Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-02-2011) 24-02-2011, n. 7188

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

R.M. ricorre per cassazione contro la sentenza indicata in epigrafe, resa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., che ha applicato nei suoi confronti la pena per il reato ex art. 336 c.p., secondo la concorde richiesta delle parti, lamentando la violazione della legge penale e processuale in riferimento alla verifica dell’esistenza di cause di esclusione della punibilità ex art. 129 c.p.p., ed in particolare della capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto ai sensi dell’art. 89 c.p.p..

Osserva il collegio che la richiesta di pena patteggiata costituisce un negozio giuridico processuale recettizio, che, pervenuto a conoscenza dell’altra parte, non può essere unilateralmente revocato, e una volta che il giudice abbia ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti prospettare questioni e sollevare censure con riferimento alla sussistenza del fatto sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo, alla sua qualificazione giuridica e all’entità e modalità di applicazione della pena, purchè legale, fermo restando per gli altri vizi, che occorre sussista uno specifico interesse a dedurli, onde ottenere una condizione migliore per il ricorrente (Cass. Sez. Un. n. 441/2005);

Che in tale ambito l’obbligo della motivazione deve ritenersi assolto con una sia pure sintetica indicazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto tra le parti, anche per la parte relativa alla sussistenza della continuazione, giacchè l’adesione del prevenuto al patteggiamento comporta una implicita ammissione del fatto, che esime il giudice dal pieno accertamento della sua responsabilità, permettendogli invece il mero accertamento negativo di cause di non punibilità (Corte Cost. n. 155/1996);

Che nel caso in esame il ricorso è inammissibile in quanto relativo a motivi diretti a porre in discussione tali principi, anche in riferimento alla mancata valutazione del vizio di mente.

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1500,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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