Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-12-2010) 23-02-2011, n. 7022 Falsità ideologica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

O.L. è stato condannato in entrambi i gradi di merito – sentenze emesse dal GIP presso il Tribunale di Nocera Inferiore in data 5 febbraio 2009 e dalla Corte di Appello di Salerno il 24 giugno 2010 – alla pena ritenuta di giustizia per la violazione dell’art. 483 c.p. per avere falsamente denunciato lo smarrimento della patente di guida in realtà mai conseguita.

Con il ricorso per cassazione O.L. deduceva la erronea applicazione dell’art. 483 c.p. perchè non vi è alcun obbligo giuridico di dichiarare il vero, non essendo l’atto compiuto dal pubblico ufficiale destinato a provare la verità. A conforto della tesi sostenuta il ricorrente richiamava la decisione delle Sezioni Unite Penali del 17 febbraio 1999, che avrebbe risolto un caso identico. Il ricorrente, infine, chiariva che nemmeno i reati di cui agli artt. 495 e 496 c.p. erano ravvisabili, come stabilito dalla giurisprudenza della Suprema Corte.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da O.L. non sono fondati. E’ opportuno premettere che i fatti sono pacifici perchè nemmeno contestati dal ricorrente e che, pertanto, è rimasto accertato che l’ O. presentò una falsa denuncia di smarrimento della patente di guida ai Carabinieri di Scafati il 2 giugno 2003.

Orbene la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la denuncia di smarrimento della patente di abilitazione alla guida, recante l’attestazione di ricezione dell’organo di polizia, integra il delitto di cui all’art. 483 c.p., perchè l’attestazione stessa è dichiarativa di attività svolta dal pubblico ufficiale ed ha una indubbia efficacia probatoria, in quanto costituisce il presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato della patente (così Cass., Sez. 3, 13 maggio – 23 settembre 1986, n. 9745, CED 172795).

L’indirizzo è stato successivamente confermato (vedi Cass., Sez. 5, 6 ottobre – 24 novembre 2000, n. 4208) dalla Suprema Corte, che ha stabilito che integra la violazione dell’art. 483 c.p. la falsa denunzia di smarrimento della patente di guida, attesa la rilevanza normativa dell’atto ai fini del rilascio provvisorio di un permesso di guida da parte degli stessi organi di polizia.

Il Collegio condivide tale orientamento perchè fondato su una corretta interpretazione della normativa in discussione.

Gli argomenti proposti dal ricorrente non consentono di mettere in discussione l’orientamento indicato.

E’ vero che un precedente specifico (Cass., Sez. 5, 5 febbraio – 28 maggio 2008, Ricco, n. 21402, rv 240080) è pervenuto a conclusioni differenti sul presupposto che l’atto non fosse destinato a provare la verità, ma tale orientamento non appare condivisibile.

Esso si fonda sul principio stabilito dalla Suprema Corte (SS.UU. 17 febbraio – 31 marzo 1999, n. 6, CED 212782, confermato successivamente con decisione sempre delle Sezioni Unite del 15 dicembre 2000 – 9 marzo 2001, n. 28, CED 215413 a seguito di una decisione difforme Cass., Sez. 5, 16 giugno 1999, Monti) pure richiamato dal ricorrente, che, però, non risolve un caso identico, come erroneamente ha indicato il ricorrente, perchè ha, invece, affrontato la questione dalla falsa denuncia di smarrimento di un assegno bancario, che pone delle problematiche in parte differenti.

Infatti le Sezioni unite hanno sottolineato che la denuncia di smarrimento degli assegni non costituiva presupposto essenziale per la procedura di ammortamento, in quanto il R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 69, contempla per tale procedura la denuncia al trattario e, a seguito di ricorso all’Autorità giudiziaria, appositi accertamenti ad opera della medesima relativi proprio alla verità dei fatti.

Quindi le due situazioni sono differenti perchè certamente la denuncia di smarrimento della patente di guida costituisce presupposto necessario per il rilascio del duplicato, come si è già notato.

E’ il caso di rilevare che, comunque, la soluzione adottata dalla Sezioni Unite per il caso di smarrimento del blocchetto di assegni, non trasferibile per le considerazioni svolte alla falsa denuncia di smarrimento della patente di guida, non appare del tutto persuasiva non solo perchè, come è stato posto in evidenza in altre pronunce (vedi ad esempio Cass., Sez. 5, 28 ottobre 1973, Morandi e Cass., Sez. 5, 26 settembre 1995, Scansa) la denuncia di smarrimento costituisce nei confronti della banca il dovere di non pagare gli assegni del blocchetto smarrito, ma anche perchè non sembra corretto affermare che la destinazione dell’atto pubblico a provare la verità debba trovare la sua fonte necessariamente in un atto normativo.

Ciò, infatti, se si tiene conto della lettera della legge, non è richiesto dal legislatore; appare, pertanto, sufficiente che la destinazione di cui si è detto venga conferita all’atto proprio dalla libera scelta del cittadino, a condizione che lo stesso riferisca fatti rilevanti e che tale attestazione sia suscettibile di produrre effetti giuridici, tenuto conto del contesto normativo nel quale si inserisce. Insomma il cittadino è libero di denunciare o meno lo smarrimento della patente o del blocchetto di assegni, ma una volta che scelga di presentare denuncia per precostituirsi una prova e cioè per garantirsi dalle conseguenze, per lui negative, dello smarrimento, è tenuto a dichiarare la verità proprio perchè la denuncia di smarrimento produce effetti giuridici rilevanti.

Le conclusioni raggiunte rendono superfluo l’esame dei motivi subordinati.

Per le ragioni indicate il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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