T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 18-02-2011, n. 345 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone il ricorrente, cittadino della Repubblica Russa, di essere amministratore unico, sin dal 2005, della società unipersonale I. s.r.l., con sede in Pistoia, avente ad oggetto il commercio all’ingrosso di prodotti vari, nonché la consulenza per società terze, perciò ricevendo a compenso per lo svolgimento di tale attività una remunerazione (attestata dalle produzioni documentali eseguite) grazia alla quale ha sempre ottenuto senza problemi il rinnovo del permesso di soggiorno, rilasciato per la prima volta il 4 aprile 2005.

Negli anni seguenti il sig. I., godendo anche di un’adeguata sistemazione alloggiativa, otteneva il ricongiungimento con la moglie e i suoi 4 figli, attualmente titolari di un permesso di soggiorno.

In data 2 febbraio 2009 il ricorrente, documentando il possesso di tutti i necessari requisiti, inoltrava istanza per il rinnovo del titolo di soggiorno.

Nondimeno, con il provvedimento in epigrafe la Questura di Pistoia respingeva l’istanza.

Contro tale atto ricorre il sig. I. chiedendone l’annullamento, previa sospensione, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:

1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 5 e 26 del d.lgs. n. 286/1998. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti ed erroneità della motivazione. Eccesso di potere per illogicità e travisamento.

2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 5 e 26 del d.lgs. n. 286/1998. Eccesso di potere per difetto dei presupposti ed erroneità della motivazione. Eccesso di potere per illogicità, travisamento e perplessità.

3. Violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata opponendosi all’accoglimento del gravame.

Con ordinanza n. 344 depositata il 6 maggio 2009 veniva respinta la domanda incidentale di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato.

Con ordinanza n. 4050 del 31 luglio 2009, il Cons. Stato, sez. VI, pronunciandosi sull’appello del ricorrente, in riforma della predetta decisione, accoglieva la domanda di sospensione.

Alla pubblica udienza del 3 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

Con il ricorso in esame viene impugnato il decreto in epigrafe con cui la Questura di Pistoia ha respinto la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dal ricorrente.

Preliminarmente è necessario vagliare la richiesta, formulata in udienza dal patrocinatore del ricorrente, di dichiarare il gravame improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. Tanto in ragione dell’avvenuto rilascio del permesso di soggiorno con scadenza 26 gennaio 2011 e dell’avvio del procedimento per il rilascio della carta di soggiorno.

La tesi non può essere seguita.

Come è noto, il ricorso avverso il provvedimento impugnato diventa improcedibile laddove l’Amministrazione, nell’esercizio del potere di riesame, adotti una nuova determinazione, frutto di autonome valutazioni, non vincolate dalla mera esecuzione dell’ordinanza cautelare (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 02 novembre 2010, n. 7150)

Per contro, la soddisfazione della pretesa di parte ricorrente avvenuta con provvedimento successivo al ricorso, adottato in pedissequa esecuzione dell’ordinanza cautelare pronunciata dal Consiglio di Stato, non comporta l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 giugno 2008, n. 3132; T.A.R. Sardegna, sez. I, 30 ottobre 2010, n. 2442; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 13 marzo 2009, n. 580).

Nella fattispecie non risulta acclarato, neppure dalle produzioni documentali dell’interessato, se il provvedimento di rilascio del titolo di soggiorno sia stato autonomamente adottato dalla Questura, previa revoca del precedente diniego, oppure sia meramente consequenziale all’ordinanza del Consiglio di Stato di accoglimento dell’istanza di sospensiva.

E" necessario, dunque, esaminare il merito delle questioni proposte.

Il ricorso è fondato.

Merita assorbente considerazione quanto dedotto con l’ultimo motivo con cui il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990 per non avere la Questura di Pistoia comunicato preventivamente le ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza.

Osserva il Collegio che la norma in parola stabilisce che, nei procedimenti ad istanza di parte, il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente al richiedente i motivi che ostano all’accoglimento della domanda e che, entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, questi ha diritto di presentare per iscritto le sue osservazioni, eventualmente corredate da documenti.

Conseguentemente, la ratio del preavviso di rigetto attribuisce alla predetta comunicazione natura di atto collaborativo, nell’ottica dei principi di trasparenza ed economicità dell’azione amministrativa, consentendo di rendere possibile l’instaurazione di un vero e proprio contraddittorio endoprocedimentale (T.A.R. Lazio, sez. II, 1 luglio 2010, n. 22079).

Ne discende che la mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza e la conseguente adozione del provvedimento negativo senza il previo contraddittorio procedimentale, configura un’omissione idonea ad inficiare l’atto impugnato, tenuto conto, per quanto concerne la controversia in trattazione, della natura discrezionale del provvedimento (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 10 dicembre 2008, n. 5746; T.A.R. Liguria, sez. II, 14 novembre 2008, n. 1990).

Invero, il conseguente confronto partecipativo del privato consente, attraverso le sue osservazioni, l’emersione di elementi di fatto non considerati dall’Amministrazione o il chiarimento di profili giuridici erroneamente valutati, o non considerati, che, oltre a realizzare evidenti effetti deflattivi del contenzioso, permette all’Amministrazione di adottare l’atto finale in aderenza al principio di buon andamento, secondo i criteri di economicità, efficacia, imparzialità e trasparenza estrinsecati nel’art. 1 della legge sul procedimento amministrativo (T.A.R. Lazio, sez. III, 19 gennaio 2009, n. 279

Nel caso di specie, proprio la natura controversa dei fatti allegati dall’Amministrazione, ovvero la natura asseritamente simulata dell’attività svolta dalla società di cui il ricorrente è amministratore unico (pur in presenza di un reddito regolarmente denunciato e documentato), nonché la circostanza che la stessa attività di indagine svolta dalla Polizia tributaria si sia svolta in assenza di contradditorio, avrebbero reso non soltanto opportuno, ma necessario rendere preventivamente edotto l’interessato dello stato delle cose, onde consentirgli di eventualmente superare, già nella fase istruttoria, gli aspetti ostativi rilevati dalla Questura.

Né può ritenersi applicabile alla fattispecie quanto stabilito dall’art. 21 octies, comma 2, della l. n. 241/1990 secondo cui "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato…".

E" evidente, infatti, che, nella circostanza, la valutazione operata dall’Amministrazione integra l’esercizio di un potere largamente discrezionale, quantomeno nell’apprezzamento del fatto, escludendo così l’operatività della norma appena rassegnata (T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 20 settembre 2010, n. 11084).

Per le considerazioni che precedono, assorbiti gli altri motivi, il ricorso va accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza come da liquidazione fattane in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna la Questura di Pistoia al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano forfettariamente in Euro 2.000,00, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *