Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-11-2010) 23-02-2011, n. 7104 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 25.8.10, il tribunale di Torino, sulla richiesta di riesame dell’ordinanza 5.8.10 emessa dal Gip della stessa sede, nei confronti di T.E.A., in ordine al reato di atti persecutori ex art. 612 bis c.p. e di lesioni aggravate, ex artt. 582 e 585 c.p., in danno di H.N., ha confermato l’ordinanza medesima.

Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi. Sulle modalità dell’azione e sull’utilizzazione di un oggetto nella consumazione del delitto di lesioni aggravate, il tribunale, da un lato mette in evidenza la carente capacità dimostrativa delle dichiarazioni della p.o. – secondo cui l’uomo ha utilizzato un casco di motociclista – in quanto questa circostanza non è confermata da altre risultanze processuali;

dall’altro ha riconosciuto piena credibilità a questa fonte conoscitiva. Deve quindi ritenersi che non esiste un sufficiente quadro indiziario in ordine al reato di lesioni.

2. Posto che la circostanza dell’uso del casco è inserita nel capo di imputazione concernente il reato di atti persecutori, la base indiziante su questo reato ne viene indubbiamente indebolita. Inoltre va rilevato che erroneamente il tribunale ha affermato che l’indagato avrebbe ammesso di aver compito atti di violenza fisica in danno della donna e di aver avuto "accessi di rabbia e violenza".

Questa affermazione è inesatta, in quanto ,in sede di udienza del riesame, il T. ha ammesso di aver dato uno schiaffo e di averla insultata in una sola occasione. Quanto all’episodio delle minacce con esibizione di armi da taglio, e,in particolare, di un machete, il tribunale ha rilevato, quanto alle prime la necessità di un approfondimento, quanto al machete l’esigenza "ottenere maggiori specificazioni".

L’ordinanza ha quindi una motivazione illogica, in quanto pone notevoli dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni accusatorie su circostanze di fatto di estremo rilievo in merito alla sussistenza di un grave quadro indiziario.

Inoltre il tribunale ha sottovalutato e svilito allegazioni difensive dimostrative dell’esistenza pregressa di una relazione affettiva tra indagato e persona offesa, relazione che è invece negata dalla donna, che diminuisce ancora la propria credibilità.

Il ricorso non merita accoglimento in quanto i motivi sono diretti ad una critica sulle valutazioni fattuali del giudice di merito, le quali riflettono fedelmente i risultati delle indagini e confluiscono in razionale approdo conclusivo.

Il tribunale ha esaminato le dichiarazioni accusatorie della donna e dei suoi genitori, descrittive di una serie di condotte razionalmente considerate intimidatorie, di atteggiamenti violenti sulla persona e sulle cose, correttamente ritenuti persecutori e destabilizzanti della serenità, dell’equilibrio psicologico,del regime di vita quotidiana di H.N. e dei propri stretti congiunti. Questo quadro indiziario, già di per sè idoneo a fondare un provvedimento limitativo della libertà, è stato rafforzato da dichiarazioni testimoniali, da documentazione della polizia giudiziaria e di carattere sanitario, da frammentarie ammissioni dell’indagato.

A fronte di questo compatto apparato logico argomentativo, il ricorrente sottolinea l’esistenza di marginali punti, che, pur se ritenuti dal giudice del riesame meritevoli di ulteriori indagini, non mettono in discussione la necessaria forza dimostrativa dei risultati delle indagini, in relazione all’alta probabilità di responsabilità del Tata in ordine ai reati fin qui addebitati.

Nessun rilevo ha poi il riserbo che la donna tenta inefficacemente di mantenere sul passato rapporto sentimentale con il Ta., in quanto tale rapporto è posto in primo piano nella ricostruzione storica delineata dai giudici di merito e nelle conclusioni che hanno tratto a carico dell’indagato.

Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della spese processuali.

Art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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