Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-01-2011) 23-02-2011, n. 6973 Sequestro conservativo preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 16/07/2010, il Tribunale di Milano confermava il decreto con il quale in data 24/06/2010 il g.i.p. del Tribunale del medesimo Tribunale aveva disposto il sequestro conservativo della somma di Euro 50.000 trovata nella tasca della giacca di G. G., tratto in arresto quel giorno in relazione al reato di cui all’art. 416 c.p. in un contesto di associazione per delinquere finalizzata ai delitti di frode fiscale, truffa e riciclaggio di denaro di provenienza illecita contestati a G. nel suo ruolo di dominus del gruppo industriale Green Holding. 2. Avverso la suddetta ordinanza, il G., a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione di legge in ordine al requisito del periculum in mora. Sostiene il ricorrente, sulla base della giurisprudenza di questa Corte, che il Tribunale non avrebbe fatto alcun riferimento di sorta, "nè alla sua condotta processuale nè a quella extraprocessuale, (…) per avvalorare la conclusione secondo cui l’intero patrimonio di G. G. rischierebbe concretamente di essere occultato, così da precludere l’assolvimento dell’onere consistente nel pagamento delle spese del procedimento (ammontanti a circa Euro 60.000)".

Invero, sotto il profilo extraprocessuale, nulla avrebbe potuto essere rilevato stante l’ampia collaborazione fornita e la decisione di far rientrare la somma di Euro 11 milioni ad estinzione del debito contratto con il fisco a seguito dei reati contestati.

Non era, infine, stata svolta alcuna indagine quanto alla capacità reddituale ed alla consistenza patrimoniale, sì da poter giustificare il fondato timore di in capienza: al contrario, le dichiarazioni dei redditi, dimostravano un’elevata capacità reddituale idonea a far fronte agli obblighi patrimoniali derivanti dai reati contestati.
Motivi della decisione

3. In via preliminare, va rilevato che, in ordine al requisito del periculum in mora, nell’ambito di questa stessa Corte di legittimità, vi è contrasto perchè, a fronte di una giurisprudenza (invocata dal ricorrente) secondo la quale ®ricorre il "periculum in mora", presupposto del sequestro conservativo, se il rischio di perdita delle garanzie del credito sia apprezzabile in relazione a concreti e specifici elementi riguardanti, da un lato, l’entità del credito e la natura del bene oggetto del sequestro e, dall’altro, la situazione di possibile depauperamento del patrimonio del debitore da porsi in relazione con la composizione del patrimonio, con la capacità reddituale e con l’atteggiamento in concreto assunto dal debitore medesimo": Cass. 11291/2010 Rv. 246367 – Cass. 26559/2009, vi è altra giurisprudenza secondo la quale "Il "periculum in mora" ai fini dell’adozione del sequestro conservativo può essere integrato anche dalla condizione di inadeguatezza del patrimonio dell’imputato rispetto all’ammontare delle pretese creditorie, indipendentemente da un depauperamento ascrivibile all’imputato":

Cass. 43246/2008 Rv. 241933 – Cass. 43660/2010.

Nel caso specifico, il Tribunale, dopo avere dato atto che il G. era stata arrestato con in tasca la somma di Euro 50.000,00, poi sottoposta a sequestro conservativo, ha così motivato: "(…) che le particolari modalità dei reati contestati correttamente hanno indotto il Giudice a disporre il sequestro conservativo della somma in contanti. Infatti si ricava dalle imputazioni che l’imputato e i suoi complici avrebbero occultato e trasferito all’estero una parte importante del patrimonio e sono quindi in grado di porre in essere qualsiasi artifizio finalizzato a sottrarre a pretese anche giuste dello Stato e di terzi somme e beni mobili. Il procedimento ha comportato sinora, a seguito di intercettazioni e di consulenze, spese documentate per circa Euro 60.000 e quindi la prospettiva di dover attribuire a G. spese di giustizia più o meno corrispondenti è un’esigenza reale, tenuto conto che anche un’eventuale istanza di patteggiamento potrebbe comportare una condanna superiore ai 2 anni così come è già avvenuto per altri coimputati. In questo contesto, molto vicino comunque ad una valutazione nel merito dei fatti oggetto del procedimento, non si vede perchè lo Stato dovrebbe rinunziare ad una somma già in sequestro che, se restituita, potrebbe essere recuperata solo fra molto tempo e dopo complesse procedure che dovrebbero anche superare probabilmente schermi e artifizi e spostamento di beni che costituiscono l’oggetto stesso dell’indagine. Non si dimentichi poi che se è vero che una parte del danno allo Stato è stata risarcita facendo confluire su un conto ad esso dedicato una somma di circa Euro 11 milioni è altrettanto vero che la richiesta di rinvio a giudizio indica un’altra serie significativa di persone offese e quindi non si può affatto escludere che qualsiasi somma facente capo al G. possa essere destinata a risarcimenti che non sono ancora avvenuti e che non sono oggi del tutto quantificabili (…)". La censura del ricorrente, anche alla stregua della giurisprudenza di legittimità invocata, va disattesa. L’art. 316 c.p.p. richiede, ai fini del sequestro conservativo, un unico requisito ossia che "vi sia fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento (…)", requisito che riecheggia quello dell’omologo sequestro conservativo di cui all’art. 671 c.p.c. per il quale è sufficiente che vi sia il "fondato timore", per il creditore, di "perdere la garanzia del proprio credito". Ora, al di là del segnalato contrasto in ordine al depauperamento del patrimonio (che, secondo la tesi più rigorista, sarebbe configurabile indipendentemente da un comportamento ascrivibile all’imputato), per il resto la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che si debba avere riguardo all’entità del credito, alla natura del bene oggetto del sequestro e alla situazione del patrimonio del debitore.

In altri termini, il sequestro conservativo va disposto sulla base di un negativo giudizio prognostico che faccia fondatamente ritenere che le garanzie (presenti al momento della decisione sul sequestro) possano, in futuro, venire a mancare o essere disperse con ciò la legge riferendosi sia ad eventi indipendenti dalla volontà e, quindi, dal comportamento del debitore (garanzie che "manchino") sia a comportamenti addebitabili più strettamente al debitore (garanzie che "si disperdano"). Infatti, il verbo disperdere, poichè nella sua più evidente accezione semantica rimanda ad un’attività (non necessariamente fraudolenta) del debitore, non può che contrapporsi al verbo mancare che indica, invece, un venir meno delle garanzie a seguito di fattori esterni ed indipendenti dal comportamento del debitore.

In altri termini, il legislatore, con l’adoperare in modo alternativo due distinti verbi che indicano e rimandano a due diverse attività (l’una addebitarle al debitore, l’altra ad eventi non riconducibili ad un comportamento del debitore), ha voluto coprire tutta la possibile gamma delle ipotesi che, in astratto, potrebbero portare alla perdita delle garanzie, avendo avuto, quindi, l’obiettivo primario di garantire e proteggere comunque il credito (dell’erario e/o dei privati), essendo del tutto irrilevante ed indifferente se quella garanzia, esistente al momento della pronuncia, possa venire a mancare (indipendentemente dal comportamento del debitore) o essere dispersa (a causa della stessa attività del debitore): ciò che, quindi, rileva è che vi debba essere la fondata ragione che quella garanzia, alla fine del processo, possa non esserci più con conseguente danno per l’erario o per i privati che si siano visti riconoscere un credito nei confronti del condannato. E la prognosi negativa sulla "fondata ragione" non può che essere desunta da elementi fattuali che spetta al giudice di merito indicare e che, come ha chiarito la giurisprudenza di questa stessa Corte, possono essere individuati, a titolo di mero esempio, nell’entità del credito, nella natura del bene, nella composizione del patrimonio del debitore, nel comportamento (processuale o extraprocessuale) da questi tenuto.

All’esito della disamina della suddetta questione, si può, quindi, enunciare il seguente principio di diritto: "il sequestro conservativo va disposto sulla base di un negativo giudizio prognostico che faccia fondatamente ritenere che le garanzie (presenti al momento della decisione sul sequestro) possano, in futuro, venire a mancare o essere disperse con ciò la legge riferendosi sia ad eventi indipendenti dalla volontà e, quindi, dal comportamento del debitore (garanzie che "manchino") sia a comportamenti addebitabili più strettamente al debitore (garanzie che "si disperdano"), atteso che il legislatore ha voluto coprire tutta la possibile gamma delle ipotesi che, in astratto, potrebbero portare alla perdita delle garanzie, avendo avuto l’obiettivo primario di garantire e proteggere comunque il credito (dell’erario e/o dei privati). Il negativo giudizio prognostico va effettuato sulla base di elementi fattuali che spetta al giudice di merito indicare e che possono essere individuati, a titolo di esempio, nell’entità del credito, nella natura del bene, nella composizione del patrimonio del debitore o nel comportamento (processuale o extraprocessuale) da questi tenuto". Ora, applicando il suddetto principio di diritto alla concreta fattispecie, la decisione impugnata non si presta alla censura dedotta dal ricorrente atteso che il Tribunale: – ha chiarito che il sequestro ha per oggetto una somma di denaro, ossia il bene per antonomasia occultabile, e che "se restituita, potrebbe essere recuperata solo fra molto tempo e dopo complesse procedure che dovrebbero anche superare probabilmente schermi e artifizi e spostamento di beni che costituiscono l’oggetto stesso dell’indagine";

– ha rilevato che l’indagato è "in grado di porre in essere qualsiasi artifizio finalizzato a sottrarre a pretese anche giuste dello Stato e di terzi somme e beni mobili";

– ha confutato l’obiezione secondo la quale non vi sarebbe pericolo avendo l’indagato fatto rientrare in Italia Euro 11 milioni, somma che non è certo possa essere sufficiente a garantire e risarcire tutti i danni.

E’ vero che il tribunale non ha fatto alcun cenno alla (pretesa) florida e solida situazione patrimoniale dell’indagato, ma, sul punto, va replicato che il medesimo non risulta che abbia alcunchè allegato come desumibile dal fatto che il sequestro conservativo è stato disposto solo sulla somma di denaro che, casualmente, gli fu rinvenuta addosso al momento dell’arresto.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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