Cass. civ. Sez. I, Sent., 08-04-2011, n. 8047 Arbitri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 638 del 24.04.2002, il Giudice di Pace di Udine respingeva l’opposizione proposta (con atto notificato il 18.05.2001) da P.S., P.F. e F.M. avverso il decreto ingiuntivo n. 318/01, con cui era stato a loro intimato di pagare all’ingiungente V.L., la somma di L. 4.610.880, quale compenso per l’espletato incarico di componente del collegio arbitrale che aveva deciso (con lodo del 25.01.2000) la controversia insorta tra gli opponenti da un lato e V. F. dall’altro.

Con sentenza del 5.11.2003-19.01.2004, il Tribunale di Udine, nel contraddittorio delle parti, respingeva l’appello proposto dal P. e dalla F..

Il Tribunale preliminarmente riteneva che fosse infondata la doglianza degli appellanti inerente al rigetto della loro istanza di riunione della presente causa con altra causa che gli stessi avevano introdotto nei confronti di V.F. dinanzi al medesimo Tribunale di Udine, sezione distaccata di Palmanova, sussistendo tra le due controversie tutt’al più una connessione impropria e risultando, comunque, le due cause pendenti in fasi e stati diversi.

Nel merito del gravame osservava e riteneva:

– che il 12.07.1995, tra gli appellanti e V.F. era intercorso l’atto denominato "Promessa condizionata di cessione di quote", atto che all’art. 2 condizionava la validità della promessa di cessione da parte degli attuali appellanti in favore del V. e/o dei suoi aventi causa, al termine del 30.09.1995, fissato "a pena di decadenza del presente accordo" per la stipula del definitivo, che, inoltre, all’art. 8 disponeva testualmente che tutte le clausole contenute nella convenzione avevano carattere essenziale e formavano un unico ed inscindibile contesto, sicchè per fatto espresso l’inadempienza anche ad una sola clausola, avrebbe dato diritto alla parte lesa di chiedere il risarcimento dei danni morali e materiali e che includeva una clausola compromissoria per arbitrato;

– che non fondata era la tesi degli appellanti secondo cui l’inutile scadenza del termine decadenziale previsto nella scrittura aveva fatto venire meno anche l’efficacia dell’intero accordo, ivi compresa la clausola compromissoria, dal momento che la pattuita essenzialità unitarietà ed inscindibilità delle clausole del contratto preliminare atteneva esclusivamente alla disciplina del rapporto sostanziale ivi regolato e non concerneva anche la clausola arbitrale, per sua natura di carattere autonomo che il V., con "atto di denunzia di lite e di nomina di arbitro" del 30.06.1999, notificato a tutte le parti il 6.07.1999, si era avvalso della clausola arbitrale per tare dirimere controversia ricompresa tra quelle devolute al giudizio arbitrale, in quanto relativa al mancato adempimento di entrambe le parti agli obblighi assunti con la menzionata "promessa condizionata di cessione di quote", problematica di cui il collegio arbitrale si era effettivamente occupato;

– che la clausola arbitrale non poteva nemmeno ritenersi nulla per violazione dell’art. 1342 c.c. non vertendosi in ipotesi di contratti conclusi per moduli o formulari;

– che privo di rilievo era l’ulteriore profilo, sollevato solo in appello, relativo alla colposa ovvero dolosa erroneità del lodo;

– che, comunque, per il combinato disposto degli artt. 813 e 814 c.p.c., a ciascuno degli arbitri spettava il corrispettivo per l’opera svolta a prescindere dalla correttezza o meno della decisione finale, non valutabile dal Tribunale;

– che nella clausola compromissoria era stato pure previsto che l’organo arbitrale aveva il potere di decidere anche sul compenso a lui dovuto e nella specie la parcella del V. era stata anche vistata per congruità dal competente ordine professionale.

Avverso questa sentenza i P. e la F. hanno proposto ricorso per cassazione notificato il 21.04.2005, affidato a 6 motivi.

Il V. ha resistito con controricorso notificato il 26.05.2005.

All’udienza pubblica dell’11.07.2010 è stato disposto il rinvio d’ufficio all’odierna udienza.
Motivi della decisione

A sostegno del ricorso i P. e la F. deducono i seguenti motivi, dei quali il sesto, d’indole processuale, assume priorità logico-giuridica:

1. "Violazione o falsa applicazione di norme di diritto anche in riferimento agli artt. 1372 e 1321 e segg. c.c.", con riguardo alla conclusione secondo cui f. all’inutile decorso del pattuito termine del 30.09.1995 non fosse venuta meno anche la clausola arbitrale prevista in riferimento a liti inerenti all’esecuzione del preliminare, rimasto inattuato.

2. "Violazione o falsa applicazione di norme di diritto – conflitto logico rispetto all’accertamento di nullità dell’intera procedura arbitrale e del conseguente lodo". Sostengono che la fondatezza delle precedenti censure è dimostrata dal fatto che l’impugnata sentenza si fonda su principi di diritto opposti a quelli affermati in due decisioni del medesimo Tribunale di Udine e segnatamente nella sentenza di primo grado n. 38/04 resa nei confronti loro e di V.F., secondo cui, a seguito dell’inutile scadenza del convenuto termine fissato a pena di decadenza non per la stipula del definitivo ma per la validità dell’accordo, era venuta meno anche la clausola arbitrale con conseguente nullità del lodo pronunciato il 25.01.2000, nonchè nella sentenza n. 69/04, con cui nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo, era stata disattesa la pretesa creditoria azionata in via monitoria nei loro confronti dall’altro arbitro M.S., ritenendo che le parti avevano inteso fare decadere il preliminare per poi concludere un nuovo autonomo contratto di cessione con V.D. figlio di V.F..

3. "Insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia – motivazione apparente per omessa considerazione del motivo di appello n. 4".

Sostengono che la Corte di appello ha respinto il motivo n. 4 del loro atto di appello senza motivare e senza comunque, rispondere alla posta questione secondo cui il termine decadenziale del 30.09.1995 era stato fissato come termine di efficacia dell’accordo e non come termine per la stipula del definitivo, di tal che è rimasto irrisolto anche l’interrogativo sul perchè mai un contratto per il quale è stata pattuita la cessazione di efficacia ad una certa data possa essere fatto rivivere da un atto notificato 4 anni dopo (6.07.1999).

4. "Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, anche in riferimento agli artt. 806 e 808 c.p.c.".

Sostengono l’erroneità del richiamo al principio di autonomia della clausola arbitrale nella specie a loro parere non invocabile perchè non si verte in caso di arbitrato rituale ma libero e, comunque, perchè era inutilmente scaduto non solo il termine per la stipula del definitivo ma anche – per concorde ammissione delle parti – il termine di efficacia del contratto preliminare.

5. "Insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia".

Sostengono che la Corte di appello non ha chiarito se si trattava di arbitrato rituale o libero, ragione per cui manca qualsiasi motivazione che giustifichi il richiamo al principio di autonomia della clausola arbitrale.

6. "Violazione o falsa applicazione di norme di diritto art. 274 e art. 295 c.p.c..

Censurano la sentenza per avere non ritenuto sussistente il rapporto di connessione con le cause pendenti dinanzi al medesimo Tribunale di Udine o, comunque, non disposto d’ufficio la sospensione necessaria della presente causa in funzione di quella pregiudiziale inerente alla validità ed efficacia del lodo emesso il 25.01.2000. Il motivo non ha pregio. I ricorrenti si limitano a censurare genericamente la non ravvisata connessione, laddove, invece, il Tribunale ha negato la chiesta riunione, chiarendo, con congrue argomentazioni rimaste incensurate, non solo che si verteva in caso di cd. connessione impropria inidoneo a consentirla, ma, comunque, che il vincolo intercorreva tra cause pendenti in fasi e gradi diversi; d’altra parte, il fatto che le altre cause non intercorressero tra le stesse parti escludeva anche la ricorrenza del rapporto di pregiudizialità legittimante la sospensione necessaria del presente processo (cfr. cass. 197101279; 197903051).

Con il primo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso si deducono doglianze inerenti alla vigenza dello stipulato contratto preliminare di cessione del 12.07.1995, intercorso tra i ricorrenti e V.F., nonchè alla natura e caratteri della clausola arbitrale in esso inserita, mentre con il secondo motivo di ricorso, nonostante la rubrica, si richiamano solo argomentazioni favorevoli asseritamente espresse in diversi giudizi non pendenti tra le stesse parti. Motivi e richiami non hanno pregio, perchè non conferenti rispetto al diritto della C., quale componente del collegio arbitrale, di percepire il compenso per l’opera da lui svolta ai fini della decisione finale, resa, unitamente agli altri arbitri, il 25.01.2000.

Qualora, infatti, sia pure in forma di clausola arbitrale, sia stata stipulata una convenzione compromissoria per la risoluzione in arbitrato irrituale delle liti insorte tra le parti del contratto e sia stata instaurata, espletata e definita la pattuita procedura arbitrale, l’arbitro o gli arbitri nominati direttamente dalle medesime parti o tramite il procedimento previsto dagli artt. 809 e 810 c.p.c., analogicamente applicabile all’arbitrato libero o irrituale (cfr cass SU 198903189 e da ultimo cass. 201017114), hanno diritto al pagamento del compenso ed alle spese per l’opera svolta (sia che si connoti come onorario e spese ex art. 814 c.p.c. sia che consista in debito ex mandato in base all’art. 1720 c.c.), nei confronti dei compromittenti da cui l’atto di nomina promana o a cui debba essere ricondotto all’esito del menzionato procedimento sostitutivo/integrativo. Il credito degli arbitri, infatti, insorge per effetto della ricevuta nomina e dell’espletamento dell’incarico loro conferito e non è sindacabile e disconoscibile in ragione della non rilevata inefficacia o risoluzione del contratto, ove pure recante la clausola compromissoria, sul quale la decisione arbitrale verta, se l’eventuale errore di giudizio da parte degli arbitri stessi non implichi anche loro responsabilità in rapporto al ricevuto mandato collettivo (in tema, cfr cass. 200904823; 200814799;

200213607; 199002800; 197302764), evenienza questa estranea all’ambito della controversia.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al V. le spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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