Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Svolgimento dal processo
**** chiedeva al Tribunale di Pordenone pronunzia di cessazione degli effetti civili del matrimonioi da
lei, contratto con **** con concessione di un assegno divorzile di euro 2.065,83 mensili.
**** non si opponeva alla richiesta di declaratoria di cessazione degli effetti civili del matrimoniot ma
contestava la domanda di liquidazione dell’assegno divorzile, assumendo che non ne ricorrevano le
condizioni di legge.
Il Tribunale adito con sentenza in data 10.8.2004 dichiarava cessati gli effetti civili del matrimonio
concordatario celebrato fra le parti e condannava **** a corrispondere all’ex moglie un assegno
divorzile per un importo di euro 1.500 al mese.
Avverso la decisione del Tribunale di Pordenone proponeva appello **** assumendo che non ricorrevano
i presupposti, per la concessione all’ex moglie di un assegno divorzile, posto che la stessa non si trovava
in stato di bisogno, il loro tenore di vita, durante la convivenza, era stato bassissimo per scelta
condivisa dei coniugi, la **** non aveva dimostrato di avere cercato un nuovo posto di lavoro, irrilevante
era la circostanza relativa alla sua necessità di mantenere una figlia, essendo stata la bambina
concepita con altro uomo, il matrimonio delle parti era durato solo due anni.
La Corte di appello di Venezia accoglieva per quanto di ragione il gravame riducendo l’ammontare
dell’assegna divorzile ad euro 1100 al mese. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello
propone ricorso, il **** fondato su due motivi, ilustrati con memoria, la ****
Resiste con controricorso –
Motivi della decisione
Con il primo mezzo di cassazione **** lamenta insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa
un punto decisivo della controversia nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697
c.c..
Assume il ricorrente che la Corte d’appello ha errato nel ritenere che spettasse ad esso ricorrente
fornire la prova che la ****, dopo il suo licenziamento, avesse continuato a lavorare o fosse in grado di
svolgere un’attività lavorativa remunerativa.
Nel vigente ordinamento è regola generale che l’onere della prova gravi su chi alleghi o debba allegare
una determinata circostanza; la motivazione della Corte d’appello sovverte tale regola e si pone quindi in
contrasto con il dato normativo che subordina l’obbligo di pagamento dell’assegno divorzile, in favore
del coniuge più debole, alla carenza in capo allo stesso di mezzi sufficienti a garantirgli il medesimo
tenore di vita, goduto in pendenza di matrimonio, e comunque all’impossibilità del coniuge richiedente di
procurarsi tali mezzi.
Nella specie la **** non si è preoccupata di provare di avere cercato un lavoro, avendo preferito
concepire una figlia con altro uomo.
Con il secondo motivo il ricorrente censura l’impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione
dell’art. 5 L. 1.12.1970 n 898 nonché per illegittimità della motivazione.
La Corte d’appello ha liquidato in favore della **** un assegno divorzile di euro 1.100 vale a dire per un
ammontare pari allo stipendio che percepiva durante il pregresso rapporto di lavoro.
Ciò vuole dire che se la controricorrente avesse continuato a lavorare non avrebbe avuto diritto ad
alcun assegno in quanto la separazione prima ed il divorzio poi erano dipese da incompatibilità di
carattere, il contributo dato dalla **** alla conduzione familiare era stato modesto, nessun contributo
economico è stato apportato dalla controricorrente alla formazione del patrimonio dell’ex marito.
Il ricorso è infondato.
Si osserva, in relazione al primo motivo, che la Corte d’appello ha fondato la sua decisione non già sulla
base di una inversione dell’ onere della prova, ma su fatti acquisiti al giudizio quali: florida situazione
economica dell’ **** o disoccupazione della **** a decorrere dall’ottobre 2003, età della stessa, sua
recente maternità e sue specifiche qualifiche professionali, definite dalla Corte di livello medio ed
enfatizzate in senso positivo dal senza prova alcuna.
L’onere della prova in ordine alla sussistenza di particolari attitudini lavorative della **** è stata dal
giudice di merito rettamente addossata al **** essendo state tali qualità eccepite dal ricorrente, al
fine di contestare la situazione economica della controricorrente così come risultante dagli atti.
Pertanto essendo risultato in base alle circostanze acquisite al giudizio che la situazione delle due parti
in causa era particolarmente equilibrata, in favore del ricorrente, che il tenore di vita della coppia, in
costanza di matrimonio, era potenzialmente elevato in base al rilevante reddito prodotto dal … omissis
… che la controricorrente non era in grado di procurarsi un reddito che le consentisse di mantenere il
pregresso tenore di vita esattamente la Corte territoriale ha posto a carico del ricorrente l’onere di
corrispondere all’ex moglie un assegno divorzile per un ammontare peraltro modesto in relazione al suo
reddito, senza con ciò sovvertire i principi vigenti in ordine all’onere della prova, essendo stato, posto a
carico del ricorrente, dalla Corte territoriale, solo la mancata prova di circostanze dallo stesso
eccepite, prima fra le quali, come su detto, la particolare professionalità dell’ex moglie. Il primo motivo
va pertanto disatteso. Inammissibile deve poi ritenersi il secondo motivo, posto che lo stesso non
contiene censure avverso l’impugnata sentenza, ma esclusivamente considerazioni su circostanze che, a
giudizio del **** se ricorrenti ed attuali, avrebbero escluso il diritto della **** alla percezione di un
assegno divorzile.
Considerazioni e non censure che in quanto tali non incidono sulla motivazione dell’impugnata sentenza.
Infine giova rilevare, per mera completezza di esposizione, che le argomentazioni svolte dal **** nella
memoria depositata ai sensi del’art. 378 c.p.c. non sono idonee a giustificare una modifica della
giurisprudenza fin qui consolidatasi che, ai fini della determinazione del tenore di vita, fa riferimento
alle potenzialità della coppia (Cass. civ. sez. I 12.07.2007 n 15610; cass. civ. sez. I 28.02.07 n 4764;
cass. civ. sez. I 07.05.2002 n 6541) e che si ritiene quindi di confermare.
Il ricorso va pertanto interamente respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
respinge il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che si liquidano in
complessive euro 1.800/00 di cui euro 200/00 per esborsi oltre alle spese generali ed agli accessori
come per legge.
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