T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, Sent., 21-02-2011, n. 288 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente società Italgas è affidataria sin dal 1988 del servizio di distribuzione gas nel territorio del Comune di Casale di Scodosia, giusto contratto di concessione n.7 sottoscritto in data 29.1.1988 dal Consorzio del Montagnese (ente di diritto pubblico comprendente anche il Comune intimato) e la società M.C., dante causa della ricorrente.

Per effetto delle previsioni di cui al comma 5 dell’art. 15 del D.lgs. n. 164/2000 e del comma 1 dell’art. 23 del D.L. n. 273/2005, il periodo di concessione a favore della ricorrente, in possesso dei requisiti prescritti, è stato prorogato ex lege sino alla data del 31.12.2009.

Come consentito dal secondo comma del richiamato art. 23, il Comune, con le delibere impugnate (D.C.C. n. 51 del 19.12.2009 e D.G.C. n. 142 del 29.12.2009), ha deciso di avvalersi della possibilità di prorogare la concessione di un ulteriore anno, sino alla data del 31.12.2010, per motivi di pubblico interesse, riconducibili alla necessità di disporre del tempo necessario per completare il processo di aggregazione spontanea del servizio fra più comuni della zona e quindi bandire una gara unitaria per l’individuazione di un unico concessionario.

Con il ricorso in oggetto e per i motivi in esso dedotti, la società Italgas impugna le due delibere comunali nella parte in cui hanno disposto, in assenza di idonea motivazione e della necessaria comparazione degli opposti interessi coinvolti, l’applicazione, con decorrenza retroattiva relativamente all’anno 2009, nonché per l’ulteriore anno di proroga deliberato, sino al 31.12.2010, con decorrenza 1 gennaio 2010, dell’incremento del canone concessorio nella misura massima ammessa dal comma 4 dell’art. 46bis del D.lgs. n. 159 del 2007 (pari al 10% del vincolo sui ricavi della distribuzione di cui alla delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 237 del 2010).

L’amministrazione comunale si è costituita in giudizio, controdeducendo ai motivi di ricorso, affermando la legittimità della determinazione assunta dal Comune in punto adeguamento del canone concessorio, concludendo per la reiezione del gravame a tale riguardo proposto.

All’udienza del 19.1.2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente, il Collegio ritiene di dover affermare (pur in assenza di una specifica eccezione da parte della difesa resistente, ma alla luce delle argomentazioni spontaneamente dedotte nella propria memoria conclusiva dalla ricorrente) la sussistenza nella fattispecie in oggetto della propria giurisdizione, trattandosi di controversia attinente la determinazione di un incremento del canone concessorio, operata in via autoritativa dal Comune, sulla base delle motivazioni addotte, a seguito di una valutazione discrezionale circa la necessità di incrementare l’importo dovuto dal concessionario durante il periodo di proroga della concessione.

Invero, concordemente con l’impostazione richiamata dalla difesa ricorrente, pur a fronte delle attuali disposizioni normative che escludono dall’ambito della competenza esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi le controversie relative ai canoni, si ritiene si debba comunque riconoscere la sussistenza della giurisdizione del giudice adito nell’ipotesi in cui la controversia abbia per oggetto provvedimenti con i quali, come nel caso di specie, l’incremento del canone non sia derivato dalla mera applicazione delle modalità previste dalla legge in ordine alla misura dei canoni che i gestori del servizio debbono corrispondere alle amministrazioni comunali, bensì sia conseguenza dell’esercizio di poteri autoritativi, fondati su una valutazione di carattere discrezionale circa l’opportunità dell’incremento, idonei quindi ad incidere sul contenuto del rapporto concessorio (per la cui valutazione il giudice amministrativo ha giurisdizione esclusiva).

Ciò premesso in punto giurisdizione, il Collegio, valutati i motivi dedotti, ritiene che il ricorso sia meritevole di accoglimento.

Fondato risulta, infatti, il primo motivo di doglianza, con il quale parte ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 46bis del D.L. n. 159/2007, introdotto in sede di conversione dalla legge n. 222/2007, degli artt. 14 e 15 del D.lgs. 164/2000, dell’art.23 del D.L. 273/2005, conv. in L. n. 51/2006 e dell’art. 23bis del D.L. n. 112/2008, conv. in L. 147/2008, nonché il vizio di eccesso di potere per travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria, erroneità della motivazione, sviamento.

Sostiene parte ricorrente che la decisione dell’amministrazione comunale di procedere, esaurito il periodo di proroga ex lege della concessione, ad un ulteriore periodo di proroga assistito dall’incremento pari al 10% del cannone concessorio non trovi fondamento nella normativa richiamata.

Secondo la difesa istante, premesso che l’istituzione del bacini ottimali di utenza non costituisce condizione necessaria per l’indizione delle gare per la scelta del nuovo concessionario e che il prolungamento della concessione è frutto di una scelta discrezionale del Comune, non appare legittima la decisione di incrementare il canone, gravando così l’attuale concessionario in regime di proroga dell’onere economico derivante dall’aumento imposto, onere che, diversamente, laddove fossero state esperite le procedure di selezione pubblica per l’individuazione del nuovo affidatario del servizio, sarebbe stato sopportato da quest’ultimo sulla base della miglior offerta presentata in sede di gara.

Ne deriva che l’applicazione della previsione contenuta nell’art. 46bis, che consente l’incremento percentuale del canone concessorio in essere, non può trovare applicazione nel caso del Comune intimato, non sussistendo le condizioni formali (proroga discrezionale e non legale) e sostanziali (l’avvio tempestivo delle gare, che avrebbe assicurato per il 2011 il canone più redditizio offerto dal nuovo concessionario).

A confutazione delle argomentazioni dedotte dalla difesa istante, l’amministrazione comunale svolge una serie di considerazioni, con le quali concorda in primo luogo sul fatto che la mancata definizione dei bacini ottimali di utenza non costituisce ostacolo all’indizione delle procedure pubbliche per l’affidamento del servizio.

Al contempo, la resistente evidenzia le ragioni di interesse pubblico sottese alla disposta proroga della concessione e la destinazione prevista per gli introiti derivanti dall’incremento dell’attuale canone di concessione, volto a "…riequilibrare, seppur in minima parte, nelle more della procedura di riaffidamento del servizio secondo criteri concorrenziali, le condizioni economiche di esercizio del servizio, a vantaggio,…non genericamente delle casse comunali, ma con specifico vincolo di destinazione all’attivazione di meccanismi di tutela per le fasce deboli di utenti" (così testualmente nel controricorso).

Poiché, dunque, risultano distinti i due profili evidenziati dal legislatore (possibilità di incremento del canone a partire dal 1 gennaio 2008 e avvio delle procedure di gara nei due anni successivi dall’individuazione dei bacini ottimali di utenza), la decisione assunta dall’amministrazione di procedere all’incremento del canone sia per il 2009 che per il periodo di ulteriore proroga della concessione deliberato dal consiglio comunale, risulta del tutto conforme al dettato ed alla finalità sottesa alle norme richiamate, che mirano, infatti, a consentire il riequilibrio (nelle more dell’espletamento delle nuove gare) delle condizioni economiche del servizio.

L’interpretazione seguita dall’amministrazione comunale non può essere condivisa.

Va in primo luogo ribadito un primo profilo, sul quale peraltro entrambe le difese sostanzialmente concordano e cioè sul fatto che la mancata individuazione dei bacini ottimali di utenza non costituisce ex sé impedimento all’avvio delle procedure di selezione pubblica per l’affidamento della gestione del servizio di distribuzione del gas.

A tale proposito merita di essere richiamato l’orientamento già manifestato da questo Tribunale in occasione della pronuncia n. 6477/2010, nella quale (concordando con quanto già statuito dal T.A.R. Brescia, II Sezione, n. 218/2010) è stato affermato che i Comuni possono comunque indire pubbliche gare per l’affidamento del servizio, pur nelle more della definizione dei bacini di utenza.

Se, infatti, la funzione di questi ultimi è quella di razionalizzare il servizio e quindi di conseguire economie di scala grazie agli accorpamenti di più Comuni che comprendono un congruo bacino di utenza, nulla tuttavia impedisce alle singole amministrazioni di attivarsi medio tempore indicendo le pubbliche gare per l’affidamento del servizio secondo canoni concorrenziali, idonei ad assicurare il rispetto dei principi di libera concorrenza e trasparenza, nonché la corresponsione di un canone più redditizio per le casse comunali.

Viene quindi esclusa la percorribilità di un criterio interpretativo che giustifichi il blocco delle gare sino alla creazione dei bacini ottimali, tenendo conto peraltro della natura ordinatoria dei termini assegnati per la loro individuazione, ben potendo essere rinviato il procedimento di aggregazione ad epoca successiva all’individuazione dei nuovi gestori, i quali potrebbero essere successivamente sollecitati, anche attraverso misure di incentivazione, alla gestione in forma associata del servizio.

Al contempo, va riconosciuto che l’incremento del canone, previsto sino alla misura massima del 10% del VRD, assume, per espressa previsione normativa, la funzione di assicurare alle finanze comunali una compensazione per i minori introiti conseguiti (rispetto a quelli, certamente più vantaggiosi per effetto delle dinamiche concorrenziali, ottenibili all’esito delle gare) durante il periodo di proroga.

Il che, tuttavia, non può portare a concludere che detto incremento possa essere imposto nel prolungamento del periodo transitorio, senza che l’amministrazione si sia contestualmente attivata (si ribadisce, indipendentemente dall’individuazione dei bacini di utenza, per quanto sopra ricordato) per l’esperimento della gara per l’affidamento del servizio al nuovo gestore.

L’incremento percentuale previsto dalla legge non può, infatti, essere interpretato ed utilizzato dalle amministrazioni quale mero corrispettivo per il prolungamento della gestione, in via transitoria, del servizio da parte dell’attuale gestore.

Lo stesso tenore letterale dell’art.46bis consente di avallare le suddette conclusioni: invero, al quarto comma, è stabilito che "A decorrere dal 1° gennaio 2008, i comuni interessati dalle nuove gare di cui al comma 3" – gare per ciascun bacino di utenza individuato – "possono incrementare il canone delle concessioni di distribuzione, solo ove minore e fino al nuovo affidamento, fino al 10 per cento del vincolo sui ricavi di distribuzione….destinando prioritariamente le risorse aggiuntive all’attivazione di meccanismi di tutela relativi ai costi dei consumi del gas da parte delle fasce deboli di utenti".

La dizione della norma è in primo luogo chiara nel riferire la possibilità di incremento del canone alla decorrenza 1° gennaio 2008, data che, all’epoca della sua introduzione, identificava la cessazione degli effetti della proroga ex lege delle concessioni in corso sino al dicembre 2007, così come stabilito dall’art. 23 del D.L. 275/2005, proroga ulteriormente slittata sino al 31.12.2009, per cui il suddetto riferimento normativo deve essere inteso a partire dal 1° gennaio 2010.

Tale riferimento temporale, coincidente con la scadenza del regime di proroga stabilito dal legislatore, è strettamente collegato con la previsione dell’indizione delle nuove gare, essendo evidente la necessità che, una volta scaduto il periodo di proroga, i comuni si attivino per dare reale attuazione alla ratio della previsione normativa che impone l’individuazione dei soggetti affidatari del servizio mediante pubbliche gare.

Quindi, la regola generale è quella per cui, esaurito il periodo di proroga, i comuni si attivino avviando le procedure di pubblica selezione del concessionario (anche senza attendere l’individuazione dei bacini di utenza).

Saranno poi proprio quei comuni che si sono attivati in tal senso ("interessati dalle nuove gare") a potersi avvalere della possibilità di imporre un incremento percentuale del canone concessorio, fino al nuovo affidamento, sulla base dell’evidente esigenza di non pregiudicare gli introiti ottenibili nelle more della definizione delle procedure di gara.

In altri termini, la ratio della norma, nonché il suo limite intrinseco, è costituito dal collegare la facoltà di incremento percentuale del canone alla scadenza del periodo di proroga previsto dal legislatore ed alla necessità di avvantaggiare sin da tale momento i comuni, consentendo loro di introitare un maggior canone (in rapporto percentuale con quello attualmente corrisposto dal gestore uscente) nelle more della definizione delle procedure concorsuali per l’individuazione del nuovo affidatario, opportunamente selezionato nel rispetto dei principi di concorrenza e trasparenza.

Laddove poi si verifichi l’eventualità di una proroga ulteriore, in quanto le amministrazioni, pur in presenza di due periodi di proroga concessi direttamente dal legislatore, hanno ritenuto discrezionalmente di far proseguire il rapporto in corso ancora per un altro anno, ciò non può comportare anche il ricorso all’incremento percentuale del canone, atteso che tale decisione, liberamente assunta dall’ente, presuppone l’omesso tempestivo avvio delle procedure di selezione, presupposto stabilito espressamente dalla norma per giustificare l’incremento del canone.

Né, peraltro, è possibile ritenere che l’inciso "interessati dalle nuove gare" sia riferito in termini generici ai comuni che debbono provvedere a tali incombenze, senza tuttavia imporre il loro immediato avvio, anche in considerazione della necessità di individuare i bacini di utenza.

Invero, una simile conclusione risulterebbe esorbitante rispetto alla evidente ratio della norma qui richiamata, che è quella di compensare i comuni dei minori introiti percepiti, sulla base dei canoni attuali, unicamente nelle more delle gare per l’individuazione dei nuovi affidatari e relativi canoni di concessione, sicuramente più vantaggiosi per effetto delle dinamiche concorrenziali.

Il che porta a concludere nel senso che in situazione di proroga, prima legale e poi per motivi di pubblico interesse, così come delibati dall’amministrazione comunale, nessun incremento percentuale del canone è imponibile a carico degli attuali concessionari, essendo tale eventualità possibile solo al termine anche dell’ulteriore periodo di proroga, nelle more del perfezionamento delle procedure per la scelta del nuovo concessionario mediante pubblica gara.

Per le medesime considerazioni risulta del tutto illegittima la previsione, parimenti contenuta nella delibera impugnata e puntualmente censurata da parte ricorrente con il secondo motivo di ricorso, circa l’applicazione retroattiva dell’incremento del canone per l’anno 2009.

A tale riguardo, infatti, non può essere condiviso l’assunto difensivo del Comune secondo il quale, atteso il riferimento temporale contenuto nel comma 4 dell’art. 46bis "A partire dal 1 gennaio 2008..", la possibilità di applicare l’incremento percentuale del canone sarebbe consentita a partire da tale data, così giustificando gli aumenti imposti con la delibera impugnata a partire dall’anno 2009.

Come già evidenziato, il riferimento temporale contenuto nella norma è riconducibile alla scadenza del primo biennio di proroga legale concesso alle concessioni in essere, con l’evidente implicazione per cui – richiamate le considerazioni sopra espresse – a partire da tale data, cessata la proroga legale ed avviate concretamente le procedure pubbliche di selezione del nuovo gestore, sarebbe stato possibile incrementare l’importo dovuto dal concessionario.

Ciò detto, deve inoltre essere evidenziato come un simile modo di procedere incida illegittimamente, in quanto operato a posteriori, sul contenuto patrimoniale del rapporto concessorio in essere, così violando il principio dell’affidamento e della certezza dei rapporti giuridici, intervenendo retroattivamente sull’ammontare del canone relativo al biennio pregresso.

La fondatezza del primo e del quarto motivo di doglianza risulta del tutto assorbente rispetto alle ulteriori censure dedotte in ricorso.

Tuttavia, non può non essere sottolineata la fondatezza anche dell’ulteriore censura dedotta con riferimento alla violazione delle garanzie di partecipazione, con specifico riguardo al punto della delibera oggetto di controversia, ossia l’incremento del canone.

La specificità della determinazione assunta dall’amministrazione, pur essendo riconducibile alle previsioni in materia tariffaria, aventi un contenuto di carattere generale, assume nella fattispecie valenza del tutto particolare, essendo destinata ad incidere, per effetto di una scelta operata dall’amministrazione, sull’entità del canone da corrispondere durante l’ulteriore periodo di proroga concesso e quindi sul contenuto del rapporto concessorio in essere.

Il che doveva comportare la preventiva comunicazione circa l’intenzione dell’amministrazione di imporre, in concomitanza con la proroga della concessione, anche l’incremento del canone, dando così la possibilità al gestore di valutare la sostenibilità dell’aggravio delle condizioni economiche della prestazione del servizio derivanti da tale decisione.

Per tali considerazioni, quindi, il ricorso può trovare accoglimento, con conseguente annullamento in parte qua delle delibere impugnate.

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla in parte qua i provvedimenti impugnati.

Compensa le spese e competenze del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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