Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-01-2011) 21-02-2011, n. 6284

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di V.M. ha proposto ricorso avverso la sentenza del 07/06/2010 con la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, è stata ritenuta la sua responsabilità per il delitto di millantato credito.

Con il primo motivo si eccepisce la violazione della legge penale, lamentando il vizio di cui all’art. 606 c.p.p., lett. b). Premesso che l’ipotesi ritenuta riguarda il capoverso dell’art. 346 cod. pen. per avere la donna ricevuto denaro con il pretesto di dover comperare i favori del pubblico ufficiale, si assume realizzata nella specie la diversa figura giuridica della truffa aggravata, con riferimento alla quale si sollecita la diversa qualificazione dell’imputazione, con correlativo annullamento con rinvio della sentenza di condanna.

2. Con il secondo motivo si eccepisce mancanza della motivazione che, in ordine al medesimo punto, non ha contrastato l’assunto difensivo secondo cui l’inganno realizzato dall’imputata non fosse stato quello di millantare conoscenze, ma di far credere esistenti immobili dell’ente pubblico da concedere in locazione, argomentazione sulla quale non è stata svolta alcuna motivazione contrastante; in relazione a tale omissione si eccepisce il richiamato vizio di nullità della pronuncia.

3. All’odierna udienza è pervenuta richiesta di rinvio della trattazione del procedimento per adesione dell’avvocato difensore della V. all’astensione dalle udienze proclamata dalla Giunta dell’Unione Camere Penali, istanza che è stata respinta in quanto formulata in procedimento in cui la prescrizione del reato matura nel marzo 2011, quindi in termine inferiore ai novanta giorni dalla data di udienza, in relazione ai quali, in forza dell’art. 4 del codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, l’esercizio di tale diritto non è consentito, rientrando il caso di specie tra le prestazioni valutate indispensabili in materia penale.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile, contenendo riproposizione dei rilievi già esposti in sede di appello, e respinti con adeguata motivazione.

Nel ricorso non si sottopone a critica la sentenza impugnata, aggredendone l’apparato motivazionale, ma vengono sollevate pretese violazioni di legge, In riferimento all’applicazione della disciplina sanzionatoria, già respinte con adeguata motivazione nella sentenza di appello; in particolare correttamente il giudice di merito ha argomentato sulla sussistenza nella specie del delitto contestato, individuando il quid pluris, rispetto al delitto di truffa ipotizzato dalla difesa, nel richiamo alla possibilità di coinvolgimento nell’attività illecita di pubblici funzionari, con individuazione specifica del nominativo di questi, elementi di fatto che non vengono contestati nella loro materialità nel proposto ricorso, e che, per pacifica giurisprudenza (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 35340 del 23/04/2008, imp. Zocco, Rv. 241246 ) impongono di concludere per la correttezza della qualificazione giuridica posta a base della decisione.

2. Inammissibile è l’ulteriore motivo di ricorso, con cui si lamenta mancata motivazione sulla ravvisabilità, nell’azione compiuta dalla V. di un inganno sull’esistenza degli Immobili oggetto della locazione, non sull’interessamento di funzionario; in realtà l’argomentazione è identica a quella espressa nel precedente motivo, operato sul piano fattuale, piuttosto che in relazione alla qualificazione giuridica. Nel concreto la pronuncia impugnata ha motivato esplicitando il richiamo all’intervento di un funzionario, nominativamente individuato, sicchè all’inganno, correlato alla inesistenza dell’operazione economica prospettata, che avrebbe potuto astrattamente essere qualificato come truffa, e non ha condotto ad autonoma contestazione, deve aggiungersi per la circostanza di fatto richiamata, neppure contestata nel ricorso, la corretta individuazione del reato ritenuto.

3. L’inesistenza dei vizi lamentati impone di qualificare inammissibile l’impugnazione proposta; ciò comporta la condanna dell’impugnante al pagamento delle spese processuali, oltre che al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende ritenuta equa e quantificata nella misura indicata in dispositivo, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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