Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-12-2010) 21-02-2011, n. 6461

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con provvedimento in data 4.6.2010 II Tribunale per il Riesame di Firenze respingeva l’appello proposto dal Procuratore della Repubblica di Firenze avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di applicazione della misura cautelare interdittiva della sospensione dell’esercizio di un pubblico ufficio emessa dal GIP presso il Tribunale di Firenze il 21.4.2010 nei confronti di B.R. indagato del reato p.p. dall’art. 640 c.p., commi 1 e 2 in danno del Comune di Firenze.

Il tribunale riteneva condivisibile, anche alla luce delle ulteriori precisazioni formulate dal P.M. nei motivi di appello, le argomentazioni poste dal GIP a fondamento del rigetto. In particolare la difficoltà di stabilire se tutti gli allontanamenti dall’Ufficio erano estranei all’espletamento di compiti di lavoro, considerato che il B. espletava mansioni di non facile determinazione perchè connesse alle deliberazioni di più dirigenti, portava il giudice territoriale a ritenere il comportamento del B. censurabile più sul piano disciplinare che su quello penale.

Ricorre per Cassazione il P.M. di Firenze deducendo mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Contesta il ricorrente le argomentazione del giudice del riesame richiamando alcune deposizioni di funzionari dai quali emergerebbe che in soli pochi casi l’allontanamento del B. dall’Ufficio sarebbe determinato da ragioni lavorative e gli accertamenti confluiti nella nota di P.G. del 28.4.2010 dalla quale emergerebbe che il collega, indicato dall’indagato nel suo interrogatorio come persona che svolgeva analoghe mansioni ed era costretto a recarsi fuori ufficio per visionare pratiche edilizie, è risultato nello stesso arco temporale avere preso visione di 29 pratiche contro le 145 del B..

La doglianza è manifestamente infondata perchè versata in fatto e comunque generica. Ai sensi dell’art. 581 c.p.p., lett. c) l’obbligo di specificare le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono la richiesta esige, a pena di inammissibilità, che siano ben individuati i punti della decisione cui si riferiscono le doglianze con l’indicazione precisa delle questioni che, relativamente ad essi si intendono prospettare e l’esposizione in maniera concreta, se trattasi di ricorso per cassazione, dei motivi di diritto che si intendono sottoporre al sindacato di legittimità e con cui si intendono sostenere le censure dedotte. Nel caso in esame il ricorrente non solo non ha mosso specifiche censure alle argomentazioni fattuali e logico-giuridiche sviluppate nell’ordinanza, ma non ha nemmeno sostenuto il suo assunto con richiamo ad atti specifici e ben individuati del processo che il giudice di merito avrebbe omesso di valutare.

In proposito il Collegio osserva che è ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio della cd.

"autosufficienza" del ricorso in base al quale quando la doglianza fa riferimento ad atti processuali, la cui valutazione si assume essere stata omessa o travisata, è onere del ricorrente suffragare la validità del proprio assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti specificatamente indicati o la loro allegazione (ovviamente nei limiti di quanto era già stato dedotto in precedenza), essendo precluso alla Corte l’esame diretto degli atti del processo, a meno che il fumus del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (cfr.

Cass. n. 20344/06; Cass. n. 20370/06; Cass. n. 47499/07; Cass. n. 16706/08).

Nel caso in esame il ricorrente non ha messo a disposizione di questa Corte di legittimità gli elementi obiettivi necessari per apprezzare, sulla base di atti specificatamente trascritti o allegati, la sussistenza o l’insussistenza di un fumus delle doglianze e quindi l’utilità o la superfluità di un esame diretto dei relativi atti. In applicazione a tali principi il Collegio ritiene che le risultanze processuali inadeguatamente esposte e le argomentazioni esposte nel motivo in esame si risolvono in generiche censure in punto di fatto che tendono unicamente a prospettare una diversa ed alternativa lettura dei fatti di causa, ma che non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità a fronte di una ordinanza, come quella impugnata che, come già detto, appare congruamente e coerentemente motivata.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *