T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 15-02-2011, n. 236 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. Il giorno 8.11.1985 il ricorrente presentava domanda di condono edilizio, ai sensi della legge n. 47/1985, compilando più modelli: in particolare il modello relativo a opere non valutabili in termini di volume o di superficie in quanto concernenti modifiche prospettiche e un cambio di destinazione d’uso e il modello relativo a un ampliamento di 41.88 mq per avere realizzato una tettoia e più ripostigli.

B. Con istanza del 28.9.1995 il ricorrente chiedeva la rettifica del computo degli oneri concessori giacché erroneamente il Comune aveva ritenuto oneroso il cambio funzionale di destinazione d’uso dell’immobile da residenziale ad alberghiero. Ciononostante il Comune resistente confermava la determinazione degli oneri, ritenendola congrua in relazione agli ampliamenti e alle modifiche dei prospetti eseguiti dal ricorrente.

C. Il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato:

1) per violazione e falsa applicazione dell’art. 25, comma 4, della legge n. 47/1985, nonché dell’art. 76, comma 1, della L.R. n. 61/1985;

2) per violazione e falsa applicazione della tabella allegata alla legge n. 47/1985 e dell’art. 35 della predetta legge, nonché per eccesso di potere per sviamento, per motivazione incongrua, contraddittoria e insufficiente;

3) per eccesso di potere per falsità dei presupposti;

4) per violazione dell’art. 2, comma 9, del D.L. n. 30/1996;

5) per eccesso di potere per disparità di trattamento.

D. Il Comune di Chioggia, ritualmente costituito in giudizio, ha eccepito, in via preliminare, l’irricevibilità del ricorso per tardività, essendo stato impugnato solo l’atto confermativo della determinazione degli oneri, già avvenuta nella concessione in sanatoria non gravata, e nel merito ha concluso per la reiezione dello stesso in quanto infondato.

E. Alla pubblica udienza del 26.1.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Il Collegio deve esaminare, innanzitutto, l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dall’Amministrazione resistente.

1.1. L’eccezione è infondata e va disattesa per le seguenti ragioni.

1.2. Le questioni, nella materia urbanistica, relative all’entità della somma dovuta a titolo di contributo e di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, riguardano diritti soggettivi e non già interessi legittimi, posto che l’ammontare finale dei detti oneri si definisce senza alcuna esplicazione di funzione autoritativa, ma in base alle disposizioni vigenti alla data di rilascio del titolo edilizio. Ne discende, dunque, che con il giudizio introdotto per contestare il computo degli oneri concessori non si esercita alcun sindacato esterno sulla legittimità della relativa determinazione, ma si mira ad un giudizio d’accertamento, che rientra, quindi, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi del previgente art. 7 della legge n. 205/2000 e dell’attuale art. 133 lett. f) cod. proc. amm. che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia (…)".

1.3. Nella specie, inoltre, la domanda giudiziale non contesta l’esercizio del potere relativo al rilascio della concessione in sanatoria, ma si limita a censurare la misura del contributo concessorio imposto – ossia di un’obbligazione che trova la sua genesi nella legge – di cui si chiede venga accertata la non debenza. Conseguentemente, il presente giudizio non assume carattere impugnatorio e nello stesso non possono, quindi, trovare ingresso le norme processuali, alla stregua delle quali è sindacabile l’esercizio del potere che sia stato tempestivamente contestato davanti al Giudice amministrativo: con l’effetto che, nella specie, la relativa domanda giudiziale è soggetta solamente al termine di prescrizione e non a quello decadenziale (cfr. Cons. Stato, V, 21.4.2006, n. 2258; T.R.G.A., Trento, 3.3.2010, n. 63).

2. Nel merito il ricorso è infondato e va respinto per le motivazioni di seguito esposte.

3. Con il provvedimento impugnato il Comune di Chioggia ha respinto l’istanza di rettifica del computo degli oneri concessori, come determinati nella concessione in sanatoria n. 281/1985, ritenendo strutturale e non meramente funzionale il cambio di destinazione d’uso dell’immobile da residenziale ad alberghiero, in considerazione dell’ampliamento e delle modifiche dei prospetti, oggetto anch’essi della medesima istanza di condono.

4. Con i primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente attesa la loro evidente connessione, il ricorrente lamenta la violazione della Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 3357/25 del 30.7.1985, ai sensi della quale il mutamento di destinazione d’suo funzionale, vale a dire senza opere, non deve formare oggetto di sanatoria, nonché il difetto di istruttoria e di motivazione, non essendo possibile comprendere per quali ragioni – fatta eccezione per la presentazione di un’unica domanda di condono per tutti gli abusi – l’Amministrazione abbia ritenuto coeva la realizzazione dell’ampliamento e delle modifiche dei prospetti al cambio di destinazione d’uso da residenziale ad alberghiero.

4.1. Entrambe le censure sono infondate e vanno disattese.

4.2. Occorre premettere che è pacifico, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato e condiviso dal Collegio, che il mutamento di destinazione d" uso degli immobili non accompagnato da lavori edili, purché compatibile con la destinazione di zona (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 29/05/2006, n. 3218), costituisce espressione dello ius utendi e non dello ius aedificandi ed è pertanto escluso dall’ambito delle attività soggette a concessione edilizia.

4.3. Tanto premesso nel caso di specie dall’esame della domanda di condono presentata, ai sensi della legge n. 47/1985, emerge che lo stesso ricorrente indica nel medesimo modello il cambio di destinazione d’uso e le modifiche prospettiche, vale a dire le modifiche alle forometrie esterne al fabbricato, mentre in altro separato modello viene indicato l’ampliamento di 41,88 mq.. Merita, inoltre, di essere evidenziato che è sempre il sig. B. a indicare quale unica data di ultimazione per tutti i predetti abusi il 1974. Ne discende, quindi, che, alla luce delle sole risultanze documentali, deve essere disattesa la seconda censura relativa al difetto di istruttoria e di motivazione giacché l’Amministrazione resistente ha desunto la realizzazione coeva delle opere e del cambio di destinazione d’uso proprio dalle dichiarazioni rese dal sig. B.. Né vale a inficiare in alcun modo tale affermazione la circostanza che il ricorrente abbia compilato due distinti modelli.

4.4. Per quanto concerne segnatamente il mutamento di destinazione d’uso, il Collegio ben conosce le pronunce della Corte Costituzionale con le quali il giudice delle leggi ha affermato che la modifica funzionale della destinazione di un immobile, non connessa alla contestuale esecuzione di interventi edilizi, può essere assoggettata soltanto al regime della autorizzazione edilizia (e mai della concessione) (cfr. per tutte Corte Costituzionale n. 73 dell’11.2.1991). Tali pronunce, però, non possono trovare applicazione al caso di specie giacché lo stesso ricorrente unifica nel medesimo modello il cambio di destinazione d’uso con le modifiche prospettiche che non solo implicano necessariamente delle opere in quanto incidono sulla forometria esterna del fabbricato, ma per di più appaiono strutturalmente finalizzate proprio alla diversa utilizzazione dell’immobile medesimo come albergo e non più come abitazione.

4.5. Va, infine, disattesa l’affermazione secondo la quale sull’istanza di condono proposta dal ricorrente si sarebbe formato il silenzio – assenso con conseguente impossibilità di modificare la tipologia dell’abuso sanato, come dichiarato nel relativo modello, e di applicare differenti oneri concessori.

4.6. A prescindere da tutte le suesposte considerazioni in ordine alla tipologia di cambio di destinazione d’uso per il quale il ricorrente ha avanzato istanza di condono, il Collegio rileva che la giurisprudenza ha più volte chiarito in relazione al cosiddetto primo condono, disciplinato dall’art. 35 della legge n. 47/1985, che il silenzio – assenso si forma soltanto quando ricorrono tutte le condizioni previste dalla citata disposizione, e, in particolar modo, il pagamento di tutte le somme dovute a titolo di oblazione e di oneri concessori (cfr. (cfr. Cons. Stato, IV, 22.7.2010 n. 4823; TAR Lazio, Roma, 11.1.2011, n. 129; T.A.R. Puglia, Bari, II, 7.5.2010 n. 1740; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, II, 17.9.2009 n. 1533).

4.7. Alla luce delle suesposte considerazioni vanno pertanto disattese le prime due censure.

5. Anche il terzo motivo di ricorso è da respingere in quanto non è rilevante, ai fini della decisione, se le opere oggetto dell’istanza siano state eseguite nel 1972, come sostiene il ricorrente in sede di ricorso, ovvero nel 1974, come indicato dal sig. B. nell’istanza di condono, giacché tale circostanza non fa venire meno la loro strumentalità rispetto al cambio di destinazione d’uso.

6. Analoghe considerazioni valgono anche per quanto concerne il quarto motivo con il quale il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2, comma 9, del D.L. n. 30/1996, giacché il legislatore con il detto decreto legge, con quelli successivi e con la legge n. 662/1996, avrebbe previsto gli oneri concessori per i cambi di destinazione d’uso senza opere solo a partire dal condono ex lege n. 724/1994.

E, infatti, pur a voler prescindere dall’espresso richiamo in tutti i detti decreti legge e nella legge n. 662/1996 al condono ex lege n. 47/1985, va evidenziato, per tutte le considerazioni già esposte, che nel caso di specie si controverte su di un’ipotesi di cambio di destinazione d’uso strutturale e non meramente funzionale.

7. Né, infine, risulta fondata la censura di disparità di trattamento con la quale il ricorrente deduce che il Comune di Chioggia ha accolto l’istanza di rettifica dei contributi per oneri di urbanizzazione presentata da L. B. in relazione al condono per cambio di destinazione d’uso da residenziale a alberghiero.

7.1. Il vizio di disparità di trattamento presuppone, infatti, l’identità, o comunque l’omogeneità, delle situazioni poste a confronto, sì da desumere, dalla diversità del trattamento alle stesse eventualmente riservato dall’amministrazione, l’irragionevolezza dell’azione regolatrice di quest’ultima.

7.2. Nella specie, per contro, per escludere la sussistenza del dedotto vizio, è sufficiente rilevare che dalla documentazione prodotta non è possibile desumere se la rettifica operata nei confronti del sig. L. B. consegua al fatto che le opere realizzate da quest’ultimo siano state o meno considerate strumentali o meno ai fini del mutamento di destinazione d’uso da residenziale a alberghiero, né tutto ciò si può inferire dal semplice fatto che anche la domanda di condono presentata dal detto sig. L. B. fosse corredata da più modelli.

8. Alla luce delle esposte considerazioni il ricorso deve essere respinto.

9. Appaiono sussistere giustificati motivi, in considerazione della peculiarità della controversia, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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