Cons. Stato Sez. IV, Sent., 21-02-2011, n. 1085 Comunicazione o notificazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I. – Il signor M.R. impugna la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sezione IV, n. 12968 del 21.10.2003, con la quale è stato rigettato il ricorso dal medesimo proposto per l’annullamento della disposizione dirigenziale n. 565 del 2.7.2001, di rigetto della domanda di autorizzazione edilizia in sanatoria ex art. 13 L. n. 47/85 per la installazione, su area adibita ad attività di autolavaggio, di un manufatto prefabbricato in Napoli, alla via Iannelli n. 304, nonché per l’annullamento della relazione del responsabile del procedimento in data 4.6.2001.

Espone l’appellante di aver acquistato, con atto di compravendita in data 21.6.1995, la proprietà di un suolo sito in Napoli, nella predetta via – del quale era affittuario unitamente al coniuge Manco Carolina – sul quale, giusta concessione edilizia n. 175 del 18.12.1980 rilasciata a quest’ultima, aveva realizzato: a) una linea di autolavaggio; b) n. 3 manufatti, adibiti ad alloggio dei compressori, a wc nonché a spogliatoio e deposito di utensileria; c) una struttura precaria in ferro utilizzata per effettuare le operazioni successive al lavaggio delle auto.

Espone altresì di aver realizzato sul predetto suolo una tettoia di circa 63,00 mq., relativamente alla quale aveva presentato in data 31.3.1995 istanza di condono edilizio ai sensi della legge 724/94; aggiunge di aver fatto collocare, all’interno dell’area di autolavaggio, un prefabbricato in lamiera da adibire a wc chimico, in relazione al quale presentava al Comune di Napoli, in data 21.3.2001 (prot. n. 19617), istanza di autorizzazione in sanatoria ex art. 13 L. n. 47/85, rigettata con disposizione dirigenziale n. 565 del 2.7.2001 nell’assunto che l’installazione del manufatto prefabbricato non poteva essere sanata in quanto in contrasto con l’art. 16 della variante di salvaguardia e con gli artt. 31 e 33 della variante generale al p.r.g., che in sottozona A2 e in sottozona Bb consentirebbero solo interventi conservativi dei volumi legittimi esistenti.

Donde l’impugnativa in primo grado della precitata determinazione dirigenziale n. 565.

II.- Il ricorso in appello del R. è affidato ai seguenti motivi di gravame:

1.- Error in iudicando – Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della legge 47/85 in connessione con l’art. 7 della medesima legge – Erroneità dei presupposti – Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 L. n. 10/77 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 817 Cod. civ. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. 25.3.1982 n. 94.

2.- Error in iudicando – Violazione e falsa applicazione L. 662/96, art. 2 comma 60 n. 7, lett. G – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. 47/85 – Motivazione erronea e perplessa.

3.- Error in iudicando – Violazione di legge – Violazione e falsa applicazione dell’art. 16 della variante di salvaguardia approvata con D.P.G.R.C. n. 9297 del 29 giugno 1998.

4.- Erro in iudicando – Violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 33 della variante al p.r.g. attualmente adottato.

5.- Error in iudicando – Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del regolamento edilizio approvato con decreto del presidente della Provincia di Napoli n. 604 del 6 agosto 1999.

6.- Error in iudicando – Violazione del combinato disposto degli artt. 3, 7 e segg. della legge 241/90 – Eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento e del contraddittorio – Eccesso di potere per carenza di istruttoria.

7.- Error in iudicando – Violazione del giusto procedimento di legge – Difetto di interesse pubblico.

Resiste il Comune di Napoli con memoria difensiva depositata in vista dell’udienza di discussione della causa; insiste nella prospettazione di cui all’atto di appello il R..

III.- Il ricorso non può essere accolto.

III.1.- Infondato appare in primo luogo il rilievo secondo cui l’opera non necessitava di concessione edilizia in quanto prefabbricato adibito a wc per i dipendenti dell’autolavaggio, non ancorato al suolo e avente natura pertinenziale rispetto all’impianto di autolavaggio.

Vanno invero integralmente condivise le argomentazioni del primo giudice sul punto in controversia: nella specie si è realizzata una consistente trasformazione urbanistica del territorio (anche in ragione delle dimensioni della struttura, avente una superficie di mq. 15,50, con altezza di mt. 4,15 al colmo e di mt. 3,15 alla gronda, come da scheda comunale in data 6.4.2001) e la destinazione del manufatto ad una utilizzazione perdurante nel tempo priva di rilevanza la precarietà strutturale dello stesso (non traducendosi in mere finalità contingenti e specifiche) ed il conseguente carattere di amovibilità.

Né, in presenza della consistente modifica dello stato dei luoghi connessa alla realizzazione dell’intervento, può assumere rilievo il carattere asseritamente pertinenziale dell’opera sì da snaturare l’effettiva portata edilizia della realizzazione e la conseguente necessità di un assenso costruttivo.

III.2.- Che poi l’installazione del prefabbricato costituisca variante delle concessioni edilizie già rilasciate (come tale soggetta a mera d.i.a.) è affermazione che non trova alcun supporto sul piano giuridico né su quello fattuale.

III.3.- Quanto alla pretesa violazione dell’articolo 16 della variante di salvaguardia al p.r.g. del Comune di Napoli, che consentirebbe la costruzione del prefabbricato in questione in quanto manufatto non ancorato al suolo e non idoneo ad incidere sui parametri urbanistici e sulle volumetrie esistenti, va osservato che nella sottozona A2 (dove è ubicato il prefabbricato), ai sensi dell’art. 16 comma 5 della variante, sono consentiti gli interventi di cui alle lettere a), b), c), d) dell’art. 31 comma 1 della legge 457/78 esclusivamente "a parità di volume": da ciò discende l’inconsistenza dell’assunto di parte appellante, avuto riguardo al dato incontrovertibile che l’intervento comporta invece un aumento di volumetria (siccome evidente dalla documentazione versata in atti).

III.4.- Per la medesima ragione va disatteso il successivo rilievo di cui al quarto mezzo, che fa ancora riferimento all’indimostrato assunto che l’intervento "non crea volumi maggiori di quelli ab origine assentiti".

III.5.- In ordine alla pretesa inapplicabilità al caso di specie dell’articolo 21 del regolamento edilizio, in ragione della formazione del silenzioassenso sulla domanda di condono ex L. 724/94 presentata per la tettoia (e per gli altri abusi indicati nel provvedimento impugnato, in quanto asseritamente opere pertinenziali implicitamente assentite con la concessione edilizia n. 175/1981), la prospettazione appare assolutamente priva di pregio, e comunque inifluente, ove si ponga mente alla circostanza che nella specie erano state altresì realizzate opere non previste dalla precitata concessione edilizia n. 175: il che comporta l’applicabilità del divieto ex art. 21 cit. circa la realizzabilità di interventi che comportino la modificazione di parti di un edificio abusivamente costruite.

III.6.- Col sesto motivo di gravame si contesta – come già in prime cure – la mancata comunicazione di avvio del procedimento in violazione dell’art. 7 della legge 241/90.

Sfugge alla attenta difesa dell’appellante – e rende pertanto non utile la allegazione proposta – il motivato e consolidato arresto giurisprudenziale (da cui non vi è motivo di discostarsi) in ordine alla insussistenza dell’obbligo per l’Amministrazione di provvedere alla detta comunicazione in materia di irrogazione di sanzioni per abusi edilizi, non prevedendo il procedimento sanzionatorio la possibilità di valutazioni discrezionali, risolvendosi esso in un mero accertamento tecnico sulla coesistenza delle opere abusivamente realizzate. Neppure tale obbligo è rinvenibile in relazione al rigetto dell’istanza di concessione in sanatoria, essendo il relativo procedimento attivato ad istanza di parte.

III.7.- Da ultimo, si censura la omessa indicazione delle ragioni di pubblico interesse ostative al rilascio della concessione edilizia in sanatoria.

Ancora una volta la censura va disattesa alla stregua del consolidato orientamento di questo Consesso – che il Collegio ritiene di condividere integralmente – in ordine alla non necessarietà della sussistenza di un interesse pubblico attuale alla rimozione dell’abuso, consistendo esso, ex se, nel ripristino dell’assetto urbanistico violato (e ciò anche a distanza di tempo dalla controversa edificazione).

IV.- In conclusione, il ricorso in appello proposto dal R. deve essere rigettato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quarta, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Condanna l’appellante R.M. al pagamento delle spese di giudizio, che si liquidano in euro 3000,00 (tremila/00), oltre IVA e C.p.a..

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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