T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 15-02-2011, n. 1430 Professori universitari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

verbale;
Svolgimento del processo

Con il proposto gravame l’odierno ricorrente, professore ordinario nel settore scientifico disciplinare MED/09 nella II Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’intimata Università, ha impugnato:

a) il decreto rettorale, in epigrafe indicato, che ha rigettato l’istanza del 10.12.2008 con cui aveva chiesto il beneficio del prolungamento biennale del servizio previsto dall’art.16 del D.lgvo n.503/1992 fino al 31.10.2012;

b) gli atti presupposti con cui il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione hanno fissato i criteri per la valutazione delle istanze di cui al citato art.16.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di doglianza:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art.16 del D.lgvo n.503/1992 e successive modifiche; dell’art.72 (commi 710) D.L. n.112/2008 convertito in L. n.132/2008. Eccesso di potere per difetto di motivazione, errore nei presupposti, sviamento. In subordine illegittimità costituzionale;

2) In via subordinata: Violazione e falsa applicazione dell’art.16 del D. lgvo n.503/1992 e successive modifiche; dell’art.72 (commi 710) D.L. n.112/2008 convertito in L. n.132/2008, dei principi generali in tema di predisposizione di requisiti validi per valutazioni nel pubblico impiego. Incompetenza. Eccesso di potere per vizio del procedimento, difetto di motivazione, errore nei presupposti, illogicità, contraddittorietà. Sviamento.

Si sono costituite le intimate amministrazioni prospettando in primis la tardività del proposto gravame e contestando nel merito con dovizia di argomentazioni la fondatezza delle dedotte doglianze.

Alla pubblica udienza del 19 gennaio 2011 il ricorso è stato assunto in decisione.
Motivi della decisione

Con il proposto gravame l’odierno ricorrente, professore ordinario nel settore scientifico disciplinare MED/09 nella II Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’intimata Università, ha impugnato:

a) il decreto rettorale, in epigrafe indicato, che ha rigettato l’istanza del 10.12.2008 con cui aveva chiesto il beneficio del prolungamento biennale del servizio previsto dall’art.16 del D.lgvo n.503/1992 fino al 31.10.2012;

b) gli atti presupposti con cui il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione hanno fissato i criteri per la valutazione delle istanze di cui al citato art.16.

Il Collegio prescinde dal previo esame delle prospettate eccezioni di irricevibilità stante l’infondatezza delle dedotte doglianze.

Con la prima delle dedotte censure il ricorrente sostiene che dall’art 72 comma 8, il quale contiene una norma di diritto transitorio che fa salvi i trattenimenti in servizio " disposti con riferimento alle domande presentate nei sei mesi successivi all’entrata in vigore della norma", si dovrebbe ritenere tempestiva anche la sua domanda di prolungamento, del 10122008, nei confronti della quale l’Amministrazione non avrebbe avuto alcun potere discrezionale.

Tale argomentazione non appare condivisibile, alla luce di quanto osservato dalla Sezione con sentenza n.33093/2010 relativa ad una controversia identica a quella in trattazione.

In merito è stato fatto presente che "Come già affermato in numerose pronunce della sezione, l’art 16 del d.lgs. n° 503 del 30121992, nel testo modificato dall’art 72 comma 7 del d.l. n° 112 del 2561998 convertito dalla legge n° 133 del 682008, ha previsto che il prolungamento biennale del servizio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo sia possibile solo in caso l’amministrazione accolga la richiesta "in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali", "in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi". La domanda di trattenimento va presentata all’amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento.

Dal dato testuale della norma risulta evidente che il prolungamento biennale del servizio non è più una facoltà dell’impiegato sottoposta solo ad una atto della sua volontà, la domanda di trattenimento; ma è stata attribuita una facoltà all’Amministrazione di appartenenza di valutare, discrezionalmente, se accettare la domanda di prolungamento del servizio o meno.

Il professore ricorrente pone un problema di applicazione del diritto transitorio, sostenendo che la norma avrebbe sostanzialmente lasciato una finestra temporale di sei mesi per la presentazione della domanda di prolungamento del servizio regolata dal vecchio regime (senza alcuna valutazione discrezionale da parte dell’Amministrazione), indipendentemente dalla data di effettivo raggiungimento del limite di età.

Tale argomentazione non può essere condivisa.

Il comma 8 dell’articolo 72 va letto, infatti, insieme ai commi 9 e 10 della medesima norma che costruiscono un regime di diritto transitorio in relazione al momento in cui si verifica la cessazione ordinaria del servizio per raggiungimento del limite di età. Il comma 8 letto in combinato con i commi 9 e 10 configura un tale regime di diritto transitorio: ai sensi del comma 8 sono fatti salvi i trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del decreto e quelli decorrenti nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del decreto (fino al dicembre 2008); ai sensi del comma 9 vi è invece un potere di revoca di quelli già adottati con decorrenza dal 1° gennaio al 31 dicembre 2009; in base al comma 10, i trattenimenti in servizio già autorizzati con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2010 decadono ed i dipendenti interessati al trattenimento sono tenuti a presentare una nuova istanza nei termini di cui al comma 7.

E’ evidente, dunque, che l’unica interpretazione della disposizione del comma 8 che dia un senso all’intero regime transitorio è quella per cui il riferimento "alle domande presentate nei sei mesi successivi all’entrata in vigore"debba essere considerato relativo a coloro che, interessati dal collocamento a riposo dal luglio al dicembre 2008, non avessero presentato anteriormente la relativa domanda, se fosse potuto sussistere il dubbio che ad essi fosse comunque applicabile il regime temporale della presentazione della domanda di cui al comma 7 (con conseguente decadenza dalla possibilità di presentare la domanda).

La diversa ricostruzione autorevolmente proposta del professore ricorrente, pur avendo il merito di dare un significato al dato testuale del "riferimento alle domande presentate" non può essere condivisa; tale interpretazione, infatti, risulta incompatibile con la disciplina del successivo comma 10.

Proprio la posizione del professore ricorrente è, infatti, oggetto del comma 10 dell’art 72. Il suo collocamento a riposo al raggiungimento del limite di settanta anni di età, in data 2832010, sarebbe stato disposto dal 1112010, rientrando quindi nella applicazione del comma 10, che espressamente prevede, come sopra evidenziato, che i trattenimenti in servizio già disposti decadono e gli interessati sono tenuti a presentare una nuova domanda nei termini di cui al comma 7 (ovvero dal 1112008 al 1112009). E’ evidente dunque, che la nuova domanda presentata deve essere esaminata in base ai criteri di cui al comma 7 dell’art 72.

Tale interpretazione trova conferma nella modifica operata in sede di conversione dalla legge n° 133 del 2008. Il testo originario del d.l. n° 112 del 2008, anteriore alla legge di conversione, prevedeva, infatti, solo la salvezza dei trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore della presente legge e di quelli "già disposti" con decorrenza anteriore al 31 dicembre 2008.

Il riferimento alle domande presentate, trova quindi ragion d’essere nel prevedere, in relazione alla disciplina dei termini di cui al comma 7, la possibilità di presentare ancora la domanda di prolungamento del servizio, per chi, al momento della entrata in vigore del decreto, non l’avesse ancora presentata, purchè la data di decorrenza del trattenimento rientrasse nel secondo semestre 2008.

Tale interpretazione è stata fatta propria anche dalla circolare del dipartimento della funzione pubblica del 20102008, impugnata in questa sede, della quale peraltro non si ravvisano profili di irragionevolezza, in quanto indica l’unica possibile interpretazione delle disposizioni di diritto transitorio che eviti la irragionevolezza e la disparità di trattamento.

La difesa ricorrente propone altresì la questione di legittimità costituzionale dell’art 72 del d.l. n° 112 del 2008, se interpretato nel senso indicato dall’Amministrazione, in relazione all’ art 3 della Costituzione, per illogicità, irrazionalità e disparità di trattamento.

La sezione ha già, in numerose pronunce (cfr sent n° 17818/2010; 19822 del 2010), esaminato la questione, ritenendola manifestamente infondata.

Neppure può essere ritenuto irragionevole il particolare regime transitorio rispetto a chi, come il professore ricorrente, avrebbe cessato il servizio nel 2010

La giurisprudenza della Corte Costituzionale è, infatti, costante nell’affermare che il legislatore può incidere modificando i rapporti di durata, sempre nei limiti della logicità e ragionevolezza.

La Corte Costituzionale ha più volte ritenuto che non vi siano limiti per il legislatore ordinario nella modifica della discipline vigenti, che non siano quelli della ragionevolezza, se non quando la situazione sia divenuta di diritto con il collocamento in quiescenza(cfr. altresì Cassazione civile, sez. lav., 24 agosto 2007, n. 18041, rispetto al comma 29 dell’art. 1 della legge n. 335 del 1995 che incidendo su situazioni che, alla data di ingresso della regolamentazione, riguardante la pensione di anzianità – 1° gennaio 1996 -, non avevano ancora raggiunto la consistenza del diritto, quali appunto quelle di coloro che, sotto l’impero dell’art. 11, comma 8, l. 24 dicembre 1993 n. 537, avevano maturato i prescritti requisiti di contribuzione e di età anagrafica, ma non il collocamento in quiescenza, senza perciò stesso rappresentare un intervento legislativo lesivo del principio dell’affidamento sui cd. "diritti quesiti").

Nel caso di specie, la modifica della disciplina dell’art 16 del d.lgs. n° 503 del 30121992, nel senso di rendere un diritto soggettivo del dipendente pubblico al prolungamento biennale del servizio, una scelta discrezionale dell’Amministrazione non può ritenersi né illogica né irragionevole, né risultano sacrificati affidamenti qualificati.

La Corte Costituzionale, rispetto al limite di età per il collocamento a riposo o ad altri istituti che incidono sulla posizione del dipendente rispetto alla cessazione del servizio, ha sempre fatto riferimento all’effettivo momento di collocamento a riposo, ad esempio per la posizione in materia previdenziale.

Di recente (sentenza n° 236 del 2009), pronunciandosi sulla riduzione del fuori ruolo la Corte ha richiamato il proprio orientamento in materia di rapporti di durata, per cui ha affermato il principio secondo cui il legislatore, in materia di successione di leggi, dispone di ampia discrezionalità e può anche modificare in senso sfavorevole la disciplina di quei rapporti, ancorché l’oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti, salvo – in caso di norme retroattive – il limite imposto in materia penale dall’art. 25, secondo comma, Cost., e comunque a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti (ex plurimis, sentenze n. 162 del 2008; n. 74 del 2008; n. 11 del 2007; n. 409 del 2005; n. 374 del 2002 e n. 525 del 2000).

La Corte sulla base di questi principi ha affermato la illegittimità della modifica legislativa incidente sulla posizione giuridica dei professori fuori ruolo, in quanto avevano già una posizione consolidata basata un provvedimento amministrativo che l’aveva già disposta e sull’esercizio effettivo delle attribuzioni connesse a quella posizione (Corte Cost. n°236 del 2009).

La modifica dell’art 16 del d.lgs n° 503 operata dall’art 72 del d.l n° 112 del 2008 non ha inciso su coloro che avevano già esercitato concretamente la facoltà di prolungamento biennale del servizio, ma su coloro che non avevano ancora compiuto il normale limite di età per il collocamento a riposo.

Inoltre, ha salvaguardato la posizione di coloro che avevano una aspettativa qualificata, prevedendo la salvezza non solo dei trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del decreto, ma anche di quelli nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del decreto (art 72 comma 8); ha prescritto una particolare valutazione per i provvedimenti di trattenimento in servizio già adottati con decorrenza dal 1° gennaio al 31 dicembre 2009(art 72 comma 9), entrando, dunque, a pieno regime solo per le cassazione dal servizio del 2010.

Si deve, altresì, tener presente che la norma non ha modificato il regime ordinario del collocamento a riposo, ma solo una facoltà che era stata attribuita ai pubblici dipendenti, nel 1992, di rimanere in servizio oltre il limite di età già fissato per il collocamento a riposo.

Ne deriva la manifesta infondatezza delle proposte censure di legittimità costituzionale"

Con la seconda delle dedotte doglianze, prospettata in via subordinata, l’odierno ricorrente ha contestato la legittimità dei criteri fissati dall’intimata Università per la valutazione delle istanze di trattenimento in servizio ex art.16.

In punto di fatto deve essere rilevato che:

a) il Senato accademico, nella seduta del 112- 2009, ha fissato i criteri relativi all’attività didattica e scientifica dei professori richiedenti: presenza in servizio del docente quale condizione indispensabile per assicurare la soddisfazione dei requisiti necessari di docenti nei settori scientifico disciplinari caratterizzanti stabiliti dal Ministero per l’attivazione dei corsi di laurea compresi nell’offerta formativa in essere al momento della presentazione della domanda di prolungamento dei servizi; aver conferito nella banca saperi della Sapienza, nel periodo 2007/2009, un numero di pubblicazioni scientifiche non inferiore a cinque validate dal direttore di dipartimento; essere coordinatori di progetti o sottoprogetti di ricerca finanziati dall’Unione europea nell’ambito di un programma quadro ovvero coordinatori nazionali di progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale(PRIN, FRIB) o di progetti di ricerca finanziati da Fondazioni o Enti morali riconosciuti (escluse le Onlus); aver adempiuto all’obbligo della relazione triennale sull’attività scientifica svolta;

b) l’istanza del ricorrente è stata rigettata in quanto lo stesso non è risultato in possesso di tutti i requisiti richiesti, atteso che:

b1) non sussisteva il criterio della presenza in servizio del docente quale condizione indispensabile per assicurare la soddisfazione dei requisiti necessari di docenti nei settori scientifico disciplinari caratterizzanti stabiliti dal Ministero per l’attivazione dei corsi di laurea compresi nell’offerta formativa in essere al momento della presentazione della domanda di prolungamento dei servizi, atteso che relativamente al settore scientifico disciplinare MED/09 risultavano in servizio n.8 professori e n.8 ricercatori;

b2) non sussisteva il requisito previsto dal terzo dei citati criteri, in quanto il professor Aliberti non aveva rivestito alcuna delle seguenti figure:

A) coordinatore di progetti o sottoprogetti di ricerca finanziati dall’Unione Europea nell’ambito di un Programma Quadro;

B) coordinatore nazionale o responsabile locale di progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale (PRIN, FIRB) finanziati con fondi ministeriali;

C) coordinatore nazionale o responsabile locale di progetti di ricerca finanziati da altre Pubbliche amministrazioni, Fondazioni o Enti morali riconosciuti (escluse le ONLUS).

Ciò premesso, con il primo profilo di doglianza l’odierno istante ha contestato la competenza del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione ad adottare i criteri de quibus, sostenendo che tale valutazione non poteva essere fatta astrattamente sulla base di criteri di carattere generale, ma doveva essere effettuata singolarmente per ciascun docente da parte del Consiglio di Facoltà.

La dedotta censura deve essere rigettata, in quanto, come correttamente rilevato dalla resistente Università, la valutazione delle posizioni dei singoli docenti è una cosa diversa dalla predisposizione dei criteri, i quali devono essere astrattamente fissati in modo omogeneo per tutti i docenti al fine di evitare inammissibili disparità di trattamento.

Con la successiva doglianza sono stati contestati i singoli requisiti previsti dall’Università per la valutazione delle istanze tese ad ottenere il beneficio di cui all’art.16.

Relativamente al requisito di cui al punto b1) il ricorrente sostiene (pag.13 del gravame) che trattasi di un requisito del tutto generico, che si presta a qualsiasi soluzione, data la mancanza di alcun parametro oggettivo di riferimento, come ad esempio il numero di studenti, di esami, di corsi di insegnamento della stessa materia, di materie caratterizzanti e che se fosse stato consentito (pag 16 del gravame) al Consiglio di Facoltà e al Dipartimento di afferenza di effettuare la specifica valutazione, tali organi avrebbero tenuto conto della particolare esperienza professionale del richiedente e della distinzione tra docenti di prima e seconda fascia e tra questi e i ricercatori in relazione allo specifico insegnamento dell’interessato.

Anche la dedotta censura deve essere rigettata.

Al riguardo, ferma la correttezza per le ragioni di cui sopra della fissazione di criteri astratti ed omogenei, deve essere sottolineato che la Sezione ha già ritenuto legittima e non irragionevole una valutazione che si basi sulla considerazione dei docenti esistenti in un settore scientifico disciplinare (cfr sentt. nn. 17822 e 33093 del 2010), quando sia fatta in relazione allo specifico settore scientifico disciplinare del professore richiedente. In ogni caso, la scelta di un tale criterio appartiene alla discrezionalità dell’Amministrazione e non può essere sindacata se non nei limiti della illogicità e della irragionevolezza. Tale criteri, inoltre, non appaiono illogici o irragionevoli né può ritenersi irragionevole la scelta dell’Università di valutare contemporaneamente gli elementi relativi alla didattica e quelli relativi alla ricerca quali presupposti per la concessione del prolungamento biennale.

Inammissibile per carenza di interesse deve essere dichiarata infine la censura prospettata avverso il requisito di cui al punto b2), il cui eventuale accoglimento non potrebbe in alcun modo caducare il contestato decreto rettorale, avuto presente che la permanenza in servizio era subordinata al possesso di tutti e tre i requisiti e che l’asserita carenza del requisito di cui al punto b1) – requisito riconosciuto legittimo – è di per sè sufficiente a giustificare l’adozione del gravato diniego.

Alla luce di tali argomentazioni, pertanto, il proposto gravame deve essere rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 7008 del 2010, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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