Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-01-2011) 21-02-2011, n. 6285

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

per tutti gli imputati, che si è riportato al ricorso chiedendone l’accoglimento.
Svolgimento del processo

1. La difesa di B.S., D.A. e N.A. propone ricorso avverso la sentenza del 13/04/2010 della Corte d’appello di Salerno con la quale è stata confermata la condanna di tutti gli odierni ricorrenti per il reato di resistenza pubblico ufficiale e dei soli B. e N. per il delitto di lesione.

Si eccepisce con il primo motivo l’erronea applicazione della legge processuale, richiamandosi all’eccezione di omessa notificazione della sentenza di primo grado nei confronti di B.S., ingiustamente respinta dal giudice nel presupposto, da un canto, di una mancanza di tempestività che doveva invece valutarsi presente fino al giudizio di secondo grado, dall’altro sull’illegittima sottovalutazione del diritto personale dell’imputato all’impugnazione, che non può dirsi superato dall’esercizio del medesimo diritto a cura del difensore.

2. Si lamenta inoltre omessa motivazione di un elemento decisivo, attinente la corretta identificazione dei controllati, posta in dubbio in ragione della concitazione degli accadimenti seguiti all’azione contestata. Alcuna motivazione è stata poi fornita in ordine alla pretesa responsabilità di D., il cui intervento è stato imposto esclusivamente dalla necessità di intervenire a difesa della moglie, incinta. Anche su tale specifico motivo di appello si assume omessa qualsiasi pronuncia.

Si chiede quindi l’annullamento della sentenza, con i provvedimenti conseguenti.
Motivi della decisione

1. I ricorsi sono inammissibili, riproponendo le medesime questioni già risolte dalla sentenza impugnata, ed omettendo di individuare quali passaggi logici si intendono aggredire.

2. In particolare l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado, per omessa notifica del provvedimento ad uno degli odierni ricorrenti, è stata correttamente ritenuta intempestiva, poichè la sua verificazione è pacificamente idonea a produrre solo il mancato decorso del termine per impugnare, superato in fatto dall’appello proposto dal difensore, che, per pacifica giurisprudenza, consuma il diritto all’impugnazione, non permettendo neppure di proporre istanza di restituzione nel termine, per il principio dell’unicità dell’impugnazione (da ultimo Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10410 del 24/02/2010 imp. Italiano ed altri, Rv. 246504 e Sez. U, Sentenza n. 6026 del 31/01/2008 imp. Huzuneanu, Rv. 238472 ) L’astratta necessità di tutelare il diritto dell’interessato alla proposizione dell’impugnazione, evocata nel ricorso, è superata poi nel concreto dalla mancata deduzione della persistenza dell’ignoranza del Bayo sull’intervento della sentenza di primo grado, e sulla mancata allegazione, anche oltre il termine dell’impugnazione proposta dal difensore, di propri argomenti di impugnazione.

3. L’impugnazione è poi inammissibile riguardo il rilevato difetto di motivazione circa l’esatta identificazione degli imputati, circostanza che non ha costituito oggetto dei motivi di appello per gli imputati D. e N., in relazione ai quali è solo dedotta l’insussistenza del dolo, e risulta posta in dubbio in modo del tutto generico con riferimento alla B.; l’esposizione inoltre appare contraddittoria in quanto tale dubbio risulta affacciato dopo aver rivendicato i motivi dell’intervento nella necessità di tutelare l’amica incinta. In ragione di ciò sicchè ricorre con riferimento a tale motivo la causa di inammissibilità prevista dall’art. 606 c.p.p., comma 3, ultima parte.

4. Analogamente deve dedursi sulla responsabilità di D. ove si richiama, nei fatti una legittima difesa o uno stato di necessità, dimenticando di allegare quale fosse la valenza aggressiva dell’attività dei pubblici ufficiali, che risultano vittime delle intimidazioni, anche fisiche, realizzate dagli imputati cui è stato attribuito il delitto di lesioni, e che non emerge si siano resi a loro volta artefici di azioni aggressive che potessero essere legittimamente contrastate, poichè non risulta neppure allegata la presentazione di una denuncia a loro carico 5. L’accertata inammissibilità dell’impugnazioni impone ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento per ciascuno di una somma in favore della cassa delle ammende, determinata come in dispositivo in via equitativa.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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