T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 21-02-2011, n. 1566 Autostrade

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto del 25 giugno 2010, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha individuato le stazioni di esazione relative alle autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta A., presso le quali, a decorrere dal 1° luglio 2010 e fino alla data di applicazione dei pedaggi di cui all’art. 15, co. 1, d.l. 78/2010, e comunque non oltre il 31 dicembre 2011, si applica la maggiorazione tariffaria forfettaria prevista dall’art. 15, co. 2, del d.l. 78/2010.

La ricorrente espone che, per quanto interessa la Provincia di Roma, sono state individuate due tratte di autostrade in gestione diretta di A. da sottoporre a pedaggio, vale a dire il Grande Raccordo Anulare (A90) e la Roma – Aeroporto di Fiumicino (A91), ed una serie di stazioni di esazione (Roma Nord, Fiano Romano, Roma Est, Lunghezza, Settecamini, Roma Ponte di Nona, Roma Sud) per il GRA nonché le stazioni di esazione di Roma Ovest e di Maccarese – Fregene per la Roma – Aeroporto di Fiumicino.

Di talché – nell’evidenziare che ogni atto avente riflessi sulla viabilità delle autostrade e del GRA si ripercuote inevitabilmente sulle strade provinciali che trovano connessione con tali arterie viarie – ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 d.l. 78/2010. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e motivazione.

Il decreto si sarebbe limitato ad individuare le stazioni o i caselli per l’esazione del pedaggio in regime transitorio.

Eccesso di potere nelle forme sintomatiche della carenza di istruttoria, del travisamento dei fatti, della illogicità manifesta e dello sviamento.

Sarebbero stati individuati una serie di caselli o stazioni di esazione del nuovo pedaggio, tra cui otto nella Provincia di Roma, in luoghi non direttamente o necessariamente interconnessi con le tratte autostradali soggette a quel pedaggio, per cui, se numerosi automobilisti potranno accedere a tratti sottoposti a pedaggio senza essere costretti al pagamento, altri automobilisti si troveranno costretti a pagare un pedaggio relativo alla percorrenza di una tratta che non percorreranno.

Violazione di legge e falsa applicazione della direttiva n. 2006/38/CE. Disapplicazione della normativa dice pimento di cui al d.lgs. 7/2010.

L’insussistenza di una corrispondenza tra coloro che pagano il pedaggio e coloro che percorrono le strade allo stesso soggette in virtù dell’art. 15 d.l. 78/2010 renderebbe il decreto illegittimo anche per violazione della direttiva comunitaria n. 2006/38/CE, ispirata al principio fondamentale dell’utilizzo effettivo. La violazione del principio comunitario di proporzionalità in materia di pedaggi sarebbe ancora più palese con la previsione di una maggiorazione tariffaria forfettaria e perciò sganciata da qualsiasi effettività d’uso e di equa commisurazione.

Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 d.l. 78/2010. Eccesso di potere per carenza di istruttoria. Eccesso di potere per travisamento dei fatti.

Il GRA sarebbe privo delle caratteristiche che lo possano far considerare, alla stregua dell’attuale normativa tecnica, una autostrada o un raccordo autostradale.

Illegittimità dell’art. 15 d.l. 78/2010 con la direttiva n. 2006/38/CE. Illegittimità derivata del DPCM.

In ogni caso, la norma in epigrafe sarebbe in contrasto con la normativa comunitaria e dovrebbe essere pertanto disapplicata.

L’Avvocatura Generale dello Stato ha eccepito la carenza delle condizioni soggettive dell’azione e, nel merito, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

Gli interventori ad adiuvandum hanno concluso per l’accoglimento del ricorso.

All’udienza pubblica del 26 gennaio 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. L’eccezione di carenza delle condizioni soggettive dell’azione è infondata.

La Provincia è l’ente esponenziale della comunità stanziata sul relativo territorio, per cui è senz’altro legittimata ad impugnare in sede giurisdizionale gli atti che incidono sul territorio e, quindi, sulla comunità su di esso stanziata, in modo ritenuto illegittimamente pregiudizievole.

In particolare, ai sensi dell’art. 19, co. 1, lett. d), d.lgs. 267/2000, spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale, tra l’altro, nel settore della viabilità e trasporti.

Nel caso di specie, il provvedimento impugnato concerne anche stazioni di esazione che impattano sul territorio della provincia di Roma, con la conseguenza che la prevista maggiorazione tariffaria può avere effetti pregiudizievoli sui cittadini residenti in tale ambito.

Peraltro, la legittimazione ad agire dell’amministrazione locale ed il suo interesse al ricorso sono da circoscrivere all’ambito territoriale di riferimento, sicché la legittimazione stessa afferisce alla sola parte del decreto relativa ai singoli segmenti stradali interessanti l’ambito spaziale della provincia ricorrente, così come il "bene della vita" richiesto è limitato all’annullamento in tale parte del decreto impugnato.

In altre parole, le condizioni soggettive dell’azione sussistono con esclusivo riferimento alla parte del provvedimento impugnato che interferisce in concreto con l’interesse della comunità stanziata sul territorio provinciale ad evitare la maggiorazione tariffaria.

La Provincia di Roma, infatti, ha fatto specifico riferimento alle stazioni di esazione del pedaggio che insistono sul proprio ambito territoriale.

2. Nel merito, il ricorso è fondato e va accolto.

L’art. 15 d.l. 78/2010, rubricato "pedaggiamento rete autostradale A. e canoni di concessione" ha indicato al primo comma che, entro quarantacinque giorni dall’entrata in vigore del decreto legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti criteri e modalità per l’applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di A. S.p.a., in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria oltre che quelli relativi alla gestione, nonché l’elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio, mentre, al secondo comma, ha previsto che, in fase transitoria, a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto e fino alla data di applicazione dei pedaggi di cui al primo comma, comunque non oltre il 31 dicembre 2011, A. S.p.a. è autorizzata ad applicare una maggiorazione tariffaria forfettaria di un euro per le classi di pedaggio A e B e di due euro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5, presso le stazioni di esazione delle autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta A.; le stazioni di cui al precedente periodo sono individuate con il medesimo D.P.C.M. di cui al primo comma.

2.1 Il Collegio, con riferimento al primo motivo d’impugnativa, rileva che le norme in discorso hanno indubbiamente inteso disporre l’adozione di un unico provvedimento per dettare la disciplina a regime e la disciplina transitoria relative al pedaggiamento della rete autostradale A..

In particolare, il legislatore ha stabilito che le stazioni di esazione delle autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta A., presso le quali è autorizzata l’applicazione della maggiorazione tariffaria, devono essere individuate nell’ambito dello stesso decreto con cui sono stabiliti i criteri e le modalità per l’applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta A..

Pertanto, al di là del dato formalistico dell’adozione di un unico atto in luogo di due atti distinti, la quale circostanza sarebbe di per sé sola inidonea a costituire vizio di legittimità dell’attività amministrativa, occorre ritenere che, nel prevedere l’individuazione delle stazioni di esazione con il medesimo decreto con cui sono stabiliti i criteri e le modalità per l’applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta A., il legislatore abbia voluto assicurare la coerenza tra il regime transitorio ed il regime ordinario attraverso l’acquisizione e la valutazione contestuale degli interessi pubblici e privati in gioco nell’ambito dello stesso procedimento destinato a concludersi con l’adozione di un unico provvedimento.

L’emanazione del solo provvedimento afferente al regime transitorio, invece, costituisce una violazione al modello legale previsto dalla norma e, soprattutto, contrasta con la descritta esigenza di valutazione unitaria e contestuale degli interessi coinvolti dall’azione amministrativa.

2.2 Parimenti fondata è la doglianza con cui l’amministrazione ricorrente ha fatto presente che il decreto impugnato avrebbe individuato caselli o stazioni di esazione collocate in luoghi non direttamente o comunque non necessariamente interconnessi con tratte autostradali per le quali è stato imposto il pagamento di un pedaggio, con conseguente imposizione agli automobilisti di una prestazione patrimoniale aggiuntiva che prescinderebbe dall’utilizzo in concreto del tratto viario interessato dal pedaggio.

La tariffa, al pari della tassa (a differenza della quale costituisce corrispettivo di diritto privato e, quindi, non ha natura tributaria), è dovuta per la fruizione di un servizio a domanda individuale, secondo il principio del "beneficio", in ragione del quale il pagamento è dovuto da chi riceve l’utilità, che si contrappone al criterio della "capacità contributiva" alla base del sistema delle imposte.

Nel caso di specie, la tariffa ha natura di corrispettivo per la fruizione di un servizio "divisibile", sicché la stessa deve essere ontologicamente posta a carico del soggetto che fruisce del servizio, vale a dire dell’infrastruttura in gestione diretta A..

Viceversa, la ricorrente ha fatto presente che, per otto stazioni di esazione che interferiscono sul territorio provinciale, non sussisterebbe la necessaria interconnessione con le tratte di strade in gestione diretta A. soggette al nuovo pedaggio.

In sostanza, non vi sarebbe la necessaria ed imprescindibile corrispondenza tra chi è tenuto al pagamento del pedaggio e quanti utilizzano le tratte di strada interessate dal provvedimento.

Di qui – venendo meno il carattere di necessaria corrispettività della tariffa, non potendosi escludere che possa essere soggetto al pagamento della stessa anche chi non debba poi accedere all’infrastruttura da sottoporre a pedaggio – la fondatezza della censura.

2.3 Il Collegio, infine, ritiene fondato anche l’ulteriore motivo d’impugnativa con cui l’amministrazione provinciale ricorrente ha dedotto che il decreto avrebbe violato la normativa comunitaria e nazionale di recepimento.

In proposito, occorre rilevare come la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Sesta Sezione, con sentenza 5 febbraio 2004 pronunciata nel procedimento C157/02 abbia sottolineato che, in conformità all’art. 2 della direttiva 93/89, il termine "pedaggio" indica, ai fini della medesima direttiva, "il pagamento di una somma determinata per l’esecuzione, da parte di un autoveicolo, di un tragitto situato fra due punti di una delle infrastrutture di cui all’articolo 7, lettera d), basata sulla distanza percorsa e sulla categoria dell’autoveicolo".

Con tale sentenza, la Corte di Giustizia ha evidenziato la discriminazione provocata dalla tariffa sproporzionata richiesta per il percorso completo dell’autostrada austriaca del Brennero, rispetto a chi percorre la detta autostrada solo parzialmente.

La direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 17.5.2006 n. 2006/38/CE ha modificato la direttiva 1999/62/CE, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l’uso di alcune infrastrutture, sostituendo, tra l’altro, la lett. b) dell’art. 2 con la seguente: "pedaggio", il pagamento di una somma determinata per un autoveicolo che effettua un tragitto ben definito su una delle infrastrutture di cui all’art. 7, par. 1, basata sulla distanza percorsa e sul tipo di autoveicolo. Pertanto, l’art. 2 d.lgs. 7/2010, di attuazione della direttiva 2006/38/CE, ha definito "pedaggio" il pagamento di una somma determinata per un autoveicolo che effettua un tragitto ben definito su una delle infrastrutture di cui all’articolo 3, comma 1, basata sulla distanza percorsa e sul tipo di autoveicolo.

Il Collegio, in presenza di una direttiva comunitaria incondizionata e sufficientemente dettagliata, recepita peraltro nell’ordinamento nazionale, è tenuto a disapplicare la norma di cui all’art. 15, co. 2, d.l. 78/2010 laddove prevede l’applicazione della descritta maggiorazione tariffaria a prescindere dalla distanza percorsa.

Ne consegue che il decreto impugnato si rivela adottato in violazione delle indicate norme comunitarie, nonché della norma nazionale di recepimento, atteso che determina forfettariamente la maggiorazione per le classi di pedaggio, a prescindere peraltro dall’effettivo uso dell’infrastruttura.

3. Alla fondatezza del ricorso, assorbite le altre censure, segue, per l’effetto, l’annullamento dell’impugnato DPCM del 25 giugno 2010, nei limiti della legittimazione e dell’interesse della ricorrente.

4. Le spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 2.000 (duemila/00), sono poste a favore della ricorrente ed a carico, in parti uguali (ciascuna per Euro 1.000) della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’A.; le spese sono invece compensate nei confronti degli interventori ad adiuvandum.
P.Q.M.

accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla in parte qua l’impugnato DPCM del 25 giugno 2010.

Condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’A. spa, in parti uguali, al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 2.000 (duemila/00), a favore della ricorrente.

Compensa le spese del giudizio nei confronti degli interventori ad adiuvandum.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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