Cassazione sez. I civile del 30 marzo 2009, n. 7614 Assegno divorzile, famiglia, osservatorio, divorzio, separazione, condizioni economiche (2010-02-08)

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Svolgimento dal processo

**** chiedeva al Tribunale di Pordenone pronunzia di cessazione degli effetti civili del matrimonioi da

lei, contratto con **** con concessione di un assegno divorzile di euro 2.065,83 mensili.

**** non si opponeva alla richiesta di declaratoria di cessazione degli effetti civili del matrimoniot ma

contestava la domanda di liquidazione dell’assegno divorzile, assumendo che non ne ricorrevano le

condizioni di legge.

Il Tribunale adito con sentenza in data 10.8.2004 dichiarava cessati gli effetti civili del matrimonio

concordatario celebrato fra le parti e condannava **** a corrispondere all’ex moglie un assegno

divorzile per un importo di euro 1.500 al mese.

Avverso la decisione del Tribunale di Pordenone proponeva appello **** assumendo che non ricorrevano

i presupposti, per la concessione all’ex moglie di un assegno divorzile, posto che la stessa non si trovava

in stato di bisogno, il loro tenore di vita, durante la convivenza, era stato bassissimo per scelta

condivisa dei coniugi, la **** non aveva dimostrato di avere cercato un nuovo posto di lavoro, irrilevante

era la circostanza relativa alla sua necessità di mantenere una figlia, essendo stata la bambina

concepita con altro uomo, il matrimonio delle parti era durato solo due anni.

La Corte di appello di Venezia accoglieva per quanto di ragione il gravame riducendo l’ammontare

dell’assegna divorzile ad euro 1100 al mese. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello

propone ricorso, il **** fondato su due motivi, ilustrati con memoria, la ****

Resiste con controricorso –

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di cassazione **** lamenta insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa

un punto decisivo della controversia nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697

c.c..

Assume il ricorrente che la Corte d’appello ha errato nel ritenere che spettasse ad esso ricorrente

fornire la prova che la ****, dopo il suo licenziamento, avesse continuato a lavorare o fosse in grado di

svolgere un’attività lavorativa remunerativa.

Nel vigente ordinamento è regola generale che l’onere della prova gravi su chi alleghi o debba allegare

una determinata circostanza; la motivazione della Corte d’appello sovverte tale regola e si pone quindi in

contrasto con il dato normativo che subordina l’obbligo di pagamento dell’assegno divorzile, in favore

del coniuge più debole, alla carenza in capo allo stesso di mezzi sufficienti a garantirgli il medesimo

tenore di vita, goduto in pendenza di matrimonio, e comunque all’impossibilità del coniuge richiedente di

procurarsi tali mezzi.

Nella specie la **** non si è preoccupata di provare di avere cercato un lavoro, avendo preferito

concepire una figlia con altro uomo.

Con il secondo motivo il ricorrente censura l’impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione

dell’art. 5 L. 1.12.1970 n 898 nonché per illegittimità della motivazione.

La Corte d’appello ha liquidato in favore della **** un assegno divorzile di euro 1.100 vale a dire per un

ammontare pari allo stipendio che percepiva durante il pregresso rapporto di lavoro.

Ciò vuole dire che se la controricorrente avesse continuato a lavorare non avrebbe avuto diritto ad

alcun assegno in quanto la separazione prima ed il divorzio poi erano dipese da incompatibilità di

carattere, il contributo dato dalla **** alla conduzione familiare era stato modesto, nessun contributo

economico è stato apportato dalla controricorrente alla formazione del patrimonio dell’ex marito.

Il ricorso è infondato.

Si osserva, in relazione al primo motivo, che la Corte d’appello ha fondato la sua decisione non già sulla

base di una inversione dell’ onere della prova, ma su fatti acquisiti al giudizio quali: florida situazione

economica dell’ **** o disoccupazione della **** a decorrere dall’ottobre 2003, età della stessa, sua

recente maternità e sue specifiche qualifiche professionali, definite dalla Corte di livello medio ed

enfatizzate in senso positivo dal senza prova alcuna.

L’onere della prova in ordine alla sussistenza di particolari attitudini lavorative della **** è stata dal

giudice di merito rettamente addossata al **** essendo state tali qualità eccepite dal ricorrente, al

fine di contestare la situazione economica della controricorrente così come risultante dagli atti.

Pertanto essendo risultato in base alle circostanze acquisite al giudizio che la situazione delle due parti

in causa era particolarmente equilibrata, in favore del ricorrente, che il tenore di vita della coppia, in

costanza di matrimonio, era potenzialmente elevato in base al rilevante reddito prodotto dal … omissis

… che la controricorrente non era in grado di procurarsi un reddito che le consentisse di mantenere il

pregresso tenore di vita esattamente la Corte territoriale ha posto a carico del ricorrente l’onere di

corrispondere all’ex moglie un assegno divorzile per un ammontare peraltro modesto in relazione al suo

reddito, senza con ciò sovvertire i principi vigenti in ordine all’onere della prova, essendo stato, posto a

carico del ricorrente, dalla Corte territoriale, solo la mancata prova di circostanze dallo stesso

eccepite, prima fra le quali, come su detto, la particolare professionalità dell’ex moglie. Il primo motivo

va pertanto disatteso. Inammissibile deve poi ritenersi il secondo motivo, posto che lo stesso non

contiene censure avverso l’impugnata sentenza, ma esclusivamente considerazioni su circostanze che, a

giudizio del **** se ricorrenti ed attuali, avrebbero escluso il diritto della **** alla percezione di un

assegno divorzile.

Considerazioni e non censure che in quanto tali non incidono sulla motivazione dell’impugnata sentenza.

Infine giova rilevare, per mera completezza di esposizione, che le argomentazioni svolte dal **** nella

memoria depositata ai sensi del’art. 378 c.p.c. non sono idonee a giustificare una modifica della

giurisprudenza fin qui consolidatasi che, ai fini della determinazione del tenore di vita, fa riferimento

alle potenzialità della coppia (Cass. civ. sez. I 12.07.2007 n 15610; cass. civ. sez. I 28.02.07 n 4764;

cass. civ. sez. I 07.05.2002 n 6541) e che si ritiene quindi di confermare.

Il ricorso va pertanto interamente respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

respinge il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che si liquidano in

complessive euro 1.800/00 di cui euro 200/00 per esborsi oltre alle spese generali ed agli accessori

come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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