T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., 22-02-2011, n. 313 Spedalità ordinarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Col presente ricorso, notificato il 4 luglio 2010 e depositato il 14 successivo, la Casa di Cura Villa Chiarugi ha chiesto l’annullamento della nota del Direttore dell’Unità ospedaliera dell’Asl Salerno 1, meglio specificata in epigrafe, contenente la determinazione della regressione tariffaria unica (RTU) applicata ai volumi di prestazioni erogati dalla società ricorrente nell’anno 2006, con l’invito ad emettere la relativa nota di credito e dei provvedimenti costituenti presupposti della nota medesima, comprese, nei punti in cui sono considerate lesive, le delibere di giunta regionale sulla materia.

Parte ricorrente formula sette articolati motivi di ricorso che di seguito si sintetizzano:

1. violazione delle norme di auto vincolo introdotte con la delibera di giunta regionale n. 800 del 30 dicembre 2010, in merito all’attivazione del Tavolo tecnico dei rappresentanti delle aziende sanitarie e degli operatori sanitari; omissione o comunque difetto nel monitoraggio della spesa; retroattività dei provvedimenti adottati; lesione del principio dell’affidamento;

2. violazione delle norme sul procedimento amministrativo con riferimento alla comunicazione di avvio del procedimento, alla motivazione, al giusto procedimento, all’istruttoria;

3. violazione delle norme civilistiche in tema di adempimento contrattuale e di indebito arricchimento.

2.- Le AA.SS.LL. Salerno 1 e Salerno 2, con rispettive memorie di costituzione, hanno chiesto il rigetto del ricorso per inammissibilità ovvero infondatezza.

3.- L’Asl Napoli 5 con memoria ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva, chiedendo l’estromissione dal giudizio. Ha inoltre eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione e l’incompetenza territoriale in favore della sezione; nel merito ha comunque rilevato l’infondatezza del ricorso.

Alla pubblica udienza del 16 dicembre 2010, sentite le parti, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1.- Va in via preliminare esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per incompetenza di questa Sede staccata, in favore della Sede di Napoli.

L’eccezione è inammissibile.

Al momento della proposizione del ricorso la materia era disciplinata dall’art. 32 L. n. 1034 del 1970, il quale al comma 2 stabiliva che "Le parti, che reputino che il ricorso debba essere deciso dal tribunale amministrativo regionale sedente nel capoluogo, debbono eccepirlo all’atto della costituzione e comunque non oltre quarantacinque giorni dalla notifica del ricorso. Il presidente del tribunale amministrativo regionale provvede sull’eccezione con ordinanza motivata non impugnabile, udite le parti che ne facciano richiesta.".

Ne deriva che l’eccezione sollevata dall’Asl Sa 1 non è tempestiva ancorché volesse considerarsi nel computo dei quarantacinque giorni dalla notifica, la sospensione per periodo feriale (31 luglio – 15 settembre 2008)

Nel caso di specie, l’eccezione è stata formulata sia dall’Asl Sa 1, con la memoria di costituzione, depositata il 31 ottobre 2008, sia dall’Asl Napoli 5, con memoria di costituzione depositata il 19 febbraio 2009. Escludendo quest’ultima che appare sicuramente intempestiva, un esame più approfondito richiede l’eccezione formulata dall’Asl Sa 1.

Il ricorso è stato notificato a tale ASL, a mezzo posta, il 4 luglio 2008, ricevuto materialmente l’8 luglio 2008, dies a quo dal quale decorrono i quarantacinque giorni previsti dall’art. 32, comma 2, della L. 1034 del 1971.

Ove si comprendesse anche il periodo di sospensione feriale, l’eccezione si palesa comunque non tempestiva perché formulata insieme all’atto di costituzione, depositato soltanto il 31 ottobre 2008, vale a dire oltre i quarantacinque giorni richiesti dalla normativa all’epoca vigente.

Alla medesima conclusione si perviene quand’anche, nel caso in esame, si ritenga applicabile l’art. 47 d. lgs. 104 del 2010, il nuovo codice del processo amministrativo entrato in vigore il 16 settembre 2010, quindi nel corso del giudizio, in base al principio di diritto processuale civile, estensibile anche al rito giurisdizionale amministrativo, secondo cui le norme che governano il processo si applicano anche in corso di causa, incidendo quindi anche sul regime delle preclusioni. Tale articolo estende in pratica a novanta giorni il termine -dalla normativa precedente pari, come sopra esposto, a quarantacinque giorni- entro cui è possibile sollevare l’eccezione di incompetenza della sezione staccata. L’art. 47, comma 2, stabilisce infatti che se una parte, diversa dal ricorrente, ritiene che il ricorso debba essere deciso dal tribunale amministrativo regionale con sede nel capoluogo anziché dalla sezione staccata, o viceversa, deve eccepirlo nell’atto di costituzione o, comunque, con atto depositato non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine di cui articolo 46, comma 1, ossia sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso (termine entro cui le parti intimate possono costituirsi, presentare memorie, fare istanze, indicare i mezzi di prova di cui intendono valersi e produrre documenti).

Ad avviso del Collegio, l’applicazione della norma del nuovo codice si palesa una forzatura logica perché richiederebbe di prendere in considerazione una disposizione non solo non entrata in vigore ma addirittura non esistente nel momento in cui una delle parti del processo era tenuta, sulla base della normativa in quel momento vigente e quindi applicabile, ad un preciso adempimento. Il suo mancato assolvimento nei tempi, constatato alla luce della normativa in quel momento operante, comporta l’estinzione del potere di eccezione, estinzione alla quale non può più rimediarsi chiedendo l’applicazione di una normativa successiva, entrata in vigore nelle more della controversia.

2.- Va quindi affrontata l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito, formulata dall’Asl Sa 1 resistente secondo cui la questione oggetto della controversia, atterrebbe alla corretta quantificazione di rapporti di debito e di credito tra le parti del rapporto convenzionale ovvero la contestazione di atti aventi natura paritetica con conseguente giurisdizione del giudice ordinario.

L’eccezione è infondata.

Le controversie relative alla corretta applicazione del meccanismo di regressione tariffaria unica rientrano nella giurisdizione esclusiva di questo giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), d. lgs. 104 del 2010.

Gli atti impugnati non hanno infatti natura paritetica e le questioni patrimoniali di carattere debitorio e creditorio sono soltanto l’effetto indiretto di un procedimento che implica l’esercizio di poteri autoritativi di fronte ai quali la posizione giuridica soggettiva del destinatario assume carattere di interesse legittimo. Inoltre la controversia in esame riguarda il contenuto di un rapporto di tipo concessorio e le prestazioni rese nell’espletamento di un servizio pubblico (come quello sanitario), la cui cognizione resta devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo allorché la pubblica amministrazione "agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero" o si vale della "facoltà, riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo" (cfr. Cass., SS.UU., 8/8/2005, n. 16605; Cons. St., ad. plen., 2/5/2006, n. 8).

Più in particolare, la controversia coinvolge in via principale questioni relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione connesse all’affidamento di un pubblico servizio qual è lo svolgimento di prestazioni medico sanitarie in regime di accreditamento provvisorio con il Servizio sanitario nazionale e regionale.

La controversia attiene alla corretta applicazione del meccanismo di regressione tariffaria per abbattere la remunerazione delle prestazioni di sforamento del budget annuale assegnato ai soggetti accreditati. Una questione del genere che coinvolge rilevanti profili di organizzazione della spesa sanitaria nell’ambito della Azienda sanitaria locale, riverberando i suoi effetti, in considerazione della limitatezza delle risorse disponibili, anche verso gli altri soggetti accreditati. È chiara pertanto la natura organizzatoria e non meramente gestoria degli atti oggetto di impugnazione.

3.- Risolte le questioni in rito, può quindi passarsi al merito della controversia.

A tal fine è opportuno premettere una breve ricognizione del quadro normativo.

L’art. 32, comma 8, della legge n. 449 del 1997, stabilisce che "le regioni… individuano preventivamente per ciascuna istituzione sanitaria pubblica e privata, ivi compresi i presidi sanitari ospedalieri di cui al comma 7, o per gruppi di istituzioni sanitarie, i limiti massimi annuali di spesa sostenibile con il Fondo sanitario e i preventivi annuali delle prestazioni, nonché gli indirizzi e le modalità per la contrattazione di cui all’art. 1, co. 32, della legge 23/12/1996, n. 662". E’ assegnata alla Regione la potestà di fissare in via autoritativa i limiti massimi di spesa sostenibile per le singole istituzioni sanitarie.

Le determinazioni in tema di limiti di spesa hanno valore vincolante perché esprimono la necessità che l’attività dei vari soggetti operanti nel sistema sanitario sia sottoposta ad una pianificazione, allo scopo di tenere sotto controllo le esposizioni finanziarie dell’amministrazione..

Questa esigenza ha trovato una più precisa definizione a livello normativo col d.lgs. n. 229 del 1999, recante numerose e importanti modifiche al d.lgs. n. 502 del 1992, tra le quali si segnala l’art. 8quater (introdotto dal citato d. lgs n. 229). La norma sancisce il principio che "la qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli accordi contrattuali di cui all’articolo 8quinquies".

L’art. 8bis del d. lgs. n. 502 del 1992 (anch’esso introdotto dal d. lgs. n. 229) precisa inoltre che l’esercizio di attività sanitarie per conto ed a carico del servizio sanitario nazionale è subordinato, non solo all’autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio della struttura sanitaria ed al suo accreditamento istituzionale, ma anche alla "stipulazione degli accordi contrattuali di cui all’art. 8quinquies".

Inoltre, l’art. 8quinquies del d. lgs. n. 502 del 1992 pone il rapporto di accreditamento su una base saldamente negoziale: l’acquisto delle prestazioni sanitarie da parte dell’amministrazione presuppone la stipulazione dell’accordo contrattuale, in mancanza del quale l’attività sanitaria non può essere esercitata per conto e a carico del servizio sanitario nazionale: la struttura sanitaria che vuole operare nell’ambito del servizio sanitario nazionale ha quindi l’onere non solo di conseguire l’accreditamento ma anche di stipulare il relativo accordo.

In definitiva, la legislazione sanitaria si è progressivamente evoluta verso il principio della programmazione, allo scopo di razionalizzare il sistema sanitario tramite il necessario passaggio del contenimento della spesa pubblica. In questo modo, il regime concorrenziale subisce temperamenti sottoponendosi ai poteri di pianificazione propri delle Regioni e alla stipula di appositi "accordi contrattuali" tra le ASL competenti e le strutture interessate per la definizione di obiettivi, volume massimo e corrispettivo delle prestazioni erogabili (Corte cost., 26/5/2005, n. 200).

Le citate disposizioni si configurano dunque essenzialmente come norme di principio della legislazione statale dirette a garantire ad ogni persona il diritto alla salute come "un diritto costituzionale condizionato dall’attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti", tenuto conto dei limiti oggettivi che il legislatore stesso incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento (Corte cost., 20/11/2000, n. 509).

Il sistema di regressione progressiva del rimborso tariffario delle prestazioni sanitarie che eccedono il tetto massimo prefissato, pur non essendo esplicitamente contemplato dalle norme di legge che regolano i poteri regionali in materia, è espressione del potere autoritativo di fissazione dei tetti di spesa e di controllo della spesa sanitaria in funzione di tutela della finanza pubblica, affidato alle stesse regioni, e trova giustificazione concorrente nella possibilità che le imprese fruiscano di economie di scala nonché effettuino opportune programmazioni della rispettiva attività (cfr. Cons. St, sez. IV, 15/2/2002, n. 939).

Peraltro la stessa Corte costituzionale, nel valutare le linee fondamentali del nuovo regime del sistema sanitario, ha sottolineato l’importanza del collegamento tra responsabilità e spesa ed ha evidenziato come l’autonomia dei vari soggetti ed organi operanti nel settore non può che essere correlata alle disponibilità finanziarie e non può prescindere dalla limitatezza delle risorse e dalle esigenze di risanamento del bilancio nazionale (cfr. Corte cost., 28/7/1995, n. 416). In particolare la Corte ha ribadito che "non è pensabile di poter spendere senza limite, avendo riguardo soltanto ai bisogni quale ne sia la gravità e l’urgenza; è viceversa la spesa a dover essere commisurata alle effettive disponibilità finanziarie, le quali condizionano la quantità ed il livello delle prestazioni sanitarie, da determinarsi previa valutazione delle priorità e delle compatibilità e tenuto ovviamente conto delle fondamentali esigenze connesse alla tutela del diritto alla salute, certamente non compromesse con le misure ora in esame" (cfr. anche Corte cost., n. 356 del 23.7.1992). La linea interpretativa rappresentata in questa sede è, d’altra parte, la sola che consente di bilanciare il "nucleo irriducibile" del diritto alla salute con i limiti imposti da imprescindibili esigenze di equilibrio finanziario (cfr., Cons. St., Ad. plen., n. 8 del 2.5.2006).

La premessa sul quadro normativo di riferimento e della lettura fornita dalla Corte costituzionale consente di comprendere meglio gli esatti termini della questione controversa.

La controversia va affrontata alla luce dei principi già espressi dalla giurisprudenza amministrativa in materia (cfr. in particolare, Tar Napoli, sez. I, sent. n. 8966 del 2010 e sent. n. 4449 del 2009) da cui non vi sono ragioni per discostarsi.

4.- Con il primo ordine di censure, la casa di cura ricorrente lamenta la mancata attivazione del sistema di monitoraggio dei volumi delle prestazioni e dei limiti della spesa sanitaria annuale fissato dalla delibera di giunta regionale n. 800 del 2006, in modo tale da garantire nel corso dell’anno a mezzo di una corretta e tempestiva informazione circa l’andamento della spesa sanitaria, il rispetto del livello di costo per macroarea.

Ciò avrebbe provocato la violazione della tempestiva informazione sull’andamento dell’erogazione delle prestazioni da parte della macroarea ospedaliera.

La ricorrente sottolinea inoltre che la nota n. 28139 del 31.12.2007 -richiamata nella delibera del direttore generale dell’Asl Sa 1 n. 239 del 2008- si riferirebbe ai limiti di spesa riguardo all’anno 2007 e quindi estranea alla presente controversia.

Secondo parte ricorrente, le Asl devono monitorare tutte le voci di costo della spesa sanitaria per singola macroarea (comprensive di tutte le prestazioni erogate ai residenti in ambito aziendale, extra aziendale ed extra regionale) e comunicare i dati alle strutture private provvisoriamente accreditate con il SSN in modo tale da porle in condizione di assumere, se del caso, i necessari correttivi alla programmazione della loro attività economicoimprenditoriale. L’obbligo è espressamente sancito agli articoli 7 ed 8 dell’allegato A/2 della richiamata DRGC n. 800/2006.

Le censure non sono condivisibili.

La giurisprudenza sul punto ha chiarito che l’esercizio del potere di fissare la regressione tariffaria e l’osservanza dei limiti di spesa non sono subordinati né sono condizionati all’esecuzione del monitoraggio delle prestazioni erogate, in quanto anche in caso di inosservanza di questi passaggi procedimentali rimane da soddisfare l’esigenza fondamentale ed ineludibile, come sopra più ampiamente illustrato, di contenere la remunerazione a carico del servizio sanitario regionale (Tar Campania, Napoli, sez. I, n. 17422 del 16.9.2010).

L’accesso al finanziamento del Fondo sanitario nazionale a carico dello Stato, da parte delle Regioni, è subordinato alla stipula ed al rispetto delle intese tra Stato e Regioni dirette a contenere la dinamica dei costi con l’assunzione di una serie di misure e di correttivi (art. 1, comma 173, L. n. 311 del 30.12.2004, art. 1, comma 278 L. n. 356 del 23.7.1992) volte al rientro del disavanzo.

In questo ambito la determinazione di limiti di spesa e con essa il ricorso alle RTU, che hanno lo scopo di garantire il rispetto del tetto massimo prefissato, comportano l’obbligo per l’amministrazione sanitaria di acquistare le prestazioni sanitarie impiegando risorse non superiori a quelle disponibili.

Gli atti adottati dall’Asl Sa 1 risultano quindi coerenti con le delibere regionali che hanno fissato i limiti di spesa per l’anno 2006 ed assegnato alle AA.SS.LL. i relativi fondi per l’acquisto delle prestazioni dagli operatori privati accreditati. Appare pertanto non determinante la censura relativa alla mancata attivazione del sistema di monitoraggio posto che l’ASL non era decaduta dal potere di assicurare la corretta gestione delle risorse disponibili al momento dell’adozione dei provvedimenti impugnati.

Parte ricorrente si duole inoltre della violazione dei principi di correttezza ed imparzialità dell’azione amministrativa e del giusto procedimento essendo state disattesa la normativa regionale (DGRC n. 800/2006, Allegato a/2) che ha previsto l’istituzione di un apposito "Tavolo tecnico".

Anche questa censura non è condivisibile.

Il Tavolo tecnico è composto dai rappresentanti delle Associazioni di categoria e delle AA.SS.LL.. Ad esso sono assegnati tra gli altri i seguenti compiti:

– monitorare i volumi delle prestazioni erogate dalle strutture finalizzato a garantire il rispetto dei limiti di spesa definiti dall’art. 4;

– determinare in merito alle modalità di regressione tariffaria, secondo i criteri stabiliti dalla DGRC n. 2157/2005, con monitoraggio della corretta applicazione delle modalità stesse.

La disciplina regionale richiamata da parte ricorrente ed, in particolare, l’allegato A/2 della DGR 800/2006 attribuiscono al tavolo tecnico il compito di esprimersi solo sulla regressione tariffaria da applicare alle prestazioni erogate ai propri residenti, sia in ambito ASL sia di altre AASSLL. E’ stabilito che la determinazione delle modalità di regressione tariffaria è affidata al tavolo tecnico costituito presso ciascuna ASL che, sulla base del monitoraggio dei volumi delle prestazioni erogate a favore dei propri residenti da parte delle strutture private provvisoriamente accreditate ubicate sia nell’azienda sia nelle altre aziende sanitarie della regione, individuerà le regressioni utili al rispetto dei limiti di spesa, in base alla metodologia esposta nella nota tecnica di cui all’allegato (punto 6 lett. a) del deliberato 2157/2005).

Il tavolo tecnico istituito presso l’ASL Sa 1 non doveva quindi esprimersi sulla RTU delle altre ASL, perché su di esse sono competenti i tavoli tecnici istituiti presso ciascuna ASL.

Deve poi osservarsi, con riferimento alla censura circa il mancato assolvimento da parte del Tavolo tecnico dei compiti di monitoraggio ad esso assegnati dal Protocollo d’intesa, che l’inosservanza di questo onere non esclude la potestà dell’amministrazione sanitaria di modulare la regressione tariffaria allo scopo di contenere la remunerazione complessiva delle prestazioni nei limiti fissati, né comporta l’obbligo per l’amministrazione sanitaria di acquistare prestazioni sanitarie impiegando risorse superiori a quelle disponibili.

In altri termini, l’esercizio del potere di fissare la regressione tariffaria e l’osservanza del limite di spesa non sono subordinati né sono condizionati all’esecuzione del monitoraggio delle prestazioni erogate, in quanto, nonostante l’inosservanza di questo adempimento, permane l’aspetto fondamentale e decisivo consistente nell’esigenza di contenere la spesa complessiva a carico del servizio sanitario regionale.

5.- Con il secondo ordine di censure parte ricorrente si duole del fatto che la struttura accreditata è obbligata ad erogare la prestazione considerato che il settore neuropsichiatrico sarebbe assistito da un particolare regime autorizzatorio.

Asserisce parte ricorrente che le modalità del ricovero per le case di cura neuropsichiatriche, tra le quali la casa di cura ricorrente, erogato in regime di accreditamento con il SSN, prevedono che la richiesta di ricovero redatta dal medico di medicina generale sia preventivamente filtrata dalla competente ASL che deve autorizzare il paziente al ricovero; in questo modo il ricovero dei pazienti è regolato da un sistema di selezione preventiva in base al quale, la struttura sanitaria, una volta individuata dall’assistito, è obbligata ad erogare la prestazione e ad effettuare il ricovero, non potendo in alcun modo rifiutare l’impegnativa. Il regime di obbligatorietà vige anche nel caso in cui l’assistito, giungendo da un’altra ASL, non sia residente nel distretto di competenza dell’ASL ove ha sede la struttura sanitaria.

Le censure non sono condivisibili perché frutto di una parziale lettura della natura dell’obbligo della prestazione sanitaria incombente sulle strutture in regime di accreditamento.

Il rilievo è confutabile con la considerazione secondo cui l’obbligo è l’effetto di una scelta libera e spontanea operata a monte dalla struttura sanitaria privata, la quale ha un forte interesse all’accreditamento, potendo in questo modo intercettare una cospicua clientela che può fare affidamento su una prestazione sanitaria presso strutture private a carico del servizio sanitario nazionale. La scelta può sempre essere messa in discussione rinunciando al rapporto di convenzione col Servizio sanitario (in questo senso, Cons. Stato, sez. IV, n. 939 del 15.2.2002).

Vi è poi da osservare che il meccanismo della regressione tariffaria – per le ineludibili esigenze di sostenibilità finanziaria – è applicato ormai da diversi anni, sicché il centro privato che eroga prestazioni sanitarie allorché liberamente accetta di effettuare prestazioni nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, può essere sottoposto ad un’eventuale successiva contrazione del budget dell’attività. In questo senso, il centro privato è in grado di valutare il livello ed il peso economico delle prestazioni in funzione dei limiti assegnati per l’anno di riferimento.

In ogni caso, dalla data di pubblicazione della DGR 1843 del 9.12.2005, le case di cura private erano comunque a conoscenza dell’obiettivo di contenimento della spesa indicato, rispetto al 2004, in una percentuale del 6% nel 2006.

6.- Con il terzo ordine di censure, parte ricorrente si duole delle concrete modalità tramite le quali l’Asl Sa 1 ha imposto alla società ricorrente la RTU, perché per decurtare il fatturato relativo all’anno 2006, è intervenuta a consuntivo solo nel marzo 2008 e, pertanto, a notevole distanza di tempo dalla chiusura dell’esercizio finanziario e contabile di riferimento; la regressione tariffaria non è stata quindi imposta in tempo utile per rimediare ad un eventuale esubero delle prestazioni. Il rilievo è riproposto sotto diversi profili relativamente alla violazione dei principi generali in tema di intangibilità delle posizioni soggettive consolidate, di correttezza ed imparzialità dell’azione amministrativa nonché dell’affidamento.

I rilievi non sono accoglibili.

In merito alla questione della retroattività dei provvedimenti impugnati, la giurisprudenza amministrativa, dalla quale il Collegio non ha motivi per discostarsi, ha ampiamente chiarito che la necessaria funzione di programmazione, tendente a garantire la corretta gestione delle risorse disponibili, non può che precedere gli effetti degli atti adottati, tuttavia ciò non significa che il relativo potere sia soggetto a decadenze ove non assunto tempestivamente. La fissazione dei limiti di spesa, anche se tardiva, adempie comunque all’imprescindibile funzione di bilanciare il diritto alla prestazione sanitaria con le risorse finanziarie effettivamente disponibili (Tar Campania, Napoli, sez. I, n. 17422 del 2010; Ad. Plen., 2 maggio 2006, n. 8).

7.- Con il quarto ordine di censure, parte ricorrente deduce la violazione delle norme regionali che consentono alle strutture accreditate l’incremento del 10% del fatturato dell’anno precedente.

Più in particolare, l’ASL SA 1 non avrebbe tenuto conto delle disposizioni di fonte regionale che consentono ad ogni singola struttura privata provvisoriamente accreditata di incrementare la propria produzione a carico del SSN fino al limite del 10% rispetto al fatturato dell’anno precedente e che, comunque, impongono alle AA.SS.LL., in caso di superamento del predetto limite, di richiedere alle strutture le proprie giustificazioni che, se positivamente valutate dal Tavolo tecnico, sarebbero in grado di remunerare anche le prestazioni rese in eccesso; la procedura per individuare le percentuali della RTU è stata invece avviata e completata in via autoritativa ed unilaterale, posto che la società ricorrente non è stata periodicamente informata sull’andamento delle prestazioni in ambito extra aziendale.

Le censure sono destituite di fondamento.

Sul punto si osserva che per l’anno 2006, la nota della DGR 2157/2005 contiene due distinte previsioni: all’art. 6, lett. a) di disciplina della RTU; all’art. 6, let. b) di disciplina dell’incremento del 10%.

La RTU riguarda lo sforamento dei limiti di spesa assegnati all’area sanitaria di appartenenza, mentre l’incremento del 10% riguarda il fatturato conseguito dalla singola struttura. I due aspetti non sono quindi sovrapponibili.

Emerge quindi che nei confronti della ricorrente Villa Chiarugi non è stata operata alcuna decurtazione.

Il criterio generale di applicazione del meccanismo di regressione intende determinare in che misura ciascun centro privato contribuisce al consuntivo: da un lato, delle prestazioni effettuate nei confronti dei residenti dell’ASL, in cui opera il centro, da parte dei centri che operano in quella stessa ASL; dall’altro, delle prestazioni effettuate ai residenti di ciascuna altra ASL, da parte dei Centri che operano in ASL diverse da quella di residenza del privato che ha fruito della prestazione.

Acquisiti i dati consuntivi, dal loro confronto complessivo con i tetti di spesa prestabiliti per ciascuna ASL, si ottiene in proporzione l’ammontare del fatturato (ossia il contributo) che ogni singolo centro p.a. ha fornito all’eventuale superamento del tetto di spesa dell’ASL in cui opera e delle altre ASL regionali.

Il contributo complessivo di ciascun centro al superamento del tetto di spesa aziendale assegnato dalla Regione viene rapportato al suo fatturato totale per ottenere la RTU da applicare a quel centro per quella specifica branca

Ebbene, dallo schema allegato sub 11 alla delibera del DG Asl Sa 1, n. 239 del 19.3.2009 si evincono i criteri adottati per l’applicazione della RTU; nella stessa sono riportati il fatturato di Villa Chiarugi per ciascuna ASL della Campania, le percentuali di RTU comunicate dalle ASL; l’importo di RTU di ciascuna ASL, il totale complessivo da recuperare con il meccanismo della regressione tariffaria, a causa degli sconfinamenti verificatisi rispetto al limite di spesa assegnato a ciascuna ASL dalla Regione.

8. Con il quinto ordine di censure parte ricorrente si duole della circostanza che i provvedimenti impugnati sono stati adottati in violazione dell’art. 7 L. n. 241 del 1990, perché l’ASL Sa 1 ha omesso di comunicare l’avvio del procedimento volto all’applicazione della regressione tariffaria unica, precludendo quindi ogni possibilità di intervento utile. Sul punto, vi è da considerare che le delibere regionali prevedono la partecipazione ed il contraddittorio con le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, senza estenderlo ai singoli centri accreditati.

L’AIOP che rappresenta le case di cura private è intervenuta in sede di adozione della citata DGR n. 2157/2006, rifiutandosi di sottoscrivere i protocolli di intesa con le singole Aziende sanitarie locali.

La ricorrente casa di cura, pur essendo a conoscenza, grazie alla nota 28139 del 3.12.2007 (confermata con la successiva nota n. 1119 del 14.1.2008) dell’invio delle regressioni tariffarie operate dalle altre Aziende sanitarie, non ha fornito alcuna indicazioni in merito alle ragioni per le quali nei suoi confronti non si sarebbe dovuta applicare la RTU.

In ogni caso la partecipazione non avrebbe inciso sul contenuto dei provvedimenti impugnati, posto che la regressione tariffaria si inserisce nell’ambito di un’attività di carattere programmatorio nella quale le modalità e la misura sono determinate secondo criteri oggettivi che tengono conto del complessivo sforamento verificatosi nell’anno.

9.- Con il sesto ordine di censure, parte ricorrente si duole inoltre del difetto di motivazione e della violazione della regola che l’amministrazione stessa si era imposta con la nota 18820 dell’8.8.2007.

I rilievi in particolare si concentrano sulla delibera DG 239/2008 che si sarebbe limitata a richiamare la DGR Campania 2157/2005 senza evidenziare le ragioni che hanno condotto all’applicazione della percentuale di RTU.

Le doglianze non appaiono condivisibili.

Osserva il Collegio, al riguardo, che le motivazioni emergono dagli atti richiamati alla nota. Le delibere regionali 800/2006 e 2157/2005, le note 18820 dell’8.8.2007; 28139 del 3.12.2007 e 1119 del 14.1.2008, con le quali l’ASL aveva già informato la struttura ricorrente della progressiva acquisizione dei dati da parte delle altre AASSLL, l’esposizione del calcolo della quota di abbattimento da imputare alla casa di cura, forniscono in modo sufficientemente circostanziato le ragioni che hanno condotto l’ASL sa 1 ad applicare la RTU.

Il centro provvisoriamente accreditato è stato così informato circa l’esistenza di una situazione debitoria, i cui presupposti sono contenuti nei provvedimenti di programmazione e di assegnazione dei fondi da parte della Regione.

Pertanto l’obbligo di motivazione può ritenersi assolto per relationem.

Parte ricorrente ritiene inoltre che vi sia stata violazione della regola alla quale l’ASL stessa si sarebbe vincolata con la nota n. 18820 dell’8.8.2007

Il rilievo è infondato, perché con la nota in questione, indirizzata al direttore generale dell’area generale di Coordinamento – settore programmazione delle Regione Campania, l’ASL Sa 1 si riferisce alle comunicazioni delle altre ASL per prestazioni a pazienti residenti nell’ASL Sa 1 (mobilità passiva) e verifica che i propri residenti, anche recatesi presso strutture di altre AA.SS.LL., non siano andati oltre la dotazione economica assegnata.

Mentre, con la delibera del DG 239 del 2008, l’ASL Sa 1 applica le percentuali di regressione relative alle prestazioni erogate dalla ricorrente a pazienti provenienti da altre AASSLL (mobilità attiva).

10. Non condivisibile è poi la censura conclusiva di indebito arricchimento dal quale deriverebbe il diritto al risarcimento dei danni subiti.

La ricorrente ha accettato di proseguire nell’erogazione delle prestazioni, assumendo il rischio di impresa della mancata remunerazione, fidando nel recupero finanziario delle prestazioni erogate. In un sistema, quale quello del servizio sanitario in accreditamento, nel quale è fisiologica la sopravvenienza dell’atto determinativo della spesa in epoca successiva all’inizio di erogazione del servizio, gli interessati potranno aver riguardo -fino a quando non risulti adottato un provvedimento- all’entità delle somme contemplate per le prestazioni sanitarie dell’anno precedente, diminuite, se del caso, della riduzione della spesa sanitaria effettuata dalle norme finanziarie dell’anno in corso.

11. Per quanto sopra, il ricorso pertanto va respinto.

Le spese, attesa la complessità delle questioni trattate, possono essere compensate.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sede di Salerno, Sezione I, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso R.G. n. 1098/2008.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *