Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-04-2011, n. 8137 Imposta valore aggiunto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Fatti rilevanti:

Il Fallimento EUROFINPAT s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR di Milano in data 1.2.2005 n. 3/33/2005 che, in accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio IVA di Milano:

– ha annullato la sentenza della CTP di Milano in data 3.9.2001 n. 109/34/01 (che aveva riconosciuto il diritto del contribuente al pagamento della minore imposta IVA per l’anno 1995 dovuta in conseguenza della parziale risoluzione di contratto di compravendita immobiliare e della corrispondente riduzione del prezzo originariamente pattuito);

– ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Fallimento in primo grado, ed "inesistente tutto il processo sin dal suo inizio", per difetto di prova della preesistenza della procura ad litem al momento della notifica dell’atto introduttivo.

La sentenza impugnata con ricorso per cassazione ha motivato la decisione non ritenendo provato che la tredicesima pagina – non numerata – della copia dell’atto introduttivo, depositato presso la Segreteria della Commissione tributaria e contenente il mandato alle liti, "fosse stata presente sin dall’inizio in tutti gli atti processuali", ed ha conseguentemente annullato la sentenza di primo grado "per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22" (cfr. dispositivo della sentenza).

Il ricorrente ha affidato la impugnazione a due distinti motivi articolati, rispettivamente, in tre ed in due censure.

L’Agenzia delle Entrate non ha resistito, limitandosi a depositare, per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, "atto di costituzione" al solo fine dell’eventuale partecipazione alla udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

La parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

p. 1) I motivi di ricorso Il ricorrente impugna la sentenza della CTR deducendo i seguenti motivi:

1 – violazione o falsa applicazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3):

a) del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, commi 3 e 4, avendo il giudice di secondo grado tratto erroneamente dalla norma la conseguenza della inammissibilità del ricorso in relazione alla "omessa trascrizione" integrale della procura ad litem nel ricorso in originale notificato all’Ufficio, mentre le norme indicate sanzionano con la inammissibilità esclusivamente la ipotesi in cui nell’atto manchi "la indicazione dell’incarico a norma dell’art. 12, comma 3";

b) dell’art. 83 c.p.c., comma 3, cui rinvia il D.Lgs. n. 546, art. 12 comma 3, avendo il giudice del merito erroneamente ritenuto inesistente la procura speciale in violazione delle norme indicate che riconoscono equipollente alla procura ad litem "apposta in calce" la procura conferita in atto separato se materialmente congiunto al ricorso cui accede;

c) del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3, avendo erroneamente fatto applicazione di tale norma sanzionatoria della inammissibilità del ricorso ritenendo sussistente la "difformità sostanziale" tra i due atti (ricorso originale notificato all’Ufficio e copia del ricorso depositato in Segreteria) per il mero difetto di trascrizione della procura ad litem in calce all’atto di appello spedito all’Ufficio;

2 – insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) avendo il giudice di secondo grado:

a) ritenuto inammissibile il ricorso meramente "su un presunto difetto di notifica della procura", omettendo di valutare che l’atto notificato all’Ufficio era comunque idoneo al raggiungimento dello scopo, consentendo la conoscenza degli elementi identificativi del procuratore e del mandato ad litem;

b) affermato la "inesistenza" della procura -sebbene non fosse contestato i deposito di tale atto presso la segreteria- senza indicare il proprio iter motivazionale, nonchè non avendo considerato ai fini della "anteriorità del conferimento" della procura rispetto alla data di notificazione del ricorso, che il ricorso e l’atto di procura recavano la stessa data 23.12.1999, e che il ricorso notificato all’Ufficio conteneva la espressa indicazione del mandato conferito al difensore. p. – 2) Esame delle censure dedotte con i motivi di ricorso;

2.1 Rileva preliminarmente la Corte:

– che i vizi della sentenza inerenti la ammissibilità del ricorso e la verifica della regolare costituzione in giudizio delle parti, in quanto attinenti alla costituzione del rapporto processuale ed all’accertamento delle condizioni necessarie a pervenire alla pronuncia sul merito, configurano la violazione di norme che disciplinano lo svolgimento del giudizio, e debbono, pertanto, essere ricondotti nel paradigma del numero quattro dell’art. 360 c.p.c., comma 1 (errores in procedendo);

– che la errata qualificazione, nella "rubrica", dei motivi di ricorso (sub specie di violazione di norme di diritto sostanziale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) non ne determina, tuttavia, la inammissibilità laddove, nello svolgimento del motivo stesso, risulti chiaramente individuato il tipo di vizio e la norma che si assume violata (rimanendo in tal caso osservato il requisito di specificità del motivo di ricorso alla stregua della "esposizione delle ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme": Corte cass. n. 17125/2007): nella specie, gli argomenti svolti a sostegno dei motivi consentono di individuare agevolmente il tipo di vizio che la parte intende far valere (essendo state specificamente indicate le norme del procedimento violale – D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 3, art. 18, comma 3 e comma 4, art. 22 comma 3 ed art. 83 c.p.c.), e dunque non sussistono impedimenti all’accesso al sindacato di legittimità della sentenza impugnata, con conseguente potere-dovere della Corte, quale giudice del fatto-processuale, di procedere all’esame diretto ed alla interpretazione degli atti del giudizio di merito (cfr. da ultimo Cass. sez. lav. 22.7.2009 n. 17109; id. 14.1.2010 n. 488, ric. Ambesi res. Min. Interno);

– che i vizi relativi agli "errores in procedendo" denunciati dal Fallimento ricorrente presuppongono altrettante distinte "rationes decidendo che, tuttavia, non è dato rinvenire nel "decisum" della sentenza impugnata che, come costantemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, deve essere individuato tenendo conto non soltanto delle statuizioni formalmente contenute nel dispositivo, ma anche delle enunciazioni contenute nella motivazione, che costituiscono le necessarie premesse logiche e giuridiche della decisione (Corte cass. 1^ sez. 11.1.1979 n. 193; Corte cass. SU 17.3.1998 n. 874; Corte cass. sez. lav. 17.2.2000 n. 1773; Corte cass. sez. lav. 5.3.2003 n. 3245). Dalla lettura della motivazione in diritto della sentenza della CTR emerge in particolare che – avuto riguardo all’oggetto del motivo di appello che viene individuato dalla CTR nella omessa pronuncia del giudice di prime cure sulla eccezione dell’Agenzia delle Entrate di inammissibilità "dell’atto di ricorso in contenzioso" in quanto "era privo della procura alle liti"- il giudizio di inammissibilità verte esclusivamente sulla mancanza di prova della anteriorità del conferimento della procura ad litem rispetto alla notifica del ricorso all’Agenzia delle Entrate ("non c’è alcuna prova che … il mandato alle liti fosse stato presente sin dall’inizio ") ed il riferimento, contenuto nel dispositivo della sentenza, al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22 (norma che al comma 2 dispone la rilevabililà ex officio, "in ogni stato e grado" del giudizio, della inammissibilità del ricorso, insanabile anche in caso di costituzione della parte resistente) non individua, come invece sembra ritenere il ricorrente, una autonoma "ratio decidendi" della pronuncia – alternativa o concorrente con quella enunciata in motivazione -, ma si esaurisce nella mera indicazione della norma processuale violata dal giudice di primo grado che ha determinato l’annullamento della sentenza della CTP di Milano.

2.2. Violazione dell’art. 18, comma 3 e 4 e del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 22, comma 3.

La parte ricorrente contesta al giudice di appello di avere fatto erronea applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 3 e 4 norma che sanziona la inammissibilità del ricorso "se manca od è assolutamente incerta" la sottoscrizione del difensore o "la indicazione dell’incarico" conferito al difensore nelle forme prescritte dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 3 (mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, ovvero in calce od in margine di un allo del processo, nel quale caso la sottoscrizione autografa è certificata dallo stesso incaricato), avendo ricompreso tra i requisiti di ammissibilità del ricorso notificato all’Ufficio anche la integrale trascrizione della procura ad litem, non richiesta dalla norma.

Assume altresì la parte ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente concluso per la inammissibilità del ricorso ritenendo l’atto depositato nella segreteria della Commissione "non conforme" a quello spedito all’Ufficio ( D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3) per il solo fatto che quest’ultimo non riportava trascritta la procura conferita in calce.

Premesso che è incontroverso che nella intestazione del ricorso in originale notificato all’Ufficio è fatta menzione della procura ad litem con la espressione "… come da mandato in calce al presente ricorso …" (dovendo ritenersi per ciò stesso osservato il requisito prescritto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 3:

"il ricorso deve … contenere l’indicazione dell’incarico a norma dell’art. 12, comma 3 …"), il motivo di ricorso di cui al precedente p. 1) – 1, lett. a) deve ritenersi manifestamente infondato, sotto tutti i profili, in quanto le argomentazioni svolte a supporto dello stesso risultano palesemente inconferenti rispetto al "decisum" della sentenza impugnata come sopra definito.

Occorre rilevare, infatti, che la pronuncia di inammissibilità della CRT non trova fondamento in vizi formali o sostanziali attinenti all’atto-ricorso notificato alla Agenzia delle Entrate, sibbene nella mancanza di una procura ad litem valida ed efficace preesistente alla notifica del ricorso (e dunque nella indimostrata esistenza del jus poslulandi in capo al difensore della parte ricorrente).

Non è dunque, in questione la norma che sanziona a pena di inammissibilità la sostanziale "difformità" dell’atto introduttivo depositato in Segreteria (in originale ovvero, come nella specie, in copia se "consegnato o spedito per posta") rispetto a quello notificato alla Agenzia delle Entrate ( D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3), e neppure la norma che richiede a pena di inammissibilità del ricorso la "indicazione dell’incarico" per la assistenza tecnica in giudizio ( D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 3-4), emergendo invece in modo inequivoco dalla lettura della sentenza impugnata che la CTR ha dichiarato inammissibile il ricorso, piuttosto, sulla assenza di alcuna prova certa che il relativo documento, rinvenuto -sembra- unito al ricorso, ma contenuto in una pagina non numerata successiva a quella recante la apposizione del timbro di "asseverazione ed attestazione dell’atto in dodici pagine", fosse stato effettivamente "presente sin dall’inizio" (e dunque che la procura speciale preesistesse all’atto della notificazione del ricorso). La CTR, muovendo dalle incontestate premesse che nella intestazione del ricorso notificato risultava menzionato il conferimento della procura con "mandato in calce" allo stesso atto introduttivo, che tuttavia tale mandato non era presente nel ricorso in originale notificato alla Agenzia delle Entrate, che il foglio contenente la procura ad litem depositato presso la Segreteria era privo di numerazione ed aggiunto dopo la dodicesima pagina del ricorso recante "il timbro di attestazione ed asseverazione dell’atto in dodici pagine", ha concluso per la mancanza della prova della anteriorità della procura ad litem rispetto alla notifica del ricorso e per la inesistenza della costituzione in giudizio del ricorrente a mezzo procuratore per difetto di "jus postulandi".

Risultano, pertanto, inconferenti le critiche mosse al giudice di secondo grado per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, con conseguente declaratoria di infondatezza della censura in esame, non avendo assunto alcuna rilevanza, ai fini della decisione, la "omessa trascrizione" della procura ad litem nel ricorso notificato alla Agenzia delle Entrate (requisito quello della trascrizione della procura, peraltro, non richiesto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, ben potendo essere conferita la procura speciale anche con atto separato -atto pubblico, scrittura privata autenticata – prodotto "in allegato" al ricorso unitamente agli altri documenti, essendo all’uopo sufficiente che nel ricorso notificato all’Ufficio vengano elencati i documenti – tra i quali la procura ad litem – depositali unitamente alla copia dell’atto introduttivo presso la segreteria della Commissione tributaria – D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 4 e art. 24, comma 1).

Ad analoga pronuncia di infondatezza va soggetto anche il motivo di ricorso indicato al p. 1) – 1 lett. c), non avendo assunto, egualmente, alcuna rilevanza ai fini della decisione, la "omessa trascrizione" della procura nell’atto notificato alla Agenzia delle Entrate con riferimento alla sanzione di inammissibilità prevista dal D.Lgs n. 546 del 1992, art. 22, comma 3, non avendo la CTR fatto applicazione di tale norma e non essendo motivata la pronuncia di inammissibilità del ricorso – contrariamente a quanto ipotizzato dal ricorrente principale – sull’ipotetico accertamento della "difformità del contenuto" del ricorso in originale notificato all’Ufficio (in quanto carente del procura) e di quello depositato in copia in segreteria (corredato della procura ad litem).

2.3. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 3 ed art. 83 c.p.c., comma 3.

Dalla lettura della sentenza impugnata emerge che la CTR ha dichiarato inammissibile il ricorso avendo ritenuto indimostrato che il documento contenente la procura ad litem, redatto su una pagina non numerata, successiva a quella recante la apposizione del timbro di "asseverazione ed attestazione dell’atto in dodici pagine", fosse stato effettivamente "presente sin dall’inizio" (e dunque che la procura ad litem preesistesse all’atto della notificazione del ricorso).

La parte ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 12, comma 3 ed art. 83 c.p.c., comma 3, deducendo la erronea interpretazione delle norme da parte del giudice di secondo grado, il quale disattendendo il costante indirizzo giurisprudenziale formatosi in materia avrebbe omesso di considerare equipollente alla "procura apposta in calce", la procura ad litem conferita con atto separato congiunto materialmente al ricorso depositato in segreteria, in violazione di quanto espressamente previsto dall’art. 83 c.p.c., comma 3, nel testo modificato dalla L. 27 maggio 1997, n. 141, art. 1 (norma che trova applicazione al processo tributario in virtù del generale rinvio operato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2), disconoscendo la accessione della procura predetta al ricorso introduttivo, sebbene non sia prescritta alcuna particolare forma per realizzare la "congiunzione materiale" dei due atti.

A sostegno del motivo vengono richiamate dalla parte ricorrente, alcune sentenze di questa Corte tutte però concernenti il requisito della "specialità" della procura e cioè della effettiva riferibilità della procura ad litem all’atto cui accede (per tutte cfr. Corte cass. 3^ sez. 2.4.2004 n. 6521 riportata anche in motivazione), questione evidentemente diversa da quella della prova della anteriorità o contestualità del rilascio della procura ad litem al momento della notifica del ricorso (anteriorità richiesta dalla "indicazione dell’incarico" difensivo nel ricorso da notificare come previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 3, a pena di inammissibilità, e che impone che il mandato difensivo sia stato conferito al più tardi al momento della notifica del ricorso). Ed infatti il Giudice di secondo grado ha ritenuto il ricorso proposto avanti la CTP affetto da invalidità insanibile, con conseguente inesistenza degli atti processuali compiuti, in quanto ha ritenuto indimostrato, non che la procura depositata nella segreteria della CTP difettasse del requisito di "specialità", e neppure che la procura apposta su atto separato ove congiunto materialmente al ricorso depositato non corrispondesse al modello legale previsto dall’art. 83 c.p.c., ma che invece detta procura fosse stata conferita "sin dall’inizio" e dunque anteriormente alla notifica del ricorso.

La questione sottoposta all’esame di questa Corte, pertanto, non è quella dell’accertamento della inscindibilità della procura al ricorso cui accede (desumibile oltre che da elementi materiali estrinseci, quali le varie tecniche meccaniche di congiunzione dei fogli, anche "dal contesto di elementi che consentano alla stregua del prudente apprezzamento di fatti e circostanze di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di rappresentanza ed alla riferibilità della procura al giudizio di cui trattasi" così Cass. n. 7731/2004, citata dal ricorrente in massima), ma consiste nel verificare se il Giudice di appello sia incorso in errore applicativo di norma processuale, ritenendo la insussistenza di prove idonee ad attestare la anteriorità della procura speciale depositata in segreteria ovvero la esistenza di prove idonee a dimostrare il difetto di tale anteriorità.

Ne consegue che anche il motivo dedotto sub p. 1) – 1 lett. b) è infondato non venendo ad attingere la censura la "ratio decidendo della sentenza impugnata.

2.4 Insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Il motivo dedotto sub p. 1) – 2 lett. a) è privo di autonoma rilevanza in quanto la parte si limita alla interpretazione delle norme processuali violate (D.Lgs n. 546 del 1992, art. 18, commi 3 e 4) indicate nel motivo (p. 1-1 lett. a) precedentemente esaminato (cfr. ricorso in diritto paragr. 1 ult. parte), e dunque ad illustrare la medesima censura di "error in procedendo" dedotta con il precedente motivo. Il ricorrente infatti censura la sentenza di appello per aver dichiarato inammissibile il ricorso nonostante la norma in questione non preveda alcun obbligo di notifica della procura ad litem unitamente al ricorso spedito a mezzo racc. AR all’Ufficio: trattandosi di procura alla lite rilasciata in calce al ricorso nella forma del "foglio separato materialmente congiunto" ( art. 83 c.p.c., comma 3, nel testo novellato nel 1997), la censura non aggiunge ulteriori profili di nullità della sentenza al vizio di errore processuale denunciato in relazione alla medesima norma, con riferimento alla ipotesi di "omessa integrale trascrizione della procura" nel ricorso notificato all’Ufficio, e già ritenuto infondato dal collegio, rimanendo pertanto ricompresa nella decisione di infondatezza del motivo cui accede.

Quanto al denunciato vizio motivazionale sub p. 1-2 lett. b) concernente la soluzione giuridica data dal giudice del merito in ordine alla questione controversa della esistenza e della anteriorità della procura speciale (cfr. ricorso in diritto paragr.

2.2.2. e 2.3), il ricorrente principale lamenta la insufficiente motivazione del giudice del merito in ordine ad elementi probatori, quali la menzione della procura nel ricorso notificato all’Ufficio e la identità delle date apposte sul ricorso in dodici pagine, e sull’atto di procura (unito meccanicamente al primo), che se considerati avrebbero comportato la ammissibilità del ricorso.

Il motivo è infondato.

Rileva la Corte che il precedente giurisprudenziale segnalato dal ricorrente non appare conferente (Cass. sez. lav. n. 13369/2003 – erroneamente indicata in ricorso con il n. 13339- esaminando la fattispecie della copia del ricorso per cassazione notificata recante a margine la dicitura "esistenza di mandato a margine dell’originale", e della procura apposta a margine dell’originale priva di data, afferma che "la mancanza degli stessi elementi sulla copia notificata non determina l’inammissibilità del ricorso quando tale copia contenga elementi idonei a dimostrare la provenienza dell’atto da difensore già munito di mandato speciale (come la trascrizione o l’indicazione della procura o l’attestazione dell’ufficiale giudiziario in ordine alla richiesta di notificazione) (Cass. 6 luglio 2001 n. 9206). E stato anche, affermato che la mancanza della data nella procura rilasciata a margine del ricorso per Cassazione non ne determina l’inammissibilità, ove la prova dell’anteriorità del conferimento della stessa rispetto alla data di notificazione del ricorso possa essere desunta dalla menzione espressa contenuta nell’intestazione dell’atto, sia nell’originale che nella copia notificata, nonchè dalla relata di notificazione, nella quale l’ufficiale giudiziario attesti che questa è stata richiesta dal difensore del ricorrente (Cass. 5 aprile 2001 n. 5077)") in quanto individua quale elemento di certezza probatoria della anteriorità l’attestazione di conformità della copia all’originale (recte l’attestazione della effettiva esistenza della procura apposta in calce o in margine del ricorso in originale) effettuata nella relata di notifica dall’Ufficiale giudiziario, attività di competenza del pubblico ufficiale che, nel caso di specie, manca del tutto, essendosi avvalso il ricorrente della forma di notificazione diretta a mezzo posta.

Nè può soccorrere, in ordine ai criteri di valutazione della prova della anteriorità del rilascio della procura ad litem, la giurisprudenza di questa Corte che, in tema di ammissibilità del ricorso per cassazione, oltre alla prova desunta da elementi intrinseci al ricorso quali la integrale trascrizione, nella copia notificata del ricorso, della procura apposta in calce o a margine al ricorso originale, anche se priva di data (cfr. Cass sez. lav.

13.9.2006 n. 19560; Cass. 1^ sez. 16.3.2007 n. 6301; Cass. 1^ sez. 19.12.2008 n. 29875 con riferimento a procura conferita in atto separato congiunto al ricorso), consente di avvalersi anche di altri elementi estrinseci al contenuto dell’atto, purchè univoci e specifici, quale la attestazione dell’Ufficiale giudiziario di conformità della copia da notificare all’atto originale ex art. 137 c.p.c., comma 2, sempre che nella copia notificata sia espressamente fatta menzione della esistenza della procura speciale nell’atto originale (cfr. Cass. 1^ sez. 24.3.2006 n. 6687 -con riferimento a procura in calce od in margine, priva di data-; Cass. sez. lav.

19.7.2006 n. 16540; Cass. 1^ sez. 17.5.2007 n. 11513, in motivazione, secondo cui gli elementi dai quali desumere la prova della anteriorità debbono individuarsi: 1 – nel conferimento della procura a margine o in calce al ricorso in originale; 2 – nella espressa menzione, nella copia del ricorso notificata, della apposizione della procura nel ricorso originale; 3 – nella attestazione resa dall’Ufficiale giudiziario a sensi dell’art. 137 c.p.c.) ovvero anche la mera dichiarazione dell’Ufficiale giudiziario, risultante dalla relata di notifica, della provenienza della richiesta di notifica da parte di difensore "dichiaratosi procuratore" del ricorrente (cfr.

Cass. n. 15173/2001; Cass. 3^ sez. 5.4.2001 n. 5077 – che prescinde dalla attestazione di conformità ex art. 137 c.p.c., comma 2, ritenendo sufficiente soltanto che dalla relata di notifica l’Uff. giud. risulti che la richiesta di notifica proviene dal difensore del ricorrente; Cass 2^ sez. 29.3.2002 n. 4619; Cass. 2^ sez. 15.7.2005 n. 15086. Quest’ultimo indirizzo giurisprudenziale è, peraltro, contrastato, proprio in relazione al potere certificativo di conformità all’originale attribuito all’Ufficiale giudiziario dall’art. 137 c.p.c., comma 2, desumendosi "a contrario" che, "costituendo la procura apposta a margine o in calce parte inscindibile dell’atto, se la copia notificata del ricorso non contiene la trascrizione della procura, si deve presumere che anche l’originale ne era privo al momento della consegna di tale all’ufficiale giudiziario per la notifica. Nè tale presunzione può essere vinta dalla constatazione che la procura a margine o in calce figuri nell’originale del ricorso depositato in cancelleria, dal momento che ciò dimostra soltanto l’esistenza della procura, ma non anche che essa sia stata conferita anteriormente alla notifica …":

cfr. Cass. 2^ sez. 29.8.1998 n. 8606 cui adde Cass. 2^ sez. 9.10.2006 n. 21689 secondo cui in assenza di trascrizione della procura nella copia dell’atto notificato "il ricorso è inammissibile per la incertezza della anteriorità o contemporaneità del rilascio della procura rispetto alla notifica di esso". Vedi anche Corte cass. 1^ sez. 16.3.2007 n. 6301 secondo la quale l’anteriorità della procura riguardo alla notificazione del ricorso "può essere desunta da elementi intrinseci e assolutamente univoci, come la riproduzione della procura a ricorrere in cassazione a margine della copia notificata all’intimato").

Orbene avuto riguardo alla fattispecie in esame, in assenza di apposizione – ovvero di integrale trascrizione – della procura alle liti in calce (anche nella forma dell’atto separato materialmente congiunto) all’originale del ricorso notificato alla Agenzia delle Entrate, ed in difetto altresì della attestazione dell’Ufficiale giudiziario prevista dall’art. 137 c.p.c., comma 2, risulta evidente come i criteri di inferenza logica individuati dalla giurisprudenza della SC in ordine alla prova presuntiva della anteriorità del rilascio della procura rispetto alla notificazione del ricorso non possano trovare applicazione, e dunque sotto tale aspetto la critica mossa alla sentenza impugnata si palesa inidonea (per mancanza delle stesse premesse in fatto della argomentazione logica-presuntiva) ad integrare il dedotto vizio motivazionale.

Gli elementi probatori, indicati dal ricorrente, disattesi dal giudice di appello (coincidenza di data sulla copia del ricorso e sulla procura; menzione della procura nel ricorso originale notificato), non appaiono, peraltro, idonei ad assumere valenza decisiva, non essendo tali da destituire di validità l’iter logico seguito dal giudice di merito e da privare, pertanto, la sentenza della sua "ratio decidendi", tenuto conto, da un lato, che nè la menzione della procura sull’atto notificato, ne la identità della data apposta sui due atti formati dal difensore – privo di potere certificativo -, forniscono prova inconfutabile della anteriorità del conferimento della procura ad litem, e dall’altro che il giudice di appello ha motivato adeguatamente la insussistenza della prova certa della anteriorità, in base ai seguenti, incontestati, clementi fattuali: 1 – omessa riproduzione integrale del mandato alle liti "conferito in calce al ricorso" nell’atto introduttivo "originale" notificato, mediante spedizione diretta a mezzo posta, alla Agenzia delle Entrate (con conseguente impossibilità di desumere la prova della anteriorità/contemporaneità del rilascio della procura dallo stesso ricorso notificato); 2 – deposito presso la segreteria della Commissione tributaria unitamente alla "copia" del ricorso in dodici pagine numerate, di un loglio (in tredicesima pagina non numerata) contenente il mandato alle liti ed apposizione sulla dodicesima pagina del ricorso depositato in copia del "timbro di asseverazione ed attestazione dell’atto in dodici pagine" ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3 (elementi indiziari che il giudice di appello ha ritenuto incompatibili con la identica data apposta sulla copia del ricorso depositato e sulla procura).

L’argomentazione svolta dal ricorrente secondo cui la materiale congiunzione al ricorso della procura conferita su foglio separato, può realizzarsi anche se tra i due atti vi siano soluzioni di continuità nella redazione grafica del testo o nella sequenza della pagine (spazi bianchi, pagine distinte e non numerate), dovendo pertanto considerarsi tale procura come apposta in calce al ricorso, pecca in difetto in quanto la data di conferimento della procura non deve essere verificala rispetto alla copia del ricorso cui accede, ma rispetto alla data di notifica dell’originale (non è dato peraltro al collegio procedere all’esame diretto dell’alto contenente la procura, in quanto tra gli atti del giudizio di merito si rinviene il ricorso "originale per l’Ufficio Finanza" di dodici pagine -privo di procura che viene menzionata nella intestazione dell’atto con la dicitura "come da mandato in calce"- ricevuto dall’Ufficio IVA di Milano il 29.12.1999, nonchè ricorso in "copia" di dodici pagine, al quale non risulta congiunto il foglio contenente la procura ad litem, documento che non risulta neppure elencato tra gli atti del fascicolo), e comunque non inficia di assoluta illogicità il convincimento del giudice di appello in ordine alla mancanza di elementi indiziari, univoci e concordanti, desumibili dall’esame della copia dell’atto depositato in segreteria, idonei a dimostrare con certezza la anteriorità del rilascio della procura rispetto alla notifica del ricorso in originale, dovendo al riguardo ribadirsi il costante insegnamento di questa Corte in tema di prova per presunzioni, secondo cui la individuazione dei fatti da porre a fondamento del processo logico costituisce apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, essendo irrilevante per la configurazione del vizio motivazionale il diverso convincimento affermato dalla parte (Corte cass. 3^ sez. 2.4.2009 n. 8023).

2.5 Motivi ulteriori dedotti con la memoria illustrativa.

Inammissibile in quanto introduce una questione nuova è il motivo dedotto con la memoria illustrativa depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. concernente la violazione da parte del giudice di appello dell’art. 182 c.p.c., atteso che nel giudizio civile di legittimità1, con le memorie di cui all’art. 378 cod. proc. civ., destinate esclusivamente ad illustrare e a chiarire i motivi della impugnazione, ovvero alla confutazione delle tesi avversarie, non possono essere dedotte nuove censure nè sollevate questioni nuove, che non siano rilevabili d’ufficio, e neppure può essere specificato, integrato o ampliato il contenuto dei motivi originari di ricorso (Corte cass. 2^ sez. 25.11.1978 n. 5552; Cass. sez. lav.

3.3.1980 n. 1423; Corte cass. 3^ sez. 20.11.2002 n. 16345, Corte cass. 1^ se. 29.12.2005 n. 28855). p. 3. La decisione della Corte e la pronuncia sulle spese.

Alla infondatezza dei motivi dedotti dal Fallimento Eurofinpat s.r.l. consegue il rigetto il ricorso.

Va dichiarato inammissibile il nuovo motivo dedotto nella memoria ex art. 378 c.p.c..

Non essendo stata svolta attività difensiva dalla parte resistente, non deve farsi luogo a pronuncia sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara inammissibile il motivo proposto con la memoria ex art. 378 c.p.c.. Nulla sulle spese di lite.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *