Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-04-2011, n. 8066 Trasferimento di azienda

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Torino, B.C. evocava in giudizio la TELECOM ITALIA spa e la TNT LOGISTICS ITALIA spa chiedendo:

a) che venisse accertato che il trasferimento del ramo d’azienda logistica della funzione acquisti di "domestic wireline" da TELECOM ITALIA spa alla TNT LOGISTICS ITALIA spa, comunicatole in data 27 febbraio 2003 e 1 marzo 2003, non costituiva trasferimento di ramo d’azienda ex art. 2112 c.c.;

b) che venisse quindi dichiarata l’inefficacia della cessione del suo contratto di lavoro alla TNT e dichiarata la permanente sussistenza del rapporto di lavoro con TELECOM ITALIA spa, con conseguente condanna di tale società a reintegrarla nel posto di lavoro e nelle mansioni svolte fino al 27 febbraio 2003, il tutto con vittoria di spese.

Si costituivano sia la TELECOM ITALIA spa sia la TNT LOGISTICS ITALIA spa, chiedendo la reiezione del ricorso perchè infondato.

Escussi alcuni testi e sentite liberamente le parti, il Tribunale adito, con sentenza del 1 aprile 2005, dichiarava la nullità della cessione del contratto di lavoro della B. da TELECOM a TNT e che il rapporto di lavoro era quindi da intendersi proseguito fra la ricorrente e l’originaria datrice di lavoro ad ogni effetto di legge e di contratto, condannando TELECOM a rifondere alla B. le spese di lite e compensando invece le spese fra la ricorrente e la TNT. Avverso detta sentenza interponeva appello la TELECOM ITALIA spa, chiedendone l’integrale riforma. Si costituiva la B., resistendo al gravame. Con sentenza del 12 ottobre 2006 la Corte di appello di Torino respingeva il gravame.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società TELECOM ITALIA spa, affidato a tre motivi. Resiste la B. con controricorso. La TNT LOGISTIC ITALIA spa restava intimata.
Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia di nullità la sentenza impugnata per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della TNT LOGISTIC ITALIA in violazione dell’art. 331 c.p.c. Formulava apposito quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. Il motivo è infondato.

Ed invero questa Corte ha già più volte affermato che nel caso in cui il lavoratore, agendo in giudizio, affermi l’esistenza del rapporto lavorativo con un datore di lavoro (nella specie, la società cedente il ramo d’azienda) e neghi il rapporto con altro datore (nella specie, la società cessionaria), non sussiste litisconsorzio necessario, in quanto il lavoratore non deduce in giudizio un rapporto plurisoggettivo, nè alcuna situazione di contitolarità, ma tende a conseguire un’utilità rivolgendosi ad una sola persona, ossia il vero datore di lavoro; in tal caso, l’accertamento negativo dell’altro rapporto avviene senza efficacia di giudicato e l’eventuale contrasto tra giudicati è bilanciato dalle esigenze di economia e speditezza processuale, ostacolate dalla presenza di altra parte nel giudizio (Cass. n. 13171 del 2009, Cass. n. 25952 del 2005, Cass. n. 237 del 2003).

2. – Con secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., comma 5. La Corte d’Appello di Torino, lamentava che la società ricorrente, del tutto immotivatamente ed in violazione della chiara disposizione di cui all’art. 2112 c.c., comma 5, ha ritenuto insussistente il trasferimento del ramo d’azienda ed ha affermato che nel caso di specie si è verificato uno smembramento di un unico servizio.

Sennonchè questa affermazione non teneva conto della previsione di cui all’art. 2112 c.c., comma 5, come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 18, art. 1, comma 1 secondo il quale per trasferimento d’azienda deve intendersi «qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali, il trasferimento è attuato, ivi compresi l’usufrutto o l’affitto d’azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata ai sensi del presente comma, preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità".

La Corte d’Appello di Torino violando, secondo la ricorrente, tale disposizione ha negato la sussistenza del trasferimento di ramo d’azienda sul solo presupposto che le attività relative ai negozi sociali sono rimaste in Telecom Italia S.p.A. Ma la circostanza che alcune attività fossero rimaste in Telecom Italia S.p.A., non conduceva alla conclusione affermata dalla Corte d’Appello Torino, vale a dire l’inesistenza del requisito della autonomia funzionale del ramo ceduto. La sentenza della Corte torinese si basava sull’errato preconcetto in base al quale tutti i settori dedicati ad attività di logistica, quasi solo perchè condividono la stessa nomenclatura, avrebbero dovuto essere oggetto trasferimento unitario ed in blocco. Formulava il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se si ha legittimo trasferimento di ramo di azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c., comma 5 in ipotesi di trasferimento di parte delle attività economiche organizzate, costituenti insieme ad altre un settore aziendale, ove permanga nelle attività trasferite la loro autonomia funzionale e la loro idoneità alla produzione di beni e servizi. Il motivo è inammissibile, posto che la soluzione del quesito, meramente riproduttivo della norma di legge, non risulta comunque risolutiva.

Deve innanzitutto evidenziarsi che, applicandosi nella specie l’art. 366 bis c.p.c., "la decisione della Corte di cassazione deve essere limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l’illustrazione" (Cass. sez. un. 9 marzo 2009 n. 5624).

Giova allora richiamare il consolidato orientamento di legittimità secondo cui "Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare:

a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito;

b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice;

c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. E’, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge, Cass. ord. n. 19769 del 2008, Cass. ord. n. 19892 del 2007.

Ed invero il quesito di diritto prescritto dall’art. 366 bis cod. proc. civ. a corredo del ricorso per cassazione non può mai risolversi nella generica richiesta rivolta alla Corte di stabilire se sia stata o meno violata una certa norma, nemmeno nel caso in cui il ricorrente intenda dolersi dell’omessa applicazione di tale norma da parte del giudice di merito, e deve investire la "ratio decidendi" della sentenza impugnata, proponendone una alternativa e di segno opposto (Cass. ord. n. 4044 del 2009).

Nella specie il quesito si limita a riportare un precetto normativo, sicchè dalla risposta ad esso non discende alcuna conseguenza sulla impugnazione proposta.

3. – Con terzo motivo la società Telecom censura ancora la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., comma 5 in relazione alla preesistenza del ramo di azienda trasferito, formulando il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se il requisito della preesistenza dell’attività economica organizzata legittimante il trasferimento ai sensi dell’art. 2112 c.c., comma 5, come modificato dal D.Lgs. n. 18 del 2001, art. 1, comma 1 debba essere inteso come sussistenza, al momento del negozio traslativo, della presenza nelle attività trasferite di una autonomia funzionale già concretamente in esercizio e non meramente teorica o potenziale". Il motivo è infondato.

Questa Corte ha già osservato, quanto al trasferimento di azienda precedente, come nella specie, la modifica normativa contenuta nel D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32 che per "ramo d’azienda", ai sensi dell’art. 2112 cod. civ. (così come modificato dalla L. 2 febbraio 2001, n. 18, in applicazione della direttiva CE n. 98/50), come tale suscettibile di autonomo trasferimento riconducibile alla disciplina dettata per la cessione di azienda, deve intendersi ogni entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità, il che presuppone una preesistente realtà produttiva autonoma e funzionalmente esistente e non anche una struttura produttiva creata "ad hoc" in occasione del trasferimento o come tale identificata dalle parti del negozio traslativo, essendo preclusa l’esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell’imprenditore e non dall’inerenza del rapporto ad un ramo di azienda già costituito. Ne consegue che può applicarsi la disciplina dettata dall’art. 2112 cod. civ. anche in caso di frazionamento e cessione di parte dello specifico settore aziendale destinato a fornire il supporto logistico sia al ramo ceduto che all’attività rimasta alla società cessionarie, purchè esso mantenga, all’interno della più ampia struttura aziendale oggetto della cessione, la propria organizzazione di beni e persone al fine della fornitura di particolari servizi per il conseguimento di specifiche finalità produttive dell’impresa e che, in presenza di tale presupposto, si considerano fare parte del ramo d’azienda, sicchè, peraltro, i rapporti trasferiti dal cedente al cessionario, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ. senza necessità di un loro consenso, riguardano i dipendenti che prestano la loro attività non solo esclusivamente, ma anche prevalentemente, per la produzione di beni e servizi del ramo aziendale (Cass. n. 2489 del 2008, Cass. n. 8017 del 2006). Nè vale richiamare, come fa la ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., la sentenza n. 21481 del 2009 di questa Corte, essendo in essa parimenti evidenziato che nell’ipotesi in esame "deve comunque trattarsi di un insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attività di impresa".

Ora, già dalla lettura del quesito posto, emerge che l’autonomia funzionale dei beni e strutture oggetto del trasferimento non era in essere al momento del trasferimento, e dunque preesistente, ma solo teorica o potenziale.

La corte di merito ha comunque accertato che la funzione logistica, originariamente articolata in 4 strutture (Rete, Clienti Residenziali, Data. Com, Fonia Business), composta da 6 Centri di Raccolta cui si affiancavano 110 micro strutture (magazzini) e completata da un’attività impiegatizia di supporto, venne modificata nel febbraio-marzo 2002: dapprima accorpando le strutture Fonia Business e Data.Com nella struttura Rete che permase, con tale modificazione, assieme alla struttura "Utenti – Residenziali" e poi, nel marzo 2002, creandosi un’unica struttura logistica denominata "Domestic wireline". La corte ha osservato che, come si ricavava dal tenore dell’ipotesi di Accordo del 1 marzo 2003 e dalle lettere inviate alla B. oggetto del trasferimento non è stata l’intera struttura logistica denominata "Domestic Wireline", ma solo una parte di essa, quella relativa alla logistica della funzione "Acquisti di Domestic Wireline", ed ha precisato che la logistica della "rete" (Case Management) e quella dei "clienti privati", afferente l’amministrazione dei negozi TELECOM, non era stata oggetto di cessione. Risultava quindi acclarato che non si trattò di un trasferimento di ramo d’azienda, quanto piuttosto dello "smembramento di un "unico servizio", dal momento che, come risultato dall’istruttoria, anteriormente alla cessione non esistevano diversi rami, funzionalmente ed organizzativamente autonomi, inerenti l’uno la logistica concernente la rete, un altro la logistica concernente i "negozi sociali" (rimasti in TELECOM) ed un altro ancora la logistica afferente i negozi "affiliati" (ceduta a TNT), ma un’unica struttura che si occupava indifferentemente di tutti questi settori di logistica: del resto, estremamente significativo sotto questo profilo (ma anche sotto quello dell’appartenenza della B. al "ramo" ceduto) è il dato che, anteriormente alla cessione, l’appellata venne occupata dapprima nell’ambito della logistica della "rete" per circa due mesi, poi anche in quella dei "clienti privati" e, successivamente, fino al febbraio/marzo 2003 (epoca del trasferimento) sempre della logistica dei "clienti privati" che comprendeva sia la logistica dei negozi "sociali" sia quella dei negozi "affiliati", come emergeva dalla, deposizioni testimoniali.

Doveva pertanto escludersi che nella specie potesse configurarsi una ipotesi di cessione di ramo d’azienda nel senso di trasferimento di una entità, non soltanto organizzativamente e funzionalmente autonoma, ma anche preesistente alla cessione e che quindi, al momento del trasferimento, ha conservato la propria identità, risultando al contrario che il "ramo ceduto" sia stato proprio individuato ed identificato come tale solo al momento del trasferimento.

La ricorrente non contesta adeguatamente gli accertamenti compiuti dalla corte di merito, che, risultando logici e congruamente motivati, non appaiono censurabili in questa sede.

4. – Il ricorso deve essere pertanto respinto.

Le spese di causa seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 40,00 per spese, Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 febbraio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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