T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 22-02-2011, n. 1666 Circolazione dei capitali e delle persone

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 26 marzo 2010 e depositato il 21 aprile successivo, la ricorrente impugna il decreto con il quale, in data 28 settembre 2009, il Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze ed il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, ha stabilito "Regole Tecniche e di Sicurezza relative al Permesso e alla Carta di Soggiorno", chiedendone l’annullamento.

In particolare, la ricorrente – "società che dal 1994 produce e distribuisce card a tecnologia ottica" con un ruolo preminente in Italia ed all’estero "nella progettazione, nell’integrazione e nella messa in esercizio di sistemi di identificazione incentrati sulla tecnologia della banda a memoria ottica" – espone quanto segue:

– con decreto del 3 agosto 2004, pubblicato nella G.U. del 6 ottobre 2004, Serie n. 235, il Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, adottava "Regole Tecniche e di Sicurezza relative al Permesso e alla Carta di Soggiorno", prescrivendo – al fine di uniformarsi alle previsioni introdotte dal Regolamento CE n. 1030 del 13 giugno 2002 ed, in particolare, di "istituire un modello uniforme che soddisfacesse gli standard europei" – "un permesso di soggiorno dotato di microprocessore e di banda ottica", la quale consiste in un "dispositivo di memoria a lettura laser con capacità di memorizzazione elevata";

– nonostante il decreto di cui sopra, l’emissione in Italia dei permessi di soggiorno avveniva su supporto cartaceo fino a tutto l’anno 2006;

– tale prassi esponeva il Paese ad una procedura di infrazione, culminata nel parere motivato n. 2006/2075 C (2008) 1541, della Commissione delle Comunità Europee "per il mancato rilascio, ai cittadini di paesi terzi, di un permesso di soggiorno conforme al modello uniforme stabilito nel Regolamento CE n. 1030/2002 del Consiglio";

– nelle more di tale procedura, il Regolamento CE di cui sopra veniva modificato dal Regolamento CE 380/2008 del 18 aprile 2008, pubblicato nella G.U. dell’Unione Europea n. 115 del 29 aprile 2008 ed entrato in vigore a partire dal 19 maggio 2008;

– in ogni caso, la Commissione delle Comunità Europee precisava che il nuovo regolamento non sollevava le autorità italiane dall’obbligo di conformarsi al precedente regolamento del 2002; nel contempo, formulava rilievi sui permessi rilasciati nel frattempo in via sperimentale per contestare "l’errato posizionamento del microchip a contatto" ma nulla osservava – invece – in merito alla banda ottica;

– con decisione C3770 del 20 maggio 2009, la Commissione delle Comunità Europee adottava, poi, ulteriori prescrizioni tecniche "al fine di rendere più difficile la contraffazione o la falsificazione dei permessi di soggiorno", evidenziando la necessità di fissare prescrizioni per l’attuazione degli identificatori biometrici da memorizzare su chip senza contatto, la cui entrata in vigore risultava fissata in due anni per quanto riguarda l’immagine del volto ed in tre anni "per quanto riguarda le due immagini delle impronte digitali";

– in siffatto contesto normativo, il Ministero dell’Interno adottava il decreto impugnato, "disponendo l’adozione di un microprocessore a contatto quale unico supporto informatico per la memorizzazione dei dati ed…. eliminando la previsione della banda ottica".

Avverso tale provvedimento la ricorrente – dopo essersi a lungo dilungata sulla propria legittimazione a proporre il gravame – insorge deducendo i seguenti motivi di impugnativa:

1) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 17, COMMA 3, DELLA LEGGE 23 AGOSTO 1990, N. 400. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DEL POTERE REGOLAMENTARE. Il decreto impugnato, per la sua intrinseca natura regolamentare, doveva essere adottato nel rispetto della procedura di cui all’art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988. L’analisi di tale decreto dimostra, invece, "l’assoluta assenza dei presupposti del potere regolamentare", atteso che: – manca un atto legislativo di espresso conferimento del potere regolamentare; – non è stato acquisito l’obbligatorio parere del Consiglio di Stato. Nella specie, la mancanza di un atto legislativo di conferimento del potere regolamentare avrebbe richiesto l’adozione di un regolamento governativo, ex art. 17, comma 1, della già citata legge n. 400/88.

2) ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE 7 AGOSTO 1990, N. 241. DIFETTO ASSOLUTO DI ISTRUTTORIA in relazione "all’abolizione della banda ottica".

3) VIOLAZIONE E FALSA ED ERRATA INTERPRETAZIONE ED APPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO CE 380/2008 – VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 10, 249 E 254 DEL TRATTATO ISTITUTIVO DELLE COMUNITA" EUROPEE – VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO GENERALE DI CERTEZZA DEL DIRITTO. Il decreto de quo non riporta disposizioni coerenti con gli obiettivi ed i requisiti tecnici previsti dal legislatore comunitario, fissati con il regolamento CE n. 380/2008. Non è stato, infatti, introdotto almeno il microprocessore RF senza contatto. Per contro, introduce "del tutto contraddittoriamente l’utilizzo esclusivo di un chip a contatto". Non risulta, altresì, rispettato lo standard ISO/IEC 11693, atteso che lo stesso può essere raggiunto solo attraverso l’utilizzo della banda ottica. Altro motivo di illegittimità è l’assoluta assenza di qualsiasi richiamo agli standard ISO/IEC 14443 e 75013, anch’essi previsti dal CE 380/2008 e successivi aggiornamenti. Anche l’obiettivo della "compatibilità e interoperabilità del documento di soggiorno con la CIE… ai fini dell’autenticazione e dell’utilizzo in rete" per mezzo di "una coerente struttura fisica e logica del microprocessore" è palesemente violato.

4) VIOLAZIONE E FALSA ED ERRATA INTERPRETAZIONE ED APPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO CE 380/2008 (SEGUE) – ECCESSO DI POTERE PER CONTRADDITTORIETA’. Con decreto ministeriale dell’8 novembre 2007 il Ministero dell’Interno, nel dettare "Regole tecniche della carta di identità elettronica", aveva previsto che il supporto fisico del documento sarebbe stato dotato, tra l’altro, di una "banda ottica". Anche sotto questo profilo, il decreto impugnato rivela l’impossibilità di raggiungere l’interoperabilità tra il permesso di soggiorno e la carta d’identità elettronica, in contrasto, tra l’altro, con l’art. 64 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82. Il modello di permesso di soggiorno così introdotto è soggetto a notevoli rischi di contraffazione e falsificazione – a differenza della banda ottica – nonchè espone il Paese ad una nuova procedura di infrazione per contrasto con il Regolamento comunitario e, per l’effetti, con il Trattato istitutivo delle Comunità Europee.

5) VIOLAZIONE E FALSA ED ERRATA INTERPRETAZIONE ED APPLICAZIONE DELLA DECISIONE C (2009) 3770 DEL 20 MAGGIO 2009 – ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA – TOTALE ASSENZA DI MOTIVAZIONE. Il provvedimento impugnato non considera affatto la citata decisione, la quale – all’allegato III, relativo agli "elementi di sicurezza nazionali che potrebbero essere utilizzati nel permesso di soggiorno" – individua proprio la banda a memoria ottica, né fornisce spiegazione alcuna in ordine alla scelta operata.

6) ECCESSO DI POTERE PER MANIFESTA ILLOGICITA’, TRAVISAMENTO ED ERRONEA VALUTAZIONE DEI FATTI. Il parere espresso dalla Commissione delle Comunità Europee nulla contestava sulla banda ottica. Ciò dimostra che non è attraverso l’eliminazione di quest’ultima che il Paese si pone nella condizione di conformarsi alle prescrizioni tecniche del diritto comunitario. Per contro, con l’inserimento del microchip a contatto si realizza una netta violazione della disciplina UE. Il decreto impugnato è, dunque, illogico. Ciò trova conferma anche nel documento del Consiglio dell’Unione Europea del 10 ottobre 2007, dal quale risulta che "per i microchip è necessaria una complessa infrastruttura che consenta di rendere leggibile i dati", mentre la banda ottica "contiene anche elementi visivi e motivi grafici di sicurezza per una rapida verifica di autenticità". L’Amministrazione ha, pertanto, travisato il parere della Commissione.

7) VIOLAZIONE DELL’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE E DEL PRINCIPIO DEL BUON ANDAMENTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – VIOLAZIONE DELL’ART. 1 DELLA LEGGE 241/1990. Stanti le forniture già richieste dall’Istituto Poligrafico, l’ultima risalente al 25 novembre 2009, è evidente che il cambio di percorso del Ministero dell’Interno brucia e rende inutili tutte le risorse ed il tempo impiegati nella progettazione, studio e realizzazione del documento in esame nonché gli investimenti già stanziati

8) ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI ISTRUTTORIA – TOTALE ASSENZA DI MOTIVAZIONE. Il microchip a contatto previsto dal decreto impugnato introduce un modello di permesso di soggiorno soggetto a notevoli rischi di contraffazione. Nel contempo, tale modello presuppone l’utilizzo di appositi dispositivi di lettura ed una complessa infrastruttura per la verifica dell’autenticità. Ciò comporta un aggravio di costi, un dispendio di risorse che l’Amministrazione sembra non aver minimamente ponderato. Vi è stato, dunque, un difetto di istruttoria che si è tradotto in totale assenza di motivazione, con conseguente nullità del provvedimento per difetto di un elemento essenziale ai sensi dell’art. 21 septies della legge n. 241/90.

In ultimo, la ricorrente chiede anche il risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimità del provvedimento impugnato.

Con atto depositato in data 27 aprile 2010 si sono costituiti il Ministero dell’Interno, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione e l’istituto Poligrafico dello Stato, per poi depositare documenti in data 30 aprile 2010 ed una memoria difensiva il successivo 12 maggio 2010, con la quale hanno – in via preliminare – rappresentato l’evoluzione nel tempo – specie sotto il profilo giuridico – della questione: – il Regolamento CE n. 1030/2002 contempla un modello uniforme di permesso di soggiorno, il quale deve presentare determinati elementi tecnici, tra cui non è previsto l’inserimento della banda ottica; – con decisione della Commissione Europea C/2002/3069, adottata il 14 agosto 2002, sono stati definiti "elementi e requisiti di sicurezza complementari", tra cui – del pari – non figura la banda ottica; – in applicazione di tale normativa, l’Italia ha emanato il decreto in data 3 agosto 2004, pubblicato nella G.U. Serie Generale n. 235 del 6 ottobre 2004, prescrivendo – all’art. 5 ed al successivo punto 1.3 dell’allegato B) – che il permesso di soggiorno è costituito da un supporto fisico stampato con le tecniche tipiche delle carte valori ed è dotato degli elementi fisici di sicurezza atti a verificare l’autenticità del documento, consistenti in una "banda ottica per la memorizzazione dei dati riportati graficamente sul documento ed in un microprocessore per la memorizzazione delle informazioni"; – attraverso tali previsioni, lo Stato italiano ha aggiunto alle regole tecniche del regolamento CE 1030/2002 e della decisione C 3069/2002 la "banda ottica"; – nonostante il predetto decreto lo Stato italiano ha continuato a rilasciare documenti secondo il vecchio formato cartaceo e, per questo, è stato soggetto a procedura di infrazione, culminante nel parere motivato del 6 maggio 2008, ai sensi del quale anche i permessi di soggiorno rilasciati in via sperimentale sulla base del D.M. 3 agosto 2004 non erano conformi al regolamento CE 1030/2002, con particolare riferimento al posizionamento del microprocessore a contatto; – al fine di adeguarsi a tale parere, il Ministero dell’Interno ha istituito un gruppo di lavoro, denominato "1030"; – i lavori del gruppo hanno portato all’emanazione del decreto impugnato, il cui art. 5 non prevede più il requisito aggiuntivo della banda ottica per la memorizzazione dei dati ma solamente l’applicazione del microprocessore; – come già accennato, nelle more della procedura di infrazione è stato emanato il Reg. CE n. 380/2008, con il quale è stato introdotto un modello uniforme di permesso di soggiorno, da rilasciare solo come documento separato (con abolizione del "formato adesivo da applicarsi al passaporto), dotato di microprocessore contact less (ossia non a contatto), facendo salva la possibilità di utilizzare ulteriori elementi aggiuntivi (quali il microprocessore a contatto e, per la prima volta, la banda ottica); – tale decreto ha, altresì, disposto l’obbligo per gli Stati di adeguarsi alle prescrizioni che introducono elementi di sicurezza biometrici entro il 20 maggio 2011 per l’immagine del volto ed entro il 20 maggio 2012 per quanto riguarda le impronte digitali; – per realizzare l’adeguamento a tale regolamento, l’Italia ha costituito un nuovo gruppo di lavoro, la cui attività è ancora in corso di svolgimento. Ciò premesso, l’Amministrazione ha così confutato le censure formulate dalla ricorrente: – il decreto ministeriale in esame trova fondamento nell’art. 5, comma 8, del D.lgs. n. 286/1998 e, dunque, ha natura squisitamente attuativa, in ragione della quale non può essere qualificato come atto di natura regolamentare; – in altri termini, è un atto amministrativo generale, riguardo al quale non sono ravvisabili le pretese violazioni dell’art. 17 l. n. 400/88; – lo stesso decreto è pienamente conforme alla normativa comunitaria n. 1030/2002 e C/3069/2002 nonché al parere motivato del 6 maggio 2008, atteso che gli stessi non prescrivono la banda ottica quale requisito di sicurezza né essenziale ed obbligatorio, né complementare ed opzionale; – atteso che il reg. n. 380/2008 lascia tempo agli stati membri per adeguarsi alla prescrizioni che introducono gli elementi di sicurezza biometrici fino al 20 maggio 2011 relativamente all’immagine del volto e fino al 20 maggio 2012 per quanto riguarda le impronte digitali, lo stesso decreto non può essere assunto – allo stato – quale parametro di legittimità del decreto impugnato; – in ogni caso, tale regolamento e le conseguenti specifiche tecniche di cui alla decisione C/3770/2008 non prevedono la banda ottica quale requisito di sicurezza obbligatorio; – ciò detto, la determinazione delle autorità di inserire o meno la banda ottica rappresenta una scelta afferente il merito amministrativo, insindacabili dal giudice di legittimità; – l’invocata interoperabilità del permesso di soggiorno con la carta d’identità elettronica è comunque assicurata dal microprocessore, in linea con il rilievo che richiede l’utilizzo di tecnologie similari da parte di tutti gli stati membri; – in ultimo, va esclusa la sussistenza di responsabilità civile, atteso che l’operato in contestazione è pienamente conforme alle normative interna e comunitaria.

Con memoria prodotta in data 26 maggio 2010, la ricorrente ha insistito sull’illegittimità del decreto impugnato per violazione dell’art. 17 della legge n. 400 del 1988 e per difetto di motivazione.

A seguito del deposito di documenti in data 25 novembre 2010, la LMC S.p.a. – in cui la L.M.C. si è fusa per incorporazione – ha prodotto una memoria con cui si è dilungata sull’importanza della banda ottica sotto il profilo della sicurezza ed ha precisato che – "anche a voler condividere la tesi per cui la banda ottica costituirebbe un requisito aggiuntivo di sicurezza… non imposto dalla normativa europea" – la scelta di eliminare tali tecnologia è comunque ingiustificata e contraddittoria in quanto "espone al rischio di massicci fenomeni di contraffazione".

All’udienza pubblica del 16 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

2. Come esposto nella narrativa che precede, la ricorrente denuncia l’illegittimità del decreto interministeriale impugnato per violazione dell’art. 17, comma 3, della legge n. 400/1988.

In particolare, sostiene che il predetto decreto possiede "intrinseca natura regolamentare" ma ne sono carenti i presupposti, ossia un "atto legislativo di espresso conferimento del potere regolamentare" e la previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato.

Tale censura non è meritevole di condivisione.

2.1. Premesso che l’adozione del decreto impugnato trova espresso fondamento normativo nell’art. 5, comma 8, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (così come sostituito prima dal comma 1 dell’art. 5 della legge n. 189 del 2002 e poi dall’art. 11 del d.l. 27 luglio 2005, n. 144), il Collegio ritiene che – in ragione dei contenuti che caratterizzano lo stesso – si tratti di un atto privo di carattere normativo.

In particolare, rileva che:

– tale provvedimento ha valenza essenzialmente "interna". Il decreto de quo si limita, infatti, ad offrire specificazioni ed indicazioni in ordine alle modalità di realizzazione del "documento di soggiorno per i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nello Stato" e, dunque, rappresenta un atto che – specie sotto il profilo di rilevanza in questa sede, riportato all’art. 5 del decreto – introduce prescrizioni che risultano dirette non ad una pluralità indeterminata di destinatari bensì semplicemente a regolamentare l’attività delle autorità pubbliche deputate alla produzione del documento in questione;

– si tratta di un atto avente natura meramente esecutiva sotto un profilo, tra l’altro, strettamente tecnico. Al riguardo è opportuno ricordare che – come si trae anche dalla formulazione dell’art. 5 della legge n. 286/1998 – il decreto in esame ha il mero compito di fissare "i mezzi a tecnologia avanzata" utili per l’adozione di un modello uniforme per i permessi di soggiorno da rilasciare a cittadini di paesi terzi. Ciò detto, appare evidente – anche in linea con i rilievi espressi dalla Corte Costituzionale nella sentenza 22 giugno 1990, n. 331 – che si tratta di previsioni che non disciplinano in astratto rapporti giuridici, ossia dotate dei caratteri della generalità, dell’astrattezza e della ripetibilità nel tempo della loro applicazione (cfr., tra le altre, Cass. Civ., Sez. III 22 febbraio 2000, n. 1972; Cass.Civ., Sez. III, 5 luglio 1999, n. 6933), riconducibili – in quanto tali – all’esercizio della potestà regolamentare.

E’ noto che – secondo il ius receptum – i regolamenti disciplinati dal richiamato art. 17 devono, come tutti gli attifonte dell’ordinamento, essere assistiti, oltre che dalla generalità, pure dall’astrattezza che si compendia con l’attitudine della fonte all’applicabilità ripetuta e alla non riferibilità alla cura concreta di interessi pubblici con effetti diretti nei confronti di soggetti anche indeterminati, purchè determinabili (cfr. Cass. Civ., III, 5 marzo 2007, n. 5062; TAR Lazio, Roma, Sez. II, 22 dicembre 2008, n. 12222).

In ragione di quanto già osservato, tale definizione non si attaglia all’impugnato decreto, il quale – in verità – si limita a definire "una tantum" regole tecniche e di sicurezza per i permessi di soggiorno, consistenti – in sintesi – in precisazioni in ordine alle modalità di produzione di detti documenti.

Non basta, allora, predicare che il citato decreto costituisce una "fonte del diritto", tenuto conto che:

– ciò che vale è la regolamentazione di una serie indefinita di rapporti, ripetuta nel tempo;

– tale connotazione è carente nel caso di specie.

Anche aderendo, dunque, all’orientamento secondo il quale a nulla rileva la circostanza, meramente formale, della mancata attribuzione al "decreto" della denominazione di "regolamento", dovendosi avere essenzialmente riguardo, ai fini del riconoscimento di detta natura, al contenuto dell’atto (cfr. Cass.Civ., n. 1972/2000, già citata; C.d.S., Ad. Gen., n. 135/1996; C.d.S., Sez. VI, 27 maggio 2005, n. 2731), il Collegio perviene alla conclusione che, ai fini dell’adozione del decreto in epigrafe, non era necessaria l’osservanza del modello procedimentale di cui all’art. 17 della legge n. 400 del 1988.

3. La ricorrente si sofferma, poi, diffusamente sulla violazione e falsa ed errata interpretazione ed applicazione del Regolamento CE 380/2008 e, per l’effetto, degli artt. 10, 249 e 254 del Trattato istitutivo delle Comunità Europee, nonché della decisione CE 3770/2009 (la quale si riporta al regolamento n. 1030/2002, "sostanzialmente modificato dal regolamento (CE) n. 380/2008").

In particolare, denuncia:

– la mancata previsione, come supporto di memorizzazione, di un microprocessore senza contatto RF;

– il mancato rispetto dello standard ISO/IEC 11693, sostenendo che lo stesso è raggiungibile "solo attraverso l’utilizzo della banda ottica";

– l’assenza di qualsiasi richiamo agli standard ISO/IEC 14443 e 75013, non realizzabili attraverso l’utilizzo del microchip a contatto;

– la violazione del regime previsto rispetto all’interoperabilità fra permesso di soggiorno e carta di identità in formato elettronico;

– la previsione di un formato – il template – ben diverso dal formato interoperativo, prescritto per i supporti di memorizzazione contenenti l’immagine del volto e le immagini delle due impronte digitali del titolare;

– carenza di istruttoria per mancato accertamento dell’effettivo contenuto della decisione CE 3770/2009.

In sintesi, la ricorrente afferma che l’eliminazione della banda ottica – in precedenza introdotta – e la previsione, al suo posto, del microchip a contatto segnano un "notevole passo indietro nella selezione di supporti di memorizzazione sicuri e inalterabili", del tutto ingiustificato.

Tali censure sono non sono meritevoli di condivisione.

In primis, si ritiene di dover osservare – in linea con i rilievi delle Amministrazioni resistenti – che alcuna prescrizione del Regolamento CE n. 380/2008 impone l’inserimento della banda ottica.

Tale regolamento stabilisce, infatti, quale requisito di sicurezza obbligatorio, l’utilizzo del microprocessore contact less, ossia non a contatto, mentre la banda ottica rientra soltanto tra gli ulteriori elementi aggiuntivi che gli Stati membri hanno la "facoltà" di utilizzare.

Orbene, tale constatazione non può che determinare l’insorgenza di concreti dubbi in ordine alla sussistenza di un effettivo interesse della ricorrente all’osservanza delle prescrizioni riportate nel decreto invocato, atteso che l’osservanza de qua non sarebbe – comunque – sufficiente a garantire la realizzazione dell’interesse dalla predetta perseguito (necessariamente connesso all’introduzione dell’utilizzo della banda ottica).

In ogni caso, non va dimenticato che il decreto in contestazione risulta adottato per provvedere "alla modifica del vigente modello del permesso di soggiorno conformemente alle previsioni introdotte dal regolamento CE n. 1030/2002".

Da ciò consegue che il parametro di riferimento per valutarne la legittimità non può che essere individuato in tale regolamento (e non in un regolamento diverso, qual è quello invocato, adottato in epoca successiva).

La sopravvenienza del regolamento CE n. 380/2008 si può, dunque, porre – al più ed in presenza di un effettivo e concreto interesse – quale circostanza utile per stimolare un nuovo intervento dell’Amministrazione, attraverso – ad esempio – la procedura del silenzio rifiuto.

In sintesi, l’invocata violazione e falsa applicazione del regolamento in questione non appare pertinente.

Al riguardo è, comunque, possibile evidenziare che:

– la mancata introduzione di un microprocessore senza contatto rf è del tutto irrilevante per la ricorrente, posto che quest’ultima – in ragione dei diritti di proprietà industriale di cui risulta titolare (cfr., in particolare, memoria depositata il 26 maggio 2010) – vanta esclusivamente l’interesse all’utilizzo di sistemi di identificazione incentrati sulla tecnologia della banda a memoria ottica;

– come si trae dal parere motivato della Commissione europea, la non rispondenza alle norme ISO riguardava unicamente il posizionamento del microprocessore a contatto sul retro del documento (a destra e non a sinistra). A tale carenza lo Stato italiano ha ovviato, come risulta dal documento raffigurato nella tabella dell’allegato A del decreto impugnato;

– per gli standard riferibili agli elementi di identificazione biometrici, il termine previsto per l’adeguamento non è ancora scaduto;

– per quanto attiene l’interoperabilità del documento di soggiorno con la CIE, le Amministrazioni resistenti hanno spiegato – senza essere contraddette – che la stessa "è assicurata con una coerente struttura fisica e logica del microprocessore" e che, dunque, a tale fine la banda ottica è priva di rilevanza;

– la decisione della Commissione del 20 maggio 2009 espressamente prevede – all’art. 2 – che "gli Stati membri attuano la modifica della decisione C (2002) 3069" – dalla medesima disposta – "entro due anni dall’adozione" della stessa (ossia entro il 20 maggio 2011) e tale termine deve ancora scadere.

In conclusione, le censure in trattazione sono infondate.

4. La ricorrente denuncia, ancora, l’illegittimità del provvedimento impugnato per "eccesso di potere per manifesta illogicità, travisamento ed erronea valutazione dei fatti", affermando che "non è con l’eliminazione della banda ottica che il nostro paese si conformerà alle prescrizioni tecniche del diritto comunitario in materia di documenti di soggiorno".

Anche tale censura è priva di pregio.

Al riguardo, il Collegio ritiene di dover condividere l’assunto della ricorrente secondo cui l’abolizione della banda ottica non costituisce un effetto derivato dalla procedura di infrazione e dal parere motivato successivamente reso in data 6 maggio 2008.

Nel contempo, però, osserva che non è vero neanche il contrario, ossia che la suddetta abolizione si pone in contrasto con il suddetto parere.

Come riconosciuto dalle parti costituite in giudizio, con il parere in esame la Commissione Europea ha censurato il comportamento dello Stato italiano essenzialmente sotto il profilo del posizionamento del microchip.

In ragione di tale rilievo ma anche della constatazione dell’assenza di prescrizioni impositive della banda ottica, diviene doveroso condividere l’affermazione delle Amministrazioni resistenti secondo la quale la previsione della banda ottica dipende da una libera scelta dell’autorità amministrativa, derivante essenzialmente da valutazioni di carattere tecnico, sindacabili esclusivamente sotto i profili dell’irragionevolezza e della palese illogicità.

Ciò detto, il Collegio ritiene che la scelta di abolire la banda ottica – a differenza di quanto, invece, contemplato nel precedente decreto del 3 agosto 2004 – non sia illogica né discenda da un travisamento dei fatti.

Come ampiamente spiegato dalle Amministrazioni costituite in giudizio, tale scelta – scaturita dall’attività di un gruppo di lavoro all’uopo costituito – è stata determinata dalla "necessità di conformarsi in maniera restrittiva alla normativa comunitaria del 2002" e, ancora, dall’esigenza di utilizzare tecnologie similari a quelle degli altri Stati membri.

Tenuto conto della particolare rilevanza che – in seguito all’abolizione delle barriere tra gli Stati che caratterizza l’ordinamento comunitario – riveste l’uniformità dei regimi vigenti nei diversi Paesi membri, il motivo addotto appare più che condivisibile.

In altri termini, deve essere ammesso che il parere del 6 maggio 2008 non imponeva l’abolizione della banda ottica; è, comunque, innegabile che la previsione della banda ottica introdotta dal decreto del 3 agosto 2004 – non essendo prescritta a livello comunitario e, precisamente, dal Regolamento CE n. 1030/2002 neanche in termini aggiuntivi e/o complementari – introduceva un sicuro elemento di differenziazione tra il regime italiano e quello degli altri Stati dell’U.E., in netto contrasto con il principio di armonizzazione dei regimi vigenti nei diversi Paesi aderenti alla predetta Unione, elemento che – in linea con tale principio – il decreto in contestazione ha ragionevolmente rimosso.

A diverse valutazioni si potrà pervenire in esito ai lavori del gruppo di lavoro – denominato n. "380" – costituito "per la progettazione del nuovo permesso di soggiorno che sia conforme al Regolamento (CE) 1030/2002, così come modificato dal Regolamento (CE) 380/2008" (di cui si fa menzione a pag. 10 della memoria della difesa erariale depositata in data 12 maggio 2010), atteso che – in seguito alle innovazioni apportate – la banda ottica figura tra gli elementi e i requisiti di sicurezza "aggiuntivi" che gli Stati membri hanno la facoltà di utilizzare.

In definitiva, è doveroso affermare che – stante il regolamento CE n. 1030 del 2002 nella sua versione originaria, alla quale il decreto impugnato fa espresso riferimento – i vizi di cui sopra non sono riscontrabili.

5. In stretta connessione con la censura oggetto di esame al punto precedente, si pongono, poi, le doglianze afferenti il difetto di motivazione "in relazione all’abolizione della banda ottica", la violazione del principio del buon andamento e dei principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa di cui all’art. 1 della legge n. 241/90 ed il difetto di istruttoria sotto il profilo della ponderazione del dispendio di risorse conseguenti il cambio di tecnologia, le quali – al pari delle precedenti – non possono trovare positivo riscontro.

Al riguardo, il Collegio ritiene che rivesta carattere dirimente la circostanza che l’adozione del decreto in esame risulta prevista dall’art. 5 della legge n. 286 del 1998 "in attuazione del regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002".

Tale previsione richiede, infatti, che il contenuto del decreto di cui trattasi e le sottese ragioni giustificatrici dello stesso – ancorché non espressamente esplicitate – debbano essere valutate non in relazione al provvedimento autonomamente considerato, bensì con riferimento al sistema normativo di riferimento e, in primis, con riguardo al regolamento comunitario de quo.

Atteso che non si tratta di un atto che – in esito alla valutazione di un singolo caso concreto – perviene ad una specifica decisione e deve, dunque, esplicitare i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che ne sono a fondamento, bensì si è in presenza di un provvedimento che deve assolvere il compito di fissare determinate regole tecniche, in conformità a previsioni di livello comunitario, appare evidente che la motivazione del provvedimento in questione può essere desunta anche in via implicita, nel senso che le ragioni giustificatrici delle singole prescrizioni nel medesimo riportate possono essere riscontrate e comprese anche in virtù del semplice riferimento alle previsioni di cui sopra – da identificare con il regolamento CE n. 1030 del 2002 – senza necessità alcuna di ulteriori specificazioni.

In ragione di tale considerazione, il decreto in questione – per la parte in questa sede in discussione, ossia quella relativa al mancato inserimento tra gli elementi di sicurezza dell’utilizzo della banda ottica – è da ritenere adeguatamente supportato, atteso che il regolamento sopra indicato e la decisione della Commissione Europea n. C/2002/3069 – come già più volte evidenziato – prescrivevano il microprocessore a contatto e non l’inserimento della banda ottica.

In definitiva, il mancato inserimento della banda ottica ben si giustifica sulla base dei su richiamati regolamento e decisione.

Per quanto specificamente attiene alla denunciata violazione dell’art. 97 della Cost., è, invece, da precisare che l’inserimento della banda ottica operato con il decreto del 3 agosto 2004 non trova alcuna valida giustificazione, neanche sotto un profilo prettamente economico.

Per contro, la sua abolizione rappresenta un adeguamento alla disciplina comunitaria.

In relazione alla censura afferente l’attività istruttoria, non va dimenticato che il decreto in contestazione è stato adottato in esito ai lavori di un apposito gruppo, composto da rappresentanti del Ministero dell’Interno, del CNIPA e dell’Istituto Poligrafico, costituito – come riferiscono le Amministrazioni resistenti – "per la progettazione di un nuovo permesso di soggiorno che fosse assolutamente conforme al Regolamento (CE) 1030/2002 ed alle specifiche tecniche previste dalla decisione C 3069/2002", il che – di per sè – implica diffusa attività di studio ed esame.

Volendo considerare tale attività con riferimento precipuo ai costi che la ricorrente ricollega al cambio di tecnologia ed alla connessa esigenza di dotare le Forze di polizia di apparati utili per l’espletamento delle proprie funzioni di controllo, non può che essere rilevato – in esito alla comparazione degli interessi coinvolti – il valore sicuramente preminente dell’interesse pubblico all’utilizzo di tecnologie similari a quelle degli altri Stati membri dell’Unione Europea.

6. Stante la legittimità del provvedimento impugnato, la domanda di risarcimento del danno avanzata dalla ricorrente non può essere accolta.

7. In conclusione, il ricorso va respinto.

Tenuto conto delle peculiarità della questione prospettata, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) respinge il ricorso n. 3460/2010.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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