Cons. Stato Sez. V, Sent., 22-02-2011, n. 1097 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A) – Il comune di Lecce bandiva un pubblico incanto per l’"affidamento in concessione del servizio per l’esecuzione degli accertamenti e delle ispezioni per il controllo del rendimento di combustione e dello stato di esercizio e manutenzione degli impianti termici nella città di Lecce"; il bando prevedeva una serie di criteri in ragione dei quali sarebbero state valutate le offerte, pure contemplando la possibilità che la stessa commissione individuasse ulteriori sottocriteri ed a ciò la commissione provvedeva nella seduta del 31.3.08.

Alla gara partecipavano due sole ditte: la ricorrente V.i.t. e la S.e.a., infine risultata aggiudicataria.

La V.i.t., quindi, impugnava la determinazione n. 256 del 15 settembre 2009, e la successiva comunicazione con nota prot. n. 110216 del 16 settembre 2009, con la quale il comune di Lecce aveva aggiudicato in via definitiva alla ditta S.e.a., chiedendo, in alternativa, l’esecuzione della sentenza del T.a.r. Puglia, Lecce, sezione I, n. 1344 del 3 giugno 2009, nonché il risarcimento dei danni relativi alla mancata aggiudicazione dell’appalto in questione.

Essa proponeva censure di: a) violazione del bando; b) eccesso di potere sotto i profili del difetto di motivazione e della falsa ed erronea rappresentazione degli elementi di fatto e diritto; c) violazione del bando ed eccesso di potere per difetto d’istruttoria, contraddittorietà ed omessa motivazione.

Dopo la concessione della tutela cautelare alla ricorrente, la commissione provvedeva, in data 14.10.08, ad un nuovo esame delle due offerte, confermando peraltro l’aggiudicazione in favore della ditta S.e.a., con deliberazione impugnata dalla V.i.t., con motivi aggiunti.

B) – Il T.a.r. di Lecce accoglieva il ricorso ed annullava gli atti della procedura concorsuale, rilevando sostanzialmente l’illegittimità dell’attribuzione del punteggio (per un massimo di 30 punti) attribuibile con riferimento al parametro "numero di operatori previsto nelle offerte oltre al numero "base" di 28 unità"; veniva altresì respinta l’istanza risarcitoria proposta da parte ricorrente, "atteso che non è per ora quantificabile, fino all’esito dell’attività che la commissione andrà a compiere per dare esecuzione a questa sentenza, il danno subito dalla Vit".

In data 14 luglio 2009, la commissione giudicatrice rinnovava le operazioni di gara e confermava l’aggiudicazione alla S.e.a. (succeduta all’A.s.e.a., in virtù di cessione di ramo d’azienda), ritenendo "congrue le motivazioni dedotte dalla stessa società" in una relazione trasmessa con nota 2 luglio 2009, a seguito dell’apposito invito a fornire ogni "elemento idoneo a consentire la predetta valutazione", formalizzato dal presidente della commissione con la nota 1° luglio 2009, prot. n. 80977/09; con determinazione 15 settembre 2009 n. 256, il Centro di responsabilità 08avvocatura, gare e contratti del comune di Lecce provvedeva, quindi, ad aggiudicare nuovamente in via definitiva alla S.e.a. la procedura concorsuale.

La nuova deliberazione di aggiudicazione definitiva era nuovamente impugnata dalla V.i.t. per violazione del giudicato, eccesso di potere per falsa ed erronea rappresentazione degli elementi di fatto e di diritto, contraddittorietà ed illogicità dell’azione amministrativa; in via subordinata, essa chiedeva altresì l’emanazione dei provvedimenti più idonei ad assicurare una corretta ed effettiva esecuzione delle statuizioni giurisdizionali formatesi inter partes; con il ricorso era poi reiterata l’istanza risarcitoria già presentata con il gravame originario.

Si costituivano in giudizio il Comune di Lecce e la società controinteressata, che resistevano al ricorso, eccependo pure l’inammissibilità dell’azione di esecuzione della precedente sentenza proposta dalla V.i.t., in via alternativa rispetto all’ordinaria azione di annullamento.

C) – In via preliminare, il ricorso (proposto nelle forme alternative dell’azione di annullamento e dell’azione di esecuzione della precedente sentenza 3 giugno 2009 n. 1344 della Sezione) veniva trattato e deciso nelle forme ordinarie dell’azione di annullamento; l’esame della precedente pronuncia evidenziava, infatti, un contenuto conformativo che riconosceva sostanzialmente alla p.a. una potestà discrezionale, in sede di rinnovazione delle operazioni di aggiudicazione (circostanza d’immediata evidenza, in riferimento anche al rigetto dell’azione di risarcimento danni, proprio a seguito della rilevazione di uno spazio di discrezionalità residuo, in sede di rinnovazione delle operazioni di aggiudicazione) e che, quindi, imponeva l’applicazione della tradizionale soluzione giurisprudenziale, limitante l’applicabilità del ricorso per ottemperanza alle sole ipotesi in cui la p.a. avesse violato una regola puntuale definita dal giudicato, dovendo trovare applicazione, per le residue ipotesi di scorretto esercizio della discrezionalità in sede di rinnovazione, le forme dell’ordinario giudizio di impugnazione (cfr. C.S., sezione IV, dec. 27 dicembre 2006 n. 7896).

D) – Nel merito, i primi giudici accoglievano il ricorso, con pronuncia poi impugnata dalla S.e.a. (la cui istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 2236/2010 di questo Consiglio di Stato) per: omessa valutazione del vincolante criterio di necessaria equivalenza tra operatori esclusivi ed operatori in forma parziale, come pure del principio per cui la parcellizzazione ("esistente, obbligata, opportuna, migliorativa ed utile") delle risorse umane non mirerebbe al maggior punteggio, ma al minor costo.

La V.i.t. si costituiva in giudizio e resisteva al ricorso (riservandosi di agire per il risarcimento dei danni all’esito del presente giudizio, ex art. 30, d.lgs. n. 104/2010, in rapporto al parziale e tardivo adempimento da parte della p.a.), anche con memoria recante argomentazioni poste a sostegno dell’impugnata sentenza, peraltro, censurata con suo appello incidentale solo per il profilo attinente all’aver trattato il ricorso solo con le forme del giudizio caducatorio (cfr. C.S., sezione IV, dec. n. 70/2010), pur in presenza di criteri privi di alcun margine di discrezionalità e, dunque, idonei a permettere anche lo svolgimento di una procedura in sede di ottemperanza.

Si costituiva in giudizio pure il comune di Lecce, che poneva in luce come non fosse mai stato impugnato il bando di gara (cui la commissione non poteva, dunque, non adeguarsi), oltre all’erroneità della gravata pronuncia, concludendo per l’accoglimento dell’appello principale della S.e.a. ed il rigetto di quello incidentale della V.i.t., che, da parte sua, con memoria conclusiva, ribadiva le proprie argomentazioni difensive e preannunciava una richiesta risarcitoria ex art. 30, d.lgs. n. 104/2010, per il tardivo e parziale adempimento addebitabile alla p.a..

Con note d’udienza, la S.e.a. insisteva sulla circostanza di aver ingaggiato tutte le sue unità aggiuntive a tempo pieno, sebbene operative in differenziati cantieri.

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.
Motivi della decisione

L’appello principale è infondato e va respinto.

I) – L’originaria sentenza (T.a.r. di Lecce, sezione I, 3 giugno 2009 n. 1344) aveva già rilevato la complessiva irrazionalità nell’attribuzione all’offerta dell’A. s.r.l. del punteggio massimo di 30 punti, in rapporto al parametro costituito dal "numero di operatori destinato in forma esclusiva e/o parziale" al servizio, oltre al numero minimo previsto in capitolato di n. 28 unità; in particolare, la commissione giudicatrice aveva attribuito all’offerta presentata dall’A. s.r.l. il detto punteggio massimo di n. 30 punti, in presenta di un’offerta aggiuntiva, rispetto al numero minimo di 28 operatori previsto in capitolato, di 10 unità (4 responsabili e 6 coordinatori), per un tempo lavorativo pari ad un’ora settimanale ciascuna; con soluzione caratterizzata da evidenti elementi di irrazionalità, all’offerta della V.i.t. era poi stato attribuito, sempre in relazione al medesimo parametro, il punteggio massimo di 30 punti, ma in relazione ad un’offerta aggiuntiva di 10 lavoratori (1 responsabile del servizio, 1 responsabile tecnico, 3 coordinatori d’area, 2 operatori software e 3 operatori data entrycall center) per un tempo lavorativo pari, però, al ben diverso impegno di 20 ore settimanali.

Le valutazioni già effettuate in sede di aggiudicazione erano poi state successivamente ribadite, sulla base delle giustificazioni presentate dalla controinteressata, dalla nuova determinazione di aggiudicazione definitiva 15 settembre 2009 n. 256, impugnata con il ricorso di prime cure, ma i vizi di legittimità già rilevati nella precedente sentenza 3 giugno 2009 n. 1344 erano ancora presenti e non erano stati, in alcun modo, rimossi.

II) – In particolare, continuava ad essere presente la complessiva irrazionalità, costituita dall’attribuzione del punteggio massimo, previsto per il requisito in discorso, all’offerta di personale aggiuntivo che, per effetto dell’estrema limitatezza temporale dell’impegno orario settimanale previsto (la sola ora settimanale sopra richiamata), non poteva ritenersi caratterizzata da quei requisiti di serietà ed operatività suscettibili di essere premiati con il punteggio massimo previsto per il requisito, presupponendosi, dunque, già secondo canoni di ordinaria esperienza e buon senso, un impegno lavorativo per ogni dipendente rientrante entro un ambito, comunque, ragionevolmente idoneo a garantire un livello minimo di prestazione lavorativa.

Del resto, tale complessiva irrazionalità non era stata per nulla superata dalla relazione di chiarimenti 2 luglio 2009, acquisita dalla commissione giudicatrice e posta a base della nuova aggiudicazione; detta relazione non poteva, infatti, giustificare sostanzialmente la singolare soluzione operativa seguita dall’A. s.r.l., se non con generiche considerazioni attinenti alla gestione aziendale ma non affrontanti sicuramente la problematica centrale, costituita dal ridottissimo impegno settimanale di ciascuna unità operativa e dalla conseguente bassa produttività, di certo non valutabile come equivalente a quella derivante dal ben maggior impegno lavorativo settimanale delle unità aggiuntive di personale offerte dalla V.i.t.; sotto altro profilo, le considerazioni contenute nella citata nota esplicativa 2 luglio 2009 evidenziavano poi il legittimo dubbio che l’ora settimanale delle unità di personale aggiuntivo offerte dall’A. s.r.l. non fosse altro che la rappresentazione economicocontabile della quota riservata all’appalto in questione e sottratta al lavoro complessivamente svolto dai responsabili dei servizi, in riferimento ai complessivi diversi servizi d’appalto gestiti dalla controinteressata (e, dunque, di uno degli elementi riportati al parametro dell’organizzazione del servizio, previsto da altra lettera del capitolato e valutato con un massimo di 70 punti), non trattandosi, quindi, di una vera e propria offerta aggiuntiva riservata al solo servizio svolto nella città di Lecce (come era nella spirito del capitolato, differenziante nettamente il parametro relativo alle unità aggiuntive di personale dalla complessiva organizzazione del servizio).

Neppure era stata rimossa la complessiva irragionevolezza costituita dall’attribuzione dello stesso punteggio di 30 punti a due offerte contemplanti sempre 10 unità aggiuntive di personale, ma per una sola ora settimanale nel caso dell’A. s.r.l. e ben 20 ore settimanali nel caso della V.i.t. (con destinazione assolutamente prevalente delle unità in questione al servizio svolto nella città di Lecce).

Conclusivamente, l’appello principale va respinto, con salvezza dell’impugnata sentenza, mentre quello incidentale va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse alla sua decisione in capo alla V.i.t., con spese ed onorari di questo grado del giudizio liquidati in dispositivo, secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione V, definitivamente pronunciando, respinge l’appello principale e dichiara improcedibile quello incidentale.

Condanna l’impresa appellante S. a rifondere al comune di Lecce ed alla società appellata V.i.t. (in ragione di metà per ciascuno) le spese e gli onorari del giudizio di secondo grado, liquidati in complessivi euro quattromila/00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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