Cons. Stato Sez. IV, Sent., 16-02-2011, n. 1001 Aree per l’edilizia popolare ed economica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la deliberazione consiliare n.10 del 18.2.1999 il Comune di Sperlonga (prov. di Latina) approvava, ai sensi della legge statale n.179/1992, il programma integrato di intervento per lo sviluppo e la riqualificazione in completamento della città, recante la previsione di realizzare, fra le altre tipologie, interventi di edilizia ricettiva privata, commercio e servizi privati. La previsione, da attuare su aree di proprietà comunale (in regime di patrimonio disponibile) da destinare agli interventi previsti, veniva trasfusa in specifico Accordo di programma, approvato dalla Regione Lazio (DPGR n.1272/1999).

Successivamente il Comune individuava (delibere cc. n. 4/2003 e g.m. n.121/2003) le modalità d’asta per aggiudicare ai soggetti interessati le aree oggetto degli interventi, suddivise in lotti.

2- Con riferimento al lotto n. 2 sublotti D ed E, misurante mq 10.755, ed interessato da un previsione edificatoria per 6000 mc, il Comune, con la delibera n.121/2003, premesso fra l’altro che sull’area era prevista una struttura alberghiera, avviava la procedura di assegnazione, dalla quale veniva tuttavia esclusa la cooperativa "C.S." (delibera giuntale n. 34/del 22.2. 2005); il procedimento terminava con l’aggiudicazione ai signori T.G. e B.C..

3- La società esclusa impugnava innanzi al Tar Latina sia l’esclusione dalla gara sia l’aggiudicazione della stessa ai sig.ri T. e B. Con la sentenza n. 171/2006 il TAR accoglieva le impugnative, annullando l’esclusione della "C.S." e l’aggiudicazione del lotto ai signori T. e B.). La decisione veniva sottoposta ad appello che, con la pronunzia del Consiglio di Stato sez. IV n. 2814/2008, veniva tuttavia dichiarato irricevibile. Questa pronunzia veniva a sua volta impugnata con ricorso per revocazione, dichiarato però inammissibile (CDS, sez. V, n.194/2010).

4.- Nel frattempo, tuttavia, il Comune di Sperlonga aveva avviato altri due procedimenti finalizzati:

a. – alla revoca della delibera n.121/2003 recante le procedure che si erano concluse con l’aggiudicazione del lotto contestata dalla società C.S.; il procedimento terminava con la delibera giuntale n.18 del 15.2.2008 che però, erroneamente, disponeva la revoca, anzichè della delibera n. 121/03, della delibera n. 34/2005 (esclusione della società "C.S." dalla gara di cui sopra), già annullata dalla sentenza TAR n. 171/2006;

b- alla ridefinizione della destinazione urbanistica del lotto già assegnato alla C.S., stabilendo che superficie e volumi del medesimo fossero destinati alla realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica (ERP); il procedimento terminava con la delibera giuntale n. 17/2008.

4.1 – Le delibere n. 17 e 18/2008 venivano impugnate dalla società assegnataria innanzi al TAR Lazio (sezione di Latina) e con esse, in via subordinata, veniva censurato anche l’accordo di programma in data 30.7.1999 (DPGR n. 1272/1999), inerente il Piano di intervento integrato.

4.2- Con la sentenza epigrafata (n.1175/2008) il ricorso era accolto, con conseguente annullamento delle due delibere impugnate; nulla disponeva perciò il TAR in ordine alla domanda di annullamento dell’accordo di Programma.

4.3- Contro la sentenza è insorto il Comune di Sperlonga con appello a questo Consiglio (n.449/2010), il quale, con la sentenza n. 356 del 18/1/2011 è stato:

– accolto, con riforma sul punto della sentenza, relativamente all’annullamento della delibera n.17/2008 (di nuova destinazione del lotto ad ERP) e dell’accordo di programma di cui al DPRG n. 1272/1999;

– respinto con riferimento all’annullamento della delibera n.18/2008.

La medesima decisione ha chiarito, conclusivamente, che la società C.S. conserva il diritto all’assegnazione ed alla conseguente alienazione del lotto in proprio favore, ma ha titolo di realizzarvi non più l’intervento nella tipologia edilizia in origine prevista ma in quella di edilizia residenziale pubblica, come disposto dalla delibera n.17/2008.

5.- Parimenti nell’intento di dare attuazione al menzionato programma integrato di intervento per lo sviluppo, e successivamente alle deliberazioni n.17 e 18/2003, il consiglio comunale ha emanato altri due provvedimenti, dai quali trae origine la controversia in esame e precisamente;

– la delibera n.36 del 27.11.2008 la quale, dopo aver richiamato l’insufficienza dei precedenti insediamenti di edilizia residenziale pubblica, la persistente esistenza di domanda per tale aspetto insoddisfatta, nonché l’istanza di assegnazione presentata da altro soggetto (soc. coop. M., assegnataria di un contributo regionale per Euro 297.000.00) – ha:

(a) riconosciuto di pubblico interesse la richiesta formulata da quest’ultima;

(b) integrato la dotazione di aree destinate alla edilizia residenziale pubblica con parte (5.300mq.) della superficie del lotto contraddistinto dalle lettere D ed E;

(c) ridotto, da 6.000 a 5.000 mc., la volumetria del programma integrato assegnata ai predetti lotti, onde utilizzarla per la realizzazione del programmato insediamento edilizio residenziale pubblico di cui alla predetta domanda; (d) destinato la parte residua del lotto D E alla realizzazione di spazi verdi attrezzati, parcheggi e attrezzature pubbliche; (e) ritenuto che le suddette modifiche, correlate al conseguente adeguamento e potenziamento degli standards, non comportano variante da assoggettare all’approvazione regionale.

– la delibera giuntale n.3/2008 che, dopo aver revocato altre precedenti delibere, ha assegnato ai sensi dell’articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 alla Cooperativa "M." il lotto in questione (E, fg. catast.9. part.lle 1185 1153 e 1155).

6.- Anche queste due delibere sono state impugnate innanzi al TAR Lazio (sezione di Latina) dalla società C.S., che ha anche proposto azione risarcitoria; con la sentenza n. 743/2009 il TAR ha accolto il ricorso, disponendo l’annullamento di entrambi i provvedimenti impugnati, ed indicandolo come satisfattivo dell’istanza risarcitoria proposta in forma specifica.

7. La sentenza è stata impugnata dal Comune di Sperlonga e dalla società M., con i ricorsi in appello in trattazione. – Nell’appello del Comune la società C.S., ricorrente in primo grado, ha proposto appello incidentale.

A sostegno degli appelli sono stati dedotti motivi e censure che si intendono qui richiamati.

8.- Le parti, infine, hanno illustrato in memoria le rispettive tesi e, alla pubblica udienza del 16 novembre 2010, i ricorsi sono stati discussi e trattenuti in decisione.
Motivi della decisione

1.- Gli appelli in esame hanno per oggetto la medesima sentenza e debbono pertanto essere riuniti. Essi controvertono della legittimità di due provvedimenti, annullati dalla pronunzia gravata, con i quali il Comune di Sperlonga ha ridotto la volumetria edificabile su un lotto di terreno (destinato ad ERP), assegnandolo inoltre a società costruttrice diversa da quella inizialmente individuata.

2. L’appello del Comune (9685/2009).

2.1- Il primo mezzo lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c, che prevede la condanna alle spese del giudizio, ed argomenta che a questa conclusione il TAR avrebbe dovuto giungere attesa l’assoluta infondatezza sia dei motivi trattati che di quelli dichiarati assorbiti.

Ponendosi una questione che la legge collega alla definizione (attraverso i due gradi di giudizio) nel merito della controversia insorta, il Collegio ne rinvia la trattazione al punto della presente decisione inerente il regime delle spese processuali.

2.2- Il secondo ordine di censure, dopo ampio richiamo alle motivazioni svolte dal TAR, ne argomenta l’erroneità ove ha motivato l’accoglimento dei motivi di ricorso I, II, V, VI e IX, ritenendo (punto 6 della pronunzia) che il Comune, nel nuovamente modificare la destinazione edilizia del lotto, aggiungendo una variazione della volumetria del medesimo, ha nuovamente esercitato il potere di variazione (che permane in presenza del giudicato), ma violando la assegnazione del lotto in questione in favore della società C.S., odierna appellata garantita dall’effetto conformativo del giudicato stesso.

L’orientamento del TAR è avversato dall’appellante Comune, il quale lamenta in sintesi che il primo giudice:

– non ha tenuto in alcuna considerazione le comprovate ragioni ed esigenze di interesse pubblico che legittimavano ad un nuovo esercizio del potere pianificatorio;

– non ha illustrato le ragioni di tale orientamento, operando un insufficiente richiamo ad altre pronunzie di annullamento, erroneamente attributarie di analogo contenuto;

– ha travalicato l’ambito della questione affidatagli, che doveva essere circoscritto all’effettiva sussistenza delle esigenze pubbliche, spingendosi a dare rilievo ad interessi derivanti da precedenti assegnazioni dell’area;

– non ha considerato il rapporto tra programma di intervento e destinazione di PRG;

– una volta ammessa la possibilità di nuovamente esercitare il potere pianificatorio, si è erroneamente limitato a richiamare le ragioni che hanno determinato il travolgimento di altre delibere di identico contenuto;

– quanto alle garanzie partecipative, ha erroneamente ritenuto che del procedimento dovesse essere informata la ricorrente in primo grado, la quale era invece estranea alla delibera impugnata.

Le argomentazioni dell’appellante non sono condivisibili.

2.2.1- Muovendo dalla censura di carattere procedimentale, deve in contrario rilevarsi che la delibera n. 36/2008, nell’assegnare il lotto a soggetto diverso da quello individuato dalle sentenze, recava indiscutibilmente effetti anche nei confronti dell’odierna società appellata. Ed invero una volta riconosciuta alla società C.S., in forza di atti pregressi, la posizione di assegnataria del lotto, appare difficile disconoscere l’applicabilità, nei suoi confronti dell’art. 7 della legge n. 241/1990, il quale dispone che venga dato avviso di procedimento a tutti i soggetti nei cui confronti l’atto terminale è destinato a produrre effetti.

2.2.2.- Venendo ai profili sostanziali sollevati dall’appello, deve poi evidenziarsi che con la citata sentenza 356 del 18/1/2011 di questa Sezione, pronunziandosi in merito alle precedenti delibere emesse dal Comune di Sperlonga (nn.17 e 18/2003) a modifica del regime delle aree in questione con riferimento alla posizione dell’assegnataria società C.S., ha ribadito che in favore della stessa si è formato un "dictum" giurisdizionale, non suscettibile di essere vanificato. Detta pronunzia ha precisato che in tale situazione una pur diffusa motivazione sul pubblico interesse, risulta insufficiente e recessiva, a fronte del principio conformativo che impone l’attuazione della sentenza, e non può legittimare il travolgimento di situazioni soggettive consolidatesi prima dell’ulteriore esercizio del potere amministrativo. Pertanto pur reperendo nella fattispecie provvedimentale in esame un’ampia motivazione sull’interesse pubblico a sostegno della revoca (ad ossequio dei principi generali), la Sezione ha rilevato che la stessa, operando specificamente sulle modalità delle gare per l’assegnazione delle aree, risulta solo mediatamente o indirettamente collocabile in un contesto propriamente pianificatorio, del quale non può pertanto invocare i principi che normalmente permettono di esercitare il potere in questione, in sacrificio delle posizioni soggettive consolidatesi. Ciò costituisce applicazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, per il quale il provvedimento di revoca risulta illegittimo, o meglio nullo (secondo la giurisprudenza prima (v. "ex multis" Cons. di Stato,sez. V, n.861/2006) e la formulazione poi introdotta all’art. 21septies della legge n. 241/1990), allorchè infranga i limiti costituiti da situazioni soggettive sancite da sentenze passate in giudicato o comunque esecutive ai sensi dell’art. 33 della legge n.1034/1971. Su tali problematiche, quindi, deve ritenersi che correttamente il TAR abbia fatto riferimento, anche nel caso in esame, al principio conformativo del giudicato, rilevandone la violazione da parte dei provvedimenti impugnati.

Ma l’interesse pubblico, pur nella specie ampiamente illustrato a motivazione dei provvedimenti, appare recessivo anche sotto altro e fondamentale profilo, che viene in rilievo rispetto alla fonte pianificatrice degli interventi e costituita dall’Accordo di programma.

Sul punto l’appello ha lamentato come i primi giudici non abbiano tenuto conto del rapporto tra programma di intervento e destinazione di PRG; la Sezione ritiene invece sussista almeno un elemento che smentisca tale assunto.

Giova ricordare in proposito che la predetta sentenza n. 356 del 18/1/2011 ha anche evidenziato come l’art. 2 della normativa generale (varata a corredo dall’accordo di programma di cui al DPRG n.1272/99) dispone che "nel rispetto delle volumetrie fissate dalla Tabella A" "l’Amministrazione potrà variare le destinazioni d’uso". Il medesimo rilievo, che nella controversia in cui è stato formulato ha permesso di affermare la legittimità di un mutamento non modificativo dei volumi ma solo della tipologia della destinazione del lotto, fornisce qui un elemento valutativo di segno opposto, che conduce confermare la censura di eccesso di potere accolta dal TAR, proprio perché in questa fattispecie è stata disposta una modificazione (in senso riduttivo) della volumetria in origine stabilita. In sostanza la posizione della società C.S., che trova dal punto di vista soggettivo la sua fonte primaria nel giudicato sull’assegnazione del lotto alla stessa, riceve dalla cennata fonte normativa un significativo e decisivo supporto oggettivo; l’assegnazione del lotto, come sancita dal "dictum giurisdizionale" viene in altri termini ad individuare, in maniera vincolante, non solo il soggetto titolare dello "ius aedificandi" ma anche la capacità edificatoria, in termini planovolumetrici, del fondo assegnato quale deriva dalla normativa dello strumento urbanistico che viene in applicazione. E tale secondo elemento, costituito dal cennato art. 2 NN.GG dell’Accordo (norma urbanistica speciale) non è certamente modificabile nei confronti della singola area, senza una corrispondente perequazione che restituisca il piano all’equilibrio complessivo originario, previa stipula ed emanazione di un nuovo accordo di programma, recante nuovi e complessivi equilibri dell’attività edificatoria. In assenza della predetta disciplina urbanistica speciale, preventivamente concordata ed approvata, ma in presenza di un mero ed ordinario strumento urbanistico generale, sarebbero state promuovibili tutte le modificazioni planovolumetriche necessarie nel pubblico interesse e sempre previa esternazione di questo nel provvedimento recante la nuove scelte urbanistiche.

La decisione del TAR, nel valutare negativamente gli atti censurati, non può quindi ritenersi priva di raccordo con la normativa urbanistica.

2.2.3- Quanto sin qui osservato assorbe la censura per la quale, una volta ammessa la possibilità di nuovamente esercitare il potere pianificatorio, il TAR non poteva limitarsi a richiamare le ragioni che hanno determinato il travolgimento di altre delibere di identico contenuto. Infatti come correttamente ricordato dal TAR, rileva qui l’effetto conformativo del giudicato che presuppone certamente, anzi impone il nuovo esercizio del potere, ma in ordine al contenuto di questo non può condurre, come già ricordato, a risultati contrastanti col precetto sostanziale sancito dalla sentenza.

2.3 -L’appello principale deve pertanto essere respinto, poggiando la sentenza impugnata sufficientemente sulle motivazioni testè esaminate.

2.4. L’ appello incidentale della società C.S., è stato proposto per la parte in cui la sentenza avrebbe negato il passaggio in giudicato della precedente decisione TAR n. 171/2006 (che aveva sancito l’assegnazione del lotto all’odierna appellante incidentale) e per la parte che ha respinto la domanda risarcitoria, in forma specifica e (in subordine) per equivalente, ritenendo sattisfattivo e quindi sufficiente l’effetto conformativo della sentenza.

L’appello è tuttavia improcedibile per difetto di interesse, quanto al contenuto annullatorio della sentenza, essendo questo confermato dalla reiezione dell’appello principale.

Il medesimo esito va riservato alle richieste risarcitorie; avendo queste come causa provvedimenti amministrativi annullati in sede giurisdizionale, l’istanza deve ritenersi soddisfatta dal loro confermato annullamento che, come il TAR ha evidenziato, ripristina le connotazioni urbanistiche del lotto in questione, nel duplice profilo del soggetto assegnatario e della volumetria su di esso assentibile.

2.5.- Le spese del presente grado, con riferimento all’appello principale ed incidentale, possono essere compensate in ragione della complessità delle questioni e dell’esito dell’appello incidentale.

2.5.1- Va, infine, esaminato, relativamente al capo delle spese, il primo motivo d’appello, che ha contestato la condanna atteso che i motivi proposti in primo grado erano del tutto privi di fondamento,compresi quelli dichiarati assorbiti; il TAR non ha fornito adeguata motivazione del rigetto di importanti motivi del ricorso, che avrebbero potuto palesarne la palese infondatezza.

Il Collegio, premessa l’ampia discrezionalità della valutazione in tema di spese processuali, osserva che la condanna alle spese costituisce la normale conseguenza della soccombenza in giudizio (art. 91 cpc), e che comunque non è dato contestare in appello la condanna alle spese per soccombenza, senza una preventiva dimostrazione della fondatezza delle ragioni risultate invece soccombenti in primo grado. Poiché questa dimostrazione nella specie non è stata fornita, risultando al contrario l’infondatezza dell’appello e la conseguente conferma della sentenza impugnata, la Sezione (a differenza di quanto può accadere in caso di riforma della decisione) non può accedere al regime di spese processuali di primo grado posto dalla sentenza impugnata. La censura è perciò inammissibile.

3.- L’appello della società M. (n. 592/2010), che avversa la sentenza gravata limitatamente all’annullamento dell’assegnazione del lotto assegnatole, è infondato.

3.1.- Infondate sono anzitutto le due eccezioni preliminari, tendenti a contrastare la decisione impugnata sulla base di due pendenze giurisdizionali, ormai risolte.

3.1.1- La prima fa leva sul giudizio di revocazione (n. 9430/2008) di sentenza di appello, del quale risulta però la definizione in senso negativo (Cons. di Stato, sez. IV, n. 2814/2008).

3.1.2- Analogo rilievo vale per la pregiudizialità dell’appello n.449/2009, essendo questo stato dalla Sezione definito con la sentenza n. 356/2011.

3.2. – Nel merito, la società istante ha dedotto tre ordini di censure.

3.2.1- Il primo sostiene la recessività del principio di intangibilità del giudicato, a fronte della possibilità di ponderare la sopravvenienza di situazioni di interesse pubblico, ravvisabile come nel fatto della concessione alla società appellante di un contributo pubblico per la realizzazione dell’edilizia residenziale pubblica.

Osserva il Collegio che questa figura indubbiamente qualifica il soggetto concorrente all’aggiudicazione, trovando logico rilievo nelle procedure selettive del soggetto realizzatore dell’intervento di ERP, senza però potersi spingere a derogare ai principi che regolano e tutelano quelle individuazioni di soggetti realizzatori avvenute in forza di precedenti procedimenti selettivi, regolarmente svoltisi secondo le norme di gara all’epoca in vigore.

3.2.2- -L’invocato principio dell’ordinamento CEE (affermato dalla sentenza della Corte CEE 12/2/2008), per cui la sentenza di interpretazione del diritto comunitario sopraggiunta a giudicato nazionale con essa contrastante, prevale sul secondo, è del tutto inconferente rispetto alla fattispecie controversa. Questa non vede infatti una problematica applicativa di sopravvenienza giurisdizionale CE rispetto ad un giudicato emesso dalla giurisdizione interna, ma tratta di legittimità di atti amministrativi da verificare a fronte del secondo. La controversia permane quindi in ambito estraneo all’ordinamento CEE, coinvolgendo atti giurisdizionali ed amministrativi entrambi riferiti all’ordinamento nazionale.

3.2.3.- Non può infine assumere rilievo il difetto di motivazione in cui sarebbe incorso il TAR nell’affermare il vizio di sviamento di potere, che risiederebbe nell’avere avere il Comune inciso sull’assegnazione del lotto alla ricorrente anzichè su quella disposta in favore di altri soggetti. Ed invero, in disparte la effettiva esistenza di indici del vizio in questione (e che la motivazione della sentenza in effetti non pare dimostrare), deve osservarsi che il rilievo è assorbito dalla ragione principale su cui riposa la sentenza impugnata e che, come già sopra osservato, risiede nella portata della decisione che ha sancito la legittimità dell’aggiudicazione in favore della società C.S..

3.3.- Anche l’appello n.592/2010 deve perciò essere respinto.

3.4.- Le spese del grado di giudizio seguono la soccombenza e sono perciò poste a carico della società appellante.

4- In forza della presente decisione, la società C.S. conserva il diritto di realizzare sul lotto assegnatole l’intervento di edilizia residenziale pubblica (oltre che con le modalità stabilite dalla precedente delibera consiliare n.17/2008, confermata dalla sentenza n. 356/2011), anche nella volumetria prevista prima dell’emissione delle delibere annullate dal TAR.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito ai ricorsi in epigrafe e previa loro riunione:

1.- respinge l’appello principale (n. 9685/2009) e dichiara improcedibile il connesso appello incidentale della società C.S., giudizi per i quali dispone la compensazione delle spese processuali;

2.- respinge l’appello n.592/2010, per il quale condanna la società appellante M. al pagamento, in favore della società C.S., delle spese del presente grado di giudizio, che liquida complessivamente in Euro tremila, oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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