Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-02-2011) 21-02-2011, n. 6253

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 3 febbraio 2010, la Corte d’Appello di Genova confermava la decisione del Tribunale di La Spezia con la quale, in data 11 maggio 2005, C.D. veniva condannato per il reato di cui alla L. n. 401 del 1989, art. 6, commi 1, 2 e 6.

Avverso tale provvedimento il C. proponeva ricorso per cassazione.

Con un unico motivo di ricorso deduceva il vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e).

Rilevava, in particolare, che la Corte territoriale aveva omesso ogni valutazione in ordine alla dedotta carenza dell’elemento soggettivo del reato, difettando la coscienza e volontà di trasgredire l’ordine impostogli con provvedimento del Questore, in quanto la condotta omissiva sarebbe stata ingenerata dalla mancata notifica della convalida da parte del G.I.P. del cosiddetto DASPO. Osservava, inoltre, che i giudici del gravame avevano trascurato ogni valutazione in merito alla mancata conoscenza degli incontri di calcio in occasione dei quali avrebbe dovuto adempiere all’obbligo di presentazione e che l’eventuale inosservanza dell’onere di informazione avrebbe potuto semmai configurare una condotta colposa.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivi manifestamente infondati.

Va preliminarmente ricordato che la consolidata giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso di ritenere che il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione della espressa previsione normativa, al solo accertamento sulla congruità e coerenza dell’apparato argomentativo con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti (si vedano ad esempio, limitatamente alla pronunce successive alle modifiche apportate all’art. 606 c.p.p. dalla L. n. 46 del 2006, Sez. 6^, n. 10951, 29 marzo 2006; Sez. 6, n. 14054, 20 aprile 2006; Sez. 6^, n. 23528, Sez. 3^, n. 12110, 19 marzo 2009).

Così delimitato l’ambito di operatività dell’art. 606 c.p.p., lett. e), si osserva che, sotto tale profilo, la sentenza impugnata risulta immune da censure avendo i giudici operato una adeguata analisi dei rilievi della difesa sviluppati nei motivi di appello con una valutazione complessiva degli elementi fattuali offerti alla loro attenzione del tutto coerente, con la conseguenza che ciò che il ricorrente richiede è, in sostanza, una inammissibile rilettura del quadro probatorio e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.

Invero, nella sentenza impugnata viene dato atto della richiesta assolutoria fondata sull’assenza dell’elemento soggettivo del reato che l’appellante attribuiva ad un impedimento a presentarsi determinato dalla rimozione di un’ingessatura applicata a seguito di lesioni riportate in occasione di un sinistro stradale.

Correttamente la Corte territoriale ha disatteso la prospettazione difensiva osservando che non era stata fornita alcuna attestazione in ordine al sinistro stradale, alle lesioni riportate ed alla impossibilità di deambulare accertando, conseguentemente, la piena sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato.

Non risulta inoltre dedotta, nei motivi di appello, contrariamente a quanto affermato in ricorso, la questione relativa alla mancata notifica della convalida del G.I.P..

Del tutto irrilevante appare, infine, la circostanza che la condotta del ricorrente sia rimasta circoscritta alla sola mancata presentazione negli uffici della locale Questura astenendosi comunque dal partecipare a manifestazioni sportive in quanto, come questa Corte ha avuto già modo di precisare, la prescrizione di comparire davanti all’autorità di polizia in concomitanza con lo svolgimento di manifestazioni sportive, anche se funzionalmente collegata ad assicurare l’osservanza del divieto di partecipazione a dette manifestazioni, è strutturalmente autonoma da esso, per cui la sua violazione costituisce reato anche nel caso in cui il contravventore non abbia partecipato alla manifestazione cui il divieto si riferiva (Sez. 1^, n. 452, 30 marzo 2000) Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende, di una somma determinata, equamente, in Euro 1.000,00 tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità". (Corte Cost. 186/2000).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente la pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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