Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 03-11-2010) 18-02-2011, n. 6182 Falsità ideologica in atti pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.G. e T.F., nelle rispettive qualità di Ispettore Comandante e di Ispettore della Polizia Penitenziaria presso la casa circondariale di (OMISSIS), erano chiamati a rispondere, innanzi al Tribunale di quella stessa citta, dei reati in prosieguo specificati, in merito alla seguente vicenda sostanziale. Il (OMISSIS), veniva tradotto in carcere l’extracomunitario S.A., che, essendo portatore di due ovuli in zona pelvica, era stato sistemato nell’apposita cella destinata ai detenuti che, trovandosi nelle identiche condizioni, avrebbero dovuto espellere gli ovuli ingeriti. Due giorni dopo, sabato (OMISSIS), non risultando che avesse espulso gli ovuli, il S. era sottoposto a nuovo accertamento radiografico, che però non ne evidenziava più la presenza. Da qui una minuziosa perquisizione della cella, dove veniva individuata una piccola intercapedine nella porta blindata che, opportunamente allargata, su iniziativa dell’ispettore T. e di altri agenti penitenziari, aveva permesso di individuare, oltre ai due ovuli espulsi dal S. (facilmente distinguibili per evidenti tracce di recente espulsione), altri trenta ovuli, evidentemente occultati da altri detenuti che, in precedenza, erano stati ristretti in quella stessa cella. Dai compiuti accertamenti era, poi, emerso che il T. si era affrettato a consegnare gli ovuli al superiore F., il quale, a sua volta, aveva contattato telefonicamente il comandante C., che in quei giorni era assente dal servizio, ricevendo da lui disposizione – sentita anche dal T., essendo stato attivato l’impianto telefonico viva voce – di redigere immediatamente i soli atti relativi al rinvenimento dei due ovuli riferibili al S. (e ciò in quanto si sarebbe dovuto riferire con urgenza all’autorità giudiziaria, già a conoscenza del fatto della loro ritenzione) e che per gli altri avrebbe provveduto lui stesso. In effetti, nella relazione redatta dal T. veniva riferito del rinvenimento dei soli due ovuli, omettendosi qualsiasi riferimento ai restanti trenta.

Il lunedì (OMISSIS), al rientro del comandante in servizio, vennero consegnati i 30 ovuli che il C. provvide, poi, a riporre nella cassaforte del carcere, senza però procedere alla redazione del provvedimento di sequestro ed alle relative informative. I trenta ovuli sarebbero stati, poi, rinvenuti solo il (OMISSIS), allorquando il C. effettuò le consegne al nuovo comandante. Nell’occasione, l’odierno ricorrente diede atto per iscritto che il ritrovamento degli ovuli era avvenuto alcuni mesi prima e che, solo per dimenticanza, non era stato tempestivamente redatto il relativo verbale, nè posta in essere l’attività successiva.

Il C. era, quindi, imputato del reato sub A), ai sensi dell’art. 110, art. 328, comma 1, per aver omesso di compiere senza ritardo il sequestro, ai sensi dell’art. 354 c.p., dei trenta ovuli contenenti sostanza stupefacente facente del tipo eroina e cocaina, provvedendo poi all’immediata trasmissione al PM competente per la convalida;

del reato sub B), ai sensi dell’art. 361 c.p., commi 1 e 2, per avere omesso di denunciare alla Procura della Repubblica competente i detenuti non identificati, responsabili della detenzione e dell’occultamento dei 30 ovuli di droga ed in particolare per avere omesso di redigere, per il relativo rinvenimento, apposita comunicazione di reato e di informare la direttrice della Casa circondariale dell’accertato reato perseguibile d’ufficio.

Il T., a sua volta, era imputato del reato sub E), ai sensi dell’art. 328 c.p., per avere omesso di compiere senza ritardo il sequestro dei trenta ovuli;

del reato sub F), ai sensi dell’art. 476 c.p., commi 1 e 2, e art. 479 c.p., perchè formando il verbale di sequestro penale datato (OMISSIS), vi attestava falsamente di aver rinvenuto all’interno di una porta blindata della casa circondariale di (OMISSIS) unicamente due ovuli attribuibili al detenuto S.A., omettendo invece il rinvenimento degli altri trenta ovuli di droga;

del reato sub G), a sensi dell’art. 476 c.p., commi 1 e 2, e art. 479 c.p. perchè, formando la relazione di servizio del (OMISSIS), vi attestava falsamente di aver rinvenuto solo due ovuli di colore bianco, ove invece ne aveva rivenuti altri trenta, omettendo di fare menzione alcuna nella verbalizzazione delle operazioni compiute.

Con sentenza del 7 luglio 2006, il GUP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere assolveva gli imputati, dai reati loro ascritti, con formula liberatoria diversificata.

Pronunciando sul ricorso per cassazione proposto dal PM questa Corte Suprema, con ordinanza del 24 ottobre 2007, convertiva il ricorso in appello, trasmettendo gli atti alla Corte di Appello di Napoli per il gravame.

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte napoletana in riforma della sentenza impugnata, dichiarava C.G. colpevole dei reati ascrittigli e, concesse le attenuanti generiche ed applicata la diminuente di rito, lo condannava alla pena di mesi tre di reclusione; dichiarava, altresì, il T. colpevole del reato sub G) e, concesse le attenuanti generiche ed applicata la diminuente di rito, lo condannava alla pena di mesi cinque di reclusione;

concedeva ad entrambi i benefici di legge, confermando nel resto.

Avverso la pronuncia anzidetta i difensori degli imputati hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, ciascuno affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Il ricorso in favore del T. eccepisce, con il primo motivo, violazione di legge e difetto di motivazione, con riferimento agli artt. 476 e 479 c.p.. Denuncia, in particolare, la contraddittorietà del costrutto motivazionale che, pur riconoscendo la piena autonomia delle operazioni concernenti gli ovuli riferibili al S. e gli altri trenta ovuli, aveva ritenuto il falso della relazione di servizio redatta dall’imputato, che pure si riferiva esclusivamente al detenuto anzidetto. La relazione di servizio relativa agli altri trenta ovuli era stata omessa in quanto il T. era convinto che vi avrebbe provveduto il C., posto che l’operazione era stata interamente gestita dallo stesso, come da apposite disposizioni impartite. Deduce, comunque, la carenza dell’elemento psicologico del delitto di falso ed il vizio di motivazione consistente nella mancata considerazione unitaria della vicenda. n secondo motivo lamenta violazione di legge e difetto motivazionale in relazione all’art. 51 c.p., sul riflesso che, erroneamente, non era stata riconosciuta la scriminante in questione, quanto meno in chiave di putatività.

Il ricorso in favore del C. lamenta, con unico, articolato, motivo, inosservanza od erronea applicazione della legge penale ovvero mancanza od illogicità di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione agli artt. 192 e 605 c.p.p., artt. 328 e 361 c.p.. Si duole, in particolare, che nella fattispecie sia stato ravvisato l’elemento soggettivo dei reati in questione, ove era evidente la mancanza della coscienza e volontà di porre in essere condotte illecite, che avrebbe dovuto essere agevolmente colta dalla mera constatazione che trenta ovuli erano stati riposti in cassaforte, anzichè occultati in altro sito o distrutti, e che, al momento del passaggio di consegne, lo stesso C. aveva regolarmente provveduto alla denuncia del ritrovamento dello stupefacente dimenticato in cassaforte, partecipando fattivamente al chiarimento dell’accaduto. Evidente era, poi, il difetto motivazionale, non avendo il giudice di appello indicato adeguatamente le ragioni per cui era andato di contrario avviso rispetto al primo giudice.

2. – Ai fini di opportuna individuazione del thema decidendum, giova, preliminarmente, osservare che delle iniziali contestazioni a carico degli imputati (il C. era accusato dei reati sub A) ai sensi dell’art. 110, art. 328, comma 1; sub B) ai sensi dell’art. 361 c.p., commi 1 e 2, il T., a sua volta, del reato sub E), ai sensi dell’art. 328 c.p., sub F), ai sensi dell’art. 476 c.p., commi 1 e 2, art. 479 c.p., sub G), a sensi dell’art. 476 c.p., commi 1 e 2, art. 479 c.p.), è residuata, quanto al T., la sola imputazione di cui al capo G), posto che, nei suoi confronti, il ricorso per cassazione del PM censurava soltanto l’assoluzione per il reato anzidetto, di talchè, per quanto lo riguarda, l’assoluzione per i restanti reati è oramai passata in cosa giudicata.

Pertanto, a seguito dell’odierno ricorso, resta in discussione la sussistenza degli elementi costitutivi, sia oggettivi che soggettivi, di tutti i reati ascritti al C. e del solo reato sub G) a carico del T., per i quali, come riferito in premessa, vi era stata pronuncia assolutoria in primo grado, ribaltata in sede di gravame.

Più precisamente, per quanto concerne quest’ultimo imputato, il reato di falso ideologico riguardava la formazione della relazione di servizio del (OMISSIS), per avere falsamente attestato il rinvenimento di soli due ovuli, omettendo di riferire del rinvenimento degli altri trenta trovati nell’intercapedine della porta blindata e delle operazioni compiute.

Intangibile, in quanto – come si è detto – oramai oggetto di pronuncia irrevocabile, è l’assoluzione in ordine al reato di falso ideologico sub F), relativo alla redazione del verbale di sequestro penale del (OMISSIS), relativamente alla stessa omissione.

3. – Tanto premesso, può ora procedersi all’esame dei ricorsi.

Il primo motivo dell’impugnazione in favore del T., relativo alla pretesa violazione di legge ed al difetto motivazionale, con riferimento agli artt. 476 e 479 c.p., è certamente infondato. Ed invero, è ineccepibile il costrutto argomentativo in virtù del quale la Corte di merito, ribaltando motivatamente la pronuncia assolutoria del primo giudice, ha ravvisato nella fattispecie tutti gli estremi del reato ipotizzato, ritenuto integro nei suoi presupposti oggettivi e soggettivi.

Quanto alla dimensione oggettiva, è pacifico, infatti, che la relazione di servizio costituisca atto pubblico, secondo l’insegnamento di questa Corte di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5 18.11.1999, n. 14718, rv. 215192), di talchè le inveritiere attestazioni in esse contenute integrano il reato di falso ideologico in atto pubblico.

E, quanto al profilo soggettivo, è parimenti pacifico che, ai fini della relativa sussistenza, è sufficiente il dolo generico, e cioè la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione, mentre non è richiesto l’animus nocendi nè l’animus decipiendi, con la conseguenza che il delitto sussiste non solo quando la falsità sia compiuta senza l’intenzione di nuocere ma anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno (cosi sentenza citata). Sono, dunque, irrilevanti i motivi della falsificazione, essendo sufficiente la piena consapevolezza dell’immutatio veri, pacificamente sussistente anche in caso, come quello di specie, di falsità per omissione, dovuta ad una parziale rappresentazione dei fatti riferiti.

Dal contesto narrativo e giustificativo della pronuncia impugnata emerge, in tutta evidenza, la piena consapevolezza del T. del falso consistente nel parziale riferimento dei fatti caduti sotto la sua percezione, tutti di rilevanza penale, non potendosi ascrivere il suo comportamento, secondo quanto motivatamente rilevato dai giudici di appello, a mera leggerezza od equivoco di sorta sulla corretta interpretazione di disposizioni regolamentari o di prassi del servizio, essendo l’imputato ben consapevole, per lunga esperienza di servizio, degli obblighi a lui incombenti. Sul piano motivazionale, nessuna aporia od incongruenza è dato cogliere nella differente conclusione cui è pervenuta la Corte distrettuale con riferimento all’addebito di falso ideologico relativo al verbale di sequestro, relativamente al quale ha ritenuto di dover disarticolare le due fasi del rinvenimento (i due ovuli certamente ascrivibili al S. e gli altri trenta riferibili a detenuti rimasti ignoti) e ritenere corretta la redazione del solo verbale riguardante il detenuto anzidetto, tenuto conto, per un verso, della sicura riferibilità allo stesso dei due ovuli rinvenuti e della consapevolezza o ragionevole affidamento che alla redazione del verbale di sequestro degli altri trenta avrebbe provveduto il suo diretto superiore od il comandante C.. Tale disarticolazione non è stata, invece, ritenuta praticabile con riferimento alla relazione di servizio che avrebbe dovuto riferire, nella loro interezza, i fatti caduti sotto la diretta percezione del pubblico ufficiale. L’evento era, dunque, infrazionabile siccome percepito dal solo ispettore T. e, correttamente, la Corte ha ritenuto che la parziale rappresentazione dei fatti non potesse trovare alcuna logica spiegazione, neppure di tipo funzionale, che invece sorreggeva la distinzione operata con la prevista compilazione di due verbali di sequestro (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata). Nè può condividersi il rilievo difensivo secondo cui l’imputato confidava nella successiva redazione dell’atto da parte del C., non potendo lo stesso ignorare che l’obbligo di relazione incombeva soltanto a lui, per avere direttamente partecipato al rinvenimento degli ovuli e che, a tutto concedere, lo stesso avrebbe dovuto comunque provvedervi, anche se tardivamente, una volta accertato che nessuna relazione era stata compilata dal superiore gerarchico. Senza dire, poi, che l’ipotetica erroneità dell’avvenuto proscioglimento dell’odierno ricorrente in ordine all’altro reato di falso non potrebbe comunque giovargli, a fronte della pacifica sussistenza del fatto-reato in esame.

Infondata è anche la seconda censura, relativa al mancato riconoscimento, quanto meno in forma putativa, della scriminante di cui all’art. 51 c.p., posto che dalla ricostruzione dei fatti, offerta dalla pronuncia in esame, non emerge alcun errore di fatto che abbia potuto indurre l’imputato a ritenere di aver obbedito ad un ordine legittimo impartito dal suo superiore, alla luce del disposto del comma 3 della norma anzidetta, anche ove si ritenga per certo che il comandante C. avesse detto che avrebbe provveduto lui stesso anche alla relazione, hi tal caso, infatti, l’ordine sarebbe stato clamorosamente illegittimo, in quanto l’obbligo della relazione incombeva a chi aveva proceduto alle operazioni di rinvenimento degli ovuli, di talchè nessun ragionevole dubbio poteva, in proposito, residuare in capo dell’esperto ispettore penitenziario nè la legge gli impediva qualsivoglia sindacato sulla legittimità dell’ordine, secondo quanto previsto dallo stesso art. 51 c.p., comma 4.

Il ricorso in favore del C. si colloca, invece, alle soglie dell’inammissibilità, nella parte in cui agita questione di merito in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico dei reati in contestazione, a fronte di motivazione adeguata e certamente aderente alle emergenze di causa.

Ed invero, con argomentazione immune da vizi od incongruenze di sorta, la Corte di merito ha compiutamente spiegato i motivi del contrario avviso rispetto al giudizio espresso in prime cure, confutando esaustivamente le ragioni che avevano indotto il primo giudice a diverso convincimento.

Ineccepibile è il rilievo, che attinge alla pacifica affermazione in ordine alla sufficienza del dolo generico ai fini della configurazione dell’elemento soggettivo dei reati in questione, secondo cui le peculiarità della fattispecie (ricezione di trenta ovuli contenenti stupefacente) e le assicurazioni date ai sottoposti che avrebbe lui stesso provveduto ai relativi incombenti non lasciano adito a dubbi di sorta in merito alla ritenuta sussistenza del necessario presupposto costitutivo. Del pari ineccepibile, proprio in ragione della rileva sufficienza del solo dolo generico, è l’assunto dell’irrilevanza della dedotta mera dimenticanza o dei motivi per i quali il C. aveva soprasseduto a compiere quanto gli imponevano di fare la sua qualità e le sue funzioni.

4. – Per quanto precede, entrambi i ricorsi – ciascuno globalmente considerato – devono essere rigettate, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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