine al difetto di motivazione, posto che, con argomentazione pertinente ed esaustiva, il giudice a quo ha indicato le risultanze di causa reputate idonee a sostenere la colpevolezza dell’imputata. In particolare, sono state giustamente valorizzate le dichiarazioni del curatore fallimentare in merito alla mancanza del registro inventario e dei libri obbligatoli in materia di lavoro, mentre i registri IVA erano tenuti in modo irregolare, non potendo ovviare alla mancata annotazione la successiva produzione di estratti conto e fatture, di cui peraltro non risulta neppure la pertinenza.

Infatti, è stata comunque elusa la finalità attestativa cui è, pacificamente, preordinata la previsione dell’obbligo di regolare tenuta delle scritture anzidette.

3. – Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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