T.A.R. Emilia-Romagna Parma Sez. I, Sent., 22-02-2011, n. 46 Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Titolare di un permesso di soggiorno per "lavoro subordinato" in scadenza il 14 settembre 2003, il ricorrente, cittadino cinese, vedeva respinta la richiesta di rinnovo del titolo abilitativo perché qualificato come soggetto socialmente pericoloso (decreto cat. A12/2003 – IMM//DF del 12 novembre 2003). La Questura di Reggio Emilia, in particolare, prendendo a riferimento vari procedimenti penali in cui l’interessato era stato coinvolto (in alcuni casi conclusisi con condanna e in altri ancora pendenti o conclusisi con assoluzione o estinzione per prescrizione) per fatti legati all’impiego di cittadini cinesi clandestini in laboratori tessili privi delle prescritte condizioni igieniche, sanitarie e di sicurezza, valutava sussistenti i presupposti per considerarlo una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, condizione incompatibile con il protrarsi della presenza dello straniero in Italia.

Avverso il provvedimento questorile ha proposto impugnativa l’interessato. Lamenta l’erroneità e l’insufficienza dell’istruttoria e della motivazione – per trattarsi di fatti inerenti quasi esclusivamente a reati di natura contravvenzionale o comunque insuscettibili di reiterazione a fronte della nuova attività lavorativa intrapresa dallo straniero -, nonché la contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione – per avere questa assegnato rilievo ad una condotta antecedente al rilascio del permesso di soggiorno in scadenza e per avere quindi assunto determinazioni opposte in presenza dei medesimi fatti -. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato.

Si è costituita in giudizio la Questura di Reggio Emilia, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, resistendo al gravame.

L’istanza cautelare del ricorrente veniva respinta dalla Sezione (v. ord. n. 348/2003 del 16 dicembre 2003), con decisione poi confermata in sede di appello (Cons. Stato, Sez. IV, ord. 27 maggio 2004 n. 2435/2004).

All’udienza del 9 febbraio 2011, ascoltato il rappresentante del ricorrente, la causa è passata in decisione.

Il ricorso è infondato.

L’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998 ("Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero") non consente l’ingresso agli stranieri che siano una minaccia per l’ordine pubblico; il successivo art. 5, poi, prevede al comma 5 che "il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato…". Nel dare applicazione a tali norme, la giurisprudenza amministrativa ha osservato che il giudizio di pericolosità sociale costituisce tipica espressione del potere discrezionale dell’Amministrazione a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ha contenuto meramente prognostico e si sottrae al sindacato di legittimità quando non risulti affetto ictu oculi da manifesta arbitrarietà, irragionevolezza o falsi presupposti di fatto (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 29 luglio 2008 n. 3782; Sez. IV, 14 dicembre 2004 n. 7979); che non è tal fine necessaria una sentenza irrevocabile di condanna – potendo desumersi il giudizio conclusivo da meri indizi e fatti (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 8 marzo 2010 n. 1316 e 10 settembre 2008 n. 4315) -, né occorre il previo accertamento della commissione di specifici fatti costituenti reato (v. Cons. Stato, Sez. IV, 21 marzo 2003 n. 1492), purché la relativa condotta dimostri l’inclinazione a delinquere ed escluda, secondo l’id quod plerumque accidit, l’episodicità del comportamento fonte di allarme sociale (v. Cons. Stato, Sez. IV, 29 agosto 2003 n. 4852); che, in tale ottica, anche un numero elevato di denunce può essere di per sé considerato legittimamente sintomatico della pericolosità sociale dello straniero (v. Cons. Stato, Sez. VI, 17 maggio 2006 n. 2848), soprattutto se i fatti storici sottesi al giudizio penale pendente non siano contestati nella loro materialità e si rivelino pertanto suscettibili di costituire presupposto per un giudizio di pericolosità sociale sindacabile in sede giurisdizionale nei consueti limiti della non abnormità ed irragionevolezza (v. Cons. Stato, Sez. VI, 29 luglio 2008 n. 3784).

Ciò posto, rileva il Collegio che i fatti nella circostanza assunti a riferimento dall’Amministrazione (ripetuti episodi di utilizzazione di cinesi clandestini in stabilimenti tessili neppure conformi alle norme di sicurezza per i luoghi di lavoro), seppure ascrivibili a fattispecie di reato di natura contravvenzionale, evidenziano tuttavia un quadro complessivo caratterizzato da una condotta dimostratasi non propensa al rispetto delle leggi del Paese ospitante, ovvero denotano, sotto molteplici aspetti, la spiccata incapacità di adattarsi alle normali regole della civile convivenza, trattandosi di una molteplicità di fatti, oltretutto oggetto in più casi di accertamento giudiziale, che per il loro ripetersi e per il conseguente significativo allarme sociale prodotto si presentano sufficienti a fondare la delibazione di pericolosità sociale formulata dall’Amministrazione, in esito a valutazioni che non rivelano profili di palese arbitrarietà o irragionevolezza, anche per riferirsi a comportamenti non troppo risalenti nel tempo. La circostanza, poi, che il precedente permesso fosse stato rilasciato dopo che quelle condotte erano già state poste in essere, lungi dal rivelare una intollerabile contraddittorietà di determinazioni, è verosimilmente da imputare all’insufficienza degli elementi di conoscenza allora in possesso dell’Amministrazione ed è comunque frutto di un riesame non illogico della posizione dello straniero, la cui inclinazione alla commissione dei fatti censurati non viene evidentemente meno per il solo mutamento del titolo di soggiorno invocato (da lavoro autonomo a lavoro subordinato). Né, infine, acquista rilievo nella fattispecie la sopraggiunta norma di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 5 del 2007 ("…Nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto… si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale…"), per essere questa disposizione entrata in vigore solo il 15 febbraio 2007, e quindi successivamente all’adozione dell’atto impugnato.

Di qui l’infondatezza del ricorso.

La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’EmiliaRomagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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