Cons. Stato Sez. V, Sent., 21-02-2011, n. 1081 Inquinamento atmosferico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto notificato i giorni 22, 27, 29, 31 marzo 2010 e depositato il 9 aprile seguente l’ARPAT – Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana – ha appellato la sentenza 9 gennaio 2010 n. 11 del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sezione seconda, con la quale, in accoglimento del ricorso proposto dalla B.B. e F.lli S.p.A., titolare di uno stabilimento per la produzione di materiale plastico, è stato annullato il provvedimento dirigenziale emesso in data 10 agosto 2007 dal Comune di Capannori, recante ordine alla stessa società di chiudere nel periodo notturno (ore 22.0006.00) i portoni presenti sui lati dei capannoni prospicienti abitazioni, nonché di attuare nuovi ed ulteriori interventi di bonifica finalizzati all’abbattimento dell’inquinamento acustico prodotto dall’azienda allo scopo di assicurare il rispetto del valore limite di emissione notturno di 50dB(A) vigente nell’area.

L’appellante ha premesso, tra l’altro, che l’accoglimento è stato pronunciato ritenendosi che la misurazione dell’intensità dell’emissione acustica andasse eseguita non in prossimità delle civili abitazioni confinanti con l’azienda (ma ricadenti in area classificata IV "ad intensa attività umana" del piano comunale di classificazione acustica), bensì nei pressi dello stabilimento (sito in area classificata V "prevalentemente industriale"), di modo che sarebbe stato possibile rilevare che il rumore prodotto dall’attività durante l’orario notturno non supera il valore limite stabilito per le aree prevalentemente industriali; ciò in quanto l’art. 2 del d.P.C.M. 14 novembre 1997, secondo il quale i valori limite di emissione delle singole sorgenti fisse si applicano "a tutte le aree del territorio ad esse circostanti, secondo la rispettiva classificazione in zona", ad avviso del primo giudice dev’essere letto nel senso che tale valore va misurato in prossimità della sorgente sonora in relazione alla classe acustica in cui essa si colloca.

A sostegno dell’appello l’ARPAT, che ha effettuato le indagini fonometriche così censurate, ha poi dedotto violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 del d.P.C.M. 14 novembre 1997 e della legge n. 447 del 1995, eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di motivazione e contraddittorietà, ingiustizia manifesta, violazione dell’art. 3 Cost. in relazione alla violazione del principio di uguaglianza.

Il 1° giugno 2010 l’appellata si è costituita in giudizio ed ha svolto controdeduzioni. In particolare, ha sostenuto la corretta aderenza dell’interpretazione seguita dal TAR sia al d.P.C.M. che alla legge citati, i quali imporrebbero di misurare i valori di emissione e di immissione presso la sorgente e, rispettivamente, presso i ricettori, con riferimento alla destinazione d’uso della zona (art. 2 l.). Di contro, dando credito all’interpretazione dell’ARPAT, il limite di emissione non avrebbe senso perché coinciderebbe col limite di immissione, mentre gli spazi utilizzati da persone e comunità a cui si riferisce l’art. 2 del d.P.C.M. riguardano la stessa zona; né gli avvisi espressi dall’U.N.I. o da altri organi tecnici sarebbero idonei a spostare il quadro normativo; del resto, l’ARPAT non ha specificato in quale punto è stata effettuata la misurazione, avendo prodotto tabelle secondo cui il detto valore sarebbe stato misurato dal giardino del signor Vannelli. Infine, inconferente sarebbe il richiamo al principio di uguaglianza, giacché il rumore dipende dalla distanza della fonte ed è logico che le abitazioni più vicine ad essa siano maggiormente esposte rispetto alle più distanti, indipendentemente da quale sia il limite preso a riferimento.

L’appello è stato introitato in decisione all’odierna udienza pubblica, previa trattazione orale.

Ciò posto, va preliminarmente ricordato che l’art. 2, co. 1, lett. e) ed f), della leggequadro sull’inquinamento acustico 26 ottobre 1995 n. 477 definisce il valore di emissione come "il valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora, misurato il prossimità della sorgente stessa" e quello di immissione come "il valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori"; valori, questi, che il co. 2 richiede siano determinati "in funzione della tipologia della sorgente, del periodo della giornata e della destinazione d’uso della zona da proteggere".

Quanto al valore di emissione, l’art. 2 del d.P.C.M. 14 novembre 1997, nel rinviare all’allegata tabella per la loro determinazione applicabile "a tutte le aree del territorio ad essa circostanti, secondo la rispettiva classificazione in zone" (ultima parte del co. 2), precisa al co. 3 che "I rilevamenti e le verifiche sono effettuate in corrispondenza degli spazi utilizzati da persone e comunità".

Contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, il rilevamento eseguito nella specie deve ritenersi compiuto legittimamente ai sensi delle su riportate norme, dal momento che è stato effettuato in ore notturne in una precisa "posizione di campionamento", ossia – come si legge nel relativo referto d’analisi – in ambiente esterno costituito dal giardino del signor Q.V., "con microfono posizionato a 1,5 m di altezza sul piano di calpestio e a circa venti metri di distanza dal confine della proprietà dell’esponente rivolto verso l’azienda". Quindi, tenuto conto che il "circostante" confine in questione è quello intercorrente con la stessa azienda, risulta eseguito in "prossimità" della fonte sonora, come prescritto dalla definizione di legge del valore in parola, con conseguente necessaria applicazione del limite massimo prescritto nell’area stessa; nonché "in corrispondenza" dello spazio (nella specie il giardino) utilizzato dalla persona, come prescritto dal detto art. 2, co. 3, del d.P.C.M.; ed infine con riferimento alla rispettiva classificazione (cl. IV "aree di intensa attività umana") di zona, come ancora prescritto dall’ultima parte del co. 2 dello stesso art. 2.

L’interpretazione della normativa seguita dalla Sezione nel caso in esame si pone in linea, oltre che col dato letterale emergente dalla normativa richiamata, con lo scopo della medesima, che è chiaramente quello di contenere l’inquinamento acustico consistente, secondo la definizione che ne è data dal cit. art. 2, co. 1, lett. a), della legge, nell’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo ed esterno "tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana…". Scopo, questo, che verrebbe vanificato qualora, secondo l’orientamento espresso dal primo giudice, il valore di emissione dovesse coincidere con quello misurato all’interno della zona interessata dall’azienda.

Tale interpretazione trova ulteriore conforto nel parere del 3 aprile 2008 richiesto alla Commissione acustica dell’UNI dal Ministero dell’ambiente, nel quale si espone che il luogo di misurazione del livello di emissione è quello idoneo "a rilevare l’effetto della sorgente in esame, laddove esso si produce; non si tratta quindi di valori rilevati a ridosso della sorgente e finalizzati al calcolo della potenza sonora". E non v’è dubbio che, nella zona ad "alta densità umana" in cui si colloca l’abitazione del sunnominato, l’effetto della sorgente di rumore altro non è che l’effetto verificato in quella zona in "prossimità" della sorgente, non già la "potenza sonora" della sorgente stessa, misurabile a ridosso dell’azienda nell’ambito dell’area di classe V "prevalentemente industriale" ov’è sita quest’ultima.

Né con ciò si perviene ad unificare il valore di emissione con quello di immissione, poiché, a termine della definizione di cui al cit. art. 2, co. 1, lett. f), della legge il secondo dato coincide col "rumore ambientale" e comprende, perciò, anche quello "residuo" rispetto al rumore prodotto dalla sorgente sonora, proveniente da eventuali ulteriori sorgenti, tant’è che nella fattispecie in trattazione per la classe IV il relativo limite massimo notturno è pari 55 dB a fronte dell’analogo valore di 50 dB fissato per il primo dato.

Ne deriva che, in accoglimento dell’appello, la sentenza gravata dev’essere riformata nel senso della reiezione del ricorso di primo grado.

Tuttavia la peculiarità e la novità del caso consigliano la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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