T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 21-02-2011, n. 294 Carriera inquadramento Mansioni e funzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. – Con ricorso notificato il 14 gennaio 1997 e depositato il successivo 22 gennaio il Sig. F.V., dipendente regionale nel ruolo del Corpo Forestale con qualifica di agente tecnico forestale, espone di avere inoltrato alla propria amministrazione apposita istanza, poi seguita da un atto di diffida e messa in mora, tendente ad ottenere, per un verso, l’indizione di un concorso, per la copertura di posti di dirigente tecnico forestale, da riservare al personale in servizio con la qualifica di agente tecnico, sostenendo di avere espletato con continuità le mansioni proprie della qualifica funzionale di dirigente tecnico forestale; per altro verso, il riconoscimento delle indicate mansioni superiori asseritamente svolte, ai fini della corresponsione delle relative differenze stipendiali.

Espone, altresì, che, in riscontro all’atto di diffida, l’intimato Assessorato, mentre ha esitato negativamente l’istanza di indizione del concorso, nulla ha risposto in ordine alla richiesta di riconoscimento delle mansioni superiori; mentre, medio tempore, il ricorrente è venuto a conoscenza del decreto assessoriale impugnato, asseritamente lesivo della propria posizione giuridica.

B. – Affida il ricorso alle seguenti censure:

1. In ordine al rigetto della richiesta di indizione di un concorso interno per titoli, od esame colloquio

1.1. Violazione dell’art. 3, comma 1, della l.r. n. 10/91 – eccesso di potere per difetto di motivazione.

La motivazione, con cui la resistente amministrazione ha respinto la richiesta di indizione del concorso interno, si presenta generica.

1.2. Violazione degli artt. 8 e seguenti della l.r. n. 10/91 – mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.

Il rigetto dell’istanza di indizione del concorso non è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, di talché il ricorrente non ha potuto presentare osservazioni in ordine all’istanza presentata.

2. In ordine al decreto dell’Assessorato Regionale dell’Agricoltura e delle Foreste del 18.05.1996

2.1. Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione – dell’art. 79 della l.r. n. 16/96.

Il decreto assessoriale impugnato è illegittimo, in quanto adottato in applicazione di una norma – art. 79 l.r. n. 16/96 – incostituzionale, in quanto confliggente con gli artt. 3 e 97 della Carta Fondamentale: la norma, invero, consentendo l’inquadramento del personale tecnico di altri ruoli nel ruolo del Corpo Forestale Regionale, nelle corrispondenti qualifiche, preclude irrazionalmente l’accesso a qualifiche immediatamente superiori a dipendenti, i quali (come il ricorrente) posseggono i relativi titoli di studio per l’accesso ed hanno espletato, anche di fatto, le relative mansioni superiori.

2.2. Violazione degli artt. 30, 31 e 32 del d. lgs. n. 29/93.

In via subordinata, l’impugnato decreto assessoriale è illegittimo per violazione delle norme statali indicate, direttamente applicabili nella Regione Siciliana, in quanto norme di finanza pubblica.

2.3. Illegittimità derivata – mancanza di norma di azione.

L’eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 79 della l.r. n. 16/96 renderebbe illegittimo, per invalidità derivata, il decreto assessoriale di determinazione delle modalità di svolgimento delle prove orali, nonché gli eventuali atti posti in essere successivamente.

3. In ordine al silenzio rifiuto, in relazione al riconoscimento delle mansioni superiori ed alla liquidazione delle differenze stipendiali.

3.1. Eccesso di potere sotto il profilo della manifesta ingiustizia – violazione dell’art. 57 del d. lgs. n. 29/93, sostituito dall’art. 25 del d. lgs. n. 470/93.

Il ricorrente, svolgendo di fatto e continuativamente le mansioni superiori proprie della qualifica di dirigente tecnico forestale, ha diritto al trattamento economico corrispondente all’attività svolta, maggiorato degli interessi e della rivalutazione monetaria.

C. – Chiede, quindi, l’annullamento degli atti impugnati, nonché la condanna della resistente amministrazione alla corresponsione delle differenze stipendiali, con vittoria di spese.

D. – Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il competente Assessorato Regionale, il quale, in vista della pubblica udienza, ha controdedotto alle censure, chiedendo la reiezione del ricorso con ogni conseguente statuizione sulle spese e, in particolare, la specifica statuizione di palese infondatezza della complessiva domanda attorea.

E. – A seguito della dichiarazione resa a verbale dall’avvocato dello Stato Lidia La Rocca all’udienza pubblica del 21 settembre 2010 in ordine al decesso del procuratore del ricorrente, il giudizio è stato interrotto, giusta ordinanza collegiale n. 211 del 05.10.2010.

F. – Con ricorso in riassunzione, notificato il 25.10.2010 e depositato il successivo 28.10.2010, l’odierno ricorrente si è costituito con un nuovo procuratore, il quale ha fatto proprie le difese spiegate nel ricorso introduttivo.

G. – In data 28.01.2011 parte ricorrente ha depositato memoria conclusiva.

H. – Alla pubblica udienza del 11 febbraio 2011, su conforme richiesta dei difensori delle parti, presenti come da verbale, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

1. – Va preliminarmente fatta applicazione dell’art. 73, comma 1, c.p.a., con riferimento alla memoria di replica depositata da parte ricorrente in data 28.01.2011: il mancato rispetto del termine per il deposito delle repliche indicato dalla citata norma processuale preclude al Collegio l’esame del suo contenuto.

Può ora procedersi all’esame del ricorso, il quale è manifestamente infondato.

2. -In ordine al rigetto della richiesta di indizione di un concorso interno per titoli, od esame colloquio.

2.1. – Con riferimento al dedotto difetto di motivazione, va considerato che la P.A. ha correttamente, seppure sinteticamente, motivato la risposta negativa, facendo riferimento al necessario rispetto della normativa in tema di indizione di pubbliche selezioni, la quale disciplina i requisiti per l’ammissione, le modalità di espletamento delle stesse, a seguito di accertate carenze di organico (cfr. nota di diniego prot. n. 30802 del 25.11.1996, in atti).

Ora, nel caso in specie, il ricorrente rivestiva, all’epoca della presentazione dell’istanza, la qualifica di agente tecnico forestale (III livello di inquadramento con II fascia funzionale), pur aspirando a conseguire, tramite l’indizione del richiesto concorso, la qualifica di dirigente tecnico forestale (VIII livello di inquadramento), nel presupposto, dallo stesso dichiarato, di avere svolto di fatto e continuativamente mansioni superiori rispetto alla qualifica in atto rivestita (in particolare, quelle di dirigente tecnico).

La prospettazione attorea è, dunque, nel senso di essere titolare di una posizione di interesse legittimo ad essere inquadrato come dirigente tecnico forestale, anche in ragione dell’indicata pregressa anzianità nello svolgimento di fatto delle correlate mansioni superiori, attraverso lo strumento, ritenuto di doverosa applicazione per l’ente, di un concorso riservato al personale in servizio con la qualifica di agente tecnico.

Invoca nelle istanze, a sostegno di tale assunto, gli artt. 1 della l.r. n. 21 del 1986, e 19, comma 4, della l.r. n. 25 del 1993.

Ora, proprio la normativa invocata da parte ricorrente negli atti di diffida presuppone – coerentemente con la logica delle progressioni – che il passaggio di qualifica e di livello avvenga verso quella immediatamente superiore, evidenziando taluni requisiti, che debbono essere posseduti dai dipendenti inquadrati, per un determinato periodo temporale, nella qualifica immediatamente inferiore (cfr. art. 59, comma 2, lettera a) l.r. 29 ottobre 1985 n.41, aggiunto dall’art. 1 della l.r. n. 21/86); laddove, come rilevato dalla difesa erariale, tra il livello di inquadramento del ricorrente e quello, cui aspira ad essere inquadrato, sussiste una differenza di ben cinque livelli.

Ciò premesso, l’istanza formalizzata dal ricorrente non poteva che ricevere un riscontro negativo, atteso che, in applicazione della normativa regionale ratione temporis vigente, la P.A. regionale non avrebbe in nessun caso potuto indire un concorso per la copertura di posti di dirigente tecnico nei ruoli del Corpo Forestale secondo le modalità prospettate dal ricorrente (riservato al personale con la qualifica di agente tecnico), essendo la progressione di carriera per un verso ancorata a criteri oggettivi e predeterminati ex lege; per altro verso, a scelte discrezionali legate alle esigenze organizzative degli enti.

La prima censura va, pertanto, senz’altro disattesa.

2.2. – Priva di fondamento è anche la censura, con cui si lamenta la mancata previa comunicazione di avvio del procedimento, per un duplice ordine di considerazioni.

In primo luogo, la norma, di cui il ricorrente invoca l’applicazione – art. 8 l.r. n. 10/91 – nella formulazione in vigore all’epoca di presentazione dell’istanza (1996), non conteneva alcun riferimento alla comunicazione di avvio del procedimento nelle ipotesi di istanze di parte; di talché si era consolidato un orientamento – ancora oggi prevalente – secondo cui, in caso di procedimenti ad istanza di parte, nessun obbligo di comunicazione del relativo avvio gravava sulla P.A., essendo l’istante perfettamente a conoscenza del procedimento amministrativo da lui stesso avviato con la presentazione della domanda.

Come accennato, tale orientamento non risulta scalfito dall’inserimento dell’inciso – nell’art. 8 della l. n. 241/90, del comma 2 cter (inserito dall’art. 5 della l. n. 15/2005); e nel corrispondente art. 9, lettera f, della l.r. n. 10/91 (aggiunta dall’art. 23, co. 1, lettera d), l.r. n. 17/2004) – per cui nei procedimenti ad iniziativa di parte, nella comunicazione di avvio deve essere indicata la data di presentazione della relativa istanza; per cui l’omessa comunicazione di avvio del procedimento non inficia l’atto finale in caso di procedimento azionato su istanza di parte (Consiglio di Stato, IV, 7 aprile 2010, n. 1986; VI, 19 novembre 2009, n. 7283; T.A.R. Calabria, Catanzaro, I, 20 maggio 2010, n. 796; T.A.R. Campania, Napoli, VI, 30 aprile 2009, n. 2224).

In secondo luogo, va considerato che, per quanto esposto nel superiore punto 1.1, in ogni caso l’invocata comunicazione non avrebbe potuto condurre ad un risultato diverso; né parte ricorrente indica alcun ulteriore apporto – oltre a quello già offerto con le due istanze presentate alla P.A. – che, in tesi, avrebbe potuto condurre l’amministrazione procedente ad accogliere le sue richieste, del tutto disancorate da qualsivoglia parametro normativo.

3. -In ordine al decreto dell’Assessorato Regionale dell’Agricoltura e delle Foreste del 18.05.1996 e alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 79 della l.r. n. 16/96

3.1. – Il Collegio deve preliminarmente rilevare l’inammissibilità delle censure articolate avverso il menzionato decreto assessoriale, per tardività e, in ogni caso, non meritevoli di accoglimento.

Va rilevato, infatti, che il decreto, datato 18 maggio 1996, è stato pubblicato nella G.U.R.S. n. 9 del 31 agosto 1996; mentre il ricorso risulta notificato in data 14 gennaio 1997.

Peraltro, detto decreto non si presenta – come sembrerebbe prospettare parte ricorrente – come atto pregresso, rispetto al provvedimento di diniego impugnato, il quale, in tesi e se non immediatamente lesivo, avrebbe potuto essere impugnato unitamente all’atto applicativo concretamente lesivo; bensì, viene in rilievo come atto generale emanato in applicazione di una puntuale norma regionale, il quale non presenta alcun collegamento con gli altri atti impugnati, costituendo un atto della peculiare procedura di inquadramento di una parte del personale, come disciplinata dall’art. 79 della l.r. n. 16/96.

Ciò premesso, poiché detto atto è stato pubblicato, con valore di notifica per i soggetti direttamente interessati, e con valore di pubblicità legale per tutti i soggetti terzi (rispetto alla procedura), lo stesso, andava impugnato entro il termine decadenziale di gg. 60 decorrenti da detta pubblicazione; mentre il ricorso è stato notificato solo in data 14 gennaio 1997.

Senza considerare che, stante la peculiare procedura – la quale consente il passaggio orizzontale nelle corrispondenti qualifiche (dirigente tecnico e assistente tecnico forestale) di personale così inquadrato in altri ruoli dell’amministrazione regionale – non si riscontra alcun interesse concreto ed attuale all’impugnativa di tale atto.

Infatti, dall’eventuale rimozione della norma regionale (e dalla conseguente caducazione del decreto impugnato) parte ricorrente non potrebbe conseguire alcuna concreta utilità, non potendo, in ogni caso, aspirare ad essere inquadrato nell’auspicata qualifica di dirigente tecnico forestale, essendo, all’epoca dell’instaurazione della controversia, inquadrato nella qualifica, non immediatamente inferiore, di agente tecnico forestale.

3.2. – Quanto alla prospettata questione di legittimità costituzionale, riferita all’art. 79 della l.r. n. 16 del 1996 – di cui il decreto assessoriale impugnato ha fatto applicazione – la stessa va ritenuta manifestamente infondata, atteso che la procedura disciplinata da tale norma, oltre a comportare un passaggio orizzontale tra ruoli della medesima amministrazione regionale – e non già una progressione verticale – è stata prevista con precise e ristrette cadenze temporali (cfr. art. 79, comma 3, citato); e tenendo conto, altresì, della circostanza che, in considerazione della oggettiva diversità di posizione del ricorrente rispetto ai soggetti presi in considerazione dalla menzionata norma regionale, nessuna palese violazione dell’art. 3 Cost. appare rilevabile al Collegio.

Né, sotto alcun profilo, potrebbe venire in rilievo la circostanza che il ricorrente assume, peraltro solo labialmente, di avere prestato di fatto mansioni superiori: e ciò per un duplice ordine di ragioni: in primo luogo, in quanto detta affermazione non trova alcun riscontro documentale; in secondo luogo, in quanto, anche a ritenere che il predetto abbia espletato mansioni superiori – addirittura come dirigente tecnico forestale – non potrebbe conseguire alcuna progressione e, quindi, alcun migliore inquadramento giuridico, per le ragioni che saranno esposte tra breve.

3.3. – Quanto, poi, alla dedotta illegittimità del decreto assessoriale per asserita violazione degli artt. 30, 31 e 32 del d. lgs. n. 29/93, valgono le stesse considerazioni fatte in ordine all’inammissibilità della censura, sia per tardiva impugnazione del decreto; sia per carenza di interesse.

Non senza considerare, peraltro, la circostanza che il decreto impugnato si è limitato a fare applicazione del citato art. 79, comma 2, della l.r. n. 16/96, determinando le modalità e le materie dell’esamecolloquio.

Quanto, poi, all’asserita diretta applicabilità delle norme statali menzionate, va rammentato che la Regione Siciliana ha potestà legislativa esclusiva, tra l’altro, nella materia dell’ordinamento degli uffici e degli enti regionali (art. 14 lettera p, Statuto); di talché le norme nazionali hanno potuto trovare applicazione nell’ordinamento regionale in virtù del rinvio dinamico contenuto nell’art. 1, comma 2, della L.R. n. 10/2000, il quale stabilisce che "Per quanto non previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche e integrazioni…… ".

Il generale rinvio dinamico alla normativa statale operato dal legislatore regionale comporta che per le fattispecie non disciplinate autonomamente dalla legge regionale (10/2000) ("per quanto non previsto") si applicano le disposizioni statali vigenti al momento della loro applicazione; laddove, proprio in tema di individuazione degli uffici e determinazione delle piante organiche il legislatore regionale ha sempre esercitato la propria prerogativa, emanando norme ad hoc (vedasi, per esempio, la l.r. n. 41/1985; la richiamata l.r. n. 10/2000; nonché, proprio in tema di corpo forestale regionale, la citata l.r. n. 16/96).

3.4. – La rilevata infondatezza della seconda articolata censura rende priva di consistenza la censura di invalidità derivata.

4. In ordine al silenzio rifiuto, in relazione al riconoscimento delle mansioni superiori ed alla liquidazione delle differenze stipendiali.

Vale la pena chiarire subito che, alla fattispecie in esame, non sono applicabili – come invece postulato dal ricorrente – né l’art. 36 della Costituzione, né l’art. 2126 c.c..

Con riferimento, in particolare, alla dedotta applicabilità dell’art. 36 della Costituzione e dell’art. 2126 c.c., per consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa – da cui il Collegio, che lo condivide, non ravvisa motivi per discostarsi in ordine al caso in esame – nell’ambito del lavoro subordinato pubblico, le mansioni svolte dal dipendente, superiori a quelle dovute sulla base dell’atto di costituzione del rapporto o d’inquadramento, sono del tutto irrilevanti sia ai fini economici che di progressione in carriera, salvo che una norma non disponga espressamente altrimenti, e salvo il diritto alle differenze retributive per il periodo successivo all’entrata in vigore dell’art. 15 del D. Lgs. 29 ottobre 1998 n. 387, modificativo dell’art. 56 del D. Lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 26 settembre 2008, n. 4642; sez. VI, 16 settembre 2008, n. 4345; sez. V, 14 aprile 2008, n. 1687; 28 marzo 2008, n. 1309).

Infatti, nessun principio generale consente la retribuibilità delle predette mansioni superiori, a causa dell’inapplicabilità al pubblico impiego dell’art. 13 della legge 20 maggio 1970 n. 300 e dell’art. 2103 c.c., nonché dell’inconferenza in questa materia dell’art. 2126 c.c. e dell’art. 36 della Carta Fondamentale, l’operatività di quest’ultima norma trovando nel successivo art. 97 un limite invalicabile (Consiglio di Stato, sez. V, 28 maggio 2004, n. 3437).

Va, poi, richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, nella materia del pubblico impiego, vige il principio della c.d. rigidità della qualifica, al quale fa riscontro (costituendone un riflesso) quello della necessaria corrispondenza tra qualifica rivestita e funzioni esercitate; sicché non può costituire titolo ad ottenere un più favorevole inquadramento (salvo eccezioni espressamente stabilite dalla legge) l’eventuale svolgimento di mansioni superiori a quelle proprie della qualifica rivestita; e ciò, anche nell’ipotesi di conferimento delle stesse con formale provvedimento di incarico (ex plurimis: Consiglio di Stato, sez. IV, 24 dicembre 2008, n. 6571; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 2 luglio 2008, n. 6681).

Ciò premesso, va altresì notato che, nel caso in esame, non potrebbe trovare applicazione neppure la disciplina generale per tutti i dipendenti del pubblico impiego privatizzato, introdotta con l’art.57 del D. Lgs. n. 29/1993, di cui parte ricorrente invoca l’applicazione.

Detta disciplina generale, invero, non ha mai avuto pratica attuazione, poiché la sua entrata in vigore è stata prima subordinata all’emanazione, per ciascuna Amministrazione, dei provvedimenti di ridefinizione delle piante organiche, poi è stata, a più riprese, differita nel tempo, finché l’art. 43 del D. Lgs. n.80/1998 ne ha disposto l’abrogazione.

La materia è stata poi disciplinata dal nuovo testo dell’art. 56 del citato d.lgs. n. 29/1993, come introdotto dall’art. 25 del d.lgs. n. 80/1998, il quale rinviava ancora una volta la retribuibilità delle mansioni superiori in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi (e con la decorrenza da questi stabilita). Fino a tale data, secondo la disciplina in parola, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici (in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2006, n. 2705).

E’ con l’art. 15 del d. lgs. n. 387/98 che il legislatore ha manifestato la volontà di rendere anticipatamente operativa la disciplina dell’art. 56, almeno con riguardo al diritto del dipendente pubblico, che ne abbia svolto le funzioni, al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore.

Tale diritto, pertanto, va riconosciuto con carattere di generalità a decorrere dall’entrata in vigore del D.L.vo n. 387/1998 (e cioè dal 22 novembre 1998).

Prima di tale data – e quindi anche nel periodo in cui sarebbero, in tesi, avvenute le prestazioni di cui il ricorrente chiede la remunerazione – lo svolgimento di mansioni superiori nell’ambito del pubblico impiego è stato e viene ritenuto del tutto irrilevante, considerato che la retribuzione delle stesse in assenza di una specifica norma legittimante contrasterebbe, secondo l’ormai costante giurisprudenza, "con i principi di buon andamento ed imparzialità dell’Amministrazione, nonché con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità proprie dei funzionari" (Consiglio di Stato, Ad. plen., 23 marzo 2006, n. 3; 18 novembre 1999, n. 22; cfr., altresì, Consiglio di Stato, IV, 16 luglio 2010, n. 4596; VI, 4 febbraio 2010, n. 502; V, 16 giugno 2009, n. 3898; C.G.A. in sede giurisd., 21 luglio 2008, n. 646;16 ottobre 2007, n. 971; 20 gennaio 2003, n. 32; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 14 ottobre 2009, n. 5555; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 21 luglio 2009, n. 1894).

E poiché, come precisato dall’Adunanza Plenaria nelle decisioni sopra richiamate, il riconoscimento legislativo del diritto di che trattasi, nei termini appena precisati, possiede un evidente carattere innovativo e non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse, esso non può trovare applicazione nei confronti dell’odierno ricorrente, la cui pretesa è relativa ad epoca anteriore (Consiglio di Stato, VI, 3 febbraio 2011 n. 758; V, 9 marzo 2010, n. 1382).

5. In conclusione, alla luce delle su esposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto, in quanto manifestamente infondato.

6. Avuto riguardo al lungo lasso di tempo trascorso dalla proposizione del ricorso, si ritengono sussistere le gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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