Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-04-2011, n. 8059 Trasferimento del lavoratore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza depositata il 13 giugno 2006, del cui dispositivo era stata data lettura all’udienza del 27 gennaio 2006, accogliendo, per quanto di ragione, l’appello di F.A. contro Unicredit Banca S.p.A., subentrata a Banca Popolare del Molise a sua volta incorporata nella spa Rolo Banca, ha qualificato come trasferimento anzichè come missione l’assegnazione del F., già impiegato presso la sede di Campobasso della Rolo Banca alla sede di (OMISSIS), ha ritenuto che il trasferimento fosse illegittimo sotto vari profili, ha rigettato per difetto di prova del danno le connesse domande risarcitorie.

In particolare per queste ultime ha osservato che era intervenuto con sufficiente rapidità un provvedimento cautelare di accertamento dell’illegittimità del trasferimento, che il datore di lavoro non pareva intenzionato a disattendere, mentre non era prospettabile in concreto il danno morale, per la non rilevanza della condotta datoriale sul piano penale, nè danno biologico alla stregua della documentazione sanitaria in atti che evidenziava un temporaneo stato ansioso depressivo già in via di guarigione al marzo 1999. In ogni caso in difetto di lesione psico – fisica comportante credibilmente reale riduzione di capacità lavorativa generica o significativa incidenza sulla vita di relazione non era neppure il caso di far luogo all’acquisizione di parere tecnico a mezzo di consulente di ufficio.

Unicredit Banca S.p.A. chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso per cinque motivi, illustrato da memoria.

F.A. resiste con controricorso e propone a sua volta ricorso incidentale subordinato per tre motivi.

Unicredit Banca S.p.A. resiste al ricorso incidentale con controricorso.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 333 c.p.c. Il secondo motivo di ricorso denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo alla controversia.

Il terzo motivo d’impugnazione denunzia violazione dell’art. 2103 c.c. nonchè omessa ed insufficiente motivazione.

Il quarto motivo di impugnazione denunzia violazione o falsa applicazione di accordi collettivi nazionali di lavoro (art. 110 C.C.N.L. e accordo di fusione 30 novembre 1998 fra Rolo Banca e organizzazioni sindacali).

Il quinto motivo di ricorso denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio nonchè violazione dell’art. 110 CCNL. Il controricorrente ha eccepito la inammissibilità del ricorso per mancata osservanza del disposto dall’art. 366 bis c.p.c. L’eccezione è fondata.

Il ricorso, avendo ad oggetto una sentenza pubblicata mediante deposito in data successiva al 2 marzo 2006 è soggetto alle regole dell’art. 366 bis c.p.c. L’art. 366 bis c.p.c., è stato abrogato dalla L. n. 69 del 2009, art. 47 (riforma rito civile) ma senza effetto retroattivo, motivo per cui è rimasto in vigore per i ricorsi per cassazione presentati avverso sentenze pubblicate prima del 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della riforma (Cass. 428/2010, che in applicazione del suesposto principio, ha respinto il ricorso di un lavoratore che aveva impugnato il suo licenziamento perchè nella formulazione dei motivi, in sede di legittimità, difettava una sintesi idonea a circoscrivere i fatti controversi ed i vizi logici della motivazione come richiesto dall’art. 366 bis c.p.c.).

La scelta di non attribuire effetto retroattivo all’abrogazione estendendola a tutti i ricorsi pendenti alla data di entrata in vigore della norma abrogatrice rientra ampiamente nella discrezionalità del legislatore. Deve peraltro osservarsi che l’estensione ai ricorsi pendenti avrebbe valorizzato un dato del tutto neutro quale la maggiore prossimità temporale del ricorso alla nuova scelta legislativa "premiando" in un certo senso il ritardo nella decisione e così determinando una non lieve violazione del principio di eguaglianza. In base a tali considerazioni l’eccezione di costituzionalità della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5 nella parte in cui non ha previsto che gli effetti dell’abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c. siano applicabili anche ai processi pendenti in sede di legittimità alla data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 deve ritenersi manifestamente infondata.

Ciò premesso, va osservato con riferimento al primo e al terzo motivo che in tema di ricorso per cassazione, è necessaria, a pena di inammissibilità, la formulazione del quesito di diritto anche nei ricorsi per violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Non può, infatti, ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di diritto può implicitamente desumersi dal motivo di ricorso, perchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. che ha introdotto, anche per l’ipotesi di ricorso in esame, il rispetto del requisito formale che deve esprimersi nella formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronunzia del giudice nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito formulato dalla parte. (Cass. Sez. Un. 23732/2007).

Con riferimento al quarto, e, in parte, anche al quinto motivo, va ricordato che la formulazione del quesito di diritto è necessaria anche nel caso di denunzia di violazione dì contratti e accordi collettivi nazionali (Cass. 19560/2007).

Infine, con riferimento al secondo e, anche qui in parte, al quinto motivo, va ricordato che nei ricorsi avverso provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. (Cass. Sez. Un., 20603/2007).

Nessuno dei motivi sopra indicati soddisfa ai requisiti anzidetti sicchè il ricorso principale, nel suo complesso, è inammissibile.

Il ricorso incidentale è fondato su tre motivi.

Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2059 c.c. e si conclude con il seguente quesito: "se ai sensi dell’art. 2059 c.c. sia risarcibile danno morale anche in assenza di condotte configuranti estremi di un reato".

Il secondo motivo denunzia violazione falsa applicazione degli artt. 2059, 2043 e 2047 c.c., nonchè dell’art. 32 Cost. e si conclude con il seguente quesito: "se in una prospettiva costituzionalmente orientata di tutela della salute della persona ex art. 32 Cost. deve ritenersi che nell’ambito della nozione di danno non patrimoniale (artt. 2059 e 2043) suscettibile di azione anche ex art. 2087 c.c. in fattispecie di lavoro subordinato, debba essere risarcito il danno alla integrità psicofisica oggetto di certificazione medica in sè considerato e, dunque, indipendentemente dalle eventuali ripercussioni negative sulla capacità del soggetto di produrre un reddito o di svolgere attività lavorativa.

Il terzo motivo di ricorso denunzia omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo su un punto controverso decisivo per il giudizio e si conclude con la precisazione che le ragioni per le quali la motivazione è inidonea a giustificare la decisione adottata sono collegate al fatto che la Corte di merito ha disatteso la richiesta di CTU in rapporto ad un danno biologico ritenendo che quest’ultimo che si potesse configurare solo in caso di dimostrata lesione della capacità lavorativa del dipendente.

I tre motivi, da trattare congiuntamente perchè connessi, devono essere rigettati perchè sotto veste di vizi di violazione di legge e di motivazione chiedono in sostanza alla Corte una inammissibile rivalutazione degli apprezzamenti del giudice di merito sulla esistenza e sulla consistenza del danno.

Il ricorso incidentale va pertanto rigettato.

Le spese data la soccombenza reciproca sono compensate.
P.Q.M.

Riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il ricorso principale, rigetta l’incidentale; compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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