Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-04-2011, n. 8180 Imposta valore aggiunto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Alla società in nome collettivo Edilstrade 88 di Gilberto Cesari & C. era notificato in data 22 dicembre 2001 avviso di accertamento di maggiore imposta, interessi e sanzioni dovuti a seguito di omissione della dichiarazione IVA 1995. Mancata l’impugnazione dell’avviso di accertamento, il credito era iscritto a ruolo ed il 6 marzo 2003 era notificata cartella di pagamento. La società, in persona dei due soci amministratori, impugnava la cartella adducendo a motivo che, con sentenza 12 marzo 1992, era stata dichiarata fallita. La CTP accoglieva il ricorso e la CTR rigettava l’appello dell’Ufficio.

Questo ricorre per la cassazione della sentenza d’appello con. un motivo. La società non si è difesa.

MOTIVI
Motivi della decisione

Premesso come pacifico in causa che la procedura fallimentare invocata dalla contribuente si era chiusa in data 31 dicembre 1996, la CTR ha ritenuto illegittima la richiesta dell’Ufficio "per due ordini di motivi".

Il primo riguarda la nullità della notifica (non è specificato di quale atto) che, secondo la sentenza impugnata, andava correttamente effettuata al curatore della procedura essendo la eventuale violazione avvenuta nel periodo di vigenza della procedura fallimentare.

Il secondo è incentrato sulla mancanza di prova del credito erariale. La affermazione viene specificata anche (o esclusivamente – non si comprende) con riferimento al fatto che nel 1995, anno al quale si riferisce l’imposizione, la società era ancora fallita.

Col ricorso si deduce che il fallimento invocato dalla società contribuente (n. 51925 del Tribunale di Roma) concerneva non la Edilstrade 88 s.n.c. di Gilberto Cesari e C. ma la s.n.c. Lavori Edili e Stradali. Si assume che, poichè quest’ultima faceva capo ai medesimi soci della Edilstrade 88, essi erano falliti in proprio in base all’art. 149, L. Fall., ma il loro fallimento personale non si era esteso alla diversa società fra gli stessi costituita (Edilstrade 88), che era stata posta in liquidazione volontaria il 29.12.1997 in applicazione dell’art. 2288 c.c. e art. 2272 c.c., comma 1, n. 4.

La questione in tal modo sollevata non può essere presa in considerazione, perchè non risulta prospettata nel corso del giudizio di merito.

La prima ratio decidendi della sentenza impugnata è censurata dall’Agenzia denunziando violazione di legge ( R.D. n. 267 del 1942, artt. 120, 147, 149, e art. 2272 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c.) sul rilievo che, sia al momento dell’accertamento (2001) e della notifica del relativo avviso, che alla successiva data della notifica della cartella di pagamento, il fallimento era chiuso da tempo e quindi nessuna legittimazione del curatore era ipotizzabile.

La doglianza è inammissibile per irrilevanza, giacchè non potrebbe condurre alla cassazione della sentenza impugnata, fondata anche su diversa autonoma ratio non impugnata. La CTR ha invero anche osservato che l’amministrazione finanziaria non ha dato prova della formazione del credito vantato e comunque la società non sarebbe responsabile del debito tributario essendo quest’ultimo sorto durante la procedura fallimentare. Al riguardo il ricorso non appare opporre alcuna censura: mentre per quanto riguarda il secondo e più specifico profilo potrebbe rilevarsi – ma ben difficilmente potrebbe farlo la Corte senza che la questione abbia formato oggetto di uno specifico motivo – che la dichiarazione annuale del 1995 andava fatta dal febbraio al maggio 1996 e cioè quando la società era già ritornata in bonis; non vi è nulla, nel ricorso, che possa essere interpretato come contestazione della motivazione secondo cui l’amministrazione finanziaria non ha dato alcuna prova dei presupposti sui quali si basa il credito erariale.

Occorre anche rilevare che a tale ratio decidendi il ricorso non oppone la intervenuta definitività dell’accertamento, benchè nel corso del giudizio di merito l’Agenzia delle entrate avesse eccepito l’inammissibilità dell’impugnazione della cartella anche sotto tale profilo. In mancanza di una esplicita e specifica censura al riguardo, la Corte di cassazione non può rilevare d’ufficio tale vizio della sentenza impugnata.

Va quindi respinto il ricorso, senza decisione in punto spese, giacchè la parte privata non si è difesa.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *