Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-01-2011) 23-02-2011, n. 6920 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 29 ottobre 2009, la Corte d’Appello di Milano, 3A sezione penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale in sede appellata da C.M., S.G., A. G., F.L.I., M.D., Ci.

P., Fo.Al. e A.C.E., dichiarava non doversi procedere nei confronti di Fo.Al. per essere i reati a lui ascritti estinti per morte del medesimo; riduceva la pena inflitta a C.M. e A.G. a sette anni di reclusione ciascuno; confermava nel resto l’impugnata sentenza con la quale i predetti erano stati dichiarati colpevoli del delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 per aver fatto parte, S. con compiti direttivi e organizzativi e gli altri come partecipi, ad associazione per delinquere di più di dieci persone avente lo scopo di commettere una serie di delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80 con base e centro operativo in (OMISSIS), luogo dal quale alcuni degli associati effettuavano periodici viaggi in (OMISSIS) per realizzare importazioni di quantitativi ingenti di stupefacenti, in particolare cocaina eroina ed hashish, ognuno con le funzioni meglio descritte in imputazione, dall’inizio del (OMISSIS) sino alla primavera del (OMISSIS), ovvero fino alla data dell’arresto per S. (e Fo.) nonchè S. anche dei delitti di cui ai capi F), esclusa l’aggravante del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, per l’importazione dalla Francia di kg 4 di cocaina, ed H), in concorso con Fo., per l’importazione ed il trasporto di kg. 14,700 di eroina ed erano stati condannati: S. ad anni ventuno e mesi sei di reclusione quale pena complessiva ritenuta la continuazione con la pena inflitta dalla Corte di appello di Brescia con sentenza del 21.10.1993;

F. e M. alla pena di otto anni di reclusione ciascuna;

Ci. e Ar. alla pena di undici anni di reclusione ciascuno previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante del numero delle persone per C., A., F., M. (e Fo.) ed equivalenti per Ar. e Ci..

La Corte territoriale, riportate per sintesi le motivazioni della sentenza del Tribunale, passava all’analisi delle posizioni dei singoli appellanti.

In ordine all’appello di C., dichiarato inammissibile il primo motivo relativo all’assoluzione ex art. 530 c.p.p., comma 2 dal delitto di cui al capo I) per carenza di interesse, rilevava l’infondatezza delle obiezioni difensive relative all’attribuzione a lui delle telefonate intercettate (tenuto conto della deposizione del Col. T. e dell’acquisizione, a seguito della produzione del P.G., della documentazione attestante la carcerazione di C. I. in periodo coincidente con le conversazioni intercettate) e dell’eccezione di inutilizzabilità delle missive allegate all’interrogatorio di So., perchè documenti provenienti dall’imputato C. e quindi osservava che la valutazione complessiva di tali elementi probatori (con analisi puntuale del contenuto delle lettere e dei passaggi criptici indicativi del sostegno da parte dell’associazione) in uno all’accertata partecipazione dell’imputato assieme a So. ad un viaggio in (OMISSIS) e poi in (OMISSIS) (con incontro con i vertici dell’associazione) dopo aver ricevuto in consegna a L. dalla M. la somma di L. 200 milioni per l’importazione di 42 kg. di cocaina, fornivano la prova della partecipazione alla compagine associativa.

In ordine alla posizione di S., osservato che l’attribuzione delle utenze telefoniche a lui e alla moglie A.G. era certa per i contati avuti tramite esse con le figlie, escludeva la fondatezza delle doglianze difensiva perchè, anche a prescindere dai dati desumibili dai tabulati telefonici, le conversazioni oggetto di intercettazione richiamate dalla sentenza del Tribunale davano conto dei suoi contatti con gli associati e con Fo., del ruolo di sostegno a Lo. nella sua fuga dall’Italia e di garanzia per la continuità dell’operatività dell’associazione e della preesistenza dei rapporti in ragione della dimostrata consuetudine alla comprensione di espressioni non univoche. Rammentava la responsabilità per i reati fine di cui ai capi F (provato dalla chiamata in correità di Fo. riscontrata dai controlli di polizia e dall’utilizzo dell’utenza telefonica intestata a B. A.) ed H (provato anche questo dalla chiamata in correità di Fo. e riscontrato dalla conversazione telefonica di S. dalla Spagna che vuole assicurarsi della posizione di Fo.), il viaggio a Insbruk con la moglie A. per incontrare la F..

Per A.G., escluso che il breve lasso temporale oggetto di osservazione potesse aver rilievo, spiegava il rilievo che assumeva la conversazione telefonica avvenuta alle ore 3,30 del 6.4.1991 tra la donna e Lo. (da poco sfuggito al conflitto a fuoco con le forse dell’ordine) e della comprensione da lei dimostrata dei generici riferimenti del dialogante tanto da essere in grado di raggiungerlo in mezz’ora; il significato inequivoco del viaggio in (OMISSIS) assieme al marito in ausilio a Lo. in fuga ed ai conseguenti contatti con l’avv. Ci., presso il quale L. si è rifugiato prima di riparare in Iugoslavia e alle informazioni alla F., moglie di L.. Dava conto del significato dei contatti con V. per reperire telefoni cellulari utili all’associazione e del viaggio a Isbruk assieme a S. per incontrare la F.. La posizione di quest’ultima assumeva rilievo non solo per il fatto di essere moglie di Lo., capo dell’associazione, ma in ragione dei rapporti con la M., alla quale delegava alcune incombenze di collegamento, delle cautele adottate (dopo avere ottenuto dalla A. un telefono "pulito" avuto da V.) per l’incontro con So. (il pellicciaio di (OMISSIS) reo confesso), del sequestro di autovettura intestata a lei dotata di doppio fondo per il trasporto dei 42 kg di cocaina, del rinvenimento nell’appartamento, sito in (OMISSIS) condiviso col marito, di L. 660 milioni, appartamento nella sua disponibilità dove venne rinvenuta anche l’agenda in cui era annotato il numero telefonico dell’appartamento di An., luogo del sequestro della partita di droga, con a fianco il diminutivo del suo soprannome ((OMISSIS)) ed altri elementi ancora puntualmente elencati.

Per la posizione di M.D., rigettate le eccezioni di nullità sollevate dalla difesa al rilievo conclusivo che l’imputata era comparsa in giudizio ed aveva presentato richiesta di ammissione al patrocinio spese dello Stato e le richieste di integrazione probatoria, valevano le conversazioni telefoniche intercorse con la F. e la consegna da parte sua al So. in (OMISSIS) della somma di L. 200 milioni, circostanze dimostrative del suo ruolo per lo smistamento del danaro necessario all’associazione nonchè il contenuto della conversazione del 22.9.1991 tra Lo. e l’avv. Ci. e il successivo servizio di osservazione che portava gli agenti di p.g. a seguire l’autovettura condotta dalla M. e le conversazioni tra l’imputata e Ar. e tra quest’ultima e la F., l’incontro all’Hotel (OMISSIS). Per la posizione dell’avv. Ci., respinta la richiesta di declaratoria di improcedibilità dell’azione penale a norma dell’art. 649 c.p.p. perchè le sentenze del Tribunale di Bari e della Corte di appello di Napoli avevano avuto ad oggetto ipotesi associative relative a periodi temporali successivi, osservava che i rapporti dell’imputato con gli altri associati esorbitavano da quelli riconducibili al rapporto professionale tenuto conto che la documentazione sequestrata presso il suo studio provava l’attività di sostegno ed affiancamento finanziario alla F. (mai annoverata tra i clienti dello studio), che le conversazioni intercettate nel settembre (OMISSIS) avevano dimostrato il suo interessamento per il versamento di cauzione in favore di B., Ma. e A. senza avere mandato difensivo; che aveva ospitato Lo. dopo la sua evasione dal carcere di Nizza e il conflitto a fuoco con la polizia;

che Ma., latitante in (OMISSIS), lo contatta per sapere come rintracciare Lo. anche lui latitante in (OMISSIS); che la conversazione tra Lo. e Ci. del 19.11.1991 alle ore 00,52 ha l’inequivoco significato di solidarietà associativa (come poi provato con l’invio di somme a Bo.Bo.); che il contatto con l’avv. Abate, per la difesa di M., riscontra tale suo ruolo. Per la posizione di Fo. rilevava l’avvenuto decesso.

Per quella di A. (non ricorrente) rammentava il contenuto delle conversazione telefoniche intercorse con M., S. e A..

Contro tale decisione hanno proposto tempestivi ricorsi gli imputati di seguito indicati, a mezzo de( rispettivi difensori, che ne hanno chiesto l’annullamento:

1) C.M.: per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 nonchè mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta partecipazione all’associazione perchè desunta dal viaggio in compagnia di So.Se. in (OMISSIS) senza che la sua presenza sia risultata in nessun altro episodio e senza tener conto delle dichiarazioni del So. che lo hanno scagionato. I tabulati telefonici non fornivano alcuna prova perchè l’utenza a lui intestata si era accertato essere in uso al fratello I. e la circostanza che questi fosse detenuto nel 1991 non dava chiarimento su chi ne fosse l’effettivo utilizzatore.

Inoltre i contatti fra tale utenza e il radiotelefono intestato a F.L. non erano significativi essendo risultato che tale radiotelefono era in uso al So.. Il contenuto delle lettere inviate dall’appellante a quest’ultimo nel periodo della sua carcerazione, se lette nella loro interezza, davano conto dello scambio di corrispondenza tra due amici;

2) S.G.: – per inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonchè mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, perchè l’impianto accusatorio è risultato stravolto a seguito dell’assoluzione di numerosi imputati e del ridimensionamento del ruolo degli altri donde è conseguito che il ricorrente sarebbe stato l’unico organizzatore-coordinatore in un arco temporale ristretto tra l’aprile 1991 e il successivo ottobre allorchè venne arrestato, per come risulta dalle dichiarazioni del Col. M., sicchè l’assunto secondo il quale egli sarebbe stato il braccio destro di Lo. è privo di fondamento tanto più che è stato assolto dal delitto di cui al capo L), sicchè a suo carico residua l’episodio di (OMISSIS) per i quale vi è stata già condanna definitiva. Gli elementi desumibili dai tabulati sono privi di significato perchè l’utenza intestata a B.A. solo ipoteticamente è a lui attribuita. Le conversazioni oggetto di intercettazione hanno significato solo in relazione all’episodio di (OMISSIS); – inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonchè mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al ritenuto ruolo di organizzatore perchè non vi è traccia della sua attività in tal senso, che è stata desunta dai tabulati telefonici ma solo a seguito dell’ipotetica attribuzione a lui delle utenze telefoniche monitorate.

Le dichiarazioni di Fo. non possono infatti essere utilizzate nei confronti del coimputato e comunque sono prive di riscontri; – inosservanza della legge penale nonchè mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per i reati di cui ai capi F) ed H) perchè fondata sulle sole dichiarazioni di Fo.; – inosservanza o erronea applicazione della legge penale e mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche perchè i precedenti penali non possono da soli essere di ostacolo al riconoscimento delle stesse;

3) Ci.Pa.: contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione per carenza assoluta di condotte-fine e perchè il suo interessamento per B. in (OMISSIS) era conseguente all’incarico professionale ricevuto dal fratello; i contatti con Ma. erano conseguenze delle iniziative di costui;

l’interessamento per M. è avvenuto solo per tramite dell’avv. Abate ed è solo di natura professionale; non vi è stato alcun intervento nella fuga di Lo. tanto che i contatti telefonici si sono avuti con utenze della zona di (OMISSIS) e non di (OMISSIS); il viaggio in (OMISSIS) con S. non ha alcun significato processuale; la sua indicazione come "l’amico avvocato" è priva di rilievo penale stante la sua genericità; ogni suo intervento è stato giustificato dal ruolo di difensore; l’episodio del (OMISSIS) alla frontiera di (OMISSIS) è irrilevante perchè gli assegni e le cambiali sequestrate non riguardavano Lo.; le ricevute bancarie di versamento a firma della F. erano relative a pratica per l’ottenimento di carta di credito a mezzo della Banca di Ostuni; – illegittimità della sentenza per violazione dei principi disciplinati dall’art. 530 c.p.p. perchè il quadro probatorio è fondato su mere supposizioni suscettibili di alternativa e diversa interpretazione sicchè non può pervenirsi ad affermazione di responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio;

– inosservanza dell’art. 649 c.p.p. per essere stato già assolto dalla medesima ipotesi di reato associativo dal Tribunale di Bari e dalla Corte di appello di Napoli, tanto più che, con motivazione contraddittoria, la sentenza gravata estende l’ipotesi contestata fino al 1994; – illegittima ritenuta equivalenza delle concesse attenuanti generiche in ragione della sua incensuratezza, dell’età avanzata e della sproporzione della pena irrogata con la gravità delle condotte ascritte.

4) F.L.: – erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancanza di concordanza precisione gravità degli indizi quello fondamentale essendo costituito dal legame sentimentale con Lo., che è riuscito a convincerla ad intestarsi utenze telefoniche e la proprietà di alcune autovetture, gli altri essendo privi dei requisiti della gravità e della precisione per come definiti dall’interpretazione di legittimità; – erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 649 c.p.p. per essere stata già riconosciuta colpevole dello stesso reato per i fatti occorsi nel corso degli anni 1993 e 1994 dalla Corte di appello di Napoli e dal Tribunale di Bari, stante la natura permanente del reato associativo.

5) A.G. per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonchè mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione: – in ordine alla ritenuta responsabilità per il reato associativo per ragioni analoghe a quelle di cui al primo motivo di ricorso nell’interesse di S.; – in ordine al mancato riconoscimento all’ipotesi di concorso ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 in quanto nessun coimputato ha svolto alcuna chiamata in correità nei suoi confronti e non è stata coinvolta in alcuna operazione di polizia o in qualsivoglia indagine; – in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla pena irrogata pur essendo incensurata e tenuto conto del lasso di tempo intercorso.

5) M.D.: – contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per il delitto associativo perchè l’affermazione secondo la quale ella avrebbe incontrato l’avv. Ci. il 25 settembre 1991 è contraddetto, nella stessa sentenza, allorchè si riconosce che gli agenti impegnati nel servizio di osservazione rinunciarono al pedinamento, sicchè manca la prova che ella sia la persona indicata col soprannome di "(OMISSIS)". Ad analoghe critiche si presta la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui cerca di giustificare la ritenuta valenza indiziaria dei colloqui con l’ Ar.. Quanto all’episodio del 5 aprile 1991 (incontro con B. per la consegna di vestiario del latitante Lo.) si trascura che la donna (alla quale è attribuito lo specifico ruolo di procurare telefoni all’associazione) si avvale di un telefono pubblico per chiamare a casa la F.; contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alle intercettazioni n. 167 del 31 maggio 1991 e n. 507 del 3 giugno 1991 e la memoria del PM, perchè dalle citate intercettazioni risulta che in entrambi i casi il telefono era fisso; – inosservanza degli artt. 521 e 522 c.p.p. perchè i fatti affermati in sentenza sono diversi da quelli descritti nell’imputazione perchè sia l’incontro di L. che quello dell’avv. Ci. ascritti a "minigonna" non sono ascrivibili all’imputata mentre la telefonata con la quale la F. sollecita la M. ad andar in banca per "prendere dieci" è priva di significato non essendo stato provato alcun prelievo.

La telefonata del 3 aprile 1991, in occasione della quale la M. fornisce a Lo. il numero telefonico della F. è irrilevante rispetto ai fatti oggetto di imputazione; – inosservanza ed erronea applicazione della legge penale perchè la condotta a lei ascrivibile è circoscritta al periodo fra il (OMISSIS) ed è consistita (esclusi gli incontri di Sa. e Ci. con "(OMISSIS)") in attività diretta a prestare aiuto a Lo.. Eventualmente la norma penale di riferimento potrebbe essere ravvisata nell’art. 418 c.p.; – inosservanza o erronea applicazione della legge penale relativamente alla quantificazione della pena in ragione della riconosciuta prevalenza delle attenuanti generiche e alla perdurante incensuratezza.

Con memoria difensiva del 20 gennaio 2011, il difensore di C. M. ha riepilogato le ragioni poste a fondamento del ricorso e ha insistito per l’accoglimento dello stesso.

Con note d’udienza del 18 gennaio 2011, il difensore di Ci.

P. lamentava il totale disinteresse per le deduzioni difensive formulate con l’atto di appello, deduzioni che sinteticamente ricapitolava, soffermandosi in particolare sull’addebitata ospitalità prestata a Lo. in occasione della sua evasione per rilevare che si era limitato a riceverlo nel suo studio e per segnalare che le operazioni di intercettazione avevano consentito di individuare le utenze chiamate dal telefono in uso al latitante tutte contrassegnate dal prefisso (OMISSIS), relativo al territorio della provincia di (OMISSIS) e non già a quello (OMISSIS) che serve la zona di (OMISSIS) dove il prevenuto risiede ed esercita la propria attività.

Rammentava ancora che la sentenza impugnata aveva eluso il problema connesso all’accertata assoluzione per identiche imputazioni, sia pure per periodi diversi.
Motivi della decisione

1. Il ricorso nell’interesse di C.M. è manifestamente infondato, 1.1. Perchè la sentenza impugnata si sottrae ai rilievi difensivi che addebitano ad essa il difetto di rigore nell’accertamento dell’apporto arrecato dall’imputato alla compagine associativa.

Il significato probatorio del viaggio in Colombia e in Spagna, pacificamente destinato all’acquisto di un ingente quantitativo di sostanza stupefacente e ad incontrare Lo. (capo dell’associazione) in Spagna, viene dal ricorrente sminuito nella sua valenza mediante il riferimento a dati di natura probatoria, in particolare a dichiarazioni asseritamente rese da Sa. all’udienza del 14 ottobre 2004, e quindi attraverso la sollecitazione a verifica di atto del processo non risultante dal testo del provvedimento impugnato nè oggetto di specifica indicazione come costituente deduzione difensiva con l’atto di appello. Nè la deduzione difensiva può esser ricondotta a doglianza definibile come denuncia di travisamento della prova. Come noto, la formula novellata dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e; ha introdotto come nuova ipotesi di vizio della motivazione (oltre alla mancanza e alla manifesta illogicità) la contraddittorietà della stessa, risultante non soltanto dal testo del provvedimento impugnato, ma anche "da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame". La questione assume particolare rilevanza nel caso in cui (a differenza di quello in esame) il giudice dell’appello sia andato di contrario avviso rispetto alla decisione adottata in prima istanza, ponendo così la parte vittoriosa in primo grado in condizione di non potersi difendere adeguatamente nel successivo grado di giudizio che, essendo di legittimità, preclude qualsiasi riesame nel merito (cfr. Cass. S.U. 30.10-24.11.2003 n. 45276). Il dato normativo lascia inalterata la natura del controllo del giudizio di Cassazione, che può essere solo di legittimità. Non si fa carico alla suprema Corte di formulare un’ulteriore valutazione di merito. Si estende soltanto la congerie dei vizi denunciabili e rilevabili. Il nuovo vizio è quello che attiene sempre alla motivazione ma che individua come tertium comparationis, al fine di rilevarne la mancanza l’illogicità o la contraddittorietà, non solo il testo del provvedimento stesso ma "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame". L’espressione adottata ("altri atti del processo") deve essere interpretata non nel senso, limitato, di atti a contenuto valutativo (come gli atti di impugnazione e le memorie difensive) ma anche in quello di atti a contenuto probatorio (come i verbali) al fine di rimediare al vizio della motivazione dipendente dalla divaricazione tra le risultanze processuali e la sentenza. La novella normativa introduce così due nuovi vizi definibili come: 1) travisamento della prova, che si realizza allorchè nella motivazione della sentenza si introduce un’informazione rilevante che non esiste nel processo; 2) omessa valutazione di una prova decisiva ai fini della decisione. Attraverso l’indicazione specifica della prova che si assume travisata o omessa si consente alla Corte di Cassazione di verificare la correttezza della motivazione (sotto il profilo della sua non contraddittorietà e completezza) rispetto al processo.

Questo ovviamente (si ribadisce) nel caso di decisione di appello difforme da quella di primo grado. Ed invero in caso di c.d. doppia conforme il limite del devolutum non può essere valicato ipotizzando recuperi in sede di legittimità (Cass. Sez. 2, nn. 13994-42353 del 2006; nn. 318 e 5223 del 2007). Il ricorrente avrebbe dovuto quindi dimostrare di aver rappresentato con l’appello il risultato probatorio del dibattimento, per poter poi denunciare il vizio di mancanza di motivazione, in relazione all’omessa considerazione delle deduzioni difensive;

1.2. perchè al fine di contestare il significato probatorio attribuito dalla sentenza impugnata ai contatti telefonici risultanti dai tabulati tra l’utenza intestata al ricorrente (sia fissa che mobile) ed utenza in uso a F.L. propone una lettura alternativa desunta da tali contatti ipotizzando (in maniera generica e quindi inammissibile) l’uso del cellulare intestato a C. M. a non meglio indicata persona volta che lo stesso ricorrente deve ammettere che era da escludere l’uso da parte di C.I. perchè detenuto; peraltro contraddittoriamente ipotizza che l’utenza intestata alla F. fosse in uso al Sa. sì da poter giustificare i contatti col ricorrente, tenuto conto del rapporto di amicizia tra i due, ma in tal modo ammettendo che l’interlocutore era il ricorrente;

1.3. perchè propone una lettura alternativa del significato attribuito dai giudici di merito alle lettere inviate dall’imputato a Sa., durante la detenzione di quest’ultimo, frutto di iter argomentativi che, in quanto non manifestamente illogico, non può essere oggetto di censura in questa sede. L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostenere il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello della "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 30.4/2.7.97 n. 6402, ric. Dessimone e altri; Cass. S.U. 24.9-10.12.2003 n. 47289, ric. Petrella).

1.4. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere in conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali e della somma, che in ragione dei motivi di inammissibilità, si stima equo liquidare in Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

2. Ricorso nell’interesse di S.G..

2.1. Il primo motivo di ricorso è dedotto in maniera generica (e quindi inammissibile) per la parte in cui dall’assoluzione di alcuni degli imputati e quindi dal ridimensionamento dell’originaria ipotesi accusatoria pretende di dedurre illogicità della motivazione per la parte in cui attribuisce al ricorrente il ruolo di organizzatore e coordinatore; è manifestamente infondato per la parte in cui assume che la partecipazione del ricorrente sarebbe provata per un ristretto arco temporale (aprile-ottobre 1991), perchè, contrariamente a quanto genericamente sostenuto nel ricorso, la sentenza spiega le ragioni per le quali ritiene il suo inserimento anche per il periodo anteriore all’aprile 1991 sia in ragione dei contatti risultanti dai tabulati anche in periodo anteriore sia, e soprattutto, per il tono confidenziale delle conversazioni oggetto di intercettazione e "l’immediata comprensione tra gli interlocutori di espressioni non univoche" a testimonianza di "consuetudine delle comunicazione tra gli stessi chiaramente avviate già da prima dell’inizio delle intercettazioni". Il ragionamento probatorio della Corte territoriale non è oggetto di specifica critica e comunque, in quanto non manifestamente illogico, non è censurabile in questa sede e quindi resiste come valido elemento probatorio a sostegno della decisione adottata. Lo stesso ricorrente non contesta la correttezza dell’individuazione degli episodi significativi del coinvolgimento e del ruolo del ricorrente in occasione di un momento di crisi della compagine associativa, coinciso con la fuga di Lo. verso la (OMISSIS). Tenta solo di sminuirne la valenza, ma genericamente, attraverso il richiamo del numero limitato degli episodi rilevati.

Nulla però dice in riferimento al loro significato per come spiegato dai giudici di merito. Oltre alla sua responsabilità per l’importazione di 4 kg di cocaina proveniente dalla Francia e sequestrata ad (OMISSIS) (fatto del (OMISSIS), data posta in rilievo perchè dimostrativa dell’anteriorità del suo ruolo rispetto al periodo in cui le utenze a lui riferibili sono state assoggettate ad intercettazione) è stata oggetto di attenzione la conversazione telefonica del 25.4.1991 con la Ar. da lui avvisata del luogo in cui Lo. ha trovato rifugio e incaricata di contattare i trafficanti colombiani per aggiornarli sulla situazione e per rassicurarli sulla prossima ripresa dei contatti; rinvia poi alla motivazione della sentenza di primo grado sul significato di numerose altre telefonate (a dimostrazione che non si tratta di tre episodi soltanto). Rammenta ancora l’incontro a (OMISSIS) con la F., provato e non contestato. L’avere la sentenza di appello ignorato quanto riconosciuto dalla sentenza di primo grado, sull’assenza di contatti significativi nel mese di settembre, non consente tuttavia al ricorrente di negare che essi vi furono, e numerosi, nel successivo mese di ottobre nè, sul significato probatorio attribuito a questi ultimi, sono formulate critiche.

2.2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, perchè la subordinata richiesta di ritenere raggiunta la prova solo della sua partecipazione senza alcun ruolo organizzativo si fonda sull’affermazione dell’assenza di direttive da lui impartite, che però è smentita proprio per il dimostrato ruolo assunto in occasione della fuga del L., allorchè impartisce direttive proprio all’ Ar.. La sentenza impugnata ha inoltre rammentato che anche in occasione delle singole ipotesi di importazione-acquisto di sostanze stupefacenti, anche se ritenuto non direttamente coinvolto nella consumazione degli stessi, comunque mantiene contatti con i soggetti agenti, va in Spagna e Marocco per raggiungere Lo..

2.3. Anche il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

La circostanza che le dichiarazioni del coimputato Fo. siano state ritenute dal Tribunale inidonee e insufficienti a ritenere la responsabilità del S. in ordine al delitto di cui al capo L) non comporta che automaticamente si debba pervenire alla medesima conclusione in riferimento ai delitti di cui ai capi F) ed H).

In relazione ad essi la Corte territoriale ha infatti rammentato che l’attendibilità del Fo. è stata riscontrata, quanto all’importazione detenzione e trasporto di kg. 4 di cocaina accertato il (OMISSIS) (capo F) dai controlli di polizia riconducibili a S. (non contestati dalla difesa) operati presso l’Ospedale di (OMISSIS) dove la H. (incaricata del trasporto della sostanza) era stata ricoverata a seguito di incidente stradale.

Quindi non vi sono soltanto i riscontri costituiti dai contatti telefonici di utenza che, ragionatamente, la sentenza impugnata indica come in uso a S. e che il ricorrente contesta, ma attraverso un non consentito riferimento al contenuto degli atti (dichiarazioni rese dal tese Mu. all’udienza del 13.5.2004) e quindi una sostanziale denuncia di travisamento della prova non deducibile in ipotesi di c.d. doppia conforme (v. sopra par. 1.1.).

In conclusione per il capo F) la chiamata in correità è corroborata da riscontri costituiti da osservazioni di polizia su S., che in quanto non contestati nella loro valenza probatoria ex art. 192 c.p.p., comma 3 restano come elementi di giudizio valido a sostegno della decisione impugnata nonchè da ulteriori riscontri costituiti da telefonate su utenza riconducibile a S., riconducibilità che il ricorso contesta ma in maniera inammissibile.

Quanto al capo H) la critica alla sentenza impugnata, che indica due elementi probatori a riscontro delle dichiarazioni di Fo., è svolta in maniera generica, perchè si limita ad affermare la mancanza di riscontri e a richiamare le considerazioni svolte in relazione al capo F), laddove la Corte milanese, per confortare il convincimento che sia stato S. l’autore della telefonata che si interessava del Fo., rammenta che con quella medesima utenza il ricorrente aveva contattato le proprie figlie, motivazione che non è oggetto di critica specifica in relazione alla sua congruità dimostrativa.

2.4. Anche il quarto motivo di ricorso è inammissibile per genericità, perchè si limita a ribadire le doglianze mosse in sede di appello e perchè la sentenza impugnata ha svolto uno specifico argomento (proprio a confutazione dell’assunto che le precedenti condotte riprovevoli si riferirebbero a periodi risalenti nel tempo) costituito da una recente condanna per detenzione di 370 gr. di cocaina, argomento che non viene specificamente criticato, in violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che impone che ogni richiesta sia giustificata dall’indicazione specifica delle ragioni di diritto (e degli elementi in fatto) a sostegno della richiesta stessa, violazione sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 591 comma 1, lett. c).

2.5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere in conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali e della somma, che in ragione dei motivi di inammissibilità, si stima equo liquidare in Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

3. Ricorso nell’interesse di A.G..

3.1. Il primo motivo di ricorso, che sostanzialmente riproduce gli stessi argomenti posti a fondamento del primo motivo di ricorso nell’interesse del marito S., è inammissibile per gli stessi motivi già indicati al par.

2.1. In particolare genericamente la ricorrente afferma che nei suoi confronti vi sono solo prove costituite da conversazioni telefoniche per un ristretto arco temporale. Non critica in maniera specifica gli argomenti posti a fondamento della decisione impugnata che, proprio in considerazione della ristrettezza del periodo oggetto dell’indagine, procede ad attento esame del contenuto delle conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione per desumerne la consuetudine al rapporto con Lo., la precisa conoscenza di altro associato (in particolare nel caso B.) e del luogo dove trovarlo nonchè del numero di telefono per rintracciare il capo e del luogo dove si sta nascondendo; i contatti con la persona incaricata di procurare telefoni all’organizzazione; i contatti diretti con la F..

3.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per genericità, perchè non spiega le ragioni per le quali la mancanza di chiamate in correità nei suoi confronti e l’assenza di coinvolgimento diretto in operazioni di polizia dovrebbero giustificare l’addebito di mero concorso ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. 3.3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile per carenza di interesse, perchè alla ricorrente sono state già concesse dal Tribunale le attenuanti generiche, con giudizio di prevalenza sull’aggravante contestata, e la Corte di appello ha ridotto di un anno l’originaria pena.

3.4. La circostanza che le attenuanti generiche siano state riconosciute con giudizio di prevalenza non comporta effetti di rilievo ai fini dell’eccepita prescrizione, posto che la pena detentiva massima (il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 fissa solo il minimo) a norma dell’art. 23 c.p. è di ventiquattro anni di reclusione.

3.5. Anche il ricorso di A. deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente deve essere in conseguenza condannata al pagamento delle spese processuali e della somma, che in ragione dei motivi di inammissibilità, si stima equo liquidare in Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

4. Ricorso di Ci.Pa..

4.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, perchè svolto mediante la contestazione punto per punto di tutti gli argomenti posti a fondamento della decisione impugnata attraverso la sottoposizione di lettura alternativa degli elementi già oggetto di esame da parte dei giudici di merito, con indicazione di dati di natura fattuale assertivamente affermati (in contrasto con quelli indicati nella sentenza impugnata) peraltro anche genericamente (approntamento della provvista per pagare la cauzione per la liberazione di Bo. da parte del fratello, ma senza indicare da quale dato processuale ciò risulti, laddove la sentenza afferma che non era noto chi l’aveva fornita; mancanza di interesse diretto per la posizione Ma., laddove la sentenza impugnata per giustificare il diverso convincimento ha riportato anche brani significativi dei colloqui a giustificazione del ruolo di contatto assunto per far comunicare fra loro gli associati; funzione esclusivamente difensivo per M., laddove la sentenza ha spiegato che l’intervento diretto presso l’avv. Abate era finalizzato a garantire all’associato la consapevolezza che l’associazione non lo lasciava solo). La parte della motivazione della sentenza impugnata posta a fondamento del convincimento che il ricorrente ha prestato ospitalità al Lo. è criticata arbitrariamente (e quindi genericamente) sul presupposto che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto che il "prefisso (OMISSIS)" composto per le telefonate effettuate di coniugi S. – A. potesse costituire elemento indiziario idoneo a collegare la presenza di L. presso l’avv. Ci.. In realtà la sentenza impugnata fa riferimento al "prefisso (OMISSIS)" (non (OMISSIS)) ed usa il verbo allacciare, in risposta a specifico motivo di appello con il quale si criticava la sentenza del Tribunale per aver dato rilievo ai ponti radio agganciati dall’utenza cellulare (OMISSIS). Con l’appello si era osservato che il ponte radio di (OMISSIS) all’epoca ricopriva tutta la Puglia, la Basilicata e parte dell’Abruzzo.

L’avere la sentenza impugnata fatto riferimento al "prefisso (OMISSIS)" (o meglio "(OMISSIS)", come precisa la difesa) ha voluto dare contezza che quel telefono (utile per tracciare gli spostamenti di Lo.) si collega con il capoluogo pugliese. Nulla di più. La "prova inconfutabile" è desunta invece da altri elementi, che il ricorrente non critica, se non genericamente: nel contesto temporale della fuga di Lo.. S., che vuole mettersi in contatto con Lo. in data 10.4.1991, chiede telefonicamente alla moglie il "numero dell’avvocato, che al limite lo (cioè L., perchè è questa la persona che cerca) chiamo lì". L’ A. da un numero (con codice (OMISSIS), criptato) che (decriptato) è risultato essere il numero dell’utenza intestata all’avv. Ci..

Questo passaggio argomentativo, indicato dalla Corte territoriale come dimostrativo in maniera inconfutabile dell’ospitalità prestata, non è specificamente criticato e ne rimane integra la forza dimostrativa: Sa., per mettersi in collegamento con il suo capo, sa che il tramite è l’"avvocato", la cui individuazione non è frutto di generica deduzione ma che discende dal collegamento fornito dall’utenza telefonica, che riconduce ineludibilmente a Ci..

Il successivo passaggio dell’argomentazione è speso per rendere inconfutabile il ragionamento probatorio teso a dimostrare che l’ospitalità si protrasse per alcuni giorni: il 12 aprile successivo l’ A. informa la F. (la quale vuoi sapere se il suo compagno sta a casa del "nostro amico") che Lo. "è dal nostro amico avvocato" ma che sta per andar via.

Lamenta il ricorrente che sia stato dato valore alla circostanza del viaggio in Spagna a assieme a S., ma dimentica che la Corte di appello non l’ha presa in considerazione. Per contro nessuna censura muove agli argomenti tratti dalla conversazione intercorsa con Lo. alle ore 00.52 del 19.11.1991, laddove convengono che gli associati "non debbono mai aver la sensazione che non gli si stia attorno", frase il cui significato viene correttamente interpretato attraverso condotte successivamente serbate da Ci. allorchè ha inviato somme di danaro in favore di Bo.Bo..

La sentenza impugnata non richiama l’episodio del (OMISSIS) alla frontiera di (OMISSIS) e quindi la doglianza difensiva che ne vuoi evidenziare l’irrilevanza è inammissibile per carenza di interesse. Quanto alla disponibilità di distinte di versamento firmate in bianco dalla F., di libretto di risparmio a lei intestato e alla fideiussione in favore della F., la critica è parziale (perchè prende in considerazione solo "le ricevute bancarie di versamento" cioè distinte di versamento a firma della F.) e comunque svolta con considerazione di merito, come tali non valutabili in questa sede, peraltro genericamente perchè l’assunto che esse dovessero essere utilizzate per l’ottenimento di carta di credito a favore della F. è solo affermato e non contrasta le considerazioni formulate dalla sentenza impugnata che individua il rapporto con la F. come estraneo ad incarico di tipo professionale.

Non può infine trascurarsi, che la sentenza impugnata rammenta un altro episodio che collega il ricorrente a Lo. e alla compagnie associativa, in relazione alla telefonata del (OMISSIS) (v. oltre, infra par. 6.1.) 4-2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato, per gli stessi motivi spesi al paragrafo precedente. Ed invero la pretesa del ricorrente secondo il quale l’affermazione di penale responsabilità sarebbe fondata su mere supposizioni perchè gli elementi probatori a suo carico sarebbero suscettibili di alternativa e diversa interpretazione da un lato sottopone in questa sede di legittimità una non consentita ulteriore valutazione di merito, dall’altro formula tale proposizione in maniera generica, perchè la pretesa possibile alternativa lettura si fonda su affermazioni indimostrate per come analiticamente osservato al par, sub 4.1. 4.3. Il terzo motivo di ricorso è infondato, perchè, come già opportunamente osservato nella sentenza impugnata, le sentenze del Tribunale di Bari e della Corte di appello di Napoli hanno avuto ad oggetto rispettivamente un’associazione collocata in Roma dal 1992 sino al 1994 e altra associazione operante in Napoli ed in Spagna nel 1994 con condotta perdurante, laddove l’associazione oggetto del presente procedimento è individuata come operante in Milano tra l’inizio del 1989 e la primavera del 1992. Va ribadito il canone per cui "in tema di reati associativi, al fine di controllare il rispetto del principio del "ne bis in idem", occorre verificare in concreto i segmenti di condotta presi in esame dalle singole sentenze passate in giudicato, nel senso che tale principio risulta violato solo ove vi sia sovrapposizione tra le condotte oggetto di giudicato" (Cass. Sez. 1, 5-25.3.2008 n. 12700).

Nè ricorre la denunciata contraddittorietà, perchè gli episodi del (OMISSIS) (invio di danaro e accrediti a favore di Bo.Bo.) non sono assunti come elementi di condotta comprovanti il perdurare dell’attività associativa, ma esclusivamente come dati atti a corroborare il significato da assegnare alla conversazione telefonica intercorsa tra Lo. e Ci. alle ore 00.52 del 19.11.1992. 4.4. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

5. Ricorso nell’interesse di F.L.I..

5.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per genericità, perchè addebita alla sentenza impugnata di aver fondato il suo convincimento su una serie di indizi che si sostiene non esser possibile definirli "attendibili e convincenti nonchè specifici e non suscettibili di diversa interpretazione". La circostanza che a lei fosse intestato l’autoveicolo munito di doppi fondi utilizzato per il trasporto di cocaina è indizio dotato di precisione e gravità, proprio in relazione ai canoni ermeneutici fissati da questa Corte e invocati nel gravame, requisiti per smentire i quali la ricorrente introduce un elemento di natura fattuale, peraltro genericamente perchè non indica da quale atto del processo esso sia desunto, costituito dalla circostanza secondo la quale sarebbe stato il marito Lo. a convincerla ad intestarsi il veicolo.

Nessuna critica viene svolta in relazione all’altri elementi considerati, cioè alla disponibilità della rilevante somma di L. 660 milioni trovata nell’appartamento da lei abitato assieme al marito, appartamento solo formalmente condotto in locazione da altra persona; alla riconducibilità a lei (per come risultante da appunto rilevato su agenda sequestrata) di utenza telefonica dell’appartamento di An. contattato da V. in concomitanza del sequestro di partita rilevante di sostanza stupefacente. E di seguito una serie di incontri e contatti significativi con gli altri associati ( S. e A.;

Ar., M.) dei quali si fornisce accurata giustificazione del significato probatorio che ad essi si annette, giustificazione che non viene criticata se non genericamente e quindi in maniera inammissibile secondo quanto stabilito dal combinato disposto dell’art. 581 c.p.p., lett. c) e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c).

5.2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Il carattere permanente del delitto di associazione per delinquere non pregiudica la possibilità di individuare il segmento temporale della sua esistenza. La circostanza che la ricorrente sia stata giudicata per aver fatto parte della medesima associazione per periodi temporalmente successivi non comporta la sovrapponibilità dei fatti e quindi non determina la preclusione regolata dall’art. 649 c.p.p.. Si tratta di condotte autonome per le quali è applicabile, ricorrendone i presupposti, la disciplina della continuazione.

Va invero ribadito che "la sentenza di condanna per un reato associativo interrompe giuridicamente la protrazione del delitto di partecipazione a quella stessa associazione criminosa, sicchè il successivo tratto di condotta partecipativa è autonomamente apprezzabile e può essere valutato in continuazione con quella oggetto della sentenza di condanna già intervenuta" (Cass. Sez. 1, 3.3-8.4.09 n. 15133) . La relativa questione potrà quindi essere proposta in sede esecutiva.

5.3. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

6. Ricorso nell’interesse di M.D..

6.1. Il primo motivo di ricorso è infondato. L’assunto contenuto in sentenza, secondo il quale la donna che a L. consegnò a So. la somma di L. 200 milioni da destinare ai Colombiani per la partita di sostanza stupefacente i cui al capo I), si fonda su riconoscimento effettuato dal coimputato, che, sebbene incerto, è apprezzato perchè corroborato dall’individuato rapporto di "parentela" con Lo. (di "affinità" con la compagna di Lo., in quanto cognata della F., per averne sposato il fratello).

Il ragionamento, oggetto di critica, è operato dalla Corte per dimostrare la certezza della già effettuata identificazione. In sentenza si da per indiscusso che gli agenti rinunciarono al pedinamento della M. (sicchè non fu possibile verificare se effettivamente si incontrò con l’avv. Ci.) . Sta di fatto che nel colloquio telefonico del 22.9.1991 tra Lo. e Ci.

(come evidenziato dalla Corte territoriale) quest’ultimo informò il suo interlocutore (il quale gli chiedeva se si era dimenticato di lui) che era già fissato appuntamento con "(OMISSIS)". Gli agenti di p.g. incaricati del servizio di osservazione, notarono la ricorrente (che indossava una minigonna) uscire di casa in orario utile per l’appuntamento telefonicamente preannunciato e imboccare l’autostrada. Il ragionamento è corroborato dal rilievo, non manifestamente illogico, che la rinuncia al pedinamento fu determinata dal fatto che la donna era guardinga perchè verosimilmente si era accorta di essere seguita può essere assunta a elemento di prova.

La successiva critica al valore attribuito alla sentenza impugnata ai contatti telefonici con F. e Lo. è sbrigativamente e genericamente risolta con l’affermazione della loro ininfluenza ai fini della ricostruzione della condotta addebitata. In realtà la Corte distrettuale motiva diffusamente le ragioni per le quali annette particolare rilievo, proprio per il ruolo della M. (incaricata di curare la sicurezza dei contatti telefonici), della telefonate del Lo. del 3 aprile 1991 alle 21.09 a tre ore di distanza dalla sparatoria di (OMISSIS).

In ordine alle modalità di comunicazione con l’ A., la ricorrente insiste nel proporne una valutazione alternativa, rispetto a quella, non manifestamente illogica (e quindi non censurabile in questa sede) offerta dalla sentenza impugnata. Che la M. fosse cauta nell’uso del telefono, non perchè voleva rimanere estranea ai contatti con gli altri associati ma per il timore di probabile intercettazione, la sentenza impugnata lo giustifica ragionatamente a proposito della conversazione dell’11.4.1991 ore 02.12, passaggio della motivazione che non è oggetto di critica e che quindi rimane come valido argomento a sostegno della scelta interpretativa della prova adottata. Quanto all’uso di telefono pubblico in occasione dell’appuntamento con la persona che doveva recapitare una valigia per il Lo., la sentenza impugnata spiega diffusamente le ragioni della irrilevanza di tale scelta della donna per mettersi in comunicazione col marito ed informarlo che sta ancora aspettando ed evidenzia che il dato probatorio rilevante di tale episodio, perchè dimostrativo dell’intraneità alla compagine associativa, è individuato nel fatto che Lo. (in fuga perchè ricercato dopo la sparatoria con le forze dell’ordine) si mette personalmente in contatto con la donna per giustificare il ritardo dell’"amico", condotta complessiva che già è stata esaminata dai giudici di merito perchè correlata al contatto telefonico diretto di due giorni prima, poco dopo la sparatoria.

6.2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, perchè la circostanza che il PM nella memoria depositata nel corso del dibattimento di primo grado sia incorso in macroscopico travisamento della prova è privo di rilievo, volta che il denunciato errore dell’organo di accusa non è stato recepito nella sentenza impugnata. La sentenza impugnata non "ritiene" che la M. abbia provveduto alla "predisposizione e recupero di strumenti per l’associazione (telefoni cellulari)". Questa condotta è oggetto di addebito nel capo di imputazione, sulla quale la Corte territoriale non si è espressa perchè estranea alle questioni oggetto di devoluzione con l’appello.

6.3. Il terzo motivo di ricorso muove dal presupposto che la persona indicata col soprannome di "(OMISSIS)" non sia stata individuata nella ricorrente.

Anche per il rapporto con Ar. valgono le considerazioni svolte.

La Corte territoriale valuta in maniera non manifestamente illogica la cautela mostrata dalla ricorrente in occasione delle chiamate dell’interlocutrice al telefono fisso, cautela desunta dalla constatazione che il contatto di M. con c. è noto ed affidabile anche per altri soggetti. Allo scopo indica una specifica telefonata ne interpreta congruamente il contenuto.

In relazione alla telefonata del 29 marzo 1991, in occasione della quale la F. chiese alla M. di andare in banca "a prendere un dieci", la critica è meramente ripropositiva di analoga doglianza mossa con l’appello e in relazione alla quale la Corte territoriale ha congruamente risposto, con motivazione che non è oggetto specifico di critica, sicchè il motivo è inammissibile. La sentenza impugnata mette infatti in relazione tale conversazione con il ruolo assunto a L. dalla ricorrente allorchè consegnò a So.

L. 200 milioni; spiega (pag. 29) per quale ragione il chiesto supplemento di indagine per accertare presso quale istituto di credito non è stato accolto sia per l’indeterminatezza della ricerca da effettuare sia, soprattutto, per la sua superfluità perchè la conversazione per il suo contenuto era dimostrativa della disponibilità dell’imputata ad effettuare prelivo di danaro in favore della F.. L’assunto per il quale si sarebbe trattato di un "favore" personale alla cognata sollecita una valutazione alternativa rispetto a quella fatta propria della sentenza impugnata che, in quanto giustificata con motivazione non manifestamente illogica, non può essere oggetto di censura in questa sede.

In maniera inammissibile, perchè generica, si censura il rilievo dato alla conversazione telefonica del 3 aprile 1991 con Lo. con l’assunto che la condotta (indicazione di un utenza telefonica alla quale richiamare non indicata esplicitamente ma attraverso l’indicazione del "codice (OMISSIS)") sarebbe "assolutamente irrilevante rispetto ai fatti descritti in imputazione" senza spiegare in maniera specifica le ragioni di tale irrilevanza e quindi in violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c) e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c).

Peraltro non si comprende per quale ragione tale condotta finalizzata ad assicurare la sicurezza dei collegamenti sarebbe estranea agli addebiti che proprio il ruolo di collegamento tra gli associati le ascrivono. In ogni caso, e conclusivamente (anche per la residua questione relativa alla disdetta della prenotazione) , le condotte in esame erano state già oggetto di valutazione e di sostegno della sentenza del Tribunale. Con l’appello non era stata proposta la questione della violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p. Trattandosi di nullità a regime c.d. intermedio essa è stata dedotta tardivamente per la prima volta con il ricorso per Cassazione.

Il Collegio condivide infatti il canone ermeneutico per il quale "La violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza integra una nullità a regime intermedio che, in quanto verificatasi in primo grado, può essere dedotta fino alla deliberazione della sentenza nel grado successivo. Ne consegue che detta violazione non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità (Cass. Sez. 4, 21.4.2006 n. 14180; Cass. Sez. 2, 29.2.2008 n. 9171; Cass. Sez. 5, 2.3.2009 n. 9281).

6.4. Il quarto motivo di ricorso è infondato, perchè strettamente collegato al primo e cioè all’attribuzione del soprannome "minigonna", questione già risolta dai giudici di merito. Il ruolo della ricorrente è stato quindi provato anche per la funzione di collegamento con Ci. e con S. oltre che con F. e Lo., per l’approvvigionamento del danaro occorrente.

6.5. L’ultimo motivo di ricorso, che insta per l’ulteriore riduzione di pena, è inammissibile perchè formula richiesta che attiene al merito, come tale non consentita in questa sede.

6.6. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato, con condanna della M. al Pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi di C.M., S. G. e A.G. e rigetta i ricorsi di F. L., M.D. e Ci.Pa.; condanna tutti i predetti imputati al pagamento delle spese processuali e C., S. e A. anche al versamento della somma di Euro 1000,00 ciascuno alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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