Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-01-2011) 23-02-2011, n. 6942 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 15 luglio 2010, la Corte d’ Appello di Firenze, 2^ sezione penale, – in parziale riforma della sentenza del Tribunale in sede sezione distaccata di Erapoli appellata da T.F. M., qualificato il fatto contestato come appropriazione indebita, rideterminava la pena in due mesi di reclusione ed trecento Euro di multa. Confermava nel resto la decisione impugnata con la quale era stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. La Corte territoriale, dato atto della mancanza di prova che l’imputato avesse tratto in inganno C.A. al fine di farsi consegnare il danaro necessario per la stipula del contratto di assicurazione con la società Linear, riteneva che il fatto integrasse il diverso reato di appropriazione indebita al rilievo che alla somma ricevuta era stata data destinazione diversa da quella concordata, on conseguente interversione del possesso.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità, mancanza ed insufficienza della motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di appropriazione indebita, perchè la condotta ritenuta integra quella del mandatario che, senza l’ordinaria diligenza, opera in difformità delle istruzioni impartite, posto che l’imputato non ha mai compiuto un atto eccedente le facoltà inerenti al possesso e non ha manifestato una simile volontà. Nè il fatto che la persona offesa non sia riuscito a ritrovarlo è sufficiente a costituire prova dell’elemento soggettivo. A conferma della sua buona fede è sufficiente constatare che la persona offesa cercò di mettersi in contatto con l’imputato tra il 30 luglio e il 5 agosto, periodo di ferie; che i precedenti rapporti erano sempre stati regolari.
Motivi della decisione

Il ricorso:

è manifestamente infondato, per la parte in cui denuncia violazione di legge, posto che l’interversione del possesso può ritenersi ben integrata nell’ipotesi fattuale descritta dalla Corte territoriale e cioè nell’essersi il soggetto agente trattenuto indebitamente la somma di danaro destinata ad altro. Nel caso in esame la sentenza impugnata ha rilevato condotta riconducibile non alla mancanza di ordinaria diligenza in relazione all’adempimento delle istruzioni ricevuta ma alla volontaria interversione del possesso, volontarietà desunta dal comportamento successivamente serbato, per non essersi più l’imputato reso disponibile ad incontrare la persona offesa, non essendosi fatto più trovare;

è inammissibile nella parte in cui, al fine di giustificare il mancato reperimento a fronte delle ricerche da parte della persona offesa, introduce elementi di natura fattuale, e quindi di merito (quali l’asserita assenza per ferie nei giorni compresi tra il 30 luglio e il 5 agosto 2003; la regolarità dei rapporti anche con altri familiari della persona offesa) non risultanti dalla sentenza impugnata nè indicati come dedotti con l’appello sì da giustificare la denuncia di omessa motivazione, sicchè non deducibili in questa sede di legittimità.

L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostenere il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.

Esula infatti dai poteri della Corte di cassazione quello della "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, o per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 30.4/2.7.97 n. 6402, ric. Dessimone e altri; Cass. S.U. 24.9-10.12.2003 n. 47289, ric. Petrella).

La giurisprudenza citata (o meglio richiamata) dal ricorrente non è appropriata al caso in esame nel quale l’interversione del possesso è stata valutata come conseguenza di scelta volontaria e consapevole (cfr. Cass. Sez. 2, 27.11-15.12.2009 n. 47665).

2. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei profili di colpa rinvenibili nelle rilevate cause di inammissibilità, si quantifica in mille/00 Euro.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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