Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-04-2011, n. 7961 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli ha rigettato la domanda dell’imprenditore edile M.E. – intesa a contestare l’esistenza dell’obbligo di versare i contributi pretesi dall’INPS sul monte orario di 40 ore settimanali previste dal contratto collettivo di settore, anzichè sull’importo delle retribuzioni erogate ai dipendenti per le ore da costoro effettivamente lavorate a causa della discontinuità dell’attività d’impresa – affermando che il D.L. n. 244 del 1995, art. 29 (convertito nella L. n. 341 del 1995) obbliga le imprese operanti nel settore dell’edilizia al versamento di contributi commisurati all’orario di lavoro contrattuale, ancorchè quello concordato tra le parti, o di fatto osservato in un certo periodo di tempo, sia inferiore.

Per la cassazione di questa sentenza la Edil Tre Torri s.r.l. (già Edil Tre Torri s.n.c) ha proposto ricorso affidato a due motivi.

Resiste l’INPS con controricorso.
Motivi della decisione

1. Nel primo motivo il ricorrente, con deduzione di violazione e falsa applicazione del D.L. 23 giugno 1995, n. 244, art. 29, convertito nella L. 8 agosto 1995, n. 341, della L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 12, in relazione al D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 1, convertito nella L. 7 dicembre 1989, n. 389, assume che la norma dell’art. 29 e l’ivi previsto obbligo di rispetto del minimale contributivo non può trovare applicazione nei casi di sospensione consensuale del rapporto di lavoro determinata dal carattere discontinuo dell’attività di impresa e per effetto della quale, nei periodi e nelle giornate indicate dall’azienda, non sia dovuta alcuna prestazione lavorativa, nè, conseguentemente alcuna retribuzione- corrispettivo.

2. Nel secondo motivo contesta alla sentenza impugnata vizio di omessa o carente e, comunque, contraddittoria motivazione, nonchè violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., oltre che della L. n. 341 del 1995, art. 29 per non aver esaminato la documentazione allegata al fascicolo di primo grado (e nuovamente prodotta in appello) e per non aver ammesso la prova testimoniale intesa a dimostrare la causa di sospensione dell’obbligo retributivo.

3. Il ricorso non è fondato.

4. Esaminandone congiuntamente i motivi osserva la Corte, richiamando le sue più recenti decisioni (Cass. n. 12604 del 2008, n. 21700 del 2009, 16601 del 2010 e numerose successive conformi), che la normativa vigente in materia va interpretata nei sensi di cui al seguente principio di diritto (espresso, in particolare, da Cass. n. 21700 del 2009): "In tema di contribuzione dovuta dai datori di lavoro esercenti attività edile, il D.L. n. 244 del 1995, art. 29, convertito nella L. n. 341 del 1995, nel determinare la misura dell’obbligo contributivo previdenziale ed assistenziale in riferimento ad una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario normale di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva, prevede l’esclusione dall’obbligo contributivo di una varietà di assenze, tra di loro accomunate dal fatto che vengono in considerazione situazioni in cui è la legge ad imporre al datore di lavoro di sospendere il rapporto. Ne consegue che, ove la sospensione del rapporto derivi da una libera scelta del datore di lavoro e costituisca il risultato di un accordo tra le parti, continua a permanere intatto l’obbligo retributivo (recte:

contributivo), dovendosi escludere, attesa l’assenza di una identità di ratio tra le situazioni considerate, la possibilità di una interpretazione estensiva o, comunque, analogica e ciò tanto più che la disposizione ha natura eccezionale e regola espressamente la possibilità e le modalità di un ampliamento dei casi d’esonero da contribuzione, che può essere effettuato esclusivamente mediante decreti interministeriali". 5. E’ stato anche escluso, dalle indicate decisioni, che l’interpretazione della disciplina sulle esclusioni nei sensi appena precisati comporti violazione del principio costituzionale di uguaglianza, perchè le situazioni regolate diversamente non sono uguali, nè assimilabili; e tanto ha indotto la Corte ha ritenere manifestamente infondata la questione (in alcuni casi) prospettata con riferimento al precetto dell’art. 3 Cost..

6. La sentenza impugnata è pervenuta ad identiche conclusioni ermeneutiche, si che non merita le censure che le vengono rivolte sia sotto il profilo della violazione di legge, sia sotto il profilo (denunciato nel secondo motivo di ricorso) dell’omesso esame di materiale probatorio, essendo quest’ultimo diretto a dimostrare l’esistenza di un accordo con i dipendenti per la riduzione della prestazione lavorativa, una circostanza cioè che, per le ragioni sopra indicate, è priva di decisività, non comportando l’accordo in questione esonero dall’obbligo del rispetto del minimale contributivo.

7. In conclusione, il ricorso va rigettato.

8. Si compensano le spese del giudizio di cassazione, in considerazione del recente consolidarsi della giurisprudenza sulla questione oggetto di causa.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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