Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-12-2010) 23-02-2011, n. 7035 Falsità ideologica in atti pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

V.P. era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Perugia, del reato di cui agli artt. 110 e 479 c.p., perchè, nella sua qualità di pubblico ufficiale, in concorso morale con altri due, ricevendo un atto nell’esercizio delle sue funzioni, (notifica di trasferimento di diritto al premio AIMA), autenticava falsamente le firme di M. e C.M.B..

Con sentenza del 21 ottobre 2003, il GUP del Tribunale, pronunciando con le forme del rito abbreviato, dichiarava il V. colpevole del reato in contestazione e, per l’effetto, concesse le attenuanti generiche ed applicata la diminuente di rito, lo condannava alla pena ritenuta di giustizia.

Pronunciando sul gravame proposto dall’imputato, la Corte di Appello di Perugia, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza impugnata, concedeva all’imputato il beneficio della non menzione, confermando nel resto.

Avverso la pronuncia anzidetta, il difensore ha proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Il primo motivo del ricorso denuncia violazione di legge, con riferimento agli artt. 42,47 e 479 c.p., nonchè vizio di motivazione in relazione all’art. 606, lett. b) ed e) nella parte in cui il giudice di merito aveva ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato in contestazione, tenuto peraltro conto del fatto che l’attestazione dell’imputato era non già di presenza, ma di sola conoscenza personale del sottoscrittore.

Il secondo motivo deduce violazione di legge, con riferimento agli artt. 479 e 480 c.p. nonchè art. 2699 c.c. in relazione all’art. 606, lett. b) ed e). Lamenta, al riguardo, che l’originaria contestazione ai sensi dell’art. 479 c.p. non sia stata derubricata nella meno grave ipotesi delittuosa di cui all’art. 480 c.p., peraltro prescritta, tenuto conto che l’atto in questione (notifica di trasferimento di diritto di premio AIMA) era mera certificazione amministrativa. In secondo luogo, non si era tenuto conto che il soggetto agente era delegato dal Sindaco alle autentiche che, sebbene pubblico ufficiale, non era comunque un notaio, donde l’attenuazione del rigore espresso dal principio di diritto enunciato nella sentenza richiamata in motivazione.

2. – Il ricorso in questione si colloca in area assai prossima all’inammissibilità, involgendo questioni di merito ovvero riproponendo tesi già motivatamente rigettate in sede di gravame, senza alcun specifico rilievo critico alle argomentazioni in forza delle quali la Corte di merito ha motivato quel rigetto. Ad ogni modo, le censure che sostanziano l’impugnativa sono destituite di fondamento.

Lo è la prima, relativa alla pretesa insussistenza dell’elemento soggettivo del reato in questione, in ragione della pretesa buona fede dell’imputato, posto che la Corte di merito ha ampiamente e congruamente spiegato le ragioni per le quali nella condotta dell’imputato, che aveva attestato che le false firme erano state apposte in sua presenza previa identificazione dei dichiaranti, non era dato ravvisare alcun profilo di incolpevole leggerezza, osservano – con richiamo a pacifico insegnamento i questa Corte regolatrice – che ai fini della configurazione del reato di falso ideologico è sufficiente il dolo generico, costituito dalla volontà e consapevolezza della falsa attestazione, non essendo richiesto nè l’animus nocendi nè l’animus decipiendi.

Infondata è anche la seconda doglianza, posto che è ineccepibile il rilievo del giudice a quo, secondo cui l’autentica di firma, alla quale era chiamato l’imputato in ragione delle sue attribuzioni, integra – in caso di falsa attestazione – gli estremi del reato di cui all’art. 479 e non già della meno grave fattispecie delittuosa di cui all’art. 480 c.p. (cfr., da ultimo, Cass. sez. 5, 15.5.2009, n. 25894, rv. 243900).

3. – Per quanto precede, il ricorso – globalmente considerato – deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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