Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-12-2010) 23-02-2011, n. 7047 Falsità materiale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Torino, con sentenza dell’8 ottobre 2009, ha confermato la sentenza del Tribunale di Aosta del 10 febbraio 2006 che aveva condannato S.T. alla pena di mesi quattro di reclusione per il delitto di falsità materiale di un contrassegno di autorizzazione alla sosta per invalidi.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, il quale lamenta la grave carenza della motivazione, in relazione all’erronea applicazione degli artt. 482 e 477 c.p., nei confronti di un soggetto che non avrebbe falsificato il contrassegno e neppure utilizzato l’atto falso onchè per il mancato accertamento della grossolanità del falso.
Motivi della decisione

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. L’illogicità della motivazione della impugnata sentenza, infatti, per poter essere oggetto del chiesto annullamento deve essere manifesta.

Giova, quindi, premettere, in punto di diritto, come il giudizio di legittimità rappresenti lo strumento di controllo della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e non possa costituire un terzo grado di giudizio volto alla ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione.

Si tratta di principio affermato in modo condivisibile a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite Penali n. 2110, del 23 novembre 1995 e successivamente dalla più recente giurisprudenza (v. per tutte, Cass. Sez. 2^ 5 maggio 2006, n. 19584 e Sez. 3^ 27 settembre 2006, n. 37006).

Una dimostrazione della sostanziale differenza esistente tra i due giudizi può essere ricavata, tra l’altro, dalla motivazione della sentenza n. 26 del 2007 della Corte Costituzionale che, argomentando in ordine alla modifica introdotta dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46 al potere di impugnazione del pubblico ministero, ha affermato che la esclusione della possibilità di ricorso in sede di appello costituisce una limitazione effettiva degli spazi di controllo sulle decisioni giudiziali in quanto il giudizio avanti la Corte di Cassazione è "rimedio che non attinge comunque alla pienezza del riesame di merito, consentito invece dall’appello".

Se, dunque, il controllo demandato alla Corte di Cassazione non ha "la pienezza del riesame di merito" che è propria del controllo operato dalle Corti di Appello, ben si comprende come il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., lett. e), non autorizzi affatto il ricorso a fondare la richiesta di annullamento della sentenza di merito chiedendo al Giudice di legittimità di ripercorrere l’intera ricostruzione della vicenda oggetto di giudizio.

Tale impostazione è stata ribadita, anche dopo la modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e) apportata dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, comma 1, lett. b), dalle sentenze n. 39048 del 25 settembre 2007 di questa stessa Sezione 5^ e n. 39729 del 18 giugno 2009 della Sezione 3^, secondo le quali può aversi vizio di travisamento della prova quando l’errore sia in grado "di disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione", e che questo può avvenire solo nei casi in cui "si introduce in motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo", oppure "si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della decisione".

L’esame di uno specifico materiale processuale, dunque, non può mai comportare per la Corte di legittimità una nuova valutazione del risultato probatorio e delle sue ricadute in termini di ricostruzione del fatto e delle responsabilità, ma deve limitarsi a verificare che la sentenza impugnata non sia incorsa nel vizio del travisamento della prova.

In primo luogo, perchè: "Il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti ed a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso, devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata".

In secondo luogo, deve ricordarsi che l’eventuale vizio della motivazione non da luogo a violazione di legge ( art. 606 c.p.p., lett. b), tranne che nei casi di mancanza assoluta di motivazione o di motivazione meramente apparente.

Invece, l’illogicità manifesta può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e) (v. Cass. Sez. Un. 28 gennaio 2004 n. 5876).

Nel caso di specie, questa volta in fatto, la Corte territoriale non ha affatto compiuto un’operazione illogica nell’esprimere il proprio convincimento in relazione al possesso, da parte dell’imputato, di un falso contrassegno per il trasporto d’invalidi che non aveva ragione alcuna per detenere, non appartenendo alla categoria di soggetti abilitati al possesso del suddetto contrassegno.

La motivazione ha, quindi, affrontato il problema dell’interesse concreto alla falsificazione e ne ha fatto discendere la logica conseguenza che non vi fossero altri soggetti, oltre l’imputato, ad averlo.

Il posizionamento del contrassegno contraffatto (trattandosi di una fotocopia dell’originale) sul parabrezza dell’autovettura dell’imputato (con la sola parte anteriore in vista) vale, inoltre, ad escludere qualsiasi plausibilità sul discorso defensionale circa una mera dimenticanza di un precedente contrassegno ovvero sulla mancanza di coscienza e volontà nella commissione del reato.

3. Anche il secondo motivo di ricorso non merita accoglimento, non essendosi realizzata alcuna ipotesi di cd. falso grossolano.

Dalla motivazione dell’impugnata decisione si ricava, con assorbente considerazione, come "solo l’attento controllo del vigile, controllo attento proprio perchè finalizzato a verificare che il conducente del furgone avesse titolo per sostare in quell’area, ha potuto rivelare la falsità del documento".

Pertanto, come ripetutamente affermato da questa Sezione (v. Cass. Sez. 5^ 4 e 19 giugno 2008 nn. 36647 e 38720), poichè la configurabilità del reato impossibile di cui all’art. 49 c.p., comma 2, in riferimento all’ipotesi di falso grossolano o inidoneo, richiede che la difformità dal vero sia riconoscibile ictu oculi in base alla sola disamina dell’atto di cui si tratta ne deriva, nel caso di specie, e secondo quanto dianzi espresso come tale evidenza non fosse sussistente.

4. Dal rigetto del ricorso deriva, in conclusione, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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