Cons. Stato Sez. VI, Sent., 16-02-2011, n. 973 Abilitazione all’insegnamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R.Puglia accoglieva (a spese compensate) il ricorso n. 2564 del 1996, proposto dalla signora P.G. avverso la graduatoria definitiva formata dal Provveditore agli studi di Lecce e pubblicata il 30 agosto 1996, relativa al concorso per titoli bandito con d.m. del 29 marzo 1996 per l’aggiornamento delle graduatorie provinciali permanenti d’insegnamento nelle scuole e istituti statali d’istruzione secondaria, classe di concorso 50/A relativa alle discipline letterarie.

Con tale graduatoria, l’Amministrazione ha disposto una modifica in peius, di 36 punti, del punteggio attribuito all’istante nella graduatoria provvisoria, retrocessa dal 1° al 14° posto per effetto del disconoscimento dei titoli didattici relativi al servizio scolastico prestato negli anni scolastici 1985/86 – 1990/91 presso l’istituto professionale legalmente riconosciuto "ICOS" di Lecce, motivato dalla mancata indicazione, nel certificato di servizio allegato alla domanda, degli enti cui la scuola aveva versato i contributi previdenziali e assistenziali.

2. Il T.A.R., in accoglimento del ricorso, annullava in parte qua l’impugnata graduatoria e la previsione del bando, contenuta nell’art. 3, comma 21, del d.m. 29 marzo 1996 – secondo cui "i certificati comprovanti il servizio di insegnamento prestato presso le scuole e istituti non statali… devono indicare l’ente a cui sono stati versati i contributi di assistenza e previdenza ovvero le disposizioni normative che escludano l’obbligo di adempimento contributivo" -, per violazione dell’art. 2, comma 10, lett. b), l. 27 dicembre 1989, n. 417, che nella disciplina dei concorsi per il reclutamento del personale scolastico ha attribuito rilevanza al solo servizio prestato e non anche alla correlativa assicurazione previdenziale.

3. Avverso tale sentenza interponeva appello l’Amministrazione soccombente, deducendo l’erronea applicazione della normativa disciplinante la materia e chiedendo, in riforma della gravata sentenza, il rigetto del ricorso in primo grado.

4. Costituendosi, l’appellata eccepiva l’inammissibilità dell’appello per genericità e ne contestava comunque la fondatezza nel merito, chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

5. All’odierna pubblica udienza la causa veniva trattenuta in decisione.

6. L’appello è infondato e va disatteso, in quanto, come già ritenuto da questo Consiglio (v. C.d.S, Sez. VI, 23 ottobre 2001, n. 5570; C.d.S., Sez. VI, 28 maggio 2001, n. 2902), ai fini della valutazione dei titoli didattici l’unica circostanza decisiva è l’effettivo svolgimento di uno dei servizi valutabili per l’attribuzione del punteggio, imponendosi tale conclusione alla luce del chiaro disposto normativo dell’art. 2, comma 10, lett. b), del d.l. 6 novembre 1989, n. 357 (recante "Norme in materia di reclutamento del personale della scuola"), convertito dalla l. 27 dicembre 1989, n. 417, testualmente citato nella gravata sentenza.

La Sezione condivide la statuizione del TAR, secondo cui il versamento dei contributi previdenziali può certamente costituire prova dell’avvenuto svolgimento del servizio, ma non può essere elevato a requisito indefettibile per l’attribuzione del punteggio anche nei casi, quali quello in esame, in cui l’Amministrazione non contesta l’effettivo svolgimento del servizio.

Qualora il servizio effettivo non fosse così ritenuto valutabile, del tutto irragionevolmente – e in assenza di una espressa previsione del legislatore – alle eventuali inadempienze contributive dell’Istituto d’istruzione conseguirebbe un’impropria funzione sanzionatoria indiretta a danno dello stesso dipendente, a cui tutela l’obbligo contributivo grava sul datore di lavoro, il quale attesta, sotto la propria personale responsabilità (o dell’organo legittimato a certificare, per suo conto) l’effettivo svolgimento del servizio e, correlativamente, il rapporto di dipendenza.

Ne consegue la corretta declaratoria d’illegittimità, nell’appellata sentenza, della previsione contenuta nel sopra citato art. 3, comma 21, del d.m. 29 marzo 1996 e, per gli effetti riflessi, della formazione della graduatoria.

7. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

Considerato l’esito della causa, le spese del grado vanno poste a carico dell’Amministrazione soccombente, nella misura liquidata nel dispositivo.

Non può invece essere accolta la richiesta dell’appellata, contenuta nella memoria dell’11 ottobre 2010, alla rifusione delle spese di primo grado, non avendo la stessa interposto rituale appello incidentale avverso la statuizione di compensazione adottata dal T.A.R., con conseguente preclusione da giudicato endoprocessuale.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello (R.G. n. 9756/2005), come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la gravata sentenza.

Condanna l’Amministrazione appellante a rifondere all’appellata le spese del presente grado, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 2.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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