T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 18-02-2011, n. 493 Usl

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la delibera impugnata la Regione Lombardia ha provveduto alla individuazione dell’insieme delle funzioni non tariffabili svolte nell’esercizio 2008 dalle Aziende ed enti sanitari pubblici e privati accreditati operanti sul territorio regionale, oltre che al relativo finanziamento.

Le funzioni non tariffabili costituiscono una speciale remunerazione per lo svolgimento di determinate attività che non si prestano ad essere retribuite secondo il consueto schema tariffario riferito a ciascuna prestazione effettuata e sono destinate a coprire determinati costi fissi non frazionabili o ad incentivare specifici settori di intervento.

Con il ricorso in epigrafe il P.D.M. lamenta che la Regione con avrebbe previsto l’assegnazione di fondi in suo favore per talune delle attività non tariffabili previste dall’allegato alla delibera impugnata.

In particolare, il Policlinico lamenta che nulla sarebbe stato ad esso assegnato con riguardo alla funzione diretta a premiare la riduzione dei ricoveri urgenti di durata di un solo giorno.

Si duole poi dell’irrazionalità del criterio previsto per la remunerazione della funzione di didattica universitaria della facoltà di medicina e chirurgia che, essendo basato sul numero dei posti letto, penalizzerebbe le strutture che ospitano solo attività didattica, sostenendone i relativi costi, senza tuttavia avere posti letto di degenza.

Viene contestata, inoltre, la mancata remunerazione non tariffaria delle funzioni di assistenza riabilitativa complessa nelle specialità di Neurologia, Cardiologia e Pneumologia.

Si lamenta a questo proposito che la Regione avrebbe determinato i criteri di assegnazione delle quote del fondo destinato a remunerare tale funzione in modo poco chiaro e, comunque con efficacia retroattiva facendo riferimento ai dati relativi all’esercizio precedente. Ciò avrebbe impedito ai destinatari del fondo di conoscere preventivamente i criteri di valutazione ai quali improntare la propria attività onde ottenere i predetti benefici.

Inoltre, sempre a proposito della menzionata funzione, il Policlinico lamenta di non aver potuto comprendere le ragioni per cui fino al 2006 la Regione Lombardia ha ritenuto di dover corrispondere ad esso i correlati benefici economici, mentre, a partire dal 2007, tali benefici non gli sarebbero stati riconosciuti, nonostante le attività svolte nelle citate branche di specializzazione siano rimaste le medesime.

Le doglianze proposte dal P.D.M. investono, poi, la funzione relativa al trattamento di pazienti anziani in area metropolitana ad alta densità abitativa rispetto alla quale i criteri di attribuzione degli stanziamenti sarebbero del tutto oscuri ed incomprensibili.

In via generale il ricorrente lamenta, infine, che la delibera impugnata non sarebbe stata preceduta da adeguata istruttoria e che l’avvio del procedimento conclusosi con la sua approvazione non le sarebbe stato comunicato.

Si è costituita la Regione Lombardia per resistere al ricorso.

All’udienza del 20 gennaio 2011, sentiti gli avvocati delle parti come da separato verbale, relatore Dr. Raffaello Gisondi, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

La Regione Lombardia ha esaustivamente spiegato il perché al Policlinico ricorrente non siano stati assegnati i fondi relativi alla riduzione dei ricoveri medici urgenti di un giorno. Ciò è accaduto per il fatto che nella struttura monzese tale tipologia di ricoveri è aumentata nel 2008 rispetto all’esercizio precedente (70 rispetto ai 32 ricoveri del 2007) anziché diminuire.

La circostanza non è stata oggetto di contestazione e, quindi, deve ritenersi incontroversa ex art. 64, secondo comma, c.p.a., con conseguente rigetto della relativa censura.

Quanto alle funzioni di didattica universitaria associate alla facoltà di medicina e chirurgia, la loro attribuzione in relazione ai posti letto appare del tutto coerente con le tipologie di costi che la Regione ha inteso coprire attraverso l’inclusione di tale funzione fra quelle non tariffabili.

Il punto n. 14 dell’allegato tecnico alla delibera impugnata prevede, infatti, che ad essere remunerato non è lo svolgimento di attività didattica in sé considerato, ma l’aggravio dei costi di degenza in termini di tempi operatori più lunghi, maggiore durata dei ricoveri, maggior numero di prestazioni diagnostiche, duplicazione delle attrezzature in dotazione e maggiore complessità della casistica, che si verifica quando l’attività ospedaliera si svolga in concomitanza con quella universitaria.

Sulla base di tale premessa, in sé non illogica e, comunque, frutto di valutazioni discrezionali della p.a., la mancata assegnazione della quota di fondo destinata a remunerare tale funzione al P.D.M., che non abbina la degenza di pazienti all’attività didattica nel campo della medicina e chirurgia, appare del tutto consequenziale.

Anche in relazione alla parte della delibera impugnata che stabilisce i criteri per l’assegnazione delle risorse destinate alla funzione riabilitativa le censure formulate dal Policlinico sono prive di fondamento.

Quanto alla asserita retroattività di tali criteri (che, peraltro, sono per lo più identici a quelli fissati in relazione agli esercizi pregressi), come questa Sezione ha già osservato in altre pronunce, l’attribuzione delle quote del fondo previsto dall’art. 13 della L.R. L. n. 31/97 non ha come sua funzione primaria quella di orientare le scelte imprenditoriali delle Aziende sanitarie attraverso la fissazione di particolari obiettivi. La norma, infatti, si limita a prevedere che una parte della remunerazione destinata alle aziende erogatrici di servizi sanitari in regime di convenzione con il SSN debba essere destinata a retribuire le cd "funzioni non tariffabili", ossia il loro rendimento in termini qualitativi misurato attraverso determinati indicatori di efficacia ed efficienza.

I criteri a cui tale valutazione è improntata possono, quindi, essere stabiliti anche successivamente all’esercizio preso a riferimento in quanto si tratta di parametri di misurazione che, in alcuni casi, non dipendono affatto dal comportamento delle aziende (come tutti quelli che attengono alla tipologia di domanda di servizi sanitari: ad esempio il rapporto fra pazienti totali e pazienti provenienti da altre regioni), mentre, in altri, tendono a soppesare risultati derivanti dalla applicazione di standards generali di diligenza ai quali ogni operatore dovrebbe conformarsi (come ad esempio il numero di rientri in sala operatoria dopo un primo intervento).

La censura con la quale si afferma l’asserita incomprensibilità dei criteri in oggetto è del tutto generica in quanto effettuata senza evidenziare per ogni criterio quali sarebbero gli elementi che ne renderebbero criptica la decifratura. Tale compito viene inammissibilmente lasciato al giudice il quale non può, tuttavia, autonomamente stabilire quali, a suo giudizio, sarebbero i punti della delibera impugnata viziati dai profili di illegittimità solo genericamente enunciati nel ricorso.

In ogni caso, come già stabilito dalla sentenza n. 419/08 di questa Sezione, i parametri individuati dalla Regione, sebbene di natura prettamente tecnica e quindi maggiormente comprensibili da parte degli "addetti ai lavori", non appaiono generici, e sono, comunque tali da consentire la ricostruzione dell’iter logico che è stato seguito per la loro determinazione.

Ciò vale anche i per i parametri stabiliti per la remunerazione della funzione inerente il trattamento dei pazienti anziani in aree metropolitane ad alta densità abitativa.

Si evince chiaramente dalla delibera impugnata che destinatarie dei fondi sono le strutture che, in determinati contesti di densità abitativa, possano vantare un minimo di dimissioni giornaliere di pazienti calcolate in relazione ai posti letto disponibili. Il P.D.M. non risulta aver raggiunto lo standard minimo richiesto. Ed anche tale circostanza non è stata fatta oggetto di contestazione.

Ciò consente anche di respingere la parte del ricorso nella quale si denuncia il difetto di istruttoria in quanto proprio la natura tecnicamente specifica e puntuale dei parametri adottati dalla Regione evidenzia che esse sono il risultato di attenta riflessione.

Infondato è, infine, il quarto motivo con cui denuncia la mancata comunicazione di avviso di avvio del procedimento.

Infatti, essendo la delibera impugnata un atto generale non vi era a carico della Regione un siffatto obbligo, atteso quanto previsto dall’art. 13 della L. 241/90.

Inoltre, correttamente la Regione ha proceduto alla consultazione delle rappresentanze dei soggetti operanti nel SSN in sede di definizione delle regole generali di sistema, avvenuta con la DGR 3776/06, senza necessità di rinnovare la consultazione per l’adozione dei provvedimenti di assegnazione dei fondi in applicazione degli indicatori e dei metodi di valutazione già definiti.

Il ricorso deve essere, pertanto, integralmente respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione III di Milano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite che liquida in Euro 5.000,00 oltre IVA e CPA, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *