Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-01-2011) 23-02-2011, n. 7080 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.G. è stato condannato il 24.5.2006 – all’esito di giudizio abbreviato – nella sua qualità di amministratore di diritto di una società facente capo a SC.Ma., fratello del ricorrente, la MIDI SERVICE Srl, fallita il (OMISSIS).

La Corte d’Appello ha confermato il giudizio con sentenza del 26.1.2009.

L’addebito mosso allo S. è quello di bancarotta fraudolenta patrimoniale, nell’ipotesi dettata dall’art. 40 cpv. c.p. avendo egli, per sua dichiarazione, rivestito la carica al solo fine di assecondare la richiesta del congiunto, dunque avendo agito quale "presta-nome" che, come tale, secondo i giudici, deve rispondere della condotta dell’amministratore di diritto per il solo fatto di avere accettato la carica gestoria.

Con ricorso personalmente avanzato lo S. lamenta:

– l’illogicità della motivazione poichè:

a) in diverso procedimento, nei confronti dei parenti F., SA. e D.V. l’identico addebito sia stato qualificato in termini di colpa, essendo il reato derubricato ai sensi della L. Fall., art. 224, essendo accertato che SC.Ma. era l’effettivo amministratore ed il fratello S.G. mero prestanome;

b) la deduzione probatoria dalla mera accettazione della carica amministrativa non è adeguata, mancando la prova della conoscenza in capo al ricorrente della composizione del gruppo a cui faceva capo la fallita società e del marchingegno per cui una società dipendeva da altra da quegli create;

c) la commissione dell’illecito attesta l’estraneità del ricorrente, poichè la distrazione occorse mediante storno da c/c bancario a favore di società (omonima) collegata alla fallita, conto su cui egli non aveva mai operato sicchè il fatto deve essere derubricato in bancarotta semplice, illecito estinto per prescrizione.
Motivi della decisione

E’ privo di interesse il richiamo ad altra decisione, non risultando provata l’identità della situazione di fatto rispetto alla presente vicenda.

Sono, invece, fondati e pertinenti i successivi motivi.

In tema di bancarotta, mentre, dal punto di vista oggettivo, non è dubbio che (ai sensi dell’art. 40 c.p., comma 2) l’amministratore di diritto risponde, unitamente all’amministratore di fatto, per non avere impedito l’evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire, dal punto di vista soggettivo, si richiede la generica consapevolezza, da parte del primo, che l’amministratore effettivo, distrae, occulta, dissimula, distrugge o dissipa i beni sociali ovvero espone o riconosce passività inesistenti, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi nei quali l’azione dell’amministratore di fatto si è estrinsecata.

Tuttavia, tale consapevolezza non può essere semplicemente desunta dal fatto che il soggetto abbia acconsentito a ricoprire formalmente la carica di amministratore (Cass., Sez. 5^, 26 novembre 1999, Dragomir, CED Cass. 215199).

E, più specificamente, per affermare la responsabilità, anche con riguardo al momento soggettivo, occorre raggiungere la prova che egli aveva la generica consapevolezza che l’amministratore effettivo distraeva, occultava, dissimulava, distruggeva o dissipava i beni sociali, esponeva o riconosceva passività inesistenti (Cass., Sez. 5^, 12.12.2005, Procacci ed altro, CED Cass. 233758 ed, analogamente, Cass. Sez. 5^, 9.2.2010, Mortillaro, CED Cass. 246897).

Orbene, la sentenza impugnata, accertata la qualità di mero prestanome del ricorrente in una società pressochè omonima della fallita (MIDI SERVICE a fronte della MIDI SERVICES), rammenta l’emorragia fraudolenta di ricchezza da una all’altra.

E deduce la responsabilità del S.G. "avendo accettato la carica formale di amministratore della società di cui trattasi", sicchè "non vi è alcun bisogno che l’amministratore di diritto, garante… delle ragioni dei creditori, riceva informazioni dal gestore di fatto" assumendo, ancora, che se mai egli abbia esercitato dei controlli sulla condotta dell’amministratore di fatto "ciò fece per permettere la mala gestio da parte del fratello" poichè non rileva che il ricorrente fosse consapevole, volta a volta, delle operazioni in danno dei creditori.

Siffatta giustificazione è illogica ed insufficiente.

In primo luogo perchè, la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente, non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto (Cass. Sez. 5^, 9 febbraio 2010, Succi, CED Cass., 247251).

Inoltre perchè il provvedimento impugnato non precisa quali siano state le operazioni distrattive onde consentire di vagliare la possibile loro percezione da parte dell’imputato.

Ancora, perchè l’assunto accolto, lungi dall’allinearsi all’indirizzo interpretativo segnalato dal giudice di legittimità, quale dianzi riportato, vi contrasta decisivamente, trascurando la effettiva possibilità di conoscenza anche sintomatica o indiretta.

Infine, del tutto apodittica è l’illazione che ogni controllo effettuato dal prevenuto sull’operato del fratello fu finalizzato a consentire la sua illecita gestione.

Pertanto la sentenza viene annullata per nuovo esame, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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