T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 21-02-2011, n. 1574 Autostrade

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto del 25 giugno 2010, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha individuato le stazioni di esazione relative alle autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta A., presso le quali, a decorrere dal 1° luglio 2010 e fino alla data di applicazione dei pedaggi di cui all’art. 15, co. 1, d.l. 78/2010, e comunque non oltre il 31 dicembre 2011, si applica la maggiorazione tariffaria forfettaria prevista dall’art. 15, co. 2, del d.l. 78/2010.

La Regione ricorrente ha esposto che, per quanto interessa il proprio ambito territoriale, sono stati individuate le stazioni di esazione di FirenzeCertosa e di Valdichiana.

Di talché, nell’evidenziare la propria legittimazione ed il proprio interesse, ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 d.l. 78/2010. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità manifesta e sviamento.

Il decreto impugnato si sarebbe limitato ad individuare le stazioni di esazione del pedaggio alle quali applicare il regime transitorio, per cui sarebbe venuta meno la necessaria unitarietà dell’intervento previsto dall’art. 15 d.l. 78/2010.

Il decreto individuerebbe una serie di stazioni di esazione del nuovo pedaggio in luoghi non direttamente o necessariamente interconnessi con le tratte ed i raccordi autostradali in gestione diretta A. soggette a quel pedaggio ed in tale situazione si troverebbero le stazioni di FirenzeCertosa e di Valdichiana.

Violazione e falsa applicazione della direttiva n. 1999/62/CE, così come modificata dalla direttiva n. 2006/38/CE e del d.lgs. 7/2010.

Alla stregua delle disposizioni comunitarie applicabili alla fattispecie in esame, il pedaggio deve costituire un corrispettivo per l’effettivo utilizzo di un’infrastruttura ben determinata, mentre il decreto impugnato prevederebbe una maggiorazione tariffaria forfettaria, sganciata da qualsivoglia effettività di uso e di equa commisurazione.

Sull’illegittimità dell’art. 15, co. 1 e 2, d.l. 78/2010. Conseguente illegittimità derivata del D.P.C.M. 25 giugno 2010.

In ogni caso, l’art, 15 d.l. 78/2010 sarebbe contrastante con la direttiva comunitaria e la norma nazionale di recepimento e, pertanto, dovrebbe essere disapplicata.

L’Avvocatura Generale dello Stato ha eccepito la carenza delle condizioni soggettive dell’azione e, nel merito, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

La ricorrente ha depositato altra memoria a sostegno delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 26 gennaio 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. L’eccezione di carenza delle condizioni soggettive dell’azione è infondata.

La Regione è ente esponenziale, rappresentante degli interessi generali della comunità stanziata sul relativo territorio, per cui è senz’altro legittimata ad impugnare in sede giurisdizionale gli atti che incidono sul territorio e, quindi, sulla comunità su di esso stanziata, in modo ritenuto illegittimamente pregiudizievole.

Nel caso di specie, il provvedimento impugnato concerne anche stazioni di esazione che impattano sul territorio della regione Toscana, con la conseguenza che la prevista maggiorazione tariffaria può avere effetti pregiudizievoli sui cittadini residenti in tale ambito.

Peraltro, la legittimazione ad agire dell’amministrazione ed il suo interesse al ricorso sono da circoscrivere all’ambito territoriale di riferimento, sicché la legittimazione stessa afferisce alla sola parte del decreto relativa ai singoli segmenti stradali interessanti l’ambito spaziale della regione ricorrente, così come il "bene della vita" richiesto è limitato all’annullamento in tale parte del decreto impugnato.

In altre parole, le condizioni soggettive dell’azione sussistono con esclusivo riferimento alla parte del provvedimento impugnato che interferisce in concreto con l’interesse della comunità stanziata sul territorio regionale ad evitare la maggiorazione tariffaria.

2. Nel merito, il ricorso è fondato e va accolto.

L’art. 15 d.l. 78/2010, rubricato "pedaggiamento rete autostradale A. e canoni di concessione" ha indicato al primo comma che, entro quarantacinque giorni dall’entrata in vigore del decreto legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti criteri e modalità per l’applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di A. S.p.a., in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria oltre che quelli relativi alla gestione, nonché l’elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio, mentre, al secondo comma, ha previsto che, in fase transitoria, a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto e fino alla data di applicazione dei pedaggi di cui al primo comma, comunque non oltre il 31 dicembre 2011, A. S.p.a. è autorizzata ad applicare una maggiorazione tariffaria forfettaria di un euro per le classi di pedaggio A e B e di due euro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5, presso le stazioni di esazione delle autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta A.; le stazioni di cui al precedente periodo sono individuate con il medesimo D.P.C.M. di cui al primo comma.

2.1 Il Collegio, con riferimento al primo motivo d’impugnativa, rileva che le norme in discorso hanno indubbiamente inteso disporre l’adozione di un unico provvedimento per dettare la disciplina a regime e la disciplina transitoria relative al pedaggiamento della rete autostradale A..

In particolare, il legislatore ha stabilito che le stazioni di esazione delle autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta A., presso le quali è autorizzata l’applicazione della maggiorazione tariffaria, devono essere individuate nell’ambito dello stesso decreto con cui sono stabiliti i criteri e le modalità per l’applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta A..

Pertanto, al di là del dato formalistico dell’adozione di un unico atto in luogo di due atti distinti, la quale circostanza sarebbe di per sé sola inidonea a costituire vizio di legittimità dell’attività amministrativa, occorre ritenere che, nel prevedere l’individuazione delle stazioni di esazione con il medesimo decreto con cui sono stabiliti i criteri e le modalità per l’applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta A., il legislatore abbia voluto assicurare la coerenza tra il regime transitorio ed il regime ordinario attraverso l’acquisizione e la valutazione contestuale degli interessi pubblici e privati in gioco nell’ambito dello stesso procedimento destinato a concludersi con l’adozione di un unico provvedimento.

L’emanazione del solo provvedimento afferente al regime transitorio, invece, costituisce una violazione al modello legale previsto dalla norma e, soprattutto, contrasta con la descritta esigenza di valutazione unitaria e contestuale degli interessi coinvolti dall’azione amministrativa.

2.2 Parimenti fondata è la doglianza con cui l’amministrazione ricorrente ha fatto presente che il decreto impugnato avrebbe individuato una serie di stazioni di esazione, tra cui quelle di FirenzeCertosa e di Valdichiana, collocate in luoghi non direttamente o comunque non necessariamente interconnessi con le tratte ed i raccordi autostradali in gestione diretta A. per le quali è stato imposto il pagamento di un pedaggio, con conseguente imposizione agli automobilisti di una prestazione patrimoniale aggiuntiva che prescinderebbe dall’utilizzo in concreto del tratto viario interessato dal pedaggio.

La tariffa, al pari della tassa (a differenza della quale costituisce corrispettivo di diritto privato e, quindi, non ha natura tributaria), è dovuta per la fruizione di un servizio a domanda individuale, secondo il principio del "beneficio", in ragione del quale il pagamento è dovuto da chi riceve l’utilità, che si contrappone al criterio della "capacità contributiva" alla base del sistema delle imposte.

Nel caso di specie, la tariffa ha natura di corrispettivo per la fruizione di un servizio "divisibile", sicché la stessa deve essere ontologicamente posta a carico del soggetto che fruisce del servizio, vale a dire dell’infrastruttura in gestione diretta A..

Viceversa, la ricorrente ha fatto presente che per le stazioni FirenzeCertosa e Valdichiana non sussisterebbe la necessaria interconnessione con le tratte di strade in gestione diretta A. soggette al nuovo pedaggio.

In sostanza, non vi sarebbe la necessaria ed imprescindibile corrispondenza tra chi è tenuto al pagamento del pedaggio e quanti utilizzano le tratte di strada interessate dal provvedimento.

Di qui – venendo meno il carattere di necessaria corrispettività della tariffa, non potendosi escludere che possa essere soggetto al pagamento della stessa anche chi non debba poi accedere all’infrastruttura da sottoporre a pedaggio – la fondatezza della censura.

2.3 Il Collegio, infine, ritiene fondato anche l’ulteriore motivo d’impugnativa con cui l’amministrazione ricorrente ha dedotto che il decreto avrebbe violato la normativa comunitaria e nazionale di recepimento.

In proposito, occorre rilevare come la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Sesta Sezione, con sentenza 5 febbraio 2004 pronunciata nel procedimento C157/02 abbia sottolineato che, in conformità all’art. 2 della direttiva 93/89, il termine "pedaggio" indica, ai fini della medesima direttiva, "il pagamento di una somma determinata per l’esecuzione, da parte di un autoveicolo, di un tragitto situato fra due punti di una delle infrastrutture di cui all’articolo 7, lettera d), basata sulla distanza percorsa e sulla categoria dell’autoveicolo".

Con tale sentenza, la Corte di Giustizia ha evidenziato la discriminazione provocata dalla tariffa sproporzionata richiesta per il percorso completo dell’autostrada austriaca del Brennero, rispetto a chi percorre la detta autostrada solo parzialmente.

La direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 17.5.2006 n. 2006/38/CE ha modificato la direttiva 1999/62/CE, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l’uso di alcune infrastrutture, sostituendo, tra l’altro, la lett. b) dell’art. 2 con la seguente: "pedaggio", il pagamento di una somma determinata per un autoveicolo che effettua un tragitto ben definito su una delle infrastrutture di cui all’art. 7, par. 1, basata sulla distanza percorsa e sul tipo di autoveicolo. Pertanto, l’art. 2 d.lgs. 7/2010, di attuazione della direttiva 2006/38/CE, ha definito "pedaggio" il pagamento di una somma determinata per un autoveicolo che effettua un tragitto ben definito su una delle infrastrutture di cui all’articolo 3, comma 1, basata sulla distanza percorsa e sul tipo di autoveicolo.

Il Collegio, in presenza di una direttiva comunitaria incondizionata e sufficientemente dettagliata, recepita peraltro nell’ordinamento nazionale, è tenuto a disapplicare la norma di cui all’art. 15, co. 2, d.l. 78/2010 laddove prevede l’applicazione della descritta maggiorazione tariffaria a prescindere dalla distanza percorsa.

Ne consegue che il decreto impugnato si rivela adottato in violazione delle indicate norme comunitarie, nonché della norma nazionale di recepimento, atteso che determina forfettariamente la maggiorazione per le classi di pedaggio, a prescindere peraltro dall’effettivo uso dell’infrastruttura.

3. Alla fondatezza del ricorso, assorbite le altre censure, segue, per l’effetto, l’annullamento dell’impugnato DPCM del 25 giugno 2010, nei limiti della legittimazione e dell’interesse della ricorrente.

4. Le spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 2.000 (duemila/00), sono poste a favore della ricorrente ed a carico, in parti uguali (ciascuna per Euro 1.000) della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’A..
P.Q.M.

accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla in parte qua l’impugnato DPCM del 25 giugno 2010.

Condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’A. spa, in parti uguali, al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 2.000 (duemila/00), a favore della ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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