Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-01-2011) 23-02-2011, n. 7078 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’imputato fu amministratore unico di CO.GE.IN società dichiarata fallita l'(OMISSIS)2002.

Il Curatore segnalò l’irregolare e lacunosa tenuta della contabilità, nel periodo della sua gestione.

Di qui la condanna per bancarotta (impropria) semplice del tribunale di Cagliari del 18.12.2007, confermata dalla sentenza della Corte d’Appello del 22.1.2010, qui impugnata.

Avverso questa decisione ha interposto ricorso la difesa del prevenuto che si duole della erronea applicazione della legge penale non avendo i giudici del merito correttamente applicato l’art. 40 c.p. in relazione alla violazione fallimentare ed, inoltre, invocando l’estinzione del reato per prescrizione.
Motivi della decisione

Il motivo è manifestamente infondato, sia perchè il delitto di bancarotta semplice è perseguibile a titolo di dolo, ma anche per colpa, sia perchè tra le cause che consentono l’addebito vi è anche la negligenza nel non aver impedito che l’organismo societario, a cui l’amministratore è preposto, renda una documentazione contabile nei termini imposti dalla legge e, cioè, dal codice civile.

Inoltre, in tema di "inesigibilità" nell’adempimento ai doveri di registrazione e conservazione del dato contabile, imposto all’imprenditore ed agli amministratori di società, la nozione di "inesigibilità", soprattutto se rapportata a soggetto collocato in posizione di garanzia, si deve articolare con un paradigma astratto e generale, nel senso di "condotta impossibile", trattasi, invero, dell’applicazione del principio "ad impossibilia nemo tenetur" che deroga all’obbligatorietà della norma penale.

Le ragioni espresse dal ricorrente non assumono questa connotazione.

Il reato non è ancora prescritto poichè la decorrenza del termine prescrizionale è la sentenza dichiarativa di fallimento (emessa l'(OMISSIS)2002): decorso prescrittivo, dovendosi applicare la disciplina dettata dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 10, comma 3, è di 6 anni portati a 7 anni e sei mesi a cagione dell’interruzione della prescrizione.

Sicchè la causa estintiva maturerà all’1.4.2015.

Anche questo mezzo è manifestamente infondato.

Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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