Cons. Stato Sez. VI, Sent., 16-02-2011, n. 985 vincoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La vicenda all’origine del presente ricorso viene sintetizzata dalla sentenza oggetto di gravame nei termini che seguono: "in data 30 giugno 2005 il sig. S.F. acquistava dei terreni siti nel Comune di Santa Maria del Cedro e censiti al catasto al foglio n. 4 partt. 391 e 734.

Con atto in data 17 novembre 2005 il Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Santa Maria del Cedro disponeva la rettifica del certificato di destinazione urbanistica rilasciato all’odierno ricorrente in data 14 giugno 2005, precisando che l’area identificata in catasto al foglio n. 4, partt. 391 e 734 (derivata dall’originaria 391) ricade in zona sottoposta a vincolo diretto di cui al DM 29 aprile 1978 ed a vincolo indiretto di cui al D.M. 11 giugno 1980, con le seguenti prescrizioni:

– eventuali manufatti o costruzioni dovranno essere ubicati ad una distanza non inferiore a ml 30 dal limite (o confine) della particella 71 (Torre Costiera);

– l’indice di fabbricabilità fondiaria non dovrà superare gli 0,03 mc/mq;

– l’altezza dei manufatti non dovrà superare, dal piano di campagna alla linea di gronda, i ml 3,75;

– le coperture dovranno essere realizzate a falde inclinate con tegole curve tradizionali di laterizio "coppi".

Avverso tale atto di rettifica proponeva gravame il F., rilevando che alla stregua del certificato rilasciato il 14 giungo 2005 i terreni, classificati, in parte, in zona omogenea RBT2 completamento rada a carattere turistico ed, in parte, in zona omogenea RCT2 espansione turistica rada, risultavano gravati solo da vincolo paesistico – ambientale ex art. 146 lett. c del d.lgs. n. 42/2004 e da quello sismico di cui alla legge n. 64/1974".

2. Con la pronuncia oggetto del presente gravame, il T.A.R. della Calabria in parte dichiarava inammissibile il ricorso di primo grado n. 98 del 2006 e in parte lo respingeva.

In particolare il Tribunale:

– dichiarava inammissibile il ricorso a cagione del carattere meramente ricognitivo (e non costitutivo/provvedimentale) tipicamente riferibile al certificato di destinazione urbanistica, il quale non risulta di per sé idoneo ad incidere in modo pregiudizievole sulle posizioni giuridiche soggettive dei proprietari delle aree interessate dall’attività certativa;

– respingeva il ricorso per la parte in cui si lamentava l’illegittimità del D.M. di imposizione del vincolo indiretto, atteso che la mancata tempestiva impugnazione del decreto in questione ad opera del dante causa del ricorrente avrebbe definitivamente consolidato i vincoli in tal modo imposti sull’area, non potendo ritenersi che gli eventuali vizi del decreto impositivo possano essere di tempo in tempo ritualmente dedotti dai successivi aventi causa del bene;

– ed ancora, il Tribunale dichiarava infondato il ricorso anche laddove esso fosse da intendere come implicante una domanda di accertamento negativo circa la sussistenza del vincolo sull’area, atteso che non vi erano dubbi di sorta in ordine alla permanente sussistenza del vincolo, certamente insistente sull’intera area.

Ai fini della presente decisione giova osservare che la pronuncia in questione fu notificata in data 16 giugno 2007 a cura dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato presso lo studio dell’avvocato presso il quale l’odierno appellante aveva eletto domicilio in primo grado (avvocato Maria Gemma Talerico, Via Schipani, n. 110, Catanzaro)

3. La sentenza in questione veniva gravata in sede di appello dal sig. F., il quale ne deduceva l’erroneità e ne chiedeva l’integrale riforma articolando i seguenti motivi di impugnativa:

1) sull’inammissibilità – Invalidità sopravvenuta e art. 30, T.U. Edilizia;

2) sull’applicabilità delle regole di partecipazione al procedimento – Art. 97, Cost. e artt. 1 e segg., l. 241 del 1990 e ss.mm.ii.;

3) sulla vigenza del vincolo indiretto – La sua relazione con il P.R.G.;

4) sopravvenuta invalidità del vincolo indiretto – Artt. 45 e ss., d.lgs. 42 del 2004 e ss.mm.ii. – art. 21quinquies, l. 241 del 1990 e ss.mm.ii.

La notifica del ricorso in appello fu effettuata a mezzo del servizio postale dai nuovi difensori del sig. F. in data 24 aprile 2008 e si perfezionò ne confronti delle Amministrazioni appellate ad alcuni giorni di distanza.

Si costituiva in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività culturali, il quale concludeva per l’irricevibilità dell’appello, in quanto proposto dopo il passaggio in giudicato della sentenza oggetto di gravame.

All’udienza pubblica del 16 novembre 2010, presenti i procuratori delle Parti costituite come da verbale di udienza, il ricorso veniva trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dall’acquirente di un terreno sito nel Comune di Santa Maria del Cedro (CS) avverso la sentenza del T.A.R. della Calabria con cui è stato dichiarato in parte inammissibile e in parte infondato il ricorso di primo grado n. 98 del 2006, proposto avverso l’atto con cui il Comune aveva rettificato il certificato di destinazione urbanistica relativo ad un’area di sua proprietà, indicando l’esistenza di alcuni vincoli (di carattere diretto ed indiretto) che non erano stati inizialmente indicati nel primo certificato rilasciato.

2. Il Collegio ritiene in va preliminare di esaminare la questione della tardività dell’appello, sollevata dalla difesa del Ministero appellato con la memoria in data 27 ottobre 2010.

2.1. L’eccezione è fondata.

Al riguardo si osserva che la sentenza oggetto di gravame, pubblicata mediante deposito in segreteria in data 24 maggio 2007, fu notificata a cura dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato in data 16 giugno 2007 presso lo studio dell’avvocato presso il quale il sig. F. era domiciliato nel corso del primo giudizio (si tratta dello studio dell’avvocato Gemma Talerico, in Catanzaro, via Schipani, n. 110).

Risulta agli atti che l’odierna appellante ebbe a notificare il ricorso introduttivo dell’appello solo in data 24 aprile 2008, ossia una volta che era ampiamente decorso il termine c.d. "breve" di sessanta giorni per l’impugnativa avverso la sentenza notificata.

Pertanto, il ricorso in epigrafe deve essere dichiarato irricevibile.

3. Ma anche a prescindere dall’assorbente rilievo della tardività del ricorso in appello, il Collegio osserva che il presente gravame non potrebbe comunque trovare accoglimento, poiché:

– la sentenza del T.A.R. risulta condivisibile per la parte in cui ha ritenuto che il certificato di destinazione urbanistica presenti un carattere meramente dichiarativo e non costitutivo (in tal senso: Cons. Stato, Sez. V, sent. 25 settembre 1998, n. 1328), con la conseguenza che esso non è autonomamente impugnabile;

– la medesima sentenza risulta – altresì – condivisibile per la parte in cui ha affermato che l’impugnativa in sede giudiziale avverso il decreto impositivo del vincolo indiretto di cui al DM 11 giugno 1980 non fosse più ammissibile, per essersi il vincolo stesso consolidato nei confronti del dante causa del sig. F. (non potendosi ammettere che la validità e l’efficacia del vincolo possa essere rimessa in contestazione in occasione di ciascuna successiva alienazione del bene);

– la pronuncia in epigrafe è meritevole di conferma anche laddove ha ritenuto che l’inclusione dell’area per cui è causa nell’ambito di una zona sottoposta a vincolo indiretto non può in alcun modo incidere sulla sussistenza e sull’ampiezza del medesimo vincolo, mentre – in punto di fatto – l’esame della documentazione di causa palesa in modo inequivoco l’effettiva inclusione dell’immobile di proprietà del sig. F. nell’ambito dell’area assoggettata al vincolo indiretto;

– non possono essere considerati sussistenti – tanto meno in questa sede – i presupposti per procedere a una revisione del vincolo, non essendo a tal fine sufficiente il solo dato relativo alla disordinata edificazione dell’area sottoposta al vincolo medesimo (circostanza – quest’ultima – che, semmai, rafforza e di certo non attenua le esigenze di tutela del bene sottoposto a tutela).

3. Per le ragioni fin qui esposte, il ricorso in epigrafe deve essere dichiarato irricevibile.

Le spese del secondo grado del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 3545 del 2008, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile.

Condanna l’appellante alla rifusione delle spese del secondo grado di lite in favore del Ministero appellato, liquidandole in euro 4.000 (quattromila), oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali, ove dovute per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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