Cass. civ. Sez. I, Sent., 11-04-2011, n. 8225 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con atto di citazione notificato il 6/2/1995 P.L. e C.A., coniugi, convennero in giudizio, dinanzi al tribunale di Tempio Pausania, P.A. ed H.E., premettendo di aver stipulato un contratto preliminare, registrato in Tempio il 15 dicembre 1994 con il quale ciascuno dei due convenuti si era obbligato a vendere (e gli attori ad acquistare) un appartamento di sua proprietà facente parte del fabbricato sito nella via Genova di Olbia, con relative pertinenze, due cantine e posto macchina e parti comuni, per il prezzo unitario di L. 350.000.000, di cui L. 20.000.000 da pagare al momento della firma del preliminare, L. 80.000.000 a 20 giorni data, L. 150.000.000 mediante accollo del conto corrente con garanzia ipotecaria n. 477-17930 del credito italiano di Olbia e L. 100.000.000 (a saldo) al momento della stipula dell’atto pubblico. Su tale premessa chiesero che il giudice adito, non avendo i promittenti venditori adempiuto, malgrado i solleciti a trasferire la proprietà degli immobili promessi, emettesse, a norma dell’art. 2932 c.c., sentenza che producesse gli effetti del contratto definitivo non concluso, facendo offerta della prestazione a loro carico.

I convenuti – rimasti contumaci – comparsi personalmente, dichiararono di aver ricevuto in contanti la somma di L. 200.000.000, e che quanto al prezzo residuo di L. 150.000.000, erano in corso le operazioni di accollo del debito come da contratto.

Con sentenza del 6.11.2001 il Tribunale – Sezione stralcio – trasferì agli attori, in comunione fra loro, la proprietà degli immobili promessi in vendita dichiarando interamente compensate fra le parti le spese del giudizio. Avverso tale sentenza propose appello il Fallimento della "Pratoro Sas di Aldo Praturlon e C. Sas" e del socio accomandatario P.A., per far valere l’opzione di scioglimento dal contratto L. Fall., ex art. 72 – e chiedere la restituzione degli immobili e il pagamento di un’indennità di utilizzo.

Nella contumacia degli appellati, con l’intervento dichiarato inammissibile dalla Corte di merito – di S.A., promissaria conduttrice degli appartamenti oggetto del preliminare, la Corte di appello di Cagliari – Sez. distaccata di Sassari – in parziale riforma della sentenza di primo grado e in accoglimento dell’appello, rigettò la domanda proposta dagli appellati quanto all’appartamento promesso in vendita dal fallito, stante il legittimo esercizio, da parte del curatore del fallimento, della facoltà di scioglimento del contratto ai sensi della L. Fall., art. 72; dichiarò inammissibili – perchè nuove – le domande di restituzione dell’immobile e di pagamento delle indennità di utilizzo proposte dal fallimento appellante, confermò, nel resto, la sentenza impugnata e provvide sulle spese.

Contro la sentenza di appello P.L. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Resiste con controricorso la curatela fallimentare intimata mentre non hanno svolto difese gli intimati S.A. e C.A..

Le parti costituite hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia "Violazione e falsa applicazione degli artt. 325, 326, art. 327, comma 1 e art. 331 c.p.c. per omessa notifica dell’appello alla H.H., parte in primo grado.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 101 (e solo per quanto di ragione 102) c.p.c. e più in generale delle norme e dei principi in tema di integrità del contraddittorio. In relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c.".

Deduce che parti convenute nel giudizio di primo grado erano il P.A. e la H.H., ciascuna promittente venditrice, in proprio, di uno dei distinti cespiti oggetto del contratto preliminare.

Il curatore del Fallimento ha tentato la notifica (senza che la stessa avesse buon esito) nei confronti dei soli attori P. e C. (seppur nella forma inammissibile e nulla di cui al motivo che segue) mentre risulta del tutto omessa ogni forma di notifica alla H.H., convenuta contumace in primo grado, nel frattempo deceduta, senza che neppure gli eredi della stessa siano stati evocati nel giudizio di appello.

2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione dell’art. 330 c.p.c., del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82 e più in generale dei principi posti a base della notifica degli atti di impugnazione. Inesistenza della notifica della citazione in appello e della citazione stessa o comunque omissione della notifica stessa presso il corretto domicilio e al procuratore costituito in primo grado. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa tale decisivo punto della controversia, rilevabile d’ufficio (e comunque formalmente prospettato). In relazione ai n.ri 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.".

Deduce che l’atto di appello risulta notificato a ciascun appellato (il P. e la C. attori in Tribunale) con il mezzo della posta, mediante invio dall’Ufficio postale di Tempio, "nel suo domicilio sito in c/o avv. D.G., (OMISSIS)". Il plico risulta ricevuto secondo quanto riportato in sentenza "da persona al servizio del destinatario" che ha firmato (in modo illeggibile) entrambi gli avvisi di ricevimento, e quindi sicuramente diversa dall’avv. D.G.. Non risulta effettuata alcuna altra notifica dell’atto di appello.

Secondo quanto risulta dal certificato del Segretario del Consiglio dell’Ordine di Nuoro, prodotto in appello, l’avv. D. è residente in (OMISSIS) "… con studio legale in (OMISSIS) a far data dal 25.7.1994".

Deduce di aver provato documentalmente (senza contestazione sul punto) che il predetto professionista ha ottenuto dal Presidente del Tribunale di Nuoro, con provvedimento del 25 luglio 1994, reso ai sensi dell’art. 10 della legge professionale ( L. 22 gennaio 1934, n. 36) l’autorizzazione a risiedere in località del Circondario diversa dal capoluogo.

Fin dall’inizio gli attori in primo grado hanno dichiarato un domicilio collocato fuori dal circondario del Tribunale di Tempio e tale domicilio fuori dal circondario risulta ribadito in sentenza.

Gli appellati (attori in primo grado) si sono sin da subito rimessi, quindi, alla domiciliazione ex lege presso la cancelleria del tribunale prevista dall’art. 82 del regio decreto.

Doveva considerarsi assolutamente irrilevante, ai fini della notifica dell’appello, qualunque altro domicilio (poichè "non validamente dichiarato") del procuratore costituito; dovendosi a quel punto applicare, in tema di luogo di notifica dell’atto di appello, l’art. 330 del codice di procedura, e la giurisprudenza di questa Corte (Sez. Lavoro, 13 aprile 1995, n. 4225).

2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e delle norme e dei principi sul divieto di novità in appello in relazione all’art. 3 dell’art. 360 c.p.c.". Deduce che il Fallimento era a conoscenza della pendenza della causa sfociata nella sentenza del Tribunale di Tempio Pausania.

La curatela aveva dunque ogni possibilità e tutto il tempo di intervenire nel procedimento di primo grado, per far valere lì le proprie ragioni. Al contrario essa ha lasciato definire la causa con la sentenza emanata nel 2001, poi ha proposto in appello per la prima volta, come se niente fosse, questioni tutte proponibili davanti al Giudice di Tempio ed a quello del Fallimento, trasformando l’appello su una sentenza attinente un banale riconoscimento debitamente trascritto quattro anni prima del fallimento, in un vero e proprio giudizio autonomo di natura fallimentare.

2.4.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 72, dell’art. 2932 c.c., e più in generale delle norme e dei principi in tema di facoltà del curatore di sciogliersi dal contratto preliminare. Ulteriore violazione delle norme e dei principi citati nella sentenza Cass. Su. 7 luglio 2004 n. 12505 (in tema di pubblicità degli atti ed affidamento del contraente in tema di durata ragionevole del processo e di soddisfazione del primario bisogno all’abitazione). Motivazione assente, carente ed erronea, in relazione al dell’art. 360 c.p.c. n. 3 ed al n. 5".

Deduce che la sentenza impugnata ha errato nell’accogliere l’appello sotto il profilo del merito decisorio ritenendo legittimo l’esercizio, da parte del curatore del fallimento, della facoltà di scioglimento del contratto ai sensi della L. Fall., art. 72, comma 4, senza tenere conto, tra l’altro, dell’avvenuta trascrizione della domanda prima della dichiarazione di fallimento.

Deduce che la circostanza dell’avvenuta trascrizione della domanda circa cinque anni prima del fallimento era pacifica e risulta dal dispositivo della stessa sentenza impugnata, al punto 3. 3.- Con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., il ricorrente ha espressamente rinunciato al primo motivo di ricorso.

Nondimeno, trattandosi di nullità rilevabile d’ufficio, la rinuncia stessa non ha effetto alcuno.

In proposito va rilevato che è pacifico tra le parti che nelle more del giudizio di primo grado la promittente venditrice H.E. sia deceduta, lasciando a sè superstiti il coniuge – il fallito P.A. – e la figlia.

Il ricorrente ha trascritto nel ricorso – e sul punto non è contraddetto – l’atto di appello nella parte in cui il curatore ha affermato che "nelle more del giudizio la signora H.E. è deceduta senza fare testamento con la conseguenza che il suddetto immobile di sua proprietà viene ereditato dal coniuge e dall’unica figlia nella quota del 50% ciascuno e pertanto entra a far parte, per la quota spettante, del patrimonio della massa fallimentare". La sentenza impugnata non reca, nell’intestazione, il nome di parti diverse da P.L., dalla curatela fallimentare, da S. A. e C.A.. Nondimeno, la Corte di appello ha rigettato la domanda della curatela proposta in relazione all’immobile già di proprietà della H. e trasferito agli appellati e ha confermato la sentenza di primo grado che ne aveva trasferito la proprietà ai coniugi attori, argomentando dall’avvenuta successione a titolo universale da parte del fallito dopo la trascrizione della domanda ex art. 2932 c.c. e dalla mancanza di prova circa l’avvenuta autorizzazione del curatore ad accettare l’eredità e con quali modalità, in caso affermativo (v. sent. impugnata pagg. 10-11). Ciò senza nemmeno menzionare la figlia della H. che secondo il ricorrente e la stessa curatela intimata avrebbe ereditato unitamente al padre, P..

Deceduto il promittente-venditore e apertasi la successione legittima nei confronti del medesimo in favore dell’unica figlia e del coniuge, la domanda di esecuzione specifica del preliminare, tendendo al conseguimento della piena proprietà del bene oggetto del contratto, deve essere proposta, affinchè la relativa sentenza sia utiliter data, nei confronti di tutti gli eredi, come da tempo affermato da questa Corte (cfr. Cass., n. 1320/1980; 2969/67). La mancata integrazione del contraddittorio ha determinato la nullità della sentenza, rilevabile d’ufficio ex art. 102 c.p.c..

Invero, la regola dettata dall’art. 157 cod. proc. civ., comma 3, secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, si riferisce solo ai casi nei quali la nullità non possa pronunciarsi che su istanza di parte, e non riguarda, perciò, le ipotesi in cui, invece, questa debba essere rilevata d’ufficio, con la conseguenza che essa non trova applicazione quando, come nel caso di mancata integrazione del contraddittorio in causa inscindibile, la nullità si ricolleghi ad un difetto di attività del giudice, al quale incombeva l’obbligo di adottare un provvedimento per assicurare il regolare contraddittorio nel processo (Sez. 3, Sentenza n. 11315 del 15/05/2009).

All’uopo va ricordato che "il potere di controllo delle nullità (non sanabili o non sanate), esercitabile in sede di legittimità, mediante proposizione della questione per la prima volta in tale sede, ovvero mediante il rilievo officioso da parte della Corte di cassazione, va ritenuto compatibile con il sistema delineato dall’art. 111 Cost., allorchè si tratti di ipotesi concernenti la violazione del contraddittorio – in quanto tale ammissibilità consente di evitare che la vicenda si protragga oltre il giudicato, attraverso la successiva proposizione dell’actio nullitatis o del rimedio impugnatorio straordinario ex art. 404 cod. proc. civ. da parte del litisconsorte pretermesso" (Sez. Unite, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008).

La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Cagliari – in diversa composizione – per nuovo esame e per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte, decidendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per le spese.

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