T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 22-02-2011, n. 1628 Previdenza e assistenza sociale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 09/03/10 e depositato il 23/03/10 P.A., assistente di polizia penitenziaria, ha impugnato la nota prot. n. GDAP04510552009 del 02/12/09 con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha respinto l’istanza di trasferimento ex art. 33 l. n. 104/92 presentata il 24/10/09 dal predetto.

Il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, costituitosi in giudizio con memoria depositata il 30/03/10, ha concluso per il rigetto del ricorso.

Con atto notificato il 10 aprile 2010 e depositato il 22 aprile 2010 il P. ha impugnato con motivi aggiunti la nota prot. GDAP – 01005812010 dell’08/03/10 con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha respinto l’istanza di riesame presentata il 01/02/10 dal predetto.

All’udienza pubblica del 10 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Con il ricorso principale ed il ricorso per motivi aggiunti P.A., assistente di polizia penitenziaria, impugna rispettivamente la nota prot. n. GDAP04510552009 del 02/12/09, con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha respinto l’istanza di trasferimento ex art. 33 l. n. 104/92 presentata il 24/10/09 dal predetto, e la nota prot. GDAP – 01005812010 dell’08/03/10 con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha rigettato l’istanza di riesame presentata il 01/02/10.

A fondamento del gravame il ricorrente deduce l’illegittimità di provvedimenti impugnati prospettando l’esistenza, in suo favore, dei requisiti richiesti dalla legge per il conseguimento de beneficio del trasferimento in Sardegna ex art. 33 l. n. 104/92 per assistere il padre disabile.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

L’art. 33 comma 5° l. n. 104/92, nel testo vigente al momento dell’adozione degli atti impugnati e costituente, pertanto, il parametro normativo di riferimento alla luce del quale valutare la legittimità degli stessi, stabiliva che "il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede".

Così come precisato dalla giurisprudenza, il tenore letterale e la stessa "ratio" della disposizione in esame ne impongono un’interpretazione finalizzata a riconoscere il beneficio del trasferimento, ivi previsto, solo a chi già assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado disabile e non a chi inoltri la domanda di trasferimento per futuri fini di assistenza; in altri termini, la norma tutela situazioni di continuità assistenziale in atto al momento della domanda e non future rispetto ad essa (in questo senso Cons. Stato sez. VI n. 234/07; Cons. Stato sez. IV n. 565/05; Cass. n. 23526/06; TAR Lazio – Roma n. 3798/07; TAR Lazio – Roma n. 2175/07; TAR Campania – Napoli n. 1034/07).

L’inapplicabilità della norma alle situazioni di assistenza da instaurare è stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte Costituzionale la quale con la sentenza n. 325/96 ha precisato che l’art. 33 comma 5° l. n. 104/92 si inserisce in un sistema che prevede anche altre forme di assistenza ai disabili, al di fuori dell’ambito familiare, sicché con la disposizione in esame il legislatore ha ragionevolmente previsto, quale misura aggiuntiva, la salvaguardia dell’assistenza in atto nell’ambito familiare, senza riconoscere anche, nell’esercizio della sua discrezionalità, la possibilità di trasferimenti del lavoratore finalizzati a instaurare un rapporto di assistenza al disabile.

Con riferimento specifico alla fattispecie oggetto di causa va, innanzi tutto, rilevato che lo stato di disabilità è stato accertato in data 13/02/09 e, quindi, in epoca successiva alla data di assegnazione del ricorrente all’attuale sede di servizio (Bologna).

Nel merito, appare corretta la valutazione del Ministero che ha ritenuto non provato il requisito in esame in quanto la distanza esistente tra la sede di servizio del ricorrente (Bologna) ed il domicilio del disabile (Sassari), situati in diverse Regioni ed a distanza di centinaia di chilometri, è tale da precludere, in fatto, un significativo rapporto di continuità assistenziale quale è quello richiesto dall’art. 33 l. n. 104/92 per l’attribuzione del beneficio ivi previsto.

Nessuna significativa rilevanza, ai fini della prova dell’esistenza attuale di questo rapporto, assume la documentazione allegata all’atto introduttivo che non comprova l’assistenza da parte del ricorrente né la continuità della stessa (gli atti riguardano i soli periodi di ferie e di assenza per malattia del ricorrente).

Va, inoltre, rilevato che, ai fini della prova della continuità assistenziale, non possono essere valutati i periodi di distacco (per altro, successivi all’accertamento dello stato di disabilità).

Come già ritenuto dalla Sezione in altra fattispecie analoga (TAR Lazio – Roma n. 6036/06) i periodi di assegnazione temporanea non sono idonei ad instaurare una situazione di assistenza continuativa e, dunque, non consentono, autonomamente valutati, di ritenere sussistente il requisito della continuità prescritto dall’art. 33 comma 5 l. n. 104/92 (così anche Cons. Stato sez. IV n. 565/05, per altro, con riferimento ad un caso in cui l’assegnazione temporanea era stata più volte prorogata; TAR Lazio – Roma n. 10939/09; TAR Campania – Napoli n. 20569/05) in quanto un’attività assistenziale prestata in virtù di provvedimenti di assegnazione temporanea non può, per definizione, attingere il carattere della continuità, dovendosi intendere per assistenza continua quella ininterrotta e non precaria.

L’opzione ermeneutica seguita dal Collegio, oltre a rispettare criteri logici, soddisfa anche esigenze di equità, atteso che una diversa valutazione del trasferimento temporaneo ai fini della concessione del beneficio di cui all’art. 33 comma 5 l. n. 104/92 si presterebbe a mutare detta situazione in una posizione di vantaggio in base alla quale poi pretendere di conseguire in via definitiva un obiettivo originariamente precluso ai sensi di legge (ovvero il trasferimento definitivo).

In sostanza, è da escludere che il trasferimento temporaneo, il quale rappresenta un beneficio concesso per specifiche ragioni, possa tramutarsi in uno strumento per aggirare le regole che presiedono ai movimenti di personale del Corpo (in questo senso Cons. Stato sez. IV n. 565/05).

La correttezza sostanziale dei provvedimenti impugnati comprova l’infondatezza delle censure poste a base delle domande caducatorie e fondate sulla dedotta esistenza dei requisiti per la concessione del beneficio.

Per questi motivi il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Il ricorrente, in quanto soccombente, deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio il cui importo viene liquidato come da dispositivo;
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) respinge il ricorso;

2) condanna il ricorrente a pagare, in favore del Ministero della Giustizia, le spese del presente giudizio il cui importo si liquida in complessivi euro millecinquecento/00, per diritti ed onorari, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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